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2. L’accordo di ristrutturazione dei debit

2.3 Il nuovo art 182 bis alla luce della manovra economica e del decreto sviluppo n 83 del 2012, convertito in legge con l 134 del 2012: la strumentalità cautelare come

2.3.5 La natura ancipite degli accordi di ristrutturazione

Nelle righe che precedono, a proposito del succinto commento dell’art. 182 quinquies, si è solo sfiorata una tematica che in quest’ultimo paragrafo s’intende sviluppare, vale a dire quella del presunto ritorno dell’istituto di cui all’art. 182 bis nell’orbita delle procedure concorsuali.

Già prima dell’inserimento della norma che ora attribuisce al giudice la facoltà di autorizzare il debitore, che presenta un accordo od un preaccordo, a porre in essere determinati atti, si ostentava l’ordine di idee secondo le quali l’accordo sostanziasse vieppiù una procedura concorsuale dai caratteri semplificati; di conseguenza soltanto con acrobazie ermeneutiche e giochi di parole la natura privatistica degli accordi si sarebbe potuta ancora sostenere365. In tal senso, quindi, non sarebbe più supportata l’idea secondo la quale l’art. 182 bis si limiti a disciplinare un procedimento giudiziario rivolto a dare efficacia ad un accordo negoziale fra le parti366: si consolida il dubbio che, già con l’originaria formulazione della norma, il legislatore avesse inteso concepire gli accordi di ristrutturazione come una forma (alternativa) di procedura di concordato preventivo367, piuttosto che come una forma di accordo (semi) stragiudiziale368.

In origine, nel 2005, le c.d. convenzioni stragiudiziali ci venivano consegnante soltanto con il beneficio dell’esenzione da revocatoria, a cui è stata aggiunta, nel 2007, la protezione del patrimonio a decorrere dalla data di pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese; nell’estate del 2010, il legislatore sviluppava il procedimento cautelare e rendeva gli atti posti in essere in esecuzione dell’accordo esenti dall’imputazione penale a norma dell’art. 217 bis. In ultimo, come detto, si prevede una forma di spossessamento che pare metta a tappetto il paradigma privatistico degli accordi di ristrutturazione.

In questa sede, come già espresso nel precedente paragrafo, si ritiene di aderire alle conclusioni di coloro i quali, ancora, ne affermano la ‘aconcorsualità’369, in considerazione di ragioni d’ordine logico, le quali del resto sono confermate dalla più recente giurisprudenza.

In primis, nell’archetipo dell’istituto in commento, non v’è traccia della regolazione

concorsuale e dell’universalità della stessa370.

Si ricorda, infatti, che il proponente può convenire con il singolo creditore qualsivoglia pattuizione, senza incorrere nel rischio di violare il principio della par condicio creditorum, stella

365 Così, letteralmente, DIDONE,op. cit., 25.

366 In questo senso, FABIANI, «Competizione» fra processo per fallimento, cit., 195.

367 A rinvigorire la tesi della concorsualità dell’accordo di ristrutturazione è intervenuta, di recente, una pronuncia

del Tribunale di Terni, 2 dicembre 2011, cit., la quale fa applicazione della norma prevista, in tema di concordato preventivo, nell’art. 162, l.f. che consente al tribunale di concedere al debitore un termine non superiore a 15 giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti.

368 Così BONFATTI, CENSONI, op. cit., 480.

369 V., ex multis, AMBROSINI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, cit., 2542; NIGRO, VATTERMOLI, op. cit., 383;

FAUCEGLIA, Sub art. 182 bis, cit., 1614; TEDESCHI, Manuale, cit., 573; PATTI, op. cit., 104; SCIUTO, Effetti legali e

negoziali degli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Riv. dir. civ., 2009, 347; D’AMBROSIO, op. cit., 1810; PRESTI, L’art. 182 bis al primo vaglio giurisprudenziale, in Fall., 2006, 173; PROTO, Accordi di ristrutturazione dei debiti, tutela dei soggetti coinvolti

nella crisi di impresa e ruolo del giudice, ivi, 2007, 193; CASTIELLO D’ANTONIO, Riflessi disciplinari, cit., 609; RINALDI, Gli

accordi di ristrutturazione dei debiti, cit., 662; FABIANI, Il regolare pagamento dei creditori, cit., 2566; RACUGNO, Gli accordi di

ristrutturazione dei debiti, in Giur. comm., 2009, 663.

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polare della concorsualità, a cui si aggiunge la circostanza secondo la quale il debitore rimane titolare della facoltà di scegliere la propria controparte contrattuale.

Altresì, non si scorge alcun provvedimento di apertura di una presunta procedura.

Inoltre, un argomentato ulteriore e decisivo è da rinvenire nell’impossibilità che le condizioni stabilite nell’accordo omologato possano propalarsi nei confronti dei creditori non aderenti, vicenda che, al contrario, si verifica nel concordato preventivo, la cui approvazione da parte delle maggioranze ex art. 177 l.f. si riflette su coloro che ne rimangono estranei: a norma dell’art. 1372 c.c., il contratto non produce effetti nei confronti dei terzi, salvo che non sia previsto dalla legge. La forza di questa disposizione, circostanza del resto già segnalata da alcuni commentatori all’alba della prima modifica del 2005371, esclude che un negozio possa produrre effetti nella sfera giuridica di soggetti estranei alla regolamentazione contrattuale e ciò accade proprio nell’accordo di ristrutturazione. Il contrario produrrebbe la paradossale espropriazione del credito, effetto che si verifica, invece, in una procedura concorsuale, nel contesto della quale la volontà di alcuni prevale, a determinate condizioni, su quella degli altri.

L’art. 182 quinquies, poi, non incute timore in ragione delle affermazioni pregresse.

La norma non rende inefficaci gli atti posti in essere in difetto di autorizzazione, fenomeno che si sedimenta sul terreno concorsuale, con la conseguenza che è errato parlare di “spossessamento”: l’unico riflesso della mancata istanza da parte del debitore si intravede solo nella possibilità che quell’atto possa essere revocato in caso di apertura di una procedura fallimentare.

Ad illustrare la sostanziale diversità tra gli accordi di ristrutturazione e le procedure concorsuali, la più recente giurisprudenza di merito372 ha ritenuto significativo anche un confronto con il sistema statunitense del Bankrupty Code, ed in particolare con il rapporto tra il

Prepackeaged Plan ed il Chapter 11, spesso indicati dalla dottrina ed anche dalla giurisprudenza

come modello di riferimento per la costruzione delle nostrane soluzioni negoziali della crisi di impresa: il Prepackeaged Plan è certamente un accordo negoziale che precede ed anticipa il ricorso al Chapter 11, ma non è un istituto autonomo, dovendo lo stesso, nonostante l’adesione dei creditori, essere sottoposto alla valutazione della Bankrupty court che lo esaminerà, con l’applicazione delle regole che valgono per il Chapter 11 e, tra queste, l’ordine legale delle preferenze. Di conseguenza, il Plan è una modalità operativa del Chapter 11 e non si sottrae alle regole proprie della concorsualità; nel caso dell’accordo di ristrutturazione, la soluzione concordata con i creditori si pone oltre il confine del territorio concorsuale e l’intervento del giudice è teso a verificare che il tentativo sia seriamente realizzabile senza lesione dei soggetti che non vi hanno partecipato.

Nella stessa prospettiva si sottolinea la circostanza secondo la quale nemmeno la previsione

dell’automatic stay delle iniziative dei creditori individuali per sessanta giorni dalla pubblicazione

dell’accordo presso il Registro delle imprese, o l’estensione del blocco anche alla fase delle trattative, siano capaci di conferire all’accordo di ristrutturazione il carattere di concorsualità

371 Così, FABIANI, Il regolare pagamento dei creditori, cit., 2567.

372 V. Trib. Bologna, 17 novembre 2011, cit., secondo il quale «la previsione della sospensione delle iniziative dei creditori

individuali per sessanta giorni dalla pubblicazione dell’accordo presso il Registro delle Imprese o l’estensione del blocco anche alla fase delle trattative non è idoneo a conferire all’accordo di ristrutturazione il carattere della concorsualità»; conformemente alla

conclusione in rassegna, cfr. Trib. Udine, 30 marzo 2012, cit.; Trib. Bari, 21 novembre 2005 e Trib. Brescia, 22 febbraio 2006, in Foro it., 2006, I, 2563; Trib. Roma, 16 ottobre 2006, id., Rep. 2007, voce Concordato preventivo; Trib. Udine, 22 giugno 2007, cit.; Trib. Milano, 24 gennaio 2007, in Il Caso.it, I, 1006/2007; App. Trieste, 4 settembre 2007, in Foro it., Rep. 2008, voce Concordato preventivo, n. 135; Trib. Milano, 10 novembre 2009, id., 2010, I, 297; inoltre, seppure indirettamente, v. Trib. Terni, 4 luglio 2011, cit., 205.

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che gli manca: l’inibitoria contenuta nella norma dell’art. 182 bis non è funzionale all’obiettivo cui è votato l’art. 168 l.f., di evitare la concorrenza tra azioni esecutive individuali e collettive, bensì a favorire il buon esito dell’accordo di salvataggio, impedendo nella fase più delicata degli accordi, la confusa azione dei free riders.

In conclusione, sul punto, la natura privatistica degli accordi di ristrutturazione non sembra essere messa in discussione nemmeno dall’ultimo intervento legislativo, grazie al quale si è attribuita soltanto la possibilità di mettere al riparo dalle curatele, con certezza, quegli atti funzionali alla predisposizione dell’accordo con i creditori, in precedenza a rischio di revoca.

Sicché, quella che, al massimo, può attribuirsi all’istituto di cui all’art. 182 bis è una natura ancipite, quasi di compromesso, che si innesta tra il paradigma privatistico e quello concorsuale: procedurale, da una parte, in ragione della sequenza di atti funzionale all’ottenimento del provvedimento di omologazione; negoziale, dall’altra, in ragione dell’inefficacia, verso i creditori non aderenti all’accordo, della regolamentazione contrattuale pattuita con gli aderenti.

In ultimo, ad avviso di chi scrive, nell’ottica dell’emersione anticipata della crisi d’impresa, questa prerogativa rappresenta il massimo grado di modernità concessa dal legislatore agli operatori economici: i caratteri dell’emersione e dell’anticipazione sono evidenti laddove si consideri che la discovery del dissesto si colloca in un momento precedente a quello ordinariamente previsto per l’art. 182 bis, in quanto la pubblicazione dell’accordo definitivo è posticipata a quella del preaccordo, che rende pubblica la situazione dell’imprenditore proponente: sintonica è l’emersione della crisi, perché il preaccordo è pubblicato nel registro delle imprese e depositato in tribunale, a differenza dell’istituto previsto nell’art. 67, terzo comma, lett. d), che non prevede alcuna forma di ostensione del dissesto finanziario, anche se, con la l. 134 del 2012, la pubblicità del piano nel registro delle imprese è stata espressamente prevista come facoltativa.

Al contrario, come già sottolineato, la soluzione di lasciare la legittimazione all’utilizzo di siffatto strumento nell’esclusiva disponibilità del debitore si scontra con le possibilità concrete di un suo utilizzo in una situazione che ancora non è tracollata nell’insolvenza, ma è pur vero che gli incentivi della riforma dovrebbero traghettare gli imprenditori verso un uso più attento e, soprattutto, anticipato dell’istituto. A conferma di ciò, si offre il procedimento cautelare previsto dal sesto comma dell’art. 182 bis, dalla cui lettera della norma, però, pare trarsi la conclusione che anch’esso sia nella esclusiva disponibilità del debitore: in altri termini, un creditore non potrebbe ostentare, sostituendosi al debitore, la crisi di un’impresa altrui, producendo in tribunale la documentazione di cui alla norma in commento.

Ad avviso di chi scrive, difficilmente potrebbe sostenersi un’interpretazione estensiva, in punto di legittimazione, della norma, anche se può essere sostenuto che l’interesse ad agire ex art. 182 bis, sesto comma, di un creditore aderente all’accordo sia esattamente speculare, ma a parti invertite, a quello di un creditore dissenziente ad esercitare le azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore: protettivo il primo, disgregativo il secondo. E l’azione cautelare del creditore aderente non andrebbe ad incidere su un patrimonio altrui (quello del debitore), in punto di disponibilità, ma avrebbe soltanto l’effetto di bloccare le prerogative esecutive o cautelari altrui proprio per permettere la formazione progressiva della fattispecie ex art. 182 bis, in beneficio di quelle prerogative in questo modo congelate.

D’altronde, gli ostacoli all’estensione della legittimazione vanno individuati, più che in fattori giuridici, in dati letterali e fattuali: è evidente che la norma fa riferimento soltanto all’imprenditore come unico soggetto che può richiedere l’anticipazione del divieto; inoltre, in

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punto di fatto, si palesa la difficoltà in capo al creditore di disporre di tutta la documentazione da depositare presso il registro delle imprese, a cui va aggiunto il non meno arduo compito della ricerca di un professionista, che attesti un accordo che abbia ad oggetto una ristrutturazione proposta da un soggetto del cui dissesto finanziario non si tratta.

L’ennesima stagione rifomista datata giugno 2012, tuttavia, pare aver dato una forte battuta d’arresto all’utilizzo dello strumento cautelare di cui al comma sesto dell’art. 182 bis, in ragione dell’inserimento della possibilità, prevista dal nuovo sesto comma dell’art. 161 l.f., di presentare una domanda di concordato preventivo con riserva, sulla cui tematica si tornerà nello specifico nel prosieguo della trattazione.

In questa sede basta solo rammentare che oggi si consente al debitore di depositare un ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo dell’art. 160 l.f. entro un termine fissato dal giudice compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni; nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all'omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore può depositare domanda ai sensi dell'articolo 182 bis, primo comma.

Nonostante il silenzio in ordine alla proposta ed al piano, gli effetti derivanti dall’ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 168 l.f. si produrranno indistintamente e, quindi, anche nell’ipotesi di domanda “in bianco”373; a questi, altresì, andranno aggiunti quelli relativi alla sospensione degli interessi (art. 169 l.f.), all’opponibilità degli atti (artt. 45 e 169 l.f.) ai contratti pendenti (art. 169 bis l.f.) ed a quelli in tema di concordato in continuità (art. 186 bis l.f.)374.

Stando così le cose, si vede bene come l’automatismo insito nella presentazione del ricorso senza piano concordatario sia destinato a rendere meno appetibile l’attivazione dello strumento cautelare, oggettivamente più incerto e macchinoso, di cui all’art. 182 bis, sesto comma che, secondo alcuni, può già essere considerato una fattispecie recessiva nell’ambito del nuovo sistema375.

373 Il caleidoscopio degli effetti previsti dalla norma dell’art. 168, tra l’altro, dopo la l. n. 134 del 2012, si è dotato

della sanzione della inefficacia, rispetto ai creditori anteriori al concordato, delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese.

374 Per uno sguardo alla passarella tra accordi di ristrutturazione e concordato preventivo v. FABIANI, La consecuzione

biunivoca, cit..

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