CAPITOLO I: DALL’UNITÀ D’ITALIA AL FASCISMO
3. Le inchieste parlamentari post-unitarie
3.1. Analisi delle inchieste parlamenti post-unitarie
3.1.1. Le ferrovie
Le ferrovie caratterizzarono l’intera storia dell’Ottocento. Le compagnie ferroviarie rappresentarono le prime grandi imprese apparse sulla scena mondiale alla fine del secolo e le sfide per la loro costruzione un banco di prova per la formazione degli ingegneri (Giuntini, 2013). Le informazioni sulle ferrovie iniziarono a trapelare nell’Italia preunitaria alla fine degli anni Venti grazie alla parte più “illuminata della borghesia”, ma fu Camillo Benso di Cavour che, a metà degli anni Quaranta, ne colse le potenzialità, indicandole come la infrastruttura più innovativa del tempo, cruciale nel processo di unificazione più di ogni riforma amministrativa o concessione politica (ibidem). Prima dell’unificazione la loro introduzione nella penisola avvenne “con tempi e modalità differenti da Stato a Stato”; anche nei contesti nei quali venne percepita la potenzialità del nuovo mezzo, non si approdò alla costruzione di reti organiche ma vennero realizzate singole linee o, al massimo, microsistemi subregionali (ibidem).
18 Per un approfondimento sugli interventi parlamentari relativi alle strade ferrate del regno tra il 1861 e il 1915: Cfr. Tabella
1: Interventi parlamenti in merito alle strade ferrate del Regno 1861-1915 (Fonte: Polo Bibliotecario Parlamentare), Appendice metodologica, p. 14.
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Figura 3: Barplot delle Top twenty words relative agli interventi parlamentari in ambito sociale, dal 1861 al 1915, suddivise in quattro macro-periodi. (Software utilizzato:
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Le varie linee arrivarono quasi interamente dall’estero attraverso l’intermediazione di uomini d’affari locali, data la generalizzata mancanza di capitali tipica del contesto nazionale19, e trovarono per lo più
nelle corti dei regnanti, che vedevano in esse un motivo di prestigio e modernizzazione, una spinta alla loro realizzazione. Nonostante tutto, l’esperienza ferroviaria rappresentò un primo successo per la penisola, economicamente arretrata, e anche se non venne colta nelle sue eccezionali potenzialità di fattore di sviluppo economico ed industriale, trasformò radicalmente l’urbanistica delle città dando vita a una loro “gerarchia basata sull’inserimento o meno nella rete principale” (ibidem). Dal 1850 al 1859 la rete ferroviaria italiana aveva aumentato di sei volte la sua estensione20, al momento dell’unificazione la
rete copriva 1625 chilometri, cifra ancora molto distante da paesi come la Gran Bretagna e la Francia (ibidem).
La prima grande sfida tecnica fu la linea Torino-Genova, i cui lavori ebbero inizio nel 1846, sulla base del progetto di Ignazio Porro e sotto la garanzia tecnica di uno degli ingegneri ferroviari più conosciuti del tempo, il britannico Isambard Kingdom Brunel21. “La Torino-Genova, inaugurata nel 1853,
comprendeva il primo vero tracciato di montagna realizzato in territorio italiano e rappresentò uno fra i primi e più arditi a livello continentale. La galleria dei Giovi […] misurava 3254 metri e costituiva all’epoca uno dei trafori più lunghi e impegnativi del mondo. La pendenza tra Pontedecimo e Busalla, mai affrontata in precedenza, raggiungeva il 35% e, per superarla, fu necessario ideare un’apposita potentissima locomotiva […]. […] [Quasi] contemporaneamente fu realizzato un altro valico ferroviario di grande portata tecnologica. […] la linea Trieste-Vienna […] attraverso il Semmering, [aperta nel 1854], [con] 14 gallerie […] 16 viadotti e un centinaio di ponti […] [e con] dislivelli compresi tra il 20 e 25%” (ibidem).
In epoca preunitaria furono proposti molti progetti di comunicazione transappenninica, spesso senza tenere conto degli ostacoli insormontabili a cui si sarebbe andati incontro, ciò fece sì che molti non vennero realizzati, rendendo la ferrovia transappenninica una vicenda chiave che, trascinatasi per lunghi
19 Il nostro Paese restò dipendente nell’importazione delle linee e delle locomotive fino al 1875 da Inghilterra, Francia e
Belgio, poi soprattutto da Austria-Ungheria e Germania. Le prime due locomotive italiane vennero consegnate nel 1855 dalla genovese Ansaldo (uno dei pochi soggetti industriali preunitari); nel giro di cinque anni furono costruite 16 locomotive. Fra il 1847 e il 1860 vennero introdotte nella rete italiana 404 locomotive di cui 383 importate dall’estero (Giuntini, 2013).
20 Rimaneva ampio il divario tra la rete ferroviaria dell’Italia del Nord e del Sud, i due terzi del totale della rete appartenevano
infatti al Nord ed anche negli anni a seguire tale condizione non vide forti mutamenti. L’attenzione venne posta in maniera prevalente ai collegamenti tra l’Italia e i paesi europei confinanti più che ai collegamenti interni, in modo particolare quelli delle regioni del Sud (Giuntini, 2013). Lo stesso scenario si presentava per le infrastrutture stradali, nel 1863 la Lombardia da sola possedeva una rete stradale di 28 mila chilometri a fronte dei 14 mila dell'intero Regno di Napoli, Sicilia inclusa (MiBAC e MIUR, 2011).
21 In quel periodo per qualsiasi opera ferroviaria veniva chiesto l’apporto tecnico di ingegneri britannici o di qualche altro
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anni, avrebbe caratterizzato l’intera storia delle ferrovie italiane nell’Ottocento (ibidem). Nel 1864 fu aperta la Porrettana, reputata un indispensabile tratto di congiunzione fra il Nord e il Sud della penisola, anche questa impresa difficile, con 35 ponti e 49 gallerie. Il taglio dell’istmo di Suez (1869) e il traforo del Fréjus22 furono le due opere infrastrutturali più celebri del tempo, segnando un punto di svolta nella
fiducia nella capacità umane. Queste esperienze, portatrici di una prospettiva ottimista verso il progresso, aprirono la strada alla progettazione di altri valichi alpini (ibidem). Molto interesse venne posto anche sulle linee transappenniniche trasversali: a due anni di distanza dalla Porrettana, nel 1866 venne aperta la Roma-Ancona; nel 1867, l’anno dell’inaugurazione del Brennero, venne approvato il progetto del San Gottardo, contrapposto a quelli, altrettanto essenziali per l’economia italiana in espansione, dello Spluga e del Lucomagno; nel 1879 entrava in funzione la Pontebbana; nel 1882 il Gottardo23 e più tardi, nel
1906, il Sempione24 (ibidem). Il Brennero rappresentò la prima grande linea alpina internazionale
dell’Italia unita ma fu la linea del Gottardo, costruita in territorio svizzero ma con un ingente dispendio di capitali e lavoro da parte dello Stato italiano, a risultare decisiva per l’inserimento del Paese nei circuiti commerciali europei più importanti (ibidem). Un’altra opera di grande rilievo nel campo delle ferrovie italiane di montagna fu la Direttissima Bologna-Firenze; iniziata nel 1845 e terminata nel 1934 rappresentò l’emblema dei ritardi e delle innovazioni italiane nel campo delle tecnologie ferroviarie. Dopo interminabili dibattiti sul suo tracciato si optò per la costruzione di una lunga galleria di valico che rappresentò un gioiello tecnologico e un motivo di vanto internazionale per l’ingegneria italiana. La Direttissima permise una notevole accelerazione negli scambi commerciali tra Nord e Sud del Paese, riducendo i costi di trasporto delle merci (ibidem).
La questione delle comunicazioni ferroviarie negli ultimi tre decenni del XIX secolo stimolò un dibattito rilevante tra politici e tecnici, raggiungendo anche l’opinione pubblica. L’Italia aveva necessità di uscire dall’isolamento commerciale, e i nuovi valichi rappresentavano l’apertura di vie di comunicazione internazionali in grado di collegarla all’Europa centrale (ibidem). Inoltre, queste sfide tecnologiche, se furono occasioni di collaborazione internazionale fra Paesi diversi, favorirono nel Paese studi e ricerche in campo ferroviario che portarono gli ingegneri italiani ad attestarsi “fra i più esperti al mondo nelle
22 L’ultimazione del traforo del Fréjus fu resa possibile grazie all’utilizzo delle macchine perforatrici che, costruite in Belgio,
furono inventate da alcuni professionisti formatisi all’interno del Genio civile piemontese: gli ingegneri Sommeiller, Sebastiano Grandis e Severino Grattoni (Giuntini, 2013).
23 L’opera fu avviata nel 1872 e venne terminata solo dieci anni dopo. Il tunnel del valico fu lungo complessivamente 15 km
(Giuntini, 2013).
24 La costruzione della galleria del Sempione iniziò nel 1898, “con i suoi 19,8 chilometri […] fu la più lunga del mondo fino
al 1979”. Fu una delle prime alle quali fu applicato un criterio di estensione della lunghezza per mantenere bassa la quota, fra i 600 e i 700 metri di altitudine, e che vide la costruzione di due gallerie a binario unico anziché un’unica galleria a due binari (Giuntini, 2013).
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linee ferroviarie di montagna” (ibidem). In un quarantennio, dall’unità alla fine del secolo, la geografia ferroviaria alpina venne completamente rivoluzionata, inserendo l’Italia nella rete ferroviaria europea (ibidem).