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Organigramma del BNG

1979 1984 1989 Federazione Union

3.5 La mutevolezza della strategia

3.5.4 Il successo del “polimorfismo” e della “politica simbolica”

Diversamente da quanto accaduto in seguito alla fallimentare esperienza governativa del 1994, la LN, concluso il secondo mandato di governo, non soltanto è riuscita a sopravvivere, ma ha anche rafforzato notevolmente sia la sua base sociale che quella elettorale. La strategia di partito di lotta e partito di governo, gli ha garantito, infatti, non soltanto la possibilità di mantenere il supporto dei più convinti sostenitori del leghismo, ma anche di conquistare il sostegno dei settori più moderati, che hanno iniziato a considerarlo come una reale alternativa di governo. Date queste premesse, nel 2008, la LN è diventato nuovamente un partito di governo in coalizione con il PDL, sorto dall’unione di AN e di FI. In queste ultime elezioni politiche, il partito ha registrato il suo più alto successo elettorale in tutta la sua evoluzione politica (8,3% dei voti). Questo risultato, assieme al fatto che la coalizione era costituita da soli due partiti, in contrasto con i quattro presenti nel 2001, gli ha garantito una posizione di rilevo negli equilibri di potere interni alla coalizione stessa [Albertazzi e McDonnel, 2009: 4]. Proprio per questa ragione, al partito è stata affidata la direzione di quattro ministeri: il Ministero per le Riforme Federali, il Ministero degli Interni, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e quello per la Semplificazione Legislativa.

La crescita elettorale è stata poi confermata nelle elezioni europee del 2009 e in quelle regionali del 2010. In queste ultime elezioni, il partito ha confermato il suo radicamento e ha notevolmente ampliato i suoi consensi. Infatti, esso non soltanto ha ottenuto la presidenza di due regioni fondamentali del Nord, ovvero Veneto e Piemonte, e ha rafforzato la sua presenza in Lombardia, raggiungendo quasi i risultati elettorali del PDL, ma è riuscito ad insediarsi anche nei territori tradizionalmente legati ad una cultura politica di sinistra, come l’Emilia Romagna e la Toscana, e in misura minore anche nelle regioni più centrali come l’Umbria e le Marche.

Le ragioni di tale successo possono essere rintracciate oltre che nel declino più o meno accentuato delle altre forze politiche, anche nel rafforzamento della strategia già adottata in precedenza dal partito e nella riproposizione dei temi fondamentali del leghismo. Ancora una volta, la Lega, tramite la sua “identità flessibile” ha saputo e sa mostrare alternativamente e in maniera strumentale diverse immagini: quella di partito di governo, riformatore e responsabile nei confronti della gestione delle politiche di

ambito statale, quella di partito difensore degli interessi del Nord, nonché quella di interprete della paura e del radicalismo. Questa multiformità e l’accentuazione di un aspetto piuttosto che un altro, a seconda delle condizioni politiche, sono funzionali a radicare il consenso nelle aree del profondo Nord, ormai assuefatte dal leghismo, ed estenderlo anche al di fuori dei confini tradizionali.

Quello che poi emerge con ancora più evidenza in questa fase è la frequente concomitanza delle diverse immagini identitarie in relazione alla trattazione di un medesimo tema politico. Ciò è evidente, per esempio, nelle modalità attraverso le quali viene presentata la riforma federalista negli ultimi anni. Essa, infatti, viene descritta al contempo come riforma necessaria per il benessere e lo sviluppo dell’intero stato italiano e come progetto rivoluzionario del Nord. Infatti, nel documento “Proposte e Obiettivi” della Lega Nord del 2009, si afferma che: “il federalismo rappresenta quindi, nella visione della Lega Nord, il punto di partenza per cambiare radicalmente il Paese. Il nostro Paese ha un urgente bisogno di Riforme: istituzionali, sociali, economiche ecc. E la prima, la più importante, perché vitale per tutto l’assetto istituzionale, è proprio il federalismo. Dal federalismo, infatti, bisogna partire per attuare, poi, tutte le altre riforme. Questo perché è proprio nel federalismo che si potranno sviluppare tutti i settori della vita quotidiana, ovvero tutti i servizi di cui il singolo cittadino necessita come la scuola, il lavoro, la sanità, la sicurezza, la previdenza sociale, il fisco, l’economia, la tutela dell’ambiente ecc.” [Segreteria Federale LN, 2009: 5]. È evidente come questo discorso politico sia orientato a tutti i cittadini italiani e come la riforma venga legittimata in nome del benessere generale di tutto il Paese. In questo caso, l’immagine che emerge maggiormente è quella di un partito riformatore di ambito statale, non certo di un partito nazionalista sub-statale. Tuttavia, nel medesimo documento sono presenti anche gli slogan e sono riprodotti i manifesti che ricordano la LN come partito nazionalista e di protesta delle origini. Per esempio, il federalismo viene presentato come “una vera e propria rivoluzione” e come un modo per “essere padroni a casa propria” [Segreteria Federale LN, 2009: 5]. Infine, laddove si spiega la necessità dell’introduzione del federalismo fiscale si ripropone il classico manifesto, emblema delle rivendicazioni padane, in cui è riportato lo slogan: “Sveglia Padano! Con la Lega Nord contro Roma Ladrona” [Segreteria Federale LN, 2009: 7]. In quest’ultimo caso, la Lega appare piuttosto come un partito di protesta e nazionalista sub-statale, che si rivolge soltanto ad una parte del Paese, coincidente con le regioni del Nord. Ma la natura ambivalente del partito è ancora meglio evidenziata dalla seguente affermazione:

“Il vento della storia sta muovendo verso il federalismo. E verso il federalismo si sta dirigendo, finalmente, anche il nostro Paese. Il futuro sarà quello dell’unità nella diversità (uno dei princìpi più importanti del federalismo). Un federalismo che sarà il vero collante di questo Paese e che permetterà di risolvere definitivamente la vera questione nazionale del Paese: la questione settentrionale” [Segreteria Federale LN, 2009: 6]. In questo modo, il federalismo viene descritto come ciò che garantirà la vera coesione del Paese, ma nello stesso tempo, esso viene presentato come la soluzione alla questione settentrionale, che, senza alcuna considerazione dell’esistenza della ben più annosa questione meridionale, viene definita come la principale problematica del Paese. Inoltre, collegata alla proposta del federalismo vi è quella della riforma della scuola. In riferimento a tale proposta emerge, infatti, il nazionalismo sub-statale più radicale, in cui sono presenti le tradizionali invettive contro lo Stato italiano e contro il Meridione. Sempre nel Documento relativo alle proposte e obiettivi del 2009, vi è anche una sezione dedicata alla “scuola Padana”. La trattazione di questo tema ricorda particolarmente la fase del regionalismo delle tre leghe autonomiste, in quanto si ripropone la promozione dei dialetti regionali a status di lingua e si sostiene la necessità della liberazione del sistema scolastico dalla colonizzazione statale. Più in generale, si utilizza questo tema per rinforzare l’identità padana, sostenendo che l’istruzione scolastica deve fornire agli studenti il bagaglio delle conoscenze delle tradizioni e della cultura locale, favorendo un loro radicamento con il territorio. Infine si propone un reclutamento degli insegnanti di tipo regionale [Segreteria Federale LN, 2009: 30-36]. Non si deve dimenticare, inoltre, che questa proposta è accompagnata da una retorica localistica in cui si afferma l’inadeguatezza degli insegnanti meridionali nelle scuole del Nord, perché ritenuti professionalmente meno preparati e soprattutto incapaci di trasmettere i valori e la cultura tipica delle regioni settentrionali. È evidente, quindi, come in questo caso ritorni l’antimeridionalismo e il nazionalismo esclusivo delle origini. Da ciò si evince con chiarezza l’ambiguità e la strumentalità del discorso leghista.

Nel caso, invece, del tema dell’immigrazione è possibile rinvenire elementi di continuità, ma anche di rottura con l’identità originaria del partito. In primo luogo, l’immigrazione risulta essere sempre il sinonimo dell’insicurezza e della criminalità. Sottinteso all’opposizione all’immigrato vi è sempre la costruzione di una comunità omogenea, che viene minacciata dallo straniero. Quest’ultimo costituisce una minaccia, non soltanto perché improduttivo, ma proprio perché culturalmente differente e dunque

difficilmente integrabile. Tuttavia, ciò che cambia rispetto al passato è l’identificazione della comunità dei nativi. Se in passato la comunità minacciata era prima quella lombarda, successivamente quella del Nord e infine quella padana, adesso diventa quella italiana. La LN, infatti, afferma: “i fenomeni delinquenziali che oggi ci colpiscono, in un crescendo che pare non avere limiti, e di cui i recenti fatti di sangue bagnano il suolo italico, non sono altro che la punta di un iceberg che incombe sui nostri concittadini, rendendo le strade insicure, le piazze infrequentabili dopo il tramonto se non da stranieri, la crescita esponenziale di quella microcriminalità che opprime le nostre città attraverso lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, le rapine, i furti, ecc.” [Segreteria Federale LN, 2009: 9]. Da ciò si possono trarre due riflessioni. In primo luogo, la Lega si mostra come l’interprete politico e il promotore della paura nei confronti dell’altro. Questo era già presente in passato, quando per rafforzare l’identità collettiva del Nord o della Padania c’era bisogno di individuare dei nemici esterni, capaci di minacciare la coesione della comunità stessa. In secondo luogo, però, non c’è un riferimento soltanto al Nord o alla Padania, quanto a tutta l’Italia e anzi è presente addirittura il ricorso ad un linguaggio che ricorda piuttosto un nazionalismo romantico di ambito statale, come per esempio nell’espressione “suolo italico”. Quest’immagine di partito di ambito statale si ritrova anche nella trattazione di un altro tema, divenuto fondamentale per la Lega, che è stato collegato alle ormai tradizionali critiche all’Unione Europea e alla globalizzazione economica, ovvero quello della protezione della produzione italiana nei settori agricolo- industriali. In questo settore, il ministro leghista per le politiche agricole e produttive, ha portato avanti campagne di tutela del “made in Italy”, ispirate a principi protezionisti, di fronte alle normative europee e alle regole del mercato globale. Questo gli ha consentito di ottenere il sostegno non soltanto dei produttori del Nord, ma più in generale di essere considerato come il partito che lavora per la tutela dell’economia dell’intero Paese. Infine, un’altra immagine del partito emerge particolarmente attraverso l’azione nell’ambito della semplificazione normativa. In questo caso, l’attività del partito è stata orientata a dimostrare la sua diversa natura rispetto alle altre forze politiche. In particolare, la Lega ha mostrato di essere il partito della concretezza, affermando più volte l’esistenza di una legislazione italiana ridondante e spesso inutile. In questo caso, dunque, è evidente la natura populista del partito, che tende a distinguersi dalla classe politica di cui esso stesso fa parte.

Una volta analizzato il discorso politico leghista, che conferma la sua natura ambigua, riflesso di un’identità flessibile e di una strategia finalizzata alla massimizzazione del consenso, è necessario chiedersi quali siano realmente le politiche e le riforme introdotte dalla LN in quest’ultimo periodo. Rispetto al passato, anche in questo caso sembra che l’azione della Lega sia rimasta piuttosto stabile nel tempo. Anche in questo periodo è visibile un ricorso alla “politica simbolica” [Cento Bull, 2009: 143], che già aveva caratterizzato la sua attività nella precedente esperienza governativa. Infatti, le proposte politiche, secondo una logica di spettacolarizzazione della politica, sono utilizzate più come minacce necessarie per attrarre l’attenzione mediatica che come reali interventi di riforma.

I casi più emblematici sono proprio quelli relativi alle due tematiche fondamentali della LN, ovvero il federalismo e la regolazione dell’immigrazione. Questi due temi sono stati enfatizzati in periodi diversi, in cui lo spartiacque può essere fatto coincidere con le elezioni regionali del 2010. Precedentemente alla vittoria in queste elezioni, il partito ha introdotto la proposta di riforma federalista, ma si è concentrato prevalentemente sulla questione dell’immigrazione. Le ragioni di questa scelta sono da ricondurre alle difficoltà incontrate nell’attuazione del federalismo e nella maggiore utilità di sfruttare il tema dell’immigrazione come dimostrazione del raggiungimento di obiettivi immediati, mediaticamente ed elettoralmente spettacolari e spesso soltanto simbolici [Albertazzi e McDonnell, 2009]. Una volta, invece, confermata la posizione di forza all’interno della coalizione governativa, dovuta all’egemonizzazione dello spazio elettorale delle regioni settentrionali, il tema del federalismo sembra aver acquisito una rinnovata preminenza.

La questione dell’immigrazione, durante la prima fase, è stata affrontata con una serie di proposte politiche e di iniziative al limite dell’incostituzionalità e del razzismo. Infatti, tale problematica è stata trattata come una questione d’emergenza nazionale, cui rispondere con severità ed intransigenza. In primo luogo, contro l’ingresso degli immigrati sono stati proposti e talvolta realizzati i cosiddetti “respingimenti”, ovvero si è impedito ai migranti, provenienti soprattutto dai Paesi Africani, di sbarcare sul suolo italiano. Alcune comunità Rom, presenti in Italia, sono state censite attraverso la registrazione delle loro impronte digitali. Accanto a queste iniziative si sono susseguite, con una quotidiana frequenza, proposte come: l’introduzione di classi speciali per i migranti nelle scuole italiane, referendum locali per valutare l’opportunità o meno di costruire nuove moschee nelle città italiane, il rinnovo del permesso di soggiorno ai

migranti in base alla loro capacità di parlare la lingua italiana e alla loro conoscenza della cultura italiana. Il risultato legislativo di tali proposte è stato il cosiddetto “Pacchetto Sicurezza”, approvato nel luglio 2009. Di tutte le proposte formulate e spettacolarmente annunciate, soltanto due misure sono state introdotte: il reato di immigrazione clandestina e la formazione delle cosiddette “ronde”. Il primo prevede l’arresto di quei migranti presenti sul territorio italiano irregolarmente e il prolungamento nei centri di detenzione per periodi molto lunghi, finché la loro richiesta di accoglienza non venga accettata o rifiutata. In quest’ultimo caso è prevista l’espulsione.

La seconda misura, invece, riguardante più in generale la sicurezza pubblica, introduce la possibilità per i cittadini di formare dei gruppi autonomi di vigilanza del territorio. Tali misure non hanno risolto naturalmente il problema dell’immigrazione e della sicurezza. Le ronde, in realtà, non si sono mai formate, nemmeno nelle zone più leghiste. Le misure restrittive in tema di immigrazione sono state seguite da un’amnestia finalizzata a regolarizzare una categoria di immigrati, ovvero coloro che in Italia svolgono servizi di cura per le famiglie.

La mancata realizzazione delle proposte più radicali è dovuta non soltanto ai limiti delle norme costituzionali e delle norme internazionali ed europee sui diritti umani, ma anche al fatto che il vero obiettivo della Lega consiste prevalentemente nell’avanzare proposte che abbiano un valore simbolico e simulativo, necessario per accrescere il suo consenso ed il sostegno elettorale.

Anche in merito alla questione del federalismo fiscale è possibile proporre il medesimo ragionamento. Infatti, la LN è riuscita a far approvare la legge sul federalismo fiscale, tuttavia essa non ha ancora trovato applicazione. Essa prevede la realizzazione dell’autonomia finanziaria delle regioni, attraverso un sistema di tassazione autonoma di tutti i livelli sub-statali (Comuni, Province, Città Metropolitane e Regioni), da raggiungere tramite l’attribuzione di risorse autonome alle amministrazioni locali e regionali e la relativa riscossione delle tasse. In merito agli squilibri esistenti tra le diverse capacità finanziarie delle diverse regioni è prevista l’esistenza di un fondo perequativo, che è assegnato senza vincolo di destinazione. Infine, la legge prevede anche l’introduzione di un sistema di premi e di sanzioni rispettivamente per le gli enti fiscalmente virtuosi e per quelli meno virtuosi. Sebbene questa legge corrisponda al progetto originario della LN, consistente appunto nella realizzazione dell’autonomia fiscale delle regioni, e ritenuto l’unico modello per assicurare lo sviluppo delle regioni

del Nord, essa, ancora oggi, risulta inapplicata, in quanto al momento non è stato realizzato nessun decreto attuativo della riforma.

Al momento, comunque, non si può dire se la riforma verrà realizzata o rimarrà soltanto un disegno di legge. Quello che è certo è che se da una parte, in seguito alle elezioni regionali, la Lega ha sottolineato la necessaria impellenza di tale riforma, dall’altro ha espresso preoccupazione riguardo ai tempi di attuazione della stessa, arrivando a minacciare, in alcuni casi, le elezioni anticipate.

Dall’analisi dell’ultima fase di evoluzione politica della Lega Nord è possibile rinvenire le due caratteristiche originarie del partito, ovvero l’ambivalenza dei discorsi politici e la flessibilità della sua identità. Esse attualmente sono estremamente necessarie per conciliare una posizione di partito di governo e di partito del Nord. Queste due immagini sono finalizzate, da una parte, a dimostrare l’aderenza dell’attività politica governativa con l’identità originaria del partito e, dall’altra, ad estendere il consenso, giungendo anche oltre i confini delle regioni settentrionali11.

3.6 Riflessioni conclusive

Il partito della Lega Nord è stato definito e categorizzato in molteplici modi. Nella letteratura scientifica esso è stato considerato come un partito populista, federalista, di protesta, di estrema destra, regionalista-populista, come un movimento anti- immigrazione o ancora come un partito nazionalista. Le ragioni della difficoltà di una categorizzazione chiara discendono prevalentemente da quello che Diamanti ha definito come il “polimorfismo” della Lega Nord [Diamanti, 1996: 8]. Effettivamente, esso non soltanto ha mostrato più immagini identitarie nel corso del tempo, ma anche simultaneamente. Come ha sostenuto Tambini, la Lega è essenzialmente instabile, essa ridefinisce costantemente l’identità, gli interessi e gli obiettivi [Tambini, 2001: 6]. Dall’analisi del suo discorso politico emergono, infatti, temi appartenenti a più tradizioni ideologiche e a diverse dottrine politiche. È facile ritrovare elementi di protesta, quando il partito si schiera contro tutte le altre forze politiche indistintamente; si possono rinvenire temi dell’estrema destra-razzista quando il partito propone le sue crociate contro gli immigrati o i meridionali o quando fa della sicurezza e dell’ordine il        

11 Riguardo a quest’ultimo obiettivo non si può escludere che dopo la conquista del Nord, la Lega punti

ad estendersi più ampiamente a livello statale. Sintomo di questa trasformazione può essere considerato il tentativo, simile a quello messo in atto negli anni Novanta, di favorire la formazione di partiti di ispirazione leghista anche nelle regioni del Sud.

suo leitmotiv; sono chiari gli elementi populisti quando esso si appella direttamente al popolo e si schiera contro le élite politiche e intellettuali o quando ancora i suoi membri si autodefiniscono come appartenenti alla gente comune e utilizzano un linguaggio gergale e popolare.

I molti e variabili temi utilizzati dal partito, così come le sue diverse identità cambiano spesso a seconda delle condizioni politiche e della posizione da esso ricoperta, ma altrettanto spesso emergono contemporaneamente. Come sostenuto nel corso del capitolo, la Lega Nord non ha mai adottato un’ideologia o una visione del mondo di carattere universale, essa piuttosto ha costruito il leghismo, ovvero uno “schema interpretativo” della realtà [Donegà, 1994: 89-91] in cui convergono fattori e valori derivanti da tradizioni politiche differenti e più semplicemente dal senso comune. Tuttavia, all’interno di tale schema si ritrova un elemento di continuità che è rappresentato dal riferimento al conflitto centro-periferia, base di partenza per la costruzione di una dottrina nazionalista. È proprio in virtù di questa caratteristica che si è potuto includere la LN all’interno della categoria dei partiti nazionalisti sub-statali. L’impatto dirompente avuto dalla Lega Nord nella politica italiana è proprio da attribuire alla sua capacità di sollevare una questione territoriale-identitaria, inventando una comunità di riferimento. Al contrario della maggior parte degli altri partiti nazionalisti sub-statali, che hanno solitamente alle spalle una dottrina nazionalista già elaborata da preesistenti movimenti culturali, intellettuali o anche politici, la LN ha dovuto articolare quasi autonomamente una dottrina nazionalista, in mancanza non soltanto di una tradizione in tal senso, ma anche in assenza di caratteri etnici, culturali o linguistici peculiari dei territori che, di volta in volta, ha cercato di rappresentare. Se da una parte, questi fattori hanno reso più semplice e talvolta rozzo e poco credibile il suo discorso politico, dall’altra parte le hanno garantito la possibilità di modificarlo e ricostruirlo a seconda delle opportunità e degli obiettivi politici. Infatti, la comunità collettiva di riferimento è cambiata più volte nel tempo, passando dalla regione come nazione, al Nord come entità collettiva basata sugli interessi, alla Padania come “patria virtuale”, per tornare nuovamente al Nord. Come la comunità di riferimento, così sono cambiati anche i suoi ipotetici nemici. Essi sono stati individuati nello Stato, nei partiti, nei meridionali, negli immigrati, ma anche nella globalizzazione e nell’Unione Europea.

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