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Etnologia e demologia: Alberto Mario Cirese e la rivista La Lapa

CAPITOLO II: DAL DOPOGUERRA AL BOOM ECONOMICO

2. La ripresa degli studi sociali dopo il fasciamo: vecchie e nuove opposizioni

2.3. Il Sud: gli studi sociali e le ricerche di comunità

2.3.1. Il mondo contadino: tra staticità e folklore progressivo

2.3.1.1. Etnologia e demologia: Alberto Mario Cirese e la rivista La Lapa

Il dibattito, interno ed esterno ai partiti, nel secondo dopoguerra fu caratterizzato da un forte legame con le vicende politiche del movimento operaio e contadino, in un clima di forte conflittualità sociale che vedeva come protagonisti il proletariato urbano e quello rurale. Larghi strati del mondo intellettuale

199 La Lucania in particolare, ed in generale la Basilicata, si trovò in quegli anni ad essere il luogo emblematico di compresenza

dei diversi orientamenti scientifico-culturali in quel momento attivi in Italia nel campo degli studi socio-antropologici: dalla documentazione etnografica di Bronzini, alle ricerche di etnologia storica di de Martino, alle inchieste socio-culturali e gli studi di comunità condotti da studiosi italiani e statunitensi (Fanelli, 2008).

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aderirono a queste lotte politico-sociali che videro la conquista della direzione del movimento operaio da parte del PCI (forte di una fitta rete organizzativa ma spesso disattento alle reali esigenze della base e sempre fedele ad un severo dogmatismo di stampo sovietico nelle scelte politico-culturali) (Fanelli, 2008). Nel 1948, dopo il tracollo elettorale, il PSI si vide schiacciato prima a sinistra, dai comunisti, nella fase del ‘frontismo’, e poi dalla DC, dopo la svolta ‘autonomistica’ verso l’area di governo, mentre al suo interno viveva profonde scissioni provocate dagli effetti della guerra fredda che si tradussero in un indebolimento della forza politica del partito (Fanelli, 2008). Tra i vari temi che dividevano il PSI dal PCI vi erano le questioni legate alla laicità dello stato e della pubblica istruzione. Già ai tempi della costituente i due partiti avevano assunto posizioni dissimili quando i socialisti votarono contro l’articolo 7, che accoglieva nella nuova Costituzione i Patti Lateranensi, mentre i comunisti votarono a favore. Nel 1949 quando, con il decreto del Sant’Uffizio, la Chiesa scomunicava i comunisti e i socialisti, queste distanze si acutizzarono. Il PSI nel dicembre dello stesso anno organizzò a Roma un Convegno sulla scuola libera e moderna200 a cui parteciparono tra gli altri Petronio, Bracci, Catalano, Widmar, Ramat e

lo stesso Cirese (ibidem).

Alberto Mario Cirese fu fortemente legato al PSI come amministratore locale nel reatino e sposò a livello nazionale la posizione di Lelio Basso, figura di spicco della sinistra socialista, luxemburghiana e antistalinista, e direttore responsabile della rivista Quarto Stato (Fanelli, 2008). Le posizioni dei socialisti “dissidenti” o “eretici” come Fortini, Bosio, Panzieri, Scotellaro, Della Mea, Foa e lo stesso Cirese non ebbero grande risonanza, o meglio, vennero ignorate e messe ai margini dalla direzione del partito (ibidem). Con l’emarginazione di Lelio Basso dalla vita del PSI, nei primi anni ’50, cominciarono ad assottigliarsi anche gli spazi politici lasciati agli intellettuali che seguivano la sua corrente, ma fu proprio in questo periodo che Cirese raggiunse i livelli più alti nella struttura del partito, quando nel 1957 venne nominato responsabile nazionale della Sezione Cultura; investitura che arrivava in un momento particolare della storia delle sinistre in Italia, e più in generale nel mondo, a seguito dell’invasione sovietica dell’Ungheria e delle rivelazioni di Chruščëv al XX congresso del PCUS, che provocarono profonde divisioni tra i socialisti e una grave crisi della politica unitaria fino ad allora perseguita (ibidem). La rivista La Lapa, fondata da Alberto Cirese con il padre Eugenio Cirese nel 1953, nella sua breve ma intensa vita (1953-1955) ebbe un ampio respiro ed un ruolo di grande rilievo. Pur nata e fortemente legata

200 “La posizione socialista, in netta opposizione alla politica governativa, osteggiava la parificazione accordata alle scuole

private confessionali, e rivendicava, contro l’invadenza clericale, la possibilità per gli insegnanti di portare avanti liberamente convinzioni e metodi didattici diversi da quelli praticati negli istituti religiosi. In nome di una scuola laica, libera e pubblica, i socialisti ritenevano che si dovesse vincere l’analfabetismo diffuso e superare, nei programmi e nei metodi didattici, tutte le forme di “oscurantismo del passato”, comprese le concezioni “aristocratiche” della cultura” (Fanelli, 2008, p. 40).

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a radici locali, come immediatamente si evince dal nome che in dialetto reatino significa l’ape, e ai temi della poesia popolare e dialettale e di folkloristica locale, fu in grado di dialogare con le arti, il cinema, la ricerca teorica e il dibattito storico-filosofico, sia a livello nazionale che internazionale (ibidem). I numeri della rivista furono dieci, di cui due doppi, quindi otto in totale, e si composero di saggi ed articoli di una cinquantina di collaboratori. “Tra questi rinveniamo contributi di rappresentanti della “vecchia” scuola: Toschi, Cocchiara e Corso, i protagonisti della “nuova” stagione di studi: de Martino, Seppilli, Tentori, Bronzini, Carpitella e Lanternari. Si rinvengono scritti di Pasolini, Petronio, Giannini e di importanti studiosi stranieri: Lèvi-Strauss, Maget, Maticetov, Redfield, Rouch. Questi nomi intersecano tra loro tradizioni di ricerca a volte distanti, orizzonti culturali diversi, teorie e linguaggi differenti e in ciò la rivista dimostra la capacità di essere un vero e aperto spazio di discussione” (Fanelli, 2008, p. 76). Furono molti i dibattiti tra cui quelli tra de Martino e Toschi, Alberto Cirese e Giarrizzo, Carpitella e Mila, divenuti piccoli classici della nostra storia intellettuale (Fanelli, 2008).

In antitesi con le posizioni della sinistra italiana sui prodotti culturali d’oltre oceano, demonizzati a prescindere, La Lapa aprì le sue pagine alle nuove prospettive di ricerca derivanti dal lavoro degli studiosi americani; Cirese se da un lato “non sposa in maniera definitiva la linea “storicista” di de Martino [dall’altro] non condivide la netta chiusura verso studiosi e metodi ‘stranieri’. […] [affermando] che etnologia e folklore erano “possibili campi di indagine storiografica”, dotati di una loro “problematica interna”, fornita dall’esigenza di integrare la “coscienza culturale moderna” con la conoscenza del mondo popolare” (ivi, pp. 92-93).

Sin dalla sua nascita la rivista pose molta attenzione all’innovazione e alla tecnologia, discutendo del cinema etnografico e proponendo le prime campagne di registrazione effettuate dal Centro Nazionale

Studi di Musica Popolare (Rai-Accademia di Santa Cecilia), dimostrando un’attenzione particolare per

il folklore musicale indagato con la ricerca sul campo attraverso la raccolta di fonti orali. Il tema della poesia popolare trovò spazio nella rivista soprattutto nei primi due anni di attività, sotto la forte influenza di Eugenio Cirese, mentre fu sempre centrale l’interesse per le tradizioni popolari guardate non da un punto di vista isolato e periferico ma come ricerca di un’integralità di processi (Fanelli, 2008). Un articolo comparso sull’ultimo numero de La Lapa, Di alcune discussioni in corso, riconosceva il contributo allo studio dei rapporti e scambi culturali tra centro e periferia apportati, in ambito sociologico da Seppilli, in ambito storico-religioso da Lanternari, e in ambito letterario da Pasolini (ibidem).

La Lapa prestò molta attenzione alle riviste francesi come l’Homme e Ars e Traditions populares

dichiarando un pizzico d’invidia per la rigogliosa vita delle ricerche in Francia, un’attenzione che può essere rintracciata nella formazione stessa di Cirese (ibidem).

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Alberto Cirese laureatosi in Lettere e Filosofia all’Università di Roma La Sapienza nel dicembre del 1944, si iscrisse nel 1951 alla Scuola di perfezionamento in Scienze Etnologiche - fondata e diretta dallo studioso di storia delle religioni Raffaele Pettazzoni - presso l’Università La Sapienza, in cui insegnavano tra gli altri Tentori, Grottanelli, Blanc, Riccardi, Canestrelli e lo stesso Pettazzoni. Mentre era impegnato in questo percorso di formazione Cirese si dedicò allo studio della lamentazione funebre, e pubblicò nel 1951, sulla rivista Lares, l’articolo Nenie e prefiche nel mondo antico, studio che, grazie alle lettere di presentazione di Pettazzoni, Tentori e Toschi, lo porterà al Musèe de l’Homme di Parigi, dove vinse una borsa di studio per approfondire questo lavoro. Questo viaggio rappresentò una tappa fondamentale nel suo percorso formativo e di vita, nonostante, al suo ritorno Pettazzoni gli negasse la possibilità di terminare i suoi studi presso la Scuola di etnologia con una dissertazione sul lamento funebre, in quanto tema già trattato da Ernesto de Martino. Questo avvenimento indusse Cirese ad abbandonare la Scuola e l’etnologia per dedicarsi totalmente agli studi demologici (ibidem).

L’esperienza della rivista si chiuse un anno dopo la scomparsa di Eugenio Cirese, in un paio di riunioni con Carpitella, Pasolini, Seppilli e Bosio, Alberto discusse sulla possibilità di portare avanti le pubblicazioni. Bosio, in veste di editore, propose di modificare il taglio della rivista rendendolo meno specialistico e lanciò l’idea di fare de La Lapa l’organo del Centro di tradizioni popolari progettato con Paolo Grassi e Roberto Leydi, ma quella scintilla inziale, quell’esigenza di far conoscere, nata tra il padre poeta e il figlio studioso si era ormai spenta (Fanelli, 2008).