• Non ci sono risultati.

2. L’accordo di ristrutturazione dei debit

2.2 Sul procedimento di formazione

L’istituto degli accordi di ristrutturazione è disciplinato, nei suoi aspetti procedimentali, nell’art. 182 bis l.f. e, quanto agli effetti che produce, negli artt. 67, III comma, lett. e), 182 quater,

quinquies, sexies, e nell’art. 217 bis l.f., per ciò che attiene ai profili penali. Le prime due

disposizioni sono state innestate nella legge fallimentare del 1942 con il d.l. 35/2005, che costituisce, secondo alcuni, l’antipasto delle successive riforme del 2006 e del 2007152; le ultime, invece, sono state inserite nel biennio legislativo 2010 – 2012.

Si tratta di un procedimento, circostanza ormai consolidata, a struttura bifasica, di tipo misto, caratterizzato da una prima fase di natura meramente privatistico – negoziale e da una seconda fase, necessaria, a connotazione giudiziale153.

Preliminarmente, l’art. 182 bis nulla dice in ordine ai presupposti applicativi, ma la dottrina ha dato una interpretazione tendenzialmente conforme che ha permesso di ricostruire i requisiti d’accesso a questa “proto”procedura.

In seguito al decreto correttivo, all’espressione generica “debitore”, è stato sostituito il lemma “imprenditore in stato di crisi”154: al riguardo, nonostante la norma nulla precisi sulla qualità di imprenditore, si reputa che si sia inteso equiparare il presupposto soggettivo dell’istituto in esame a quello del concordato preventivo, per cui sarebbero ammessi gli imprenditori commerciali esorbitanti dai limiti dimensionali di cui all’art. 1 l.f., nonostante in detta norma non si faccia menzione degli accordi di ristrutturazione155. L’applicabilità della norma prevista nell’art. 182 bis è stata estesa anche agli imprenditori esclusi dal fallimento, dato che non vi sarebbero dubbi circa la possibilità di applicare la disciplina anche alle imprese di rilevanti dimensioni156. Assai dubbia si presenta la problematica con riferimento alla possibilità per le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa di accedere a tale strumento alternativo157. E’ invece venuto meno ogni dubbio circa l’ammissibilità di una proposta proveniente dal debitore civile, che d’altra parte, anche prima del decreto correttivo, era già esclusa dalla dottrina e dalla giurisprudenza maggioritaria158.

152 Così, letteralmente, FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 684. 153 Cfr. D’AMBROSIO, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, cit., 526.

154 Prima della riforma, era stato detto che l’impiego del termine debitore poteva risultare forviante, nella misura in

cui avrebbe potuto ricomprendere anche il c.d. debitore civile. In realtà, la collocazione dell’istituto in esame all’interno della legge fallimentare e l’effetto che attraverso l’omologazione dell’accordo si persegue, già allora deponevano chiaramente nel senso dell’imprenditore commerciale non piccolo; così, AMBROSINI, Sub art. 182bis l.f., cit., 2543; conforme,FERRO, Art. 182 bis, cit., 50.

155 V. MAFFEI ALBERTI, Commentario, cit., 1061; in senso conforme, inoltre, NARDECCHIA, Crisi d’impresa, cit., 29;

ZANICHELLI, La nuova disciplina del fallimento, cit., 353; PAJARDI –PALUCHOWSKY, Manuale di diritto fallimentare, Milano,

2008, 911; FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 687, a giudizio del quale, come il legislatore ha stabilito che le regole concorsuali del fallimento trovino applicazione solo agli imprenditori commerciali non marginali, così pure ha ritenuto che le regole dell’autonomia privata possano essere forzate e innervate da regole pubblicistiche solo in casi di particolare rilievo economico.

156 PRESTI, Gli accordi di ristrutturazione, cit., 30.

157 Secondo NARDECCHIA, Crisi d’impresa, cit., 30, dal combinato disposto delle norme degli artt. 80, comma sesto, e

70, comma settimo, TUB, richiamate per le SIM, per le società di gestione del risparmio e per le SICAV, dagli artt. 56, comma terzo e 57 comma 3, TUF, potrebbe desumersi l’applicazione dell’art. 182 bis agli istituti di credito, alle SIM, alle SICAV ed alle società di gestione del risparmio, salvo che si consideri l’istituto una procedura concorsuale a tutti gli effetti.

158 Peraltro, in proposito, la l. 3 del 2012, come modificata dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17

dicembre 2012, n. 221 come modificata dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228, ha concesso a soggetti non fallibili la procedura di composizione delle crisi da sovraindebitamento; v. FABIANI, Crescita economica, crisi e sovraindebitamento, cit., 449; BERSANI, La composizione della crisi da sovraindebitamento per le imprese non fallibili nella L. n. 3/2012, cit., 1960; prima dell’ennesima riforma ROPPO, Profili strutturali e funzionali, cit., 370; AMBROSINI, Gli accordi, cit., 949; in giurisprudenza,

37

Per quanto concerne l’imprenditore agricolo, nell’attesa di una revisione complessiva della disciplina di quelli in crisi e del coordinamento delle disposizioni in materia, il legislatore, con l. 15 luglio 2011, n. 111, ha esteso a questi ultimi la possibilità di stipulare degli accordi di ristrutturazione del debito e delle transazioni fiscali159.

Anche sul versante oggettivo, l’originaria formulazione non indicava alcun requisito. Coloro i quali negavano la natura autonoma dell’istituto ricollegavano, coerentemente, il presupposto d’accesso agli accordi a quanto prescritto dall’art. 160 l.f. per il concordato preventivo160. Anche coloro i quali affermavano la natura autonoma della fattispecie intravedevano la necessità che l’imprenditore, per accedere a questo strumento, si trovasse in uno stato di difficoltà economica assimilabile a quella che gli avrebbe consentito il deposito del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo161. Secondo una diversa opinione, la natura prettamente contrattuale e non concorsuale dell’istituto, ne giustificava il ricorso anche a fronte di un generico interesse alla ristrutturazione aziendale dell’imprenditore, quale che fosse il grado della sua difficoltà economica162.

La questione ha trovato una soluzione legislativa nel decreto correttivo che ha specificato che l’istituto è riservato all’imprenditore in stato di crisi il quale, a norma dell’art. 160 l.f. (aggiunto in seguito all’approvazione dell’art. 36, d.l. 30 dicembre 2005, n. 273), comprende anche lo stato d’insolvenza.

L’introduzione nel sistema concorsuale dell’espressione «stato di crisi» ha suscitato dubbi fra gli interpreti circa l’individuazione del suddetto presupposto163, mancando una qualsiasi definizione legislativa al riguardo: all’orientamento che sosteneva una visione della crisi quale fattispecie distinta e separata dall’insolvenza di cui all’art. 5 l.f., caratterizzata dalla irreversibilità164, si contrapponeva quello che riteneva le due figure non geneticamente diverse, ma che, anzi, fra le stesse vi fosse un rapporto di genus e species, risultando cioè l’insolvenza ricompresa nel più vasto concetto di crisi165. Si è, peraltro, sottolineato che, sul piano concettuale, con la riforma si può dire in parte realizzata l’aspettativa di veder superata l’antinomia tra insolvenza e crisi ai fini dell’accesso alle procedure concorsuali, in quanto si è recepito l’orientamento secondo il quale, di fronte all’obiettivo primario che le rinnovate procedure concorsuali si propongano di perseguire, una distinzione dei presupposti oggettivi

in tema, cfr. Trib. Bari, 21 novembre 2005, cit., 542; Trib. Brescia, 22 febbraio 2006, in Dir. e prat. comm., 2006, 1001; Trib. Milano, 23 gennaio 2007, in Fall., 2007, 701; Trib. Udine, 22 giugno 2007, in Fall., 2008, 701.

159 In tema v. FERRO, La nuova legislazione sociale nelle procedure concorsuali: norme di settore e agevolazioni alla gestione della crisi,

in Fall., 2011, 909;

160 PRESTI, Gli accordi di ristrutturazione, cit., 30.

161 V. TEDESCHI, Manuale, cit., 574, secondo il quale “non è neppure consentito che una procedura che viene conclusa

con il pagamento ai creditori di somme inferiori a quelle dovute, possa essere riservata ad un imprenditore che non si trova in difficoltà, cioè in grado di pagare con mezzi normali e alle scadenze pattuite i propri debiti poiché non vi sarebbe giustificazione alcuna per un trattamento così favorevole al debitore e altrettanto pregiudizievole al creditore”.

162 Cfr. CAFFI, Considerazioni, cit., 878; CANALE, Le nuove norme, cit., 918; FAUCEGLIA, Prime osservazioni sugli accordi di

ristrutturazione dei debiti, in Dir. fall., 2005, I, 844; RINALDI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Il diritto fallimentare

riformato. Commentario sistematico, (a cura di) Schiano di Pepe, Padova, 2007, 663.

163 Vedi ampiamente nel secondo capitolo del presente lavoro.

164 Cfr., in questo senso, Trib. Alessandria, 7 giugno 2005, in Giur. it., 2006, 990; sulla distinzione generale del

concetto di insolvenza da quello di crisi, in giurisprudenza, Trib. Brescia, 22 luglio 2006, in Foro it., 2006, 913; Trib. Treviso, 15 luglio 2005, in Fall., 2006, 63.

165 ALLEGRITTI, Il concordato preventivo rivisitato, in Dir. fall., 2006, I, 877;AMBROSINI, Gli accordi, cit., 950; PANZANI,

Concordato preventivo: Soggetti e presupposto oggettivo, in Fall., 2006, 1009; PAJARDI -PALUCHOWSKI, Manuale, cit., 911; in giurisprudenza, Trib. Udine, 22 giugno 2007 cit., 701.

38

basata sul concetto di crisi e di insolvenza, tende a perdere di consistenza se questa si riduce ad una differenza puramente nominalistica e classificatoria166.

Una certezza, tuttavia, nel campo del presupposto oggettivo degli accordi di ristrutturazione, è stata raggiunta: non avendo una vocazione prettamente conservativa dell’impresa, la situazione di crisi può anche essere così grave da condurre alla dissoluzione del complesso aziendale167.

Se sul limite massimo, pertanto, c’è sicura convergenza, diversa è l’ipotesi dell’estensione opposta del concetto dello stato di crisi. Sebbene le prime pronunce in merito avessero omologato accordi di ristrutturazione di un’impresa in bonis168, attualmente l’introduzione del concetto di stato di crisi ne esclude, a parere di chi scrive (e per quanto la scelta del legislatore possa sembrare opinabile), la ricorribilità, in quel caso, dovendo il Tribunale, in mancanza, rigettare il ricorso per carenza di uno dei suoi requisiti169. Altro, invece, è estendere la nozione di crisi fino a ricomprenderla in una situazione per la quale l’impresa, pur trovandosi in un perfetto equilibrio economico, patrimoniale e finanziario, nel breve periodo possa giungere allo squilibrio a causa di un fatto già noto ma non ancora attuale.

Sulla legittimità di tale estensione una parte della dottrina si è espressa in senso positivo, perché spingerebbe il debitore a porsi al riparo da rischi, in un momento in cui maggiori sono le possibilità di successo di un’operazione di ristrutturazione, con la consapevolezza che da un lato i creditori estranei sarebbero pur sempre soddisfatti per intero e i creditori aderenti, per loro scelta, accetterebbero la proposta di ristrutturazione170.

La fase della formazione dell’accordo è demandata pienamente all’autonomia privata, per cui si svolge in via totalmente stragiudiziale: per quanto concerne il contenuto dell’accordo, la norma in esame nulla dispone, per cui si reputa, ed è una visione unanime, che questo possa variare a seconda delle situazioni e degli interessi fatti valere171. Più precisamente, una parte degli autori si è espressa nel senso di considerare la fattispecie del tutto aperta e tutt’altro che determinata: gli accordi di ristrutturazione indicherebbero, pertanto, una serie aperta di negozialità che potrebbe assumere i contenuti e le articolazioni più diverse a seconda delle specifiche esigenze tanto dei debitori, quanto dei creditori che sono chiamati, al pari del debitore, all’attività di ristrutturazione del debito172. Del resto, l’intenzione del legislatore della riforma era sicuramente quella di fornire agli operatori uno strumento nuovo, che facesse della flessibilità il suo punto di forza173.

In termini meramente esemplificativi, si può dire che l’accordo di ristrutturazione, per ricevere l’imprimatur dell’omologazione, potrà avere ad oggetto il debito d’impresa, la dilazione dei termini di scadenza di un’obbligazione, la concessione di pagamenti parziali, la rinuncia o la

166 FRASCAROLI SANTI, Accordi di ristrutturazione, cit., 31; inoltre D’AMBROSIO, Gli accordi di ristrutturazione, cit., 1087,

afferma che “ha poco senso interrogarsi se condizione di validità o di efficacia dell’accordo di ristrutturazione sia l’esistenza di una situazione di stato di insolvenza e non di un semplice stato di crisi, perché l’accordo privatistico è in grado di trasformare una situazione finanziaria che sarebbe da qualificare come stato di insolvenza in una diversa situazione che sarà da valutare alla stregua dei criteri posti dall’art. 182 bis”; secondo Trib. Bari, 21 novembre 2005, cit., lo stato di crisi ricomprende l’insolvenza.

167 Così, FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 688; In giurisprudenza, App. Trieste, 4 settembre 2007, in Dir. fall., 2008,

297, ha ritenuto ammissibile la presentazione di un accordo nelle more di una procedura fallimentare, nell’ambito della quale era già stato accertato lo stato di insolvenza.

168 In questo senso, Trib. Roma, 16 ottobre 2006, in Fall., 2007, 187. 169 Conformemente, NARDECCHIA, Crisi d’impresa, cit., 34.

170 FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 688.

171 In questo senso, MAFFEI ALBERTI, Commentario, cit., 1063.

172 Così, letteralmente, INZITARI, Nuova disciplina degli accordi di ristrutturazione ex art. 182 bis, l.fall., in Il Caso.it, II,

256/2011.

173 In giurisprudenza, cfr. Trib. Roma, 16 ottobre 2006, cit., 187, a giudizio del quale tali accordi rappresenterebbero il

39

rimodulazione degli interessi, la conversione di crediti in capitale, la costituzione di garanzie, la concessione di nuova finanza o l’emissione di titoli debito. È evidente che queste formule rimandano alla disciplina del concordato preventivo, nel contesto della quale, v’è unanimità di vedute in ordine alla non tassatività delle condizioni che la proposta può prevedere (vedi infra 3.5). Quest’assunto giustifica in maniera più vigorosa la tesi dell’atipicità del contenuto degli accordi di ristrutturazione. Inoltre non è stato escluso che, sebbene in vista di una rimodulazione del passivo dell’imprenditore in stato di crisi, l’accordo possa contemplare clausole che vadano ad incidere sulle modalità di svolgimento dell’attività: potrebbero essere previsti, ad esempio, obblighi di consultazione dei creditori in merito a determinate scelte strategiche o la nomina, in capo al ceto creditorio aderente, di un rappresentante in seno all’organo di gestione, con funzioni di monitoraggio delle decisioni aziendali174.

I capisaldi in chiave negoziale, pertanto, sono rappresentati dalla necessità che il debitore raggiunga un accordo con il singolo creditore, dalla insussistenza del rispetto della par condicio

creditorum, dall’insindacabilità delle scelte del proponente e dalla formazione delle classi175. Su un altro versante, invece, sembrano superate le tesi orientate nel senso di limitare il ventaglio di soluzioni adottabili, per cui l’utilizzo del termine ristrutturazione farebbe ritenere che fine ultimo degli accordi debba essere la conservazione dell’impresa: la dottrina maggioritaria ha infatti dato per acquisito il fatto che l’accordo possa avere un contenuto anche integralmente liquidatorio, fino a potersi risolvere in una forma di liquidazione alternativa rispetto alle classiche procedure concorsuali176.

L’unico vincolo che deve ritenersi sussistente nella determinazione dell’accordo si sostanzia nella previsione del regolare pagamento dei creditori rimasti estranei all’accordo, che va inteso nel senso di esatto ed alle condizioni previste nell’originaria obbligazione177, come da ultimo confermato dalla l. 134 del 2012.

Gli elementi che militano in favore di questa tesi e, pertanto, della inapplicabilità della disciplina dettata per il concordato preventivo – per la quale l’accordo può incidere anche sulle posizioni degli estranei – sono da rinvenire, in primis, nella mancanza di un procedimento di approvazione da parte di una maggioranza che vincoli la minoranza dissenziente: com’è stato sottolineato, la soglia del sessanta per cento non indica affatto una maggioranza necessaria per l’approvazione dell’accordo, quanto piuttosto un requisito affinché il contratto possa essere omologato e beneficiare del trattamento di favore previsto dall’ordinamento178.

Inoltre, è stata sottolineata la mancanza di obblighi informativi specifici nei confronti dei creditori non aderenti e la circostanza che il successivo giudizio di omologazione non prevede

174 Così, AMBROSINI, Sub art. 182bis l.f., cit., 2545; TEDESCHI, Manuale, cit., 575; inoltre, cfr., APPIO DONATIVI,

Accordi di ristrutturazione del debito: fattispecie e regime di pubblicità, in Trattato di diritto dell’economia. I contratti per il finanziamento dell’impresa, diretto da Picozza – Gabrielli, Padova, 2010, Vol. VII, 171, a giudizio dei quali ci sarebbe

anche la possibilità di modificare le posizioni dei creditori aderenti all’accordo anche qualora l’obbligazione sia assistita da privilegi o garanzie.

175 Così, FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 690.

176 Cfr. PROTO, Gli accordi di ristrutturazione, cit., 129; NARDECCHIA, Gli accordi di ristrutturazione, cit., 708;FABIANI,

Diritto fallimentare, cit., 690.

177 La questione viene posta in nota a cagione dell’ormai superata (e mai, per la verità, messa in discussione con solidi

argomenti) diatriba a proposito del significato da attribuire al termine «regolare pagamento»: sebbene un indirizzo dottrinale lo intendeva come pagamento alle stesse condizioni previste per gli aderenti al piano (v. PEZZANO, Gli

accordi di ristrutturazione, cit., 675), l’orientamento prevalente ha sostenuto che per pagamento regolare debba intendersi

quello effettuato non solo per l’intero importo, ma anche alle scadenze pattuite, mentre i crediti scaduti vanno pagati immediatamente, comprensivi degli interessi (cfr., in giurisprudenza, Trib. Udine, 22 giugno 2007, cit., 701; Trib. Milano, 23 gennaio 2007, cit., 701; Trib. Roma, 16 ottobre 2006, cit., 187; Trib. Bari, 21 novembre 2005, cit., 537).

178 Così, PRESTI, Gli accordi di ristrutturazione, cit., 23; FABIANI, Il regolare pagamento dei creditori estranei negli accordi di cui

40

una valutazione di convenienza dell’accordo rispetto ad altre soluzioni concretamente praticabili179.

Alcun fraintendimento, difatti, è intervenuto in seguito alla legge n. 134 del 2012 la quale, al fine di rendere meno difficoltoso il ricorso allo strumento di cui all’art. 182 bis, ha stabilito che l’accordo deve risultare idoneo ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei seguenti termini: entro centoventi giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data; entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non scaduti alla data dell’omologazione180. Ciononostante, si ammette che siffatte moratorie, a cui può essere aggiunto in una sequenza temporale ascendente, da una parte, il blocco derivante dalla concessione dell’automatic stay di cui al sesto comma dell’art. 182 bis e, dall’altra, il deposito della ‘new entry’ domanda di concordato in bianco di cui al nuovo sesto comma dell’art. 161, l.f., sterilizzando per un lasso di tempo significativo le pretese dei creditori, vengano giudicate costituzionalmente illegittime per violazione del diritto di difesa181.

L’iter procedimentale che conduce all’omologazione dell’accordo è costruito su più fasi, che potrebbero essere inquadrate nell’ambito di una fattispecie a formazione progressiva, costituita dal deposito dell’accordo in Tribunale, dalla pubblicazione presso il registro delle imprese e dalla presentazione della richiesta di omologazione.

Gli adempimenti connessi al deposito della domanda sembrano essere costituiti dal deposito della documentazione di cui all’art. 162 l.f. e della relazione del professionista: sebbene la norma non faccia riferimento al deposito anche degli accordi (che, al contrario, devono essere pubblicati nel registro delle imprese), è parso indubitabile che nella domanda di omologazione vi debba essere allegata la documentazione relativa, da cui si possa desumere l’essersi formata la maggioranza182. In considerazione dell’adempimento richiesto, l’accordo deve essere necessariamente redatto in forma scritta183.

A norma del richiamato art. 161 l.f., al ricorso, pertanto, vanno allegati l’accordo raggiunto con i creditori rappresentanti il sessanta per cento dei crediti, la documentazione184 e la relazione redatta da un professionista avente ad oggetto l’attuabilità dell’accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità a consentire il regolare pagamento dei creditori estranei nei nuovi termini così come modificati dalla l. 134 del 2012.

Anche nell’ambito del procedimento previsto dall’art. 182 bis l.f., non sfugge la necessità che l’accordo di ristrutturazione sia accompagnato da una relazione ad opera dell’ormai onnipresente (nel contesto delle soluzioni concordate) esperto.

179 Cfr. NARDECCHIA, Crisi d’impresa, cit., 56.

180 In dottrina è stato osservato che questa incentivazione pone più di qualche problema in chiave sistematica, perché i

creditori estranei verrebbero così ad essere incisi, sebbene per un tempo limitato; v. FABIANI, Riflessioni precoci, cit., 7; altri ancora ritengono troppo breve la moratoria, giacché a loro dire quattro mesi dall’omologazione possono, specie in situazioni di particolare complessità, risultare insufficienti ad assicurare l’integrale pagamento dei crediti scaduti a tale data e inficiare, così, l’esecuzione del piano su cui si basa l’accordo; così AMBROSINI, Gli accordi di ristrutturazione dei

debiti dopo la riforma del 2012, cit., 1140.

181LAMANNA, La legge fallimentare dopo il “decreto sviluppo”, cit., 10; FABIANI, Riflessioni precoci, cit., 8. 182 Così FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 693.

183 V. MAFFEI ALBERTI, Commentario, cit., 1068.

184 In particolare, il secondo comma dell’art. 161 l.f. individua questi segmenti documentali: a) un’aggiornata relazione

sulla situazione economica e finanziaria dell’impresa; b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; c) l’elenco dei titolari di diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore; d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili; inoltre, la l.134 del 2012 ha aggiunto la lettera e), secondo la quale il debitore deve presentare un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta.

41

Con il decreto correttivo n. 169/2007, come detto già in ordine ai piani attestati di risanamento, si è deciso di uniformare i requisiti previsti dall’art. 182 bis, dall’art. 67, terzo comma, lett. d) e dall’art. 161, prevedendo, in considerazione dell’attività marcatamente tecnico – contabile185, che il professionista incaricato debba possedere, anche in questo caso, oltre le

Documenti correlati