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CAPITOLO II: DAL DOPOGUERRA AL BOOM ECONOMICO

3. La sociologia e il mondo accademico

3.5. La sociologia come scienza

Il problema principale della sociologia negli anni della sua rinascita era legato alla sua affermazione come scienza rigorosa, in un momento in cui veniva declassata e/o osteggiata dalle culture dominanti allora in Italia. Ci si occupò ufficialmente per la prima volta del problema del riconoscimento della sociologia come scienza e del suo sviluppo come disciplina, nel convegno Filosofia e Sociologia che si tenne all’Università di Bologna nell’aprile del 1954 su iniziativa della Sezione di Bologna della Società

Filosofica Italiana (Barbano, 1985). Il Convegno si aprì con un intervento di don Luigi Sturzo sulla

sociologia come scienza della società in concreto e sul rapporto tra storia e sociologia, che egli intendeva nei termini di una sociologia storicistica in cui la storia non era da intendersi come uno strumento comparativo utile alla sociologia ma piuttosto come base necessaria all’analisi sociologica. Parteciparono al Convegno di Bologna esponenti di diverse correnti della cultura italiana: cattolici, marxisti, idealisti,

210 Nel 1948 sulla rivista Responsabilità del sapere uscì il saggio Nuovi orientamenti dell’analisi sociologica; nel 1950 venne

pubblicata sulla Rivista Internazionale di Scienze Sociali un articolo dal titolo Le scienze nuove dell’uomo e della società; sulla rivista L’Industria nel 1950-51 uscì il lavoro A proposito di scienze nuove redatto con Bruno Leoni, mentre nel 1952 su Il Politico venne pubblicato Il problema metodologico delle scienze sociali (Barbano, 1985).

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spiritualisti, positivisti oltre ai rappresentati del giovane gruppo de Il Mulino e dei principali indirizzi della filosofia italiana. Ciò che emergeva nel Convegno di Bologna era il prevalere ancora del punto di vista filosofico, messo in evidenza nella relazione dell’unico sociologo presente, R.E. le Blond Jr., il quale sottolineando come le prese di posizione, positive o negative, dei filosofi nei confronti della sociologia non potessero influenzare le modalità e la validità del lavoro sociologico, cercava di rivendicare l’autonomia della sociologia come scienza211 (Barbano, 1985). Durante il Convegno vennero

dibattuti i due punti fondamentali per l’istituzionalizzazione della sociologia, ovvero la definizione della disciplina al fine di delinearne l’autonomia rispetto alle altre scienze, in generale e alla filosofia in particolare, e l’elaborazione di un modello professionale. A impegnarsi nell’opera di definizione di questa nuova scienza furono soprattutto filosofi e giuristi interni all’accademia: i filosofi si dedicarono in primo luogo a stabilire i confini “cosa la sociologia non deve essere o non deve fare” per poi concentrarsi sul necessario supporto della filosofia alla nascente scienza nell’elaborazione concettuale precedente e successiva alla ricerca sociologica; i giuristi si impegnarono invece subito a riaffermare la loro posizione di potere come corporazione accademica e dunque la loro possibilità di controllo, ideologica e reale, sul processo di istituzionalizzazione delle disciplina (Chiaretti, 1975, p. 71). Dagli interventi e dai dibattiti aperti al Convegno emergeva chiaramente una caratteristica fondamentale di questa fase di fondazione della sociologia che caratterizzerà, in forme diverse, anche gli anni a venire “la tacita divisione tra il ristrettissimo gruppo dei sociologi propriamente detti, che opera nell’università, e i ricercatori sociali. Ai primi compete la fondazione dei concetti, l’innovazione culturale, la traduzione e il commento di classici stranieri, la classificazione dei lavori nei vari settori, ai secondi l’onere della ricerca e della verifica empirica” (Massironi, 1975, p. 45).

Nel 1958 usciva il primo numero del Notiziario di sociologia, diretto da Luciano Cavalli, e pubblicato da un “piccolo gruppo di ricercatori che desideravano, in primo luogo, rendere un servizio ai propri colleghi e a sé stessi” per informare con “resoconti dell’attività dei principali centri, notizie dall’estero, sunti di ricerche, recensioni, segnalazioni, informazioni d’ogni genere utili al ricercatore e allo studioso. Con speciale riguardo, “Il Notiziario” accoglierà e presenterà ai suoi lettori le mediazioni dell’esperienza, le novità metodologiche, l’approfondimento teoretico. Quando sia pertinente, avrà il posto che si merita la critica rigorosa della sociologia fumistica, delle pseudo scienze sociali e, perfino, delle ricerche malfatte” (Il Notiziario, n. 1, p. 1). Barbano afferma che durante gli anni ’50 si affermarono due orientamenti teorici che sintetizza con tre espressioni: “dalle leggi alla logica delle scienze sociali; dai

211 Già nel primo numero della rivista Quaderni di Sociologia, del 1951, Franco Ferrarotti dedicava al tema un articolo dal

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fatti del positivismo ai valori; dal “che cosa”, oggettività, al “come” obbiettività” (Barbano, 1985, p. 117).

Il metodo e le questioni legate al metodo della ricerca sociale acquisirono un ruolo crescente durante gli anni ’50 in termini di metodologia e problema metodologico, legato sia al lavoro teorico che al lavoro di ricerca. Tra il 9 e il 14 giugno del 1957 si svolse a Firenze un seminario di studi sui Metodi di ricerca in

Sociologia, la cui prima sessione venne dedicata a La metodologia della ricerca nella sua impostazione teorica, sessione nella quale Barbano presentò una relazione in cui insisteva sulla necessità di distinguere

tra metodologia e tecnica di raccolta dei dati. La problematizzazione del metodo sociologico attraversò tutti gli orientamenti teorici che in quel momento caratterizzavano la sociologia in Italia, rappresentò dunque un’inclinazione comune crescente negli anni della rinascita, soprattutto dopo che vennero superati i bisogni di rifondazione della sociologia come scienza (Barbano, 1985).

Negli anni ’60 la traduzione dell’opera di Weber Economia e società e dell’opera di Parsons Struttura

dell’azione sociale contribuirono alla definizione dell’autonomia del metodo sociologico in termini

struttural-funzionalisti “nella progressiva inclinazione politico-economica, integrazionista, del sistema- Italia” (Barbano, 1985, p. 120). Si assisterà, in questi anni, ad una accentuazione della divisione del lavoro sociologico, già iniziato negli anni ’50, con le relative ramificazioni e specializzazioni come ad esempio “la sociologia economica, industriale e del lavoro; la sociologia urbana, rurale e del territorio; la sociologia di pratiche sociali come quelle elettorali, religiose e del consumo” (ivi, p. 127). I processi di industrializzazione, e quindi di differenziazione, spinsero verso una forte divisione intellettuale del lavoro sociologico che si articolerà lungo tutto il corso degli anni ’70. Caratterizzante il passaggio dagli anni ’50 agli anni ’60 sono gli interessi nel campo della sociologia industriale articolati intorno alla coppia organizzazione-automazione, ponendo l’attenzione da un lato al lento processo di ammodernamento industriale e dall’altro al veloce sviluppo dell’industria nel triangolo economico (Barbano, 1985).