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CAPITOLO I: DALL’UNITÀ D’ITALIA AL FASCISMO

3. Le inchieste parlamentari post-unitarie

3.1. Analisi delle inchieste parlamenti post-unitarie

3.1.7. La scienza e la sociologia nell’età del positivismo

3.1.7.1. Gli studi sociologici

Come già accennato lo sviluppo della sociologia, o meglio dell’analisi sociale in Italia, coincide con la fase più matura del positivismo europeo98 (Lentini, 1981). Come afferma Federici (1990), è possibile

rintracciare l’evoluzione del pensiero sociologico in alcune aree ben precise “come l’illuminismo, il socialismo, la critica dell’economia e della scienza politica” (Federici, 1990, p. 5). La sociologia può essere definita come una “scienza tipicamente «moderna»”: essa nasce infatti “per interpretare le dinamiche di una realtà in rapido mutamento”, quando la rivoluzione industriale scompagina le caratteristiche tipiche del mondo così come era stato fino ad allora conosciuto “dal tramonto del mondo contadino alla crescita della città, dall’imporsi della razionalità del calcolo economico alla disgregazione della famiglia patriarcale allargata e così via” (ivi, p. 1). L’idea di base, su cui i primi scienziati sociali poggiano le fondamenta della sua costruzione come sapere specifico, è la possibilità “di applicare ai fenomeni sociali lo stesso metodo usato dalle scienze matematiche, fisiche e naturali per studiare i fenomeni relativi” (ivi, p. 8).

Immediatamente dopo l’Unità negli ambienti filosofici e scientifici matura la necessità di costruire la nazione su basi scientifiche; tale congiuntura apre la strada allo spirito positivo e all’applicazione del metodo sperimentale nelle scienze sociali99 (Lentini, 1981). Come afferma Lentini, in pochi anni, dal

98 Le scienze naturali venivano assunte come modello per le scienze sociali, tutto poteva essere conosciuto, osservato, misurato

compresa la realtà sociale e l’uomo; i positivisti scoprirono il fascino per l’osservazione empirica, l’analisi quantitativa e la statistica. In un clima di esaltazione per la scienza si svilupparono tentativi di fisica sociale e ricerche sistematiche di autori come Quetelet, Buret, Le Play ed altri, mentre l’analogia tra organismo individuale e organismo sociale diede luogo alla versione positivistica dell’organismo sociologico con Spencer, Schäffle e molti altri. Durkheim seguendo le indicazioni di Spencer elaborò una morfologia della società in termini di struttura e funzioni attribuendo però al comportamento del gruppo non un orientamento scientifico dell’azione bensì una priorità morale, rivalutandone l’orientamento normativo (Lentini, 1981).

99 Autori come Salvatore Tommasi, Pasquale Villari, Aristide Gabelli sembrano rappresentarne i primi esponenti (Tra il 1861

e il 1915 vengono presentati da Salvatore Tommasi quattro interventi parlamentari: L’igiene pubblica di Londra negli ospedali e nei ricoveri di mendicità, ecc. nel 1862; Evoluzione, scienza e naturalismo nel 1877; Il rinnovamento della medicina in Italia nel 1883 ed Il naturalismo moderno: scritti varii nel 1913). Lentini (1891) afferma che la sociologia italiana dell’età del positivismo può essere individuata in una fase che va dal 1865 al 1895 e può essere ricostruita seguendo l’evoluzione delle teorie dell’azione e della totalità sociale da Roberto Ardigò a Vilfredo Pareto (Pareto presenta tra il 1861 e il 1915 tre interventi

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1870 al 1880, vengono coinvolte nell’ondata positivista le principali istituzioni culturali mentre “sorgono nuove riviste, nuovi insegnamenti universitari, musei scientifici e varie iniziative all’insegna della scienza sperimentale” (ivi, p. 11). Proprio in questo periodo, verso la metà degli anni ’70, apparvero i primi corsi regolari di sociologia nelle università italiane100 (Barbano, 1985).

La sociologia svolse in questi anni una funzione di indirizzo nell’analisi della nuova realtà del paese attraversata da “fenomeni sociali di notevole rilievo: il processo di industrializzazione delle regioni settentrionali e il conseguente formarsi di un proletariato industriale, le gravi condizioni di miseria e di arretratezza delle regioni meridionali, l’estendersi dell’emigrazione interna ed esterna” (Federici, 1990, p. 10). Nonostante le diverse correnti di pensiero, vi era una generale condivisione della necessità di “ricerche collegate ai reali problemi sociali” (ibidem); le inchieste pubbliche e private post-unitarie furono condotte con spirito scientifico e nel tentativo di adeguare la ricerca sul campo alle esperienze più avanzate. I problemi da risolvere, all’interno di una realtà caratterizzata dai limiti dello sviluppo capitalistico, venivano genericamente ricondotti alla questione sociale ma riguardavano nello specifico “lo storico divario tra nord e sud, i rapporti città-campagna, le migrazioni, le rivolte contadine, le condizioni sanitarie e alimentari, l’aumento della criminalità, le conseguenze dell’affermarsi del sistema di fabbrica, i movimenti politici socialisti e anarchici” (Lentini, 1981, p. 11). La modernizzazione divenne, col positivismo, un problema di ricerca ed indagine scientifica, scontando, però, tutti i limiti di un paradigma caratterizzato dal determinismo naturalistico nella forma più tipica dell’organicismo evoluzionistico che “rafforzava l’idea della naturalità dell’integrazione del sistema dei fini, del tutto

parlamentari: L’unione doganale come mezzo inteso a migliorare le relazioni politiche e a renderle pacifiche nel 1889; Un’applicazione di teorie sociologiche nel 1900 ed Il mito virtuista e la letteratura immorale nel 1914). Secondo Lentini (1981) tutto l’essenziale della stagione positivista italiana può essere ritrovato nella III serie della Biblioteca dell’Economista diretta da Gerolamo Boccardo e nelle pubblicazioni dell’editrice Bocca.

100 Il primo corso in assoluto sembra essere stato quello tenuto da Giuseppe Carle, maestro di Giole Solari, presso la facoltà

di Giurisprudenza dell’Ateneo di Torino dal 1875; un corso di scienze sociali che venne istituito a scapito dell’abolizione di un corso di filosofia del diritto segnando, da subito, una frattura all’interno del delicato equilibrio disciplinare universitario, per una disciplina come la sociologia che, priva di uno statuto teorico, cercava riconoscimenti accademici e istituzionali (Giuseppe Carle presenta tre il 1861 e il 1915 cinque interventi parlamentari: La vita del diritto nei suoi rapporti colla vita sociale: studio comparativo di filosofia giuridica nel 1880; Le origini del diritto romano: ricostruzione storica dei concetti che stanno a base del diritto pubblico e privato di Roma nel 1888; Pasquale Stanislao Mancini e la teoria psicologica del sentimento nazionale nel 1889; Il pensiero civile e politico di Vincenzo Gioberti nel 1901 ed Per la filosofia della storia nella R. Università di Roma nel 1913). Nel 1876 Carlo Francesco Gabba, studioso di ispirazione cattolica, venne incaricato dall’Istituto Cesare Alfieri di Firenze di tenere una serie di conferenze sociologiche pubblicate come Intorno ad alcuni più generali problemi della scienza sociale (Barbano, 1985). Per un approfondimento sugli interventi parlamentari presentati da Carlo Francesco Gabba tra il 1861 e il 1915: Cfr. Tabella 34: Interventi parlamentari presentati da Carlo Francesco Gabba tra il 1861 e il 1915 (Fonte: Polo Bibliotecario Parlamentare), Appendice metodologica, p. 235.

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estranea al soggetto agente, visto come portatore passivo, nel bene e nel male, delle leggi dell’evoluzione”101 (ivi, p. 12).

101 In Italia gli interpreti più noti di questa fase classica del positivismo furono Ardigò e Loria mentre erano già in fase di

elaborazione concetti e teorie di medio raggio ante litteram, specialmente nella sociologia criminale e nella sociologia politica, che non raggiunsero però la sistematicità e il rigore di teorie sociali liberate da ipoteche naturalistiche (Per un approfondimento sugli interventi parlamentari presentati da Achille Loria tra il 1861 e il 1915: Cfr. Tabella 35: Interventi parlamentari presentati da Achille Loria tra il 1861 e il 1915 (Fonte: Polo Bibliotecario Parlamentare), Appendice metodologica, p. 237). Tra i “sociologi” italiani lo studio dell’azione in termini di eredità e ambiente divenne dominante, insieme all’applicazione dei metodi quantitativi di Quetelet. Importante fu anche l’influsso della statistica morale che si evinse nelle riviste specializzate come l’Archivio per l’antropologia e l’etnologia di Paolo Mantegazza, l’Archivio di psichiatria e antropologia criminale di Cesare Lombroso, Enrico Ferri e Raffaele Garofalo, gli Annali di statistica e le riviste di economia. L’evoluzionismo darwinista, inoltre, venne assunto come canone di interpretazione della storia portando all’affermazione di una serie di studi sulle forme precedenti al capitalismo, sull’origine della famiglia, lo Stato, il socialismo antico, il capitalismo antico, varie istituzioni ecc. Un filone questo, definito storicista laico, a cui i positivisti italiani si richiamavano a partire dalla tradizione di autori come Vico, Beccaria, Romagnosi e Cattaneo e a cui venivano ricollegati in parte anche esponenti cattolici come Messedaglia, Carle, Gabba e Toniolo. Nel generale sviluppo delle scienze umane in Italia è possibile distinguere gli studi di psicologia, psico-fisica, antropologia con Ardigò, Sergi, Morselli e Labriola; quest’ultimo condividendo l’interesse dei filosofi per la scienza positiva tentò di superare la teoria positivistica dell’azione, uno sforzo che non portò però ad uno sviluppo sistematico della sociologia come disciplina specifica, passeranno, infatti, oltre vent’anni prima che Pareto pubblichi il suo Trattato di sociologia generale (Lentini, 1981).

Paolo Mantegazza, nato a Monza nel 1831, completò gli studi classici a Milano e si iscrisse alla laurea in medicina e chirurgia presso l’Università di Pisa, frequentando però i corsi sostitutivi a Milano, che conseguì nel 1854. Dopo la laurea compì numerosi viaggi tra l’Europa e il Sud America rientrando a Milano, nel 1858, dove cominciò ad esercitare la professione medica, prima privatamente e poi presso l’ospedale Maggiore. Nel 1860 divenne professore ordinario di patologia generale presso l’Università di Pavia, dove ottenne l’autorizzazione per l’apertura di un gabinetto sperimentale che svolse un’importante ruolo nella ricerca scientifica dell’ateneo. Si interessò ai problemi della condizione ambientale di alcuni lavori e ai problemi igienico-sanitari, aumentando i suoi interessi per i problemi pratici e psichici della natura dell’uomo. Nel 1869 fu chiamato a dirigere la cattedra di antropologia ed etnologia presso l’Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze, prima in Europa istituita per volontà di Villari. Fece parte, insieme a Canestrini ed altri, del gruppo dei primi seguaci italiani del darwinismo. Si impegnò nella diffusione dell’“antropologia italiana come "la storia naturale dell’uomo", da sottrarre al dominio della filosofia per rientrare nei metodi di studio delle scienze positive” con l’intento di “porre a fondamento dello studio dei caratteri somatici, psichici e culturali nelle variazioni etniche anche discipline come la fisica e la chimica”, al fine di “condurre l’antropologia oltre i limiti di una semplice craniologia […] aperta allo studio del "pensiero" e della "psicologia comparata dell’umana famiglia", riunendola così all’etnologia” (Armocida, 2007). Per un approfondimento sugli interventi parlamentari presentati da Paolo Mantegazza tra il 1861 e il 1915: Cfr. Tabella 36: Interventi parlamentari presentati da Paolo Mantegazza tra il 1861 e il 1915 (Fonte: Polo Bibliotecario Parlamentare), Appendice metodologica, p. 239.

Cesare Lombroso, nato a Verona nel 1835, si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Pavia, proseguendo i corsi nelle Università di Padova e Vienna, conseguendo la laurea nel 1858. Nel 1859 si arruolò come volontario nel corpo sanitario dell’Armata sarda, nel 1862 fu per alcuni mesi in servizio nella campagna contro il brigantaggio e nel 1863 ottenne il trasferimento presso l’ospedale divisionale di Pavia. In questi anni riprese contatti con gli ambienti universitari e cominciò ad interessarsi di psichiatria, psicologia e antropologia, dando inizio, come docente privato, a un corso libero di clinica delle malattie mentali e antropologia. Nel 1864 venne nominato professore incaricato e nel 1865 si dimise dall’esercito per dedicarsi alla carriera accademica. Nel 1867 divenne docente straordinario di psichiatria e clinica delle malattie mentali e titolare dell’incarico dell’insegnamento di antropologia presso l’Università di Pavia, dove nel 1870 inaugurò un corso libero di "Medicina legale sperimentale sull'uomo criminale, paragonato all'uomo sano e all'alienato". Nel 1871 assunse la direzione del manicomio provinciale S. Benedetto di Pesaro, proseguendo però l’insegnamento della psichiatria a Pavia. Nel 1873, con un gruppo di alienisti, fondò a Roma la Società freniatrica italiana. Nel 1875 si trasferì all’Università di Torino come professore ordinario di medicina legale, istituendo il Laboratorio di medicina legale e di psichiatria sperimentale. “Antropologia, psichiatria e medicina legale, le tre discipline così intimamente legate e convergenti sullo studio psicofisico dell’uomo sano e dell’anormale e su quello dei loro rapporti con l’ambiente e la società, costituirono il grande campo di indagini del Lombroso. […] Convinto della natura sostanzialmente patologica del delinquente nato, della possibilità di spiegarne la degenerazione morale con le sue anomalie fisiche, e sostenitore dei principi di irresponsabilità, egli fu di fatto il fondatore dell’antropologia criminale” (Armocida, 2005). Per un approfondimento sugli interventi parlamentari presentati da

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Cesare Lombroso tra il 1861 e il 1915: Cfr. Tabella 37: Interventi parlamentari presentati da Cesare Lombroso tra il 1861 e il 1915 (Fonte: Polo Bibliotecario Parlamentare), Appendice metodologica, p. 241.

Enrico Ferri, nato a a San Benedetto Po, in provincia di Mantova, nel 1856, frequentò il liceo classico Virgilio di Mantova dove ebbe come insegnante Roberto Ardigò e si laureò in giurisprudenza all’Università di Bologna nel 1877. Nel 1879 si trasferì a Parigi per approfondire i suoi studi presso la Sorbona e, al suo ritorno in Italia, intraprese una prestigiosa carriera universitaria come docente di diritto penale presso le Università di Bologna, Siena, Pisa e Roma. Divenne protagonista di famosi processi come quello in cui difese i contadini mantovani animatori del moto de "La boje" che vennero assolti. Questo processo gli diede notorietà a livello nazionale e gli fece guadagnare la fama di socialista. Ma Ferri non esitò ad affermare che “gli si autodefiniva "sociologo evoluzionista"; "sociologo - spiegò nel suo primo discorso elettorale - perché io non solo come scienziato, ma soprattutto come uomo politico studio la società, organismo naturale, che ha le sue leggi di sviluppo naturale... Evoluzionista, perché io credo che la legge di evoluzione graduale domini sovrana così nell’ordine scientifico come nell’ordine politico"” (Sircana, 1997). Per un approfondimento sugli interventi parlamentari presentati da Enrico Ferri tra il 1861 e il 1915: Cfr. Tabella 38: Interventi parlamentari presentati da Enrico Ferri tra il 1861 e il 1915 (Fonte: Polo Bibliotecario Parlamentare), Appendice metodologica, p. 243.

Raffaele Garofalo, nato a Napoli nel 1851, terminò gli studi di giurisprudenza nel 1872, entrò in magistratura nel 1874 dove intraprese una stabile carriera, prima alla Procura distrettuale di Napoli, in seguito alla Corte di cassazione e al Tribunale civile, non abbandonando mai l’attività di studio e ricerca dedicata soprattutto alla criminologia. Si avvicinò subito alle posizioni di P.S. Mancini “che commisurava la gravità dei reati in base all’impulso, ovvero alla causa, che determina l’azione piuttosto che in rapporto alla sussistenza della premeditazione” (Camponeschi, 1999). Garofalo viene considerato, insieme a Ferri e Lombroso, uno dei padri fondatori della scuola positiva del diritto criminale, materia di cui ottenne la libera docenza nel 1891 presso l'Università di Napoli, insieme con quella di procedura penale. Si schierò a favore del mantenimento della pena di morte considerandola “l’unico strumento repressivo veramente idoneo a preservare la società civile” e attribuendovi “una funzione eugenetica di eliminazione degli individui psichicamente anormali” (ibidem). Si discostò da quella criminologia che riteneva “di poter individuare il tipo delinquente dai caratteri fisici esterni” sostenendo “la necessità di porre la psicologia criminale al primo posto nell’ambito dell’antropologia criminale” (ibidem). Per un approfondimento sugli interventi parlamentari presentati da Raffaele Garofalo tra il 1861 e il 1915: Cfr. Tabella 39: Interventi parlamentari presentati da Raffaele Garofalo tra il 1861 e il 1915 (Fonte: Polo Bibliotecario Parlamentare), Appendice metodologica, p. 245.

Angelo Messedaglia, nato a Villafranca di Verona nel 1820, si laureò alla facoltà politico-legale dell’Università di Pavia nel 1843 dove, nel 1844, gli venne conferita la nomina biennale per le cattedre di diritto filosofico, scienze politiche e statistica. Nel 1849 ottenne l’abilitazione all’insegnamento privato di «tutte le materie spettanti all’intero corso dello studio politico legale» presso l’Università di Padova che conservò fino al 1853, quando ottenne la patente di «maestro privato di Diritto giuridico e positivo». Nel 1858 fu nominato professore ordinario di economia politica e statistica presso l’Università di Padova. Dal 1870 fino al 1901, anno della sua morte, insegnò all’Università di Roma, mantenendo però l’insegnamento a Padova fino al 1877. È considerato uno dei padri fondatori della metodologia statistica in Italia sostenendo l’importanza del metodo quantitativo accostato al metodo qualitativo, si oppose all’utilizzo del metodo deduttivo nella scienza economica che riteneva dovesse invece procedere dall’osservazione per elaborare poi dai fatti le teorie. “Lo studio del metodo come mezzo di progresso delle scienze sociali rappresentò uno dei temi centrali della sua attività scientifica. Seguace del positivismo come metodo di ricerca, non come sistema filosofico, il M. ebbe come norma costante d’indagine di «non concludere che nei limiti dei fatti osservati»” (Cafarelli, 2009). Per un approfondimento sugli interventi parlamentari presentati da Angelo Messedaglia tra il 1861 e il 1915: Cfr. Tabella 40: Interventi parlamentari presentati da Angelo Messedaglia tra il 1861 e il 1915 (Fonte: Polo Bibliotecario Parlamentare), Appendice metodologica, p. 246.

Giuseppe Toniolo, nato a Treviso nel 1845, si laureò in giurisprudenza all’Università di Padova nel 1867 dove rimase come assistente di filosofia del diritto fino al 1872. Nel 1873 ottenne la libera docenza in economia politica che insegnò dall’anno successivo fino al 1876 presso l’Istituto tecnico di Venezia. Nel 1878 venne nominato professore straordinario di economia politica a Modena ma dall’anno successivo si trasferì a Pisa dove divenne ordinario nel 1882 e insegnò fino al 1917. Nel 1889 partecipò alla fondazione dell’Unione cattolica per gli studi sociali, al cui primo congresso, tenutosi a Genova nel 1892, propose la creazione di una rivista, che vide la luce l’anno successivo, dal titolo Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie, il cui obiettivo era quello di “di trattare approfonditamente tutte le questioni socioeconomiche a livello nazionale e internazionale da un’angolatura cattolica” (Negri Zamagni, 2012). “Toniolo fu il maggiore esponente italiano della scuola etico-cristiana, che vedeva l’iniziativa economica dei singoli ordinata al bene comune attraverso istituzioni intermedie liberamente costituite, capaci di contemperare l’interesse individuale con quello collettivo, e regolamentata da una ben disegnata legislazione. Tra gli ispiratori dell’enciclica Rerum novarum di Leone XIII (1891), fu l’anima intellettuale del movimento sociale cattolico italiano fino alla Prima guerra mondiale e portò avanti con determinazione il suo programma di reazione alla concezione utilitaristico-individualista dell’economia attraverso un’applicazione in chiave moderna dei dettami della fede cristiana ai problemi economici” (ibidem). Per un approfondimento sugli interventi parlamentari presentati da

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A partire da questo paradigma vennero svolti i principali studi e ricerche empiriche in un vuoto concettuale che, non riuscendo a cogliere gli aspetti dello sviluppo capitalistico in corso, si indirizzò verso uno specialismo che se da un lato finì per promuovere indagini riduttive di fenomeni estremamente complessi dall’altro consentì l’ammodernamento di importanti istituzioni come gli ospedali, i manicomi, le carceri e la scuola (Lentini, 1981).

Come ricorda Federici (1990), una delle figure più eminenti del positivismo italiano fu Roberto Ardigò che nel 1886 presentava la sua opera La sociologia seguendo l’indirizzo teorico tracciato da Comte, una “teoria delle evoluzioni in termini biologici come passaggio dall’indistinto al distinto” (Federici, 1990, p. 11). Ma Ardigò aveva elaborato già dal 1878 “un sistema compiuto di sociologia, aiutato dalla tradizione italiana, […] ricca di tentativi concreti di applicazione del metodo analitico induttivo alla realtà umana nelle sue varie forme” (ivi, p. 22). Ardigò si fece promotore della sociologia dalla sua cattedra di Storia della filosofia nell’Università di Padova (1881-1920), impegno perseguito da uno dei suoi allievi, Francesco Cosentini, che nel 1912, con Enrico Morselli e Maksim Maksimovich Kovalevskiĭ, pubblicava

Sociologia: genesi ed evoluzione dei fenomeni sociali (ibidem). La sociologia entrava nella cultura

italiana per il canale della filosofia positiva come, afferma più volte Federici, “era logico attendersi” (ivi, p. 22). Federici ricorda anche altri autori che si dedicarono ad opere di “fisica sociale” partendo da posizioni “meccanicistiche evoluzionistiche” come Enrico De Marinis, Angelo Vaccaro, Pietro Siciliani, Fausto Squillace; ed altri impegnati invece nella “produzione di lavori di sociologia generale” come Enrico Morselli e Icilio Vanni (ibidem). Un’altra esperienza inedita fu quella del “Laboratorio di economia politica dell’Università di Torino [fondato, nel 1893, e] diretto da Salvatore Cognetti de Martiis, che si occupava di problemi che oggi potrebbero essere classificati sotto l’etichetta della

Giuseppe Toniolo tra il 1861 e il 1915: Cfr. Tabella 41: Interventi parlamentari presentati da Giuseppe Toniolo tra il 1861 e il 1915 (Fonte: Polo Bibliotecario Parlamentare), Appendice metodologica, p. 248.

Antonio Labriola, nato a San Germano (l’odierna Cassino) nel 1843, nel 1861 si trasferì a Napoli dove frequentò l’Università avendo come maestro Bertrando Spaventa. Dal 1874 insegnò a Roma filosofia morale e pedagogica mentre dal 1887 filosofia della storia. Inizialmente legato alle idee moderate della destra, dopo il fallimento della sua candidatura nel 1887, aderì alla democrazia radicale per poi divenire socialista nel 1890. Dal 1895 al 1897 pubblicò una serie di saggi sul materialismo storico che vengono considerati come l’“atto di nascita del marxismo teorico in Italia” inteso come “un nuovo metodo di «revisione delle fonti storiche», che si sforza di ricondurre le ideologie alla loro base reale, con un «ipotetico» e non sempre decifrabile processo di derivazione, ma senza rinunciare a considerarne la «specificata circostanzialità»” (Savorelli, 2013). Nella definizione del rapporto tra sociologia e storia affermava che la storia non potesse essere assorbita dalla sociologia, nonostante