Organigramma del BNG
2.4 Il BNG tra alti e bass
2.4.1 La ricerca del consenso elettorale
Durante i primi anni di esistenza il BNG si era contraddistinto per essere una “piattaforma di mobilitazione” [Gomez Reino, 2009], interprete di un nazionalismo escludente e di un’ideologia di sinistra radicale. La radicalità dei suoi discorsi insieme alla prevalenza di una logica dell’identità gli avevano impedito di emergere elettoralmente e di ampliare la sua base sociale. Soltanto nel 1985, il BNG accettava di competere all’interno del nuovo framework istituzionale, dando inizio al processo di moderazione ideologica, che lo avrebbe portato ad abbandonare la strategia anti- sistema.
Tale moderazione ideologica era il risultato di un adattamento strategico ad un ambiente politico in trasformazione. Gli anni Ottanta, infatti, sono definiti da Beiras come “anni enormemente duri per il nazionalismo frontista”, a causa della presenza di ostacoli allo sviluppo del movimento, provenienti da più parti, e dalla necessità di adattamento ad un regime politico tendente al consolidamento [Beiras, in Fernán- Vello e Pillado Mayor, 1996: 10]. La moderazione era quindi funzionale ad inglobare le altre forze nazionaliste, necessarie non soltanto per allargare la propria base elettorale, ma anche per mantenere un elevato livello di pluralismo interno, essenziale per contrastare l’egemonia interna dell’UPG [Gomez Reino, 2009: 131].
Come sarà analizzato con maggior dettaglio nella seconda parte della tesi, grazie alla trasformazione della logica competitiva, dal 4.1% registrato nell’elezione del 1985, in cui il partito aveva riconosciuto formalmente, per la prima volta, l’ordinamento costituzionale democratico, sarebbe giunto nel 1997 al 24,8% con 18 seggi, realizzando il cosiddetto “sorpasso” rispetto al PSOE e diventando la prima forza politica di opposizione all’interno del Parlamento Galiziano. Infine, nel 1996, il BNG era riuscito ad avere rappresentanza politica all’interno del Congresso dei Deputati [Gomez Reino, 2009].
In sostanza, dalla metà degli anni Ottanta fino alla metà degli anni Novanta, il BNG si era evoluto da forza politica marginale, di opposizione e protesta, a partito in grado di proporsi come alternativa di governo. Non soltanto l’introduzione del “proyecto comun” e la pragmatica moderazione ideologica, ma anche la capacità di capitalizzare i conflitti sociali gli consentivano di completare l’appropriazione egemonica nell’ambito non soltanto nello spazio politico del nazionalismo, quanto anche di quello di sinistra, della tutela degli interessi dell’intera popolazione galiziana [Maíz, 1996: 71]. Se inizialmente la radicalità del suo progetto politico gli consentiva di ricevere il sostegno soltanto di un elettorato presente principalmente nelle zone economiche rurali e meno sviluppate, la convergenza al suo interno di forze nazionaliste più moderate determinava un allargamento della base sociale, favorendo il sostegno anche degli elettori appartenenti alle aree urbane ed industrializzate [Gomez Reino, 2009: 179]. Già nel 1993, infatti, il 35% degli elettori del BNG sostenevano che la principale ragione alla base del loro sostegno risiedeva nell’identificazione del partito con il principale difensore degli interessi dell’intera Galizia e non soltanto di settori socio-economici specifici. Per queste ragioni, la formazione riusciva a captare il voto sia della sinistra radicale, quanto anche quello di un elettorato nazionalista di centro, privo di un referente capace di
articolare un progetto politico alternativo a quello proposto dal partito di ambito statale del PP, e di coloro che erano rimasti delusi dalle performance politiche dei partiti statali di sinistra, come il PSOE e la Izquierda Unida (EU) [Maíz, 1996: 71].
Sulla base di quanto detto tre aspetti fondamentali devono essere evidenziati. In primo luogo è evidente come, in questo periodo, nel BNG, rispetto alla logica dell’identità, prevalesse la logica della competizione. L’abbandono della politica estremista e la ‘normalizzazione’ sia ideologica che strategica del BNG, possono essere spiegati in relazione al perseguimento di votes e di offices. Questo appare essere un cambiamento importante. Infatti, nonostante le intenzioni di rappresentare il nazionalismo in generale, formalmente espresse durante la fase di formazione del partito, il BNG nella pratica, attraverso l’articolazione ideologica, ricavabile già dai punti fondamentali della prima Assemblea e poi prevalente fino al 1989, aveva delimitato un ristretto “campo di caccia”, coincidente con l’elettorato nazionalista di sinistra estrema.
Allo stesso tempo, però, tale cambiamento risulta possibile in quanto soddisfa parzialmente anche la “logica dell’appropriatezza” [March e Olsen, 1989] e non è contrapposto alla storia del partito. Infatti, sebbene, come si è appena ricordato, il BNG si fosse distinto rispetto alle altre forze nazionaliste per la radicalità espressa sia nel nazionalismo che nell’ideologia di sinistra, non bisogna dimenticare che, almeno teoricamente e sin dal principio, si proponeva come un fronte nazionalista plurale ed eterogeneo. Non a caso, la stessa denominazione del partito era stata scelta con l’obiettivo di dare l’immagine di un fronte nazionalista, privo di connotazioni ideologiche. La stessa UPG sosteneva che la scelta di denominare il fronte come Bloque Nacionalista Galego era dovuta alla volontà di ricordare la precedente esperienza assembleare, ovvero quella della AN-PG, e soprattutto quella di sottolineare una “futura evoluzione socio-politica progressivamente più de-ideologizzata” [Rodríguez Sánchez, 1999: 44]. È proprio il richiamo a questo aspetto dell’identità che gli permetteva di moderare l’ideologia e di ampliare la membership, mantenendo e rafforzando la propria credibilità di fronte all’elettorato. Ricordiamo, infatti, che “[…] molto difficilmente la logica della competizione può essere disgiunta del tutto dai vincoli imposti dalla logica dell’identità” [Raniolo, 2004: 11].
Infine, l’ampliamento della membership era funzionale al perseguimento di un altro obiettivo da parte del BNG. Questo corrispondeva al tentativo di ridurre il potere dell’UPG e, dunque, per alcuni aspetti a quello di aumentare il livello di democrazia interna. Sebbene questo scopo-valore, come ricorda Raniolo, è spesso ritenuto “ […] più
alla stregua di un parametro normativo che di un criterio di efficacia dell’azione organizzativa”, va detto che era nella natura del BNG, in quanto partito frontista e assembleare, il “richiamo al ‘mito’ della partecipazione interna” [Raniolo, 2004 (nota n.6): 4]. Esso avrebbe costituito un elemento costante in tutta la sua evoluzione politica, in quanto necessario per il mantenimento e il rafforzamento dell’immagine originaria dell’identità collettiva del partito. La funzione del mito è infatti quella di “un formidabile fattore di legittimazione che funge da meccanismo di retroazione che tiene sotto controllo la divaricazione tra ciò che i partiti fanno e ciò che dicono” [Raniolo, 2004 (nota n.6): 4].
In conclusione, a partire dalla fine degli anni Ottanta, il BNG moderava la propria ideologia, realizzando il passaggio da una “logica dell’identità” a favore della “logica della competizione” [Raniolo, 2006b: 47], trasformandosi da partito-movimento anti- sistema in un partito che accettava di competere all’interno delle istituzioni. Tale trasformazione implicava un avanzamento nel processo di istituzionalizzazione, che compariva tramite l’introduzione di alcuni elementi organizzativi, conducendolo, per alcuni aspetti, ad un allontanamento dal modello originario della formazione ombrello. Tuttavia, come già sottolineato in precedenza, la trasformazione, almeno fino alla fine degli anni Novanta, non poteva definirsi completa, in quanto il BNG rimaneva caratterizzato da un elevato livello di pluralismo e dalla presenza di fazioni e tendenze interne. Le ragioni di questa trasformazione ‘interrotta’ non sono dovute a fattori casuali. Infatti, se il BNG aveva adottato volutamente una strategia di adattamento al rinnovato contesto politico, accettando una logica maggiormente istituzionale e competitiva, allo stesso tempo, volutamente cercava di mantenere un’immagine e un carattere democratico, lasciando a ciascuna forza ampi margini d’azione.