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Il procedimento del voto a data certa

PARTE SECONDA Il procedimento legislativo

5.5 Il procedimento del voto a data certa

La riforma (nell'ultimo comma dell'articolo 72) introduce nell'ordinamento un procedimento nuovo rispetto all'attuale situazione costituzionale, grazie al quale viene prevista la possibilità per il Governo di chiedere alla Camera dei deputati di deliberare che, un disegno di legge ritenuto essenziale per l'attuazione del programma del Governo, venga iscritto all'ordine del giorno per essere sottoposto alla votazione finale entro un termine ben definito (stimato, al massimo, in 85 giorni a partire dalla richiesta governativa).

Questo meccanismo è stato da taluni assimilato al voto bloccato153 presente nella Costituzione della

V Repubblica francese. In cosa consiste quest'ultimo? Con esso si allude a un meccanismo espressamente previsto dall'articolo 44, comma 3 della costituzione francese, in base al quale se il Governo lo chiede, l'Aula si pronuncia con un solo voto su tutto o su di una parte del testo in discussione, in base alla richiesta del'esecutivo, recependo gli emendamenti proposti o accettati dal Governo154155. Si tratta di una procedura che permette nel Parlamento francese di accelerare l'esame

di un testo su cui le opposizioni fanno ostruzionismo moltiplicando gli emendamenti. Inoltre elemento fondamentale di questa tecnica sta nel fatto che il testo che viene votato è quello richiesto dal Governo, togliendo pertanto ai parlamentari, sia essi di maggioranza che di opposizione, la facoltà di emendare il testo.

Nel dettaglio cosa comporta la procedura del voto a data certa?

Innazitutto è in capo al Governo la facoltà di chiedere alla Camera dei deputati di deliberare (entro

5 giorni dalla richiesta governativa) che un disegno di legge, indicato come essenziale per

l'attuazione del programma di gove rno, venga iscritto con priorità all'ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia definitiva della Camera dei deputati entro 70 giorni dalla deliberazione.

Di fronte a questa possibilità, i termini per effettuare delle proposte di modifiche da parte del Senato (in base al comma 3 dell'articolo 70) sono ridotti della metà: pertanto rispetto ai 10 giorni entro cui 153 Fece ricorso a questa procedura nel 2010 il Governo Fillon per far approvare la riforma delle pensioni al Senato, nel 2013 vi ricorse invece il Governo Ayrault sempre per approvare la riforma delle pensioni.

154 Cfr.http://www.conseil-constitutionnel.fr/conseil-constitutionnel/francais/la-constitution/la-constitution-du-4- octobre-1958/texte-integral-de-la-constitution-du-4-octobre-1958-en-vigueur.5074.html#titre5.

155Cfr.https://www.legifrance.gouv.fr/affichTexteArticle.do;idArticle=LEGIARTI000019241038&cidTexte=LEGITEX T000006071194,fr:"Si le Gouvernement le demande, l'assemblée saisie se prononce par un seul vote sur tout ou partie du texte en discussion en ne retenant que les amendements proposés ou acceptés par le Gouvernement".

il Senato, dietro richiesta di 1/3 dei componenti, può chiedere di esaminare il disegno di legge, questo termine viene dimezzato e diventa pari a 5 giorni e l'altra tempistica prevista per la deliberazione delle proposte si riduce a 15 giorni, rispetto ai 30 tradizionalmente previsti.

Relativamente ai tempi di esame della Commissione e alla complessità del disegno di legge, può essere effettuato un differimento del termine pari a 15 giorni (questo termine,finché non sia stato adeguato il regolamento della Camera a questo nuovo istituto, non deve essere inferiore a 10 giorni, come dispone l'art.39, c.9156) pertanto entro al massimo 85 giorni il disegno di legge dovrà essere

sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera.

Nel testo approvato dal Senato, veniva fatto riferimento alla "votazione finale", mentre nella formula finale si fa riferimento alla "pronuncia in via definitiva" della Camera dei deputati, includendo pertanto l'esame delle modifiche apportate dal Senato.

Al voto a data certa vengono previste delle limitazioni. Rimangono escluse dal voto a data certa le seguenta leggi:

1. le leggi ad approvazione bicamerale di Camera e Senato 2. le leggi in materia elettorale

3. le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali 4. le leggi concedenti l'amnistia e l'indulto

5. le leggi di bilancio

La definizione, le modalità e i limiti dell'utilizzo del voto a data certa vengono attribuite al Regolamento della Camera dei deputati, in riferimento all'omogeneità dei disegni di legge157.

Questo nuovo strumento rafforza le prerogative del Governi durante la procedura legislativa, contribuendo a rendere certo l'iter di approvazione delle leggi di iniziativa governativa.

Nella prassi parlamentare vigente, viene utilizzato lo strumento della posizione della questione di

fiducia su testi approvati dalle Commissioni in sede referente o su maxiemendamenti158 di disegni di

legge159; pertanto questa modalità di voto a data potrebbe limitare l'utilizzo di queste due tecniche.

156 In base a questa disposizione viene introdotto un termine minimo e massimo di differimento per la pronuncia definitiva della Camera dei deputati sul voto a data certa. Il termine minimo, non inferiore a 10 giorni avverebbe sino a quando il regolamento della Camera dei deputati non si sia adeguato alle disposizoni introducenti il voto a data certa. Pertanto questo significherebbe che il termine per la pronuncia definitiva della Camera dei deputati non potrebbe essere differito per meno di 10 giorni. Rimarebbe invece il termine massimo previsto per il differimento, ovvero 15 giorni. 157 Cfr.Servizio Studi, Camera dei deputati,pp.98-99

158 Si tratta di un emendamento intermamente sostitutivo di un disegno di legge. Tecnicamente esso modifica profondamente il testo in esame, l'effetto del suo utilizzo sta nell'impedire la votazione di ogni possibile modifica a un disegno di legge. La logica è dunque quella di preservare il testo voluto dal Governo dagli emendamenti proposti in Assemblea, superando così le difficoltà che ci sarebbero nel caso di apposizione di fiducia su un diverso numero di emendamenti.

159 La questione di fiducia nel nostro ordinamento è uno strumento riservato al Governo, non previsto in Costituzione, ma discplinato dai regolamenti parlamentari, da quello della Camera dei deputati (art.116) e del Senato (art.161) e dalla legge 400 del 1988.

Con questo termine si indica una votazione fiduciaria che viene provocata spontaneamente da un Governo già in carica, pertanto la questione di fiducia si distingue dai voti di fiducia inziale poiché non è necessaria per fare entrare nel pieno delle sue funzioni il Governo e inoltre il ricorso ad essa, da parte dell'esecutivo,è facoltativo.

Il Governo pone la questione di fiducia su una legge, un emendamento o un articolo riferito a una legge, in quanto l'approvazione di tale atto è fondamentale per il proprio operato politico, infatti dalla sua approvazione è legata la propria permanenza in carica. Apposta la fiducia, tutti gli emendamenti decadono e la legge deve essere votata così come è stata presentata. Nella pratica questo strumento è molto utilizzato per l'effetto di compattamento nei confronti della maggioranza sostenente il Governo, utilizzandolo sopratutto su maxiemendamenti presentati dal Governo. Ove il Parlamento respinga la fiducia posta dal'esecutivo, questo viene considerato privo della fiducia di Camera e Senato,

Seppur demandando al regolamento della Camera, non sono previsti esplicitamente dei limiti numerici all'utilizzo di questa procedura, inoltre non viene esclusa la possibilità da parte del governo di porre la questione di fiducia su un provvedimento dove ha richiesto il voto a data certa. Due ulteriori aspetti poi devono essere definiti: per esempio se il voto a data certa possa applicarsi anche a proposte di legge di iniziativa parlamentare, ritenute essenziali nell'ambito del programma di Governo e la possibilità per questo di fermarsi nel caso in cui dovesse ritenere non più in linea con il suo indirizzo il testo risultante dagli emendamenti approvati in Parlamento.

In seno all'iter di approvazione, questa modalità è stata modificata in maniera significativa: inizialmente era previsto il voto bloccato, in maniera analoga a quanto avviene in Francia, prevedendo che decorso un termine temporale, il testo proposto o accolto dal Governo veniva messo in votazione. Indubbiamente questa previsione avrebbe notevolmente aumentato il potere governativo verso il Parlamento. Apportando modifiche su questo versante, la logica operativa è stata quella di rimettere all'Assemblea il testo da sottoporre alla votazione.

Sul fronte procedurale, il fatto che per il voto a data certa il Governo faccia una richiesta alla Camera dei deputati, ciò significa che quest'ultima deve prendere la decisione se accettare o meno la decisione: visto che nello spirito della riforma è la Camera l'unica titolare del rapporto fiduciario vis à vis del Governo, ad essa viene attribuito il compito di decidere se il provvedimento è effettivamente essenziale per l'attuazione del programma di Governo.

Nell'art.38 della Costituzione francese viene previsto che il Governo può agire per "l'esecuzione del

suo programma",in tale maniera si evita il bisogno di qualificare le sue scelte, comunque

discrezionali perché politiche, qualificandole come essenziali.

Rispetto a questa ratio, sorge allora una domanda: innanzi un provvedimento sul quale viene deciso di ricorrere al voto a data certa, quale conseguenza dovrebbe trarsi in caso di mancata approvazione della proposta,trattandosi di una proposta ritenuta essenziale? Si potrebbe infatti ritenere che essendo una legge fondamentale per l'attuazione del programma di Governo una sua mancata approvazione avrebbe l'effetto di un voto di sfiducia. Tuttavia il voto a data certa non è equivalente all'apposizione del voto di fiducia, infatti all'art.94,4° comma, non modificato dalla riforma, si stabilisce che "il voto contrario di una o entrambe le Camere su una proposta del Governo non

importa un obbligo di dimissioni". Certamente la mancata approvazione di una legge sulla quale

viene richiesto il voto a data certa costituirebbe un segnale politico, visto che l'eventuale legge non approvata sarebbe comunque dirimente per l'esecutivo. Potrebbe tuttavia avvenire un'ipotesi ulteriormente rinforzata del voto a data certa: il Governo potrebbe richiedere il voto a data certa e, volendo rendere ancora più capitale l'approvazione delle legge, potrebbe porre la questione di fiducia su di essa (in questo caso la mancata approvazione della legge avrebbe l'effetto di sfiducia sul Governo, tuttavia ciò non per effetto dell'applicazione del voto a data certa, bensì per l'apposizione della questione di fiducia).

Disponendo che la pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati debba avvenire entro 70 giorni, in termini temporali questo significa che tale pronuncia è quella successiva a quella del Senato, quindi la prima approvazione della Camera dei deputati dovrà avvenire entro 21/22 giorni prima dello scadere dei 70 giorni (al Senato infatti devono essere lasciati 5 giorni per decidere se intervenire sulla proposta e 15 per apporre modifiche, bisogna infine poi immaginare almeno 1 o 2 giorni alla Camera per il voto finale): quindi per la prima approvazione della Camera su un disegno di legge a data certa non potranno essere concessi più di 48 giorni.

Il termine di deliberazione finale, stimato in 70 giorni, eventualmente differibili, pone in essere il fatto che al suo scadere il procedimento legislativo decade e dunque l'iter debba ricominciare. Pertanto una eventuale approvazione da parte della Camera oltre il termine temporale prefissato pertanto deve rassegnare le sue dimissioni. Questo istituto giuridico, nascendo con l'obiettivo di compattare le maggioranze governative, vuole altresì evitare il fenomeno dei franchi tiratori che si nascondono dietro il voto segreto. Esso si ricollega al rapporto fiduciario che lega il mandante, ovvero il Parlamento, con il mandatario, il Governo, allorquando questi si presenta innanzi le Camere dopo la sua formazione per richiedere l'approvazione delle stesse, entrando nel pieno dei poteri dopo l'acquisizione della fiducia.

condurebbe ad una pronuncia di incostituzionalità della Corte della legge approvata.

Con il voto a data certa, il Governo nel caso in cui intenda intervenire su una materia attraverso una legge o un atto con forza di legge, avrà la possibilità di scegliere fra 3 possibili alternative:

1. il decreto-legge

2. un disegno di legge a data certa 3. un disegno di legge ordinario

Innanzi la volontà di approvare tempestivamente un provvedimento, il Governo nel voto a data certa potrebbe infatti ben vedere una soluzione alternativa all'utilizzo della decretazione d'urgenza. Inoltre, la strada rappresentata dalla legge ordinaria, sarebbe seguita soltanto nel caso in cui non sia possibile intervenire con le altre due, quindi nel caso in cui l'esecutivo intenda lasciare interamente al Parlamento la resposabilità dell'intervento legislativo.

Risulta interessante notare come già nella relazione finale che venne trasmessa alla presidenza del consiglio il 17 settembre 2013 dalla Commissione per le riforme costituzionali istituita dal Governo Letta, si affrontava la questione di procedure abbreviate per leggi fondamentali per l'esecutivo, sottolineando come la mancanza di una disciplina su queste tematiche avesse prodotto una degenerazione del procedimento legislativo, per effetto dell'intreccio fra decreto-legge-

maxiemendamento-questione di fiducia. Per sopperire a questa lacuna, veniva suggerita la proposta

di un voto a data fissa, modalità che inizialmente era presente nel disegno di legge e che poi è stata modificata durante l'iter rispetto al testo approvato inzialmente dal Senato.

Questa proposta, elaborata dalla commissione di Letta, prevedeva che il Presidente del consiglio dei Ministri, previa approvazione del Consiglio dei Ministri, potesse chiedere alla Camera che un disegno di legge fosse iscritto con priorità all'ordine del giorno e che su questo vi fosse un voto finale entro un determinato lasso di tempo. Decorso il termine, senza che la tCamera si fosse pronunciata con un voto finale, il testo della proposta di legge voluto dal Governo veniva messo in votazione senza modifiche. La votazione finale contemplava quella del complesso del disegno di legge e non dei singoli articoli, questo perché la votazione riguardava la proposta del Governo. In questa stessa relazione della Commissione del Governo Letta veniva proposta, nella parte finale, la limitazione del ricorso ai decreti legge, i quali dovevano rimanere uno strumento straordinario. Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, durante l'esame alla Camera in seconda lettura, il 18 dicembre 2014, evidenziava come l'eliminazione del voto bloccato presente nell'iniziale disegno di legge governativo, rendesse meno efficace questo strumento a disposizione del Governo. Tuttavia grazie al lavoro svolto in Commissione si era provveduto ad un'estensione dei tempi e alla previsione dei limiti, per l'utilizzo di tale strumento, che si sarebbero definiti nei regolamenti parlamentari.