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CAPITOLO II: DAL DOPOGUERRA AL BOOM ECONOMICO

2. La ripresa degli studi sociali dopo il fasciamo: vecchie e nuove opposizioni

2.3. Il Sud: gli studi sociali e le ricerche di comunità

2.3.1. Il mondo contadino: tra staticità e folklore progressivo

2.3.1.2. Gianni Bosio e Movimento operaio

La storia di Alberto Cirese si lega a quella di Gianni Bosio che nel 1949 fondava la rivista Movimento

operaio, la prima rivista di storia del movimento operaio in Italia capace di coinvolgere storici marxisti

socialisti e comunisti, ma anche azionisti ed anarchici, con un immediato apprezzamento di figure come Gaetano Salvemini e Delio Cantimori. La rivista seguiva una linea rigorosamente filologica, intesa nel senso della necessità di dare vita a ricerche preliminari per poter rilanciare gli studi, grazie ad una salda base documentaria, al fine di recuperare la tradizione del movimento operaio italiano socialista, considerato dal PCI infantile e poco presentabile per la sua tradizione internazionalista (Fanelli, 2008).

Movimento operaio si proponeva come un vero e proprio progetto storiografico alternativo e nasceva in

modo autonomo, sganciata cioè dalla politica culturale sia del PCI che del PSI pur raccogliendo al suo interno intellettuali di entrambi gli schieramenti. Il principale compito della rivista fu quello di “mettere in opera un lavoro di raccolta e catalogazione del materiale relativo alla storia del movimento operaio italiano, sulla base dell’assunto che per poter dare vita ad opere di sintesi basate su una conoscenza reale

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fosse necessario un importante lavoro preparatorio” (Pelli, 2009, p. 7). L’intento di Bosio non era solo quello di ricostruire questa storia attraverso la voce dei “grandi militanti” ma anche attraverso “le memorie, di coloro che grandi o piccoli, famosi o meno, hanno dato alla causa operaia, con fermezza e competenza quanto a loro era richiesto dalle circostanze e dalle necessità, e queste memorie la rivista ritiene importanti quanto le altre” (Bosio, 1952).

Bosio sin dagli anni ’50 aveva cominciato ad intuire il forte impatto che la nuova società dei consumi, con i suoi strumenti di comunicazione, avrebbe avuto sui tradizionali canali di comunicazione delle classi popolari, questa consapevolezza lo indusse, dopo l’esperienza di Movimento operaio, a dare avvio ad un lavoro collettivo in questa direzione dapprima con le Edizioni Avanti!, legate al Psi, ed in seguito autonomamente, con le Edizioni del Gallo, il Nuovo Canzoniere Italiano e l’Istituto Ernesto De Martino. Di fondamentale importanza in questo percorso è l’attenzione posta alle fonti orali e all’oralità, principale mezzo di comunicazione culturale e politica del mondo popolare “essa si presenta nella riflessione di Bosio come lo strumento per ricostruire una storia “altra” da quella scritta dai “vincitori”, viene dunque caricata di un significato politico che va di pari passo ad una profonda riflessione critica sui suoi limiti e le sue possibilità esplicative. […] Bosio concepiva l’uso della fonte orale in modo non statico; al contrario, egli accordava alla riattualizzazione di quel patrimonio e all’oralità quale strumento di comunicazione culturale, nelle mutate condizioni economico-sociali dell’Italia del “miracolo economico”, anche un obbiettivo politico: contrapporre al silenzio imposto dal rumore della comunicazione ideologico-mediatica nella società dei consumi, la voce di un’“altra Italia”. Da qui la costruzione di spettacoli musicali sul canto sociale, la nascita della “nuova canzone politica”, i Dischi del Sole e le registrazioni di manifestazioni, le interviste, ecc., che tanta parte hanno avuto sulle modalità di costruzione della soggettività delle sinistre negli anni ’60-’70” (Pelli, 2009, pp. 4-5). Lo stesso Bosio nel suo Elogio del magnetofono. Chiarimento alla descrizione dei materiali su nastro del Fondo Ida

Pellegrini del 1966, spiegava in questi termini l’importanza della raccolta delle fonti orali: “la possibilità

di fissare col magnetofono modi di essere, porsi e comunicare (così come la pellicola permette di fissare in movimento feste riti e spettacoli) ridona alla cultura delle classi oppresse la possibilità di preservare i modi della propria consapevolezza, cioè della propria cultura” (Bosio, 1966, p. 171).

La situazione finanziaria della rivista si rivelò precaria sin dalla sua costituzione, questa situazione portò nel 1952 ad una scelta, che segnò irreversibilmente la storia della rivista, il passaggio all’editore Feltrinelli. La rivista divenne sempre più dipendente dal Partito Comunista, già dal 1950 gli storici di orientamento comunista avevano cominciato a sollecitare Bosio per un’apertura verso la pubblicazione di materiali non inediti al fine di dare spazio al dibattito storiografico contemporaneo, mettendo sotto

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accusa l’eccessivo filologismo di Bosio il cui esito era quello di costruire una storia del movimento dei lavorati come altro dalla storia d’Italia (Pelli, 1999). Dal 1951 le pressioni su Bosio per imprimere un cambio di orientamento alla rivista si fecero forti, l’obiettivo era quello di fare di Movimento operaio uno strumento di lotta di classe, nel 1953 lo scontro si fece rovente. Feltrinelli lamentava uno scarso coinvolgimento dell’editore in decisioni ritenute importanti e tentò di mettere Bosio sotto tutela, chiedendogli di sottoporre tutto il materiale da pubblicare sulla rivista a Renato Zangheri, al rifiuto di Bosio fece seguito il licenziamento in tronco da parte dell’editore (ibidem).

Cirese incontrò Bosio alla CGIL nel febbraio nel 1953, in occasione di una riunione riguardante gli studi sul movimento contadino, ed in questa occasione Bosio gli propose di collaborare a Movimento operaio attraverso una rubrica dal titolo Il movimento operaio e contadino negli studi di folklore (1945-1952), invitandolo anche a collaborare al progetto di una Bibliografia della stampa operaia e socialista dal 1860

al 1926. Sarà lo stesso Bosio ad annunciare di lì a poco a Cirese il suo licenziamento ma la loro sfiorata

collaborazione si realizzerà con la pubblicazione della terza annata de La Lapa presso le Edizioni Avanti! dirette da Bosio e proseguirà, nel corso degli anni, fino alla costituzione nel 1966 dell’Istituto Ernesto de

Martino per essere poi interrotta, bruscamente, dalla prematura scomparsa di Bosio nel 1971 (Fanelli,

2008).