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Effetti distorsivi dei premi di maggioranza sul processo di revisione

PARTE SESTA Le disposizioni final

4.0 Effetti distorsivi dei premi di maggioranza sul processo di revisione

L'ultimissima esperienza di revisione mette a fuoco una problematica relativa alla fase del sottoprocedimento che si instaura quando non vengono raggiunti i 2/3 dei consensi in Parlamento, quorum necessari per l'immediata entrata in vigore della riforma.

Il raggiungimento in seconda deliberazione della maggioranza assoluta permette al popolo di pronunciarsi circa la desiderabilità della riforma, grazie il ricorso al referendum, la cui natura, oppositiva o confermativa, viene dibattuta in dottrina.

Rispetto all'interrogativo posto in precedenza, l'oggetto della questione è il rapporto fra la maggioranza necessaria per l'approvazione della riforma costituzionale e il sistema elettorale allora vigente, precisamente la distorsione che produce il premio di maggioranza sulla identità tra la

maggioranza assoluta parlamentare e la maggioranza degli elettori.

La logica del 138 vale a dispetto della legge elettorale che si utilizzi : proporzionale, maggioritaria e 252 Cfr.Luigi Gianniti,Nicola Lupo, Corso di diritto parlamentare, Il Mulino, p.60.

con clausole di sbarramento eventuali.

Con il maggioritario, nel caso in cui un partito o una coalizione alle elezioni dovesse ottenere la maggioranza assoluta dei voti, questa si riprodurebbe all'interno dei gruppi parlamentari di Camera e Senato. Se questi gruppi o il solo grupppo di maggioranza, dovesse sostenere la riforma, vi sarebbe un'identità tra quei rappresentanti del popolo e quella maggioranza degli elettori che li ha sostenuti: la maggioranza assoluta dei voti.

Allo stesso tempo, in un sistema proporzionale puro, nel caso in cui diversi gruppi parlamentari sostengano la riforma fino a raggiungere la maggioranza assoluta dei voti, quest'ultima sarebbe lo specchio di una forza che troverebbe un riscontro nel corpo elettorale espressosi alle elezioni passate254.

In tutti i casi, la sottoposizione della riforma al referendum sarebbe funzionale a misurare se persiste o meno il rapporto fra maggioranza parlamentare ed elettori. Pertanto la natura del referendum sarebbe oppositiva, in quanto questo verrebbe richiesto da coloro i quali vorrebbero sollecitare l'elettorato spingendolo verso una non approvazione della riforma, invece sarebbe confermativo se visto dal punto di vista di chi chieda una conferma sul testo della riforma costituzionale e sulla persistenza della maggioranza elettorale.

Questa situazione subisce un ribaltimento di fronte al premio di maggioranza.

Il premio di maggioranza, inzialmente introdotto con la legge Acerbo del 1923 in un sistema che non contemplava la revisione costituzionale, veniva successivamente riproposto poi nel 1951,grazie a una legge che introduceva nei Comuni superiori a 10.000 abitanti le coalizioni fra i partiti a cui era collegata l'assegnazione di un premio di maggioranza. Successivamente la la legge Truffa del 1953, istituitiva tale premio per i partiti e coalizioni che avessero raggiunto la maggioranza assoluta alle elezioni. La legge non scattò per 54.000 voti, facendo ottenere il 49,8% alle forze apparentate con la Democrazia cristiana e venne così abrogata nel 1954. Il premio di maggioranza fece il suo ritorno nella legislazione, comunale e provinciale, grazie alla c.d legge Ciaffi, legge 81/1993 che introdusse il principio dell'elezione diretta del Sindaco, il quale prima di tale intervento veniva eletto dai Consigli regionali; seguì poi la legge Tatarella del 1995 e infine la ben nota legge Calderoli del

2005.

Grazie al Porcellum, viene assegnato (alla Camera dei deputati) su base nazionale un premio di maggioranza non subordinato al raggiungimento di una soglia, pertanto per ottenere la maggioranza dei seggi a Montecitorio è sufficiente la maggioranza relativa; lo stesso ragionamento è seguito per il Senato con la sola differenziazione che i premi vengono assegnati su base regionale.

L'elemento che conta è che dal 2005, l'aver introdotto un premio di maggioranza, indipendente da qualsiasi soglia venga raggiunta, genera conseguenze non indifferenti. Esse si mostrano rilevanti rispetto al procedimento di revisione delineato dall'art.138 cost., nella fattispecie nel momento in cui la maggioranza assoluta parlamentare si confronta in sede di referendum con il corpo elettorale. Se prima era legittimo pensare che, la maggioranza proponente la revisione costituzionale conservasse la sua stessa consistenza numerica presente in Parlamento fra il popolo, grazie all'introduzione del premio di maggioranza può avvenire l'esatto contrario.

Ipotizziamo una coalizione che abbia il 30% del consenso, o magari il 40% (soglia necessaria alla lista per ottenere la maggioranza alla Camera con l'Italicum), pattuiamo che questa non riesca far convergere un ampio consenso sui contenuti della riforma e che si trovi costretta ad approvare da sola la riforma. Grazie all'effetto del premio di maggioranza quella forza politica riuscirebbe ad ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento (ponendo che la situazione sia simile fra Camera e Senato) ma si tratterebbe comunque di una maggioranza fittizia per l'effetto drogato dal premio di maggioranza. Pertanto la seconda fase del procedimento di revisione costituzionale, ovvero il confronto fra la maggioranza sostenente la riforma e il corpo elettorale chiamato al referendum a approvarla o meno, potrebbe essere più favorevole ai partiti di minoranza, in assenza del premio di

254 Cfr.Francesco Monceri, lacostituzione.info,Gli effetti distorsivi del premio di maggioranza sul processo di revisione

maggioranza la situazione potrebbe essere del tutto capovolta255.

Senza il premio di maggioranza i partiti che dovessero sostenere la riforma avrebbero senz'altro ottenuto alle elezioni un aggregazione di voti pari al 51% dei voti, invece un contesto dove risulti vigente un premio di maggioranza vedrebbe una forza politica assegnatrice di quest'ultimo ma al di sotto della maggioranza assoluta. In uno scenario di questo tipo la riforma, proposta da un partito o coalizione assegnataria di un premio di maggioranza, sarebbe destinata a naufragare tutte le volte che il premio produca degli effetti distorsivi del voto popolare256.

In questo frangente il premio di maggioranza può venir in aiuto alle forze minoritarie, al fine di sollecitare l'elettorato sull'inconsistenza della maggioranza presente in Parlamento, tale solo per l'effetto del premio ottenuto grazie alla legge elettorale.

Il premio assegnato alla lista o coalizione ottenente più voti nella competizione elettorale, trasforma questa loro maggioranza da relativa a assoluta, capace dunque di condurre in solitaria (la maggioranza di governo) il percorso di revisione escludendo le forze di opposizione.

Questa problematica dovuta all'alterazione recata dal premio di maggioranza si è presentata nelle ipotesi in cui si è ricorso al referendum confermativo/oppositivo nel 2006 e nel 2016. In tutti e due i casi l'intervento articolato di revisione costituzionale veniva portato avanti dalle sole forze componenti la maggioranza parlamentare e veniva bocciato dall'elettorato (nel 2001 invece la riforma trovava conferma del voto popolare, in assenza di un premio di maggioranza).

Nell' ultima esperienza di revisione, le forze politiche che hanno appoggiato la riforma avevano i mezzi per approvarla in Parlamento con la maggioranza assoluta; tuttavia questa non aveva alcun riscontro nel paese reale e veniva dunque bocciata.

L'esito del referendum costituzionale del 4 dicembre ha pertanto confermato la rilevanza delle forze che hanno sostenuto la riforma, dove la coalizione di maggioranza si è attestata ben al di sotto del 50% del consenso elettorale; quest'elemento porta in luce il fatto che difficilmente una riforma costituzionale invisa alle minoranza possa vedere la luce nonostante l'eventuale voto positivo parlamentare.

A conclusione dell'interrogativo posto in precedenza, riguardante gli effetti distorsivi del premio di maggioranza nel processo di revisione, è evidente il problema che questo riversa nella revisione costituzionale, andando a incrinare l'identità fra la maggioranza parlamentare e la volontà maggioritaria del popolo.

Tenuto conto dell'ormai vigente consuetudine a voler riformare la Costituzione che ci ha condotto ormai in un'eterna attesa godotiana della riforma della parte II della Carta, l'esigenza di non voler paralizzare i processi di riforma della Costituzione può far ritenere che si debba partire da un ripensamento sul procedimento presente per la revisione costituzionale257.

In quale maniera? un'osservazione comparata a questo proposito può risultare utile per ragionare poi in termini interni.

5.0 Il procedimenti di revisione costituzionale italiano e procedimenti esteri : basi per