• Non ci sono risultati.

Organigramma del BNG

1979 1984 1989 Federazione Union

3.4 La struttura organizzativa della Lega Nord

3.4.2 Leadership carismatica o personalista?

La strutturazione interna della LN, sebbene formalmente rifletta le più volte proclamate intenzioni di dar vita ad una federazione, basata sulla “unità nella diversità”, in concreto crea un’organizzazione gerarchica, in cui le possibilità di devoluzione dei poteri sono decisamente limitate [Tambini, 2001: 96]. Le ragioni di ciò dipendono principalmente da due fattori: la distribuzione del potere all’interno della coalizione dominante e dalla natura della leadership.

In primo luogo, come si è già accennato precedentemente, la Lega Lombarda, soprattutto a partire dalla fine degli anni Ottanta, aveva raggiunto una posizione egemone rispetto agli altri movimenti e tale posizione era stata riconosciuta all’interno dello schema formale. Le sezioni regionali del partito, ovvero quelle, per esempio, del Piemonte o del Veneto, avevano una scarsissima indipendenza e una debole influenza nel processo di decision-making, che si connotava per una rigida centralizzazione

[Tambini, 2001: 92]. Pertanto, sebbene si volesse dare l’idea dell’esistenza di un livello di democrazia interna, nella realtà prevaleva “l’uso informale dei poteri centrali” [Tambini, 2001: 93]. A questa ineguale distribuzione del potere, bisogna aggiungere il ruolo fondamentale svolto dalla leadership di Umberto Bossi.

Secondo Tarchi [1998: 152], la leadership presenta caratteristiche che vanno dal movimento sociale, al partito di integrazione di massa fino al modello del catch all party, ma soprattutto ricordano quelle proprie di un partito carismatico. Effettivamente Bossi, sin dai primi anni in cui aveva iniziato a ricoprire al carica di segretario federale, veniva riconosciuto dalla maggioranza dei membri interni come l’unico leader. Tambini ricorda, per esempio, che uno dei membri del partito, che poteva essere considerato come parte della coalizione dominante, affermava che: “nella Lega c’è Bossi, quindi c’è la Lega. Non ci sono né numeri due, né numeri tre, né quattro” [Formentini cit. in Tambini, 2001: 77]. Ancora oggi, d’altro canto, la percezione del leader, da parte dei membri del partito, rimane la medesima. Tutti i parlamentari della LN intervistati, infatti, hanno sottolineato il ruolo di preminenza assoluta ricoperto da Bossi. Emblematica e rappresentativa della percezione generale del leader è l’affermazione di una parlamentare della LN: “la Lega è Bossi e Bossi è la Lega”9. Inoltre, soprattutto durante le prime fasi di formazione della LN, essenziale per la sua stessa esistenza erano le relazioni informali e dirette con il leader.

Il particolare ascendente esercitato da Bossi dipende da alcune sue caratteristiche personali e da particolari comportamenti. Egli, infatti, sin dal principio, utilizzando un linguaggio popolare e comportandosi per molti versi come una persona comune, è riuscito a mostrarsi come un cittadino qualunque, differente rispetto alla classe politica tradizionale, e a favorire la formazione di un solido legame con i suoi sostenitori, basato sull’identificazione [Tambini, 2001: 77]. La percezione che molti dei suoi sostenitori hanno è quella di un leader simile a loro stessi.

Inoltre, Bossi, sulla base di una posizione di forza del suo partito originario all’interno della coalizione, ha adottato, soprattutto nei primi tempi, una strategia di eliminazione degli oppositori, di coloro che erano critici riguardo alla sua politica o ai suoi metodi poco democratici di gestione del partito, o semplicemente di coloro che, acquisendo una crescente visibilità pubblica, sarebbero potuti diventare sfidanti della sua leadership. Un caso emblematico è rappresentato dall’allontanamento, voluto direttamente e        

pubblicamente da Bossi, di Franco Rocchetta, leader della Liga Veneta e presidente federale della Lega Nord. Il leader veneto, infatti, si era dimostrato contrario all’accentramento di potere da parte di Bossi, accusandolo di voler trasformare la Lega in un partito simile a quelli dell’Europa Orientale, dove la democrazia interna era negata [Rocchetta cit. in Tambini, 2001: 94]. L’allontanamento dal partito, nel 1994, di Gianfranco Miglio, il professore che, per alcuni anni, era stato fondamentale nell’articolazione teorica del leghismo, era dipeso, invece, dalla sua crescente visibilità, che avrebbe potuto oscurare la figura dominante di Bossi.

La supremazia del leader negli anni è stata garantita oltre che dall’esercizio di poteri informali e da un legame di identificazione che mobilita i suoi sostenitori, anche da procedure di accesso alla coalizione dominante molto rigide. Infatti, l’acquisizione di posizioni di potere o di cariche parlamentari, da sempre, non è consentita a tutti coloro che fanno parte del partito, ma soltanto a coloro che hanno lavorato negli uffici centrali. Inoltre, la selezione dei possibili candidati, come si è già accennato, è controllata dal Consiglio federale, al fine di assicurare una piena lealtà al partito. Coloro che possono essere scelti come possibili candidati sono quei membri che hanno lavorato a lungo nel partito e che hanno, di volta in volta, acquisito una posizione di maggior rilievo all’interno di esso.

Effettivamente sono molte le similitudini che si riscontrano tra la leadership di Bossi e quella di un partito carismatico. Panebianco, infatti, tra gli elementi che caratterizzano un partito carismatico include proprio l’esistenza di un legame identificativo dei seguaci con il leader, l’epurazione dal partito di eventuali oppositori, l’incertezza e la discrezione nell’andamento delle carriere interne [Panebianco, 1982: 131, 263-271]. Tuttavia, esistono alcuni elementi che divergono rispetto a tale modello. In primo luogo, le differenze concernono le modalità di formazione della Lega Nord. Secondo Panebianco, un partito carismatico è caratterizzato dalla presenza di “un leader che compie da solo tutte le operazioni cruciali di fondazione dell’organizzazione, di elaborazione delle sue mete ideologiche, di selezione della base sociale” [Panebianco, 1982: 266]. Esso nasce solitamente da una pluralità di gruppi locali, sorti spontaneamente, ma che si riconoscono tutti nel leader, sottomettendosi a lui.

La LN è nata per diffusione territoriale, come molti partiti carismatici, ma non da gruppi privi di una leadership, che si sono associati soltanto in virtù della fedeltà a Bossi. Infatti, è necessario ricordare, che, come analizzato in precedenza, le leghe regionali, che avevano dato vita alla LN, sebbene fossero dei partiti indeboliti da scissioni e da

divisioni interne e sebbene avessero un peso inferiore rispetto alla Lega Lombarda, presentavano già un radicamento territoriale e una base sociale di riferimento. Inoltre, lo stesso Bossi nella formulazione del leghismo aveva tratto ispirazione proprio dai movimenti preesistenti, pertanto il suo messaggio politico non era totalmente nuovo. È vero che la proposta di creare un partito unitario, rappresentante le varie regioni del Nord, era provenuta dal leader della Lega Lombarda, ma è anche vero che, nel corso di tutti gli anni Ottanta, i tre movimenti autonomisti avevano già collaborato in occasione delle elezioni europee. Inoltre, in alcuni anni, proprio per il superiore rendimento elettorale, il partito che aveva goduto di una posizione dominante era stato quello della Liga Veneta. Pertanto, sebbene al momento di formazione della Lega Nord, il partito principale fosse quello della Lega Lombarda, gli altri partiti non erano semplici gruppi che si erano consolidati in virtù della dottrina formulata da Bossi. Questo è dimostrato anche dal fatto che la Liga Veneta, almeno nei primi anni di attività della Lega Nord, in maniera del tutto simile alla Lega Lombarda, aveva mantenuto il diritto transitorio di utilizzare il proprio simbolo in occasione delle competizioni regionali e locali [Gomez Reino, 2002: 97].

Questo particolare processo di formazione della LN aiuta a spiegare anche perché la figura di Bossi come leader carismatico presenti alcune particolarità.

In primo luogo, la posizione di centralità che Bossi ricopriva all’interno del partito traeva origine dal ruolo di “negoziatore e conciliatore” [Ansell e Fish, 1999: 292], che aveva svolto a partire soprattutto dalla metà degli anni Ottanta, quando era intervenuto in ogni disputa interna agli altri partiti autonomisti. Adottando questo tipo di strategia, simile per molti aspetti a quella del “leader personalista non-carismatico” [Ansell e Fish, 1999], Bossi era riuscito ad acquisire visibilità pubblica, mostrandosi come indispensabile per lo sviluppo del leghismo e per il raggiungimento ed il mantenimento dell’unità tra i vari partiti. Una volta formatosi il partito della Lega Nord, la retorica riguardante la minaccia all’unità e alla coesione interna rimaneva, infatti, un elemento fondamentale nella legittimazione del suo potere. Il messaggio continuamente ribadito dal leader, soprattutto nelle prime fasi di consolidamento della LN era, infatti, quello della “unità ad ogni costo” [Tambini, 2001: 95]. Pertanto, il timore che minacce esterne o che eventuali divisioni interne potessero indebolire il partito, conduceva i sostenitori della Lega Nord ad identificare il leader con l’intero movimento, attribuendogli la capacità di mantenere la coesione necessaria per crescere elettoralmente e portare avanti la protesta del Nord.

Certamente, come si è visto in precedenza, Bossi non può nemmeno essere definito come un perfetto leader personalista non carismatico. Quest’ultimo, infatti, è descritto da Ansell e Fish come “equilibrato e poco telegenico” con una personalità poco attrattiva, che spesso suscita derisione da parte degli osservatori esterni e che ottiene rispetto dai membri del partito prevalentemente per le sue abilità organizzative [Ansell e Fish, 1999: 288]. Bossi, al contrario, proprio per i suoi eccessi linguistici e di contenuto, è riuscito, e riesce tutt’ora, ad attirare una grande attenzione mediatica. Anzi proprio l’interesse pubblico e dei media, suscitato dai suoi peculiari atteggiamenti, decisamente opposti a quelli della classe politica tradizionale, non ha fatto altro che confermare e consolidare il suo potere [Tambini, 2001: 77-80].

Tuttavia, nei partiti carismatici puri la devozione dei seguaci al leader è dovuta all’identificazione con la figura stessa del leader, o come nel caso dei partiti carismatici soft, ovvero quelli che Harmel e Svåsand [1993] definiscono come entrepreneurial issue party, con i temi politici da lui trasmessi, in quanto “creatore e predicatore”. Nel caso della LN, certamente i membri del partito originariamente si identificavano con Bossi per le sue caratteristiche personali e per la capacità di apparire come uno di loro, e sicuramente il leghismo, così come da lui riformulato, suscitava una particolare attrazione. Tuttavia, la sua posizione, già dal principio, ma soprattutto successivamente, non è stata totalmente indiscussa, né infallibile. Dopo tutto, come si è evidenziato in precedenza, il leghismo aveva già una tradizione in alcune regioni del Nord; pertanto il messaggio politico trasmesso da Bossi non era altro che una riformulazione ed un’estensione dei temi che le leghe avevano trattato singolarmente. Inoltre, i temi politici, trasmessi dal leader negli anni, si sono caratterizzati per essere spesso ambivalenti ed ambigui, non soltanto per una questione di adattamento alle circostanze politiche esterne, ma anche per la necessità di rappresentare le varie posizioni esistenti all’interno del partito. Infine, il carisma di Bossi e la sua posizione di supremazia storicamente derivano principalmente dai superiori rendimenti elettorali che la Lega ha registrato nella regione lombarda e negli elevati livelli di partecipazione. Proprio per queste ragioni, Bossi ha dovuto riconfermare periodicamente il suo carisma, assicurando sia un’elevata crescita elettorale che un elevato livello di mobilitazione [Gomez Reino, 2002: 150]. Nei momenti in cui questi due elementi si sono affievoliti, anche le scelte del leader sono state messe in discussione e, in questi casi, non è bastato l’allontanamento degli oppositori o degli sfidanti, ma si è dimostrata indispensabile anche una modificazione dei contenuti e della strategia del partito.

Per queste ragioni la struttura organizzativa della Lega Nord può essere definita come gerarchica e la leadership come essenzialmente monocratica, ma non perfettamente carismatica. Piuttosto nella figura di Bossi si intrecciano le caratteristiche di un leader carismatico e di un leader personalista non carismatico.

Outline

Documenti correlati