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Parte 1 MEMORIA, OBLIO E TRAUMA

3. Ricostruzione storica e rievocazione memoriale

3.3 Uso politico del patrimonio storico e memoriale

3.3.1 La pratica commemorativa e le memorie dislocate

La parola monumentum deriva dal latino monere e significa "far ricordare", è il segno del passato che aiuta a richiamare e mantenere vivo il ricordo. Il monumentum è un'opera architettonica o artistica che ricorda un fatto del passato oppure una persona scomparsa con il valore di elemento funebre, in entrambi i casi il monumento ha sempre uno scopo commemorativo. «Le caratteristiche del monumento sono di essere legato alla capacità - volontaria o no - di perpetuare delle società storiche (è un lascito alla memoria collettiva) e di rimandare a testimonianze che sono solo in minima parte testimonianze scritte»150.

Il Dizionario della memoria e del ricordo distingue tra le due voci monumento e monumento commemorativo151, definendo il secondo quale una sottocategoria di monumenti e simboli che hanno il compito di far ricordare l'intera comunità. Si pongono a metà tra il culto dei morti e una politica commemorativa, perché oltre a guardare al passato, portano nel presente una carica morale per i viventi, esortando al ricordo del sacrificio di chi li ha preceduti o a trarre ammonimento e insegnamento dagli eventi passati. Rimango perplessa sulla distinzione tra il monumento generale e il monumento commemorativo, in quanto credo entrambi siano un lascito del passato e

149

Jacques Le Goff, Storia e memoria, Torino, Einaudi, 1988 150

Ivi, p. 443 151

Nicolas Pethes, Jens Ruchatz (a cura di), Dizionario della memoria e del ricordo, Milano, Bruno Mondadori, 2005, pp.356-358

che entrambi siano finalizzati al ricordo, ciò che invece mi sembra distinguere un monumento da un altro è la funzione nel presente, il suo legame con le pratiche commemorative attuali. Specifica il Dizionario infatti che i monumenti commemorativi sono di solito commissionati dalle autorità statali ufficiali, per questo essi rappresentano un sistema di valori e una politica memoriale condivisi dalla maggioranza dei cittadini, ma, in quanto concepiti come veri e propri luoghi della memoria, possono innescare controversie e conflitti sull'interpretazione del passato che offrono e sull'identificazione in una determinata identità collettiva.

Lowenthal152 sottolinea il fatto che i monumenti commemorativi hanno la caratteristica di rappresentare il passato che sono chiamati a ricordare, ma risentono inevitabilmente delle influenze del presente, con un significato retrospettivo. Non solo ricordano il passato, ma alterano il paesaggio attuale con il loro valore simbolico di una perdita definitiva e irreparabile.

Quando parliamo di commemorazione non possiamo considerare solo i monumenti contemporanei e gli artefatti del passato. Le radici della commemorazione sono nella storia, nella tendenza a registrare i fatti del passato, poi nella dimensione del ricordo, non tutti gli eventi storici sono valutati allo stesso modo: alcuni ci rimarranno moralmente indifferenti, altri invece sono investiti di un'aura di significato straordinaria e assumono una posizione particolare nel nostro modo di ricordare. Nel caso della commemorazione, non è solo la storia a fornire il materiale alla memoria, ma si tratta di una forma di ricordo collettivo che garantisce a una porzione di fatti storici di tramandarsi e svolgere un ruolo vivo anche nel presente.

Commemorare è una parola composta da "con" e "memorare", ricordare con. Nel vocabolario Treccani commemorare è definito «ricordare qualcuno o qualcosa parlandone in forma solenne, celebrare»153. La commemorazione, civile o religiosa che sia, ha il carattere di collettività e solennità, questi elementi la distinguono dal semplice ricordare che può essere un'attività individuale e privata. La commemorazione come azione, e di conseguenza il monumento commemorativo, sono gli elementi di una pratica che si svolge in una collettività o che richiede un riconoscimento pubblico, con un preciso carattere formale stabilito dalla comunità coinvolta. A differenza del ricordo individuale la commemorazione si presenta come un rito, dove la presenza contemporanea di un gruppo di persone che riconoscono tale cerimonia e si riconoscono in essa diventa un elemento fondamentale.

Edward Casey154 individua quattro fattori formali che caratterizzano la pratica commemorativa: genera un atto di riflessione sull'evento rituale; il riferimento al fatto o alla persona commemorata precede l'atto commemorativo in sé; la commemorazione solitamente è un'azione che richiede una partecipazione fisica; infine essenziale è la presenza collettiva al rito. Oltre a questi aspetti descrittivi, lo studioso riconosce altri elementi formali del rituale commemorativo: solennizzazione,

152

David Lowenthal, op. cit.

153 voce “commemorare” in http://www.treccani.it/vocabolario/commemorare/ (ultimo accesso: ottobre 2016) 154

Edward S. Casey, Remembering. A phenomenological study, Bloomington, Indiana University Press, 1987

rievocazione memoriale, durata. La commemorazione è un atto di celebrazione che si svolge in una forma cerimoniale, solenne, focalizzata sul passato che si vuole venerare. Solennizzare una determinata porzione di passato indica la volontà di riconoscere l'importanza di quel passato nel presente e per la comunità che si riunisce intorno al ricordo; per questo nella commemorazione assume grande valore lo svolgimento di un preciso cerimoniale di celebrazione. La cerimonia è un rito che si ripete, che i partecipanti/membri della collettività memoriale riconoscono e ritrovano ogni volta, in cui avviene una rievocazione, e quindi una riattualizzazione dei fatti accaduti. Nel corso della cerimonia la distanza tra la condizione del presente del ricordo e il passato assume un particolare valore, perché stimola l'urgenza del rito e del recupero memoriale contro la minaccia dell'oblio, e più grande è la distanza temporale dell'evento, maggiore sarà la necessità di atti collettivi per mantenerne il ricordo.

Partecipare alla cerimonia di commemorazione è un atto sociale, segna l'appartenenza a una comunità attraverso la presenza fisica al rito e implica una "sanzione" in caso di mancata adesione, al tempo stesso però segna anche i confini di non appartenenza, per coloro che non condividono e non si riconoscono nella celebrazione della stessa memoria. L'esclusione o la mancata adesione alla commemorazione di maggioranza, parte di una memoria pubblica diffusa, spesso determina la formazione di altre forme memoriali di minoranza, come le memorie dislocate, che nelle loro comunità di rappresentanza daranno vita a riti commemorativi alternativi. Anche la formalità del rito determina i confini di appartenenza alla comunità con cui il singolo membro condivide una gestualità, un linguaggio e una forma di interazione che caratterizza tale celebrazione. L'apparato formale costituisce la struttura attraverso cui la solennità celebrativa acquista un senso, incanala l'espressione emotiva dei singoli partecipanti, si concretizza e si ripete. Riguardo alla rievocazione memoriale abbiamo già specificato come la commemorazione si basi sul recupero solenne di una porzione di passato, ma Casey sottolinea che l'atto commemorativo si esplicita attraverso il suo legame al luogo, da cui l'importanza di artefatti e monumenti che abbiamo messo in evidenza all'inizio di questa analisi.

Il prendere parte insieme all'atto rituale avviene per un determinato tempo e in un determinato luogo, legato alla storia e arena rituale della memoria. Lo spazio e il tempo diventano anche simboli identificanti di quella comunità impegnata nel ricordo. Infine la durata rappresenta lo scopo ultimo del rito, la prospettiva di eternità che la commemorazione mette di fronte ai suoi partecipanti. Attraverso il concetto di durata come lotta contro l'oblio, passato, presente e futuro si ritrovano nella dimensione rituale della commemorazione: il passato è il punto di partenza e il contenuto, il presente è il tempo che dà forma concreta alla rievocazione e il tempo del rito, il futuro è la dimensione di esortazione al rito e la proiezione di sopravvivenza del ricordo.

La pratica commemorativa è un atto collettivo attraverso cui passa non solo un'interpretazione specifica degli accadimenti storici, ma anche un processo di identificazione con un gruppo sociale

e con una tradizione. Portando l'esempio del Terzo Reich, Paul Connerton155 spiega come attraverso la commemorazione del passato il potere politico possa costruire la propria immagine. Il rituale commemorativo si basa non sulla storia documentata, quanto sulla narrazione di fatti storici che vengono trasfigurati in una mitizzazione del passato che risulta immutata. La narrazione commemorativa diventa un culto istituzionalizzato che celebra una memoria nella sua immobilità. Connerton suggerisce di non sottovalutare gli aspetti rituali della commemorazione perché non sono solo azioni ripetitive circostanziate, ma sono percepite come obbligatorie da chi le pratica, inoltre non si limitano alla situazione della commemorazione, ma influenzano atteggiamenti, idee e comportamenti al di fuori dello spazio e del tempo del rituale.

L'osservazione di Connerton ci fa comprendere come alla base delle pratiche commemorative ci sia sempre una rappresentazione sociale del passato, che deve rispecchiare l'immagine fornita dalle classi dominanti, e quindi essere uno strumento di potere, sia nei regimi totalitari che nelle nostre democrazie occidentali. La commemorazione diventa un teatro di osservazione privilegiato per le dinamiche memoriali della società: la lotta contro l'oblio è finalizzata a mantenere viva la versione di una storia ufficiale, la memoria pubblica inoltre è terreno di confronto e scontro tra versioni alternative del passato, dove l'amnesia può essere socialmente costruita per escludere dalla scena pubblica altre memorie. Come scrive Anna Lisa Tota156, è difficile studiare i meccanismi di produzione sociale dell'oblio perché si tratta di indagare l'assenza, ma in relazione alla commemorazione è interessante osservare come il monumento o la cerimonia memoriale, che rappresentano una versione ufficiale del passato, possano diventare arene di gruppi sociali portatori di valori e culture differenti per affermare o delegittimare una certa definizione pubblica di quello stesso passato. La commemorazione è sempre espressione di una decisione (di cosa e come commemorare) e per questo può diventare un processo altamente conflittuale tra dinamiche memoriali antagonistiche che cercano una legittima rappresentazione. Ogni società ha istituzioni che definiscono non solo cosa ricordare o meno, i contenuti di una memoria pubblica e culturale che si trasmette alle nuove generazioni, ma anche il come ricordare, segnando il confine tra memorie e forme di ricordo legittime e illegittime. Le istituzioni incaricate sono diverse, politiche come la commemorazione, culturali come l'archivio e il museo, artistiche come il monumento.

Questa prospettiva ci aiuta a capire che non esiste alcuna forma di "oblio naturale" all'interno della società, ma solo il frutto di volontà istituzionali e politiche e di pratiche sociali. I modi per produrre socialmente oblio sono diversi, uno consiste nel processo di «dislocazione della memoria»157, un caso particolare di rimozione del passato, fino all'estremo dell'amnesia culturale:

155

Paul Connerton, Come le società ricordano, Roma, Armando, 1999 156

Anna Lisa Tota, Memoria e dimenticanza sociale: verso una sociologia dei generi commemorativi, in Anna Lisa Tota (a cura di), La memoria contesa. Studi sulla comunicazione sociale del passato, Milano, FrancoAngeli, 2001

157

Anna Lisa Tota, L'oblio imperfetto. La dislocazione della memoria della strage sul treno 904 (23 dicembre

1984), in Marita Rampazi, Anna Lisa Tota (a cura di), Il linguaggio del passato. Memoria collettiva, mass media e discorso pubblico, Roma, Carocci editore, 2005

quando in una società non sono presenti forme culturali disponibili per mantenere viva la memoria di un certo evento, l'evento è totalmente rimosso dallo spazio pubblico, in un processo che conduce all'oblio collettivo. Attraverso l'amnesia culturale può prodursi efficacemente anche un'amnesia istituzionale, dal momento che l'assenza o la rimozione dallo spazio pubblico di forme culturali dedicate a quel passato impedisce la sedimentazione di tale memoria nel patrimonio culturale e sociale, e quindi la possibilità di trasmissione alle future generazioni.

Le memorie dislocate o senza dimora sono frutto della mancanza totale nello spazio pubblico di eventi che rimangono privi di una collocazione concreta. Senza una forma scritta né artefatti di riconoscimento la memoria di questi eventi resta all'interno dell'ambiente cui appartengono e per questo latenti, delegati al ricordo di una minoranza memoriale, pronti a riemergere nel presente quando riescono a trovare uno spazio di espressione. Tota cita come esempio la strage del 1984 provocata da una bomba sul treno 904 Napoli - Milano, dove vi morirono 17 persone e centinaia rimasero ferite. A vent'anni di distanza dai fatti, la strage sembrava quasi totalmente dimenticata; le vicende alterne delle targhe commemorative in ricordo delle vittime hanno rivelato processi di dislocazione e tentativi di impedire che tale memoria potesse inscriversi nella sfera pubblica.

L'attenzione alle forme di memoria dislocata mostra come l'oblio difficilmente sia totale, quanto piuttosto si manifesti attraverso azioni rivolte a sminuire, denigrare o rimuovere alcuni fatti dallo spazio pubblico.