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2.1 Il deficit politico del nazionalismo galiziano

2.1.1 Il nazionalismo galiziano delle origini come movimento intellettuale

Il processo di sviluppo del nazionalismo in Galizia, almeno nella prima fase, è molto simile a quello seguito in Catalogna e nel Paese Basco. Tuttavia, se nelle due ultime regioni l’originario movimento culturale ed intellettuale riuscì a connettersi anche a

forme di mobilitazione e organizzazione politica, in Galizia il primo periodo fu caratterizzato dall’assenza di forme di attività politica ed elettorale [Máiz, 1994 cit. in Gomez Reino, 2006: 171]. Inoltre il nazionalismo galiziano, sin dall’origine, è stato caratterizzato dalla mancanza di univocità nella sua formulazione, dovuta alla presenza di diversi gruppi e organizzazioni con obiettivi ed approcci culturali e successivamente politici spesso del tutto differenti ed incompatibili tra loro.

La mobilitazione nazionalista tra il 1880 e il 1890 si concretizza nella forma di movimento culturale ed intellettuale. Esso viene denominato Rixurdimento Galiziano e diffonde il nazionalismo dal punto di vista culturale, tramite giornali e periodici, specializzati nelle diffusione della cultura e della lingua galiziana [Beramendi e Seixas, 1996 cit. in Gomez Reino, 2006: 171].

Dal punto di vista culturale, tre sono i principali approcci: quello liberale, quello cattolico-tradizionalista ed infine quello federalista [Maíz, 1996: 41-45]. L’approccio liberale è ben rappresentato dal pensiero dello storico Manuel Murguía. L’autore definiva, già allora, la Galizia come una nazione, sulla base dell’esistenza di caratteri distintivi oggettivi, rappresentati dalla lingua, dall’etnia e dalla storia [Maíz, 1996: 42]. In particolare, l’etnia, che veniva definita come celtica, costituiva l’elemento che più differenziava i Galiziani dal resto dello stato spagnolo, responsabile di aver imposto il dominio castigliano, e ciò che più avvicinava la Galizia alle nazioni celtiche europee, come ad esempio l’Irlanda. La rivendicazione di un’etnia, di una cultura e di caratteri peculiari, conduceva Murguía a negare il carattere nazionale della Spagna, che, al contrario, veniva identificata più genericamente con l’organizzazione politica e formale statuale. L’introduzione del mito celtico e la riformulazione della “Spagna” come “Stato spagnolo” non conducevano Murguía ad aspirazioni separatiste o indipendentiste, né tantomeno implicavano l’identificazione dello Stato spagnolo con il nemico da combattere. Tali elementi, semmai, favorivano una riformulazione del concetto di patria comune, basato non più sull’egemonia castigliana, quanto piuttosto sul riconoscimento dell’esistenza di diverse nazionalità al suo interno [Maíz, 2000: 175-179].

La tendenza cattolico-tradizionalista del movimento regionalista galiziano era, invece, guidata da Alfredo Braňas, il quale era portavoce di un regionalismo anti-moderno e anti-progressista. Braňas dirigeva le sue critiche non verso lo stato spagnolo in particolare, ma, più in generale, verso il modello stesso dello stato moderno, inteso come soppressore dei poteri politici e delle libertà locali. Ciò che prevaleva nella tendenza tradizionalista era l’auspicio di un ritorno alla tradizione, un’opposizione alla

modernità politica ed economica e una celebrazione del carattere agricolo della Galizia [Maíz, 1996: 44-45]. Col tempo il pensiero di Braňas si sarebbe radicalizzato sempre di più in termini antiliberali, fino a giungere alla contrapposizione della monarchia spagnola tradizionale, ritenuta come modello ideale, alla monarchia costituzionale del periodo della Restaurazione, vista, invece, come simbolo di decadenza [Maíz, 2000: 179-181].

Infine, la corrente federalista era guidata da Aureliano Pereira, il quale univa i principi del repubblicanesimo e del federalismo con quelli del galleguismo [Maíz, 1996: 45]. Gli elementi fondamentali alla base del suo pensiero erano il riconoscimento della diversità della comunità galiziana, dovuta principalmente al fattore linguistico e la definizione della Spagna come Stato plurinazionale. L’implicazione politica di questi fattori era l’organizzazione dello stato spagnolo secondo un modello federale [Maíz, 2000: 182]. Come è evidente, già nella prima fase, il movimento nazionalista galiziano, che a quel tempo si autodefiniva come regionalista, era internamente eterogeneo e politicamente conflittuale. Le divisioni tra tradizionalisti e progressisti sarebbero state una costante anche durante la seconda fase. Tuttavia, la differenza principale che distingueva la seconda fase dalla prima consisteva nell’inizio di un’articolazione politica del movimento nazionalista, che sarebbe confluito nella creazione, nel 1931, del Partido Galleguista.

Secondo Maíz [Maíz, 2001: 289], ciò che favorì l’evoluzione del nazionalismo galiziano fu la fondazione, avvenuta nel 1916, dell’organizzazione politica Irmandades de Fala, guidata da Villar Ponte. Essa segnava il passaggio definitivo dal regionalismo al nazionalismo e soprattutto conduceva al consolidamento di un vero e proprio movimento politico. L’organizzazione, infatti, non perseguiva soltanto l’obiettivo della difesa della lingua galiziana, ma affrontava temi sociali e politici molto più complessi, come la necessità di una riforma agraria o il problema del clientelismo politico e dirigeva i suoi sforzi al raggiungimento di una propria rappresentazione alle elezioni. Fondamentale nella costruzione del nazionalismo fu la celebrazione dell’Assemblea di Lugo, nel 1918, che segnò il passaggio definitivo verso un movimento politico ed apertamente nazionalista [Maíz, 2001: 289].

Tuttavia, anche il movimento politico, che lentamente andava consolidandosi, era al suo interno diviso in varie tendenze. In particolare coloro che sostenevano una strategia apertamente politica, con finalità anche elettorali, trovavano opposizione in coloro che, invece, proponevano un maggiore impegno in ambito culturale, rifiutando qualsiasi tipo

di compromesso politico. Accanto a queste divisioni, si aggiungeva quella tradizionale tra i conservatori e i democratici-repubblicani. Alla strategia adottata dal gruppo repubblicano, guidato da Villar Ponte, basata sull’impegno politico e sulla creazione di alleanze trasversali, necessarie all’ampliamento dello spazio politico nazionalista, si contrapponeva una tendenza tradizionalista ed elitista, guidata da Vicente Risco. Quest’ultimo considerava la nazione come una comunità naturale, formata da due elementi: la razza, intesa come insieme di caratteri etnici, prevalentemente celtici, e la terra, intesa come territorio, cui i membri della comunità sono legati da vincoli naturali. All’origine naturale della nazione galiziana si contrapponeva l’artificio dello stato moderno, basato sul contratto sociale. Tale concezione sarebbe degenerata successivamente in un estremismo di destra e in un forte militarismo, con accenti a volte anche razzisti [Maíz, 2000: 183-185]. La versione politica della concezione tradizionalista consisteva in un rifiuto della modernità, dell’urbanizzazione, della democrazia e del parlamentarismo, e nell’esaltazione di una vita rurale, gerarchica e clericale [Maíz, 2001: 291].

A tale tendenza, per un certo tempo dominante all’interno del movimento galiziano, si opponeva una tendenza repubblicana e federalista, favorevole ad uno sviluppo economico e politico compatibile con la valorizzazione delle tradizioni e della cultura galiziana. Risultato di queste tensioni fu la scissione nel 1922 tra Irmandade de La Coruňa, espressione della tendenza progressista e Irmandade Nazionalista Galega, diretta da Risco.

Tale situazione di instabilità all’interno del movimento nazionalista, fu aggravata dall’inizio della dittatura di Primo de Rivera (1923-1929), che definitivamente arrestò la costruzione del movimento politico galiziano. Ancora una volta, all’attività culturale ed intellettuale nazionalista, corrispondeva l’insuccesso sul versante politico [Maíz, 2001: 291].

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