3. Il concordato preventivo
3.12 Consecuzione di procedure e nuova prededuzione ex art 182 quater e 182 quinquies l.f.
3.12.1 Revoca del concordato preventivo
In coerenza con l’abolizione della dichiarazione di fallimento d’ufficio e con la differenziazione del presupposto oggetto delle due procedure, la nuova disciplina fallimentare non prevede più, in chiave sanzionatoria, una conversione del concordato preventivo in fallimento, ma dispone la revoca dell’ammissione al concordato ove si verifichi una deviazione dal modello previsto dalle legge, subordinando la dichiarazione di fallimento all’esistenza di una apposita istanza ed all’accertamento dei relativi presupposti944.
E’ questa la chiave di lettura con la quale vanno interpretati i commenti che definiscono l’art. 173 l.f. come la norma cardine per l’assetto equilibrato dell’istituto, in quanto destinata a fare da contrappeso all’esaltazione dell’aspetto contrattualistico945, oppure nevralgica, in quanto consente di innestare in questa procedura un intervento del tribunale che potrà provocare la revoca dell’ammissione al concordato946.
Il primo comma dell’art. 173 l.f. prevede, quali cause di revoca, condotte fraudolente perpetrate prima dell’apertura della procedura con la finalità di fuorviare la valutazione della proposta947.
Le condotte antecedenti all’ammissione della procedura di concordato vengono distinte, generalmente948, in due ipotesi. Il primo gruppo di irregolarità attiene a quattro specifiche condotte dell’imprenditore: occultamento o dissimulazione di una parte dell’attivo; omessa denuncia di uno o più crediti; esposizione di passività inesistenti; commissione di altri atti di frode. In tema è stato detto che la rilevanza di queste ipotesi è determinata dalla loro idoneità a falsarne il corretto e regolare andamento, vanificando la prospettiva di soddisfazione dei creditori che hanno espresso il proprio consenso e formato il proprio convincimento su circostanze differenti da quelle successivamente emerse anche grazie alla relazione del commissario giudiziale949.
L’occultamento o la dissimulazione di parte dell’attivo costituiscono condotte perpetrabili attraverso l’infedele redazione dello stato analitico ed estimativo delle attività, ovvero, ancora prima, mediante l’alterazione delle scritture contabili950.
Le ipotesi di denuncia di crediti e dell’esposizione di passività inesistenti si concretano nell’infedele redazione dell’elenco dei creditori, eventualmente supportata dall’alterazione delle scritture contabili.
943 Secondo VELLA, L’accrescimento dei controlli giudiziali, cit. 28, la prededuzione concordataria non spetta ai compensi
spettanti al professionista attestatore ed all’indennizzo equivalente al risarcimento del danno da mancato adempimento, spettante ove il tribunale abbia autorizzato, su richiesta del debitore contenuta nella domanda di concordato, lo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione.
944V.,APICE, L’abolizione del fallimento d’ufficio, cit., 132. 945Cfr., PAJARDI -PALUCHOWSKI, Manuale, cit., 857.
946Così, FAUCEGLIA, Revoca dell’ammissione al concordato e dichiarazione di fallimento in corso di procedura, in Fallimento ed altre
procedure concorsuali, Panzani – Fauceglia (diretto da), Torino, 2009, III, cit., 1691.
947 Cfr., LO CASCIO, Il concordato preventivo, cit., 701.
948In tema, cfr. DE CRESCIENZO, Sub Art. 173, in A. Jorio e M. Fabiani (a cura di), Il nuovo diritto fallimentare, cit.,
2465.
949 Così, FAUCEGLIA, Revoca dell’ammissione al concordato e dichiarazione di fallimento in corso di procedura, cit., 1698. 950 Cfr., MAFFEI ALBERTI, Commentario, cit., 992, secondo il quale la rilevanza di tali condotte prescinde dalla forma
di soddisfacimento dei creditori prevista nel piano poiché la non corretta rappresentazione del patrimonio incide in ogni caso sulla valutazione della proposta.
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Accanto alle fattispecie tipiche il legislatore ha previsto, con l’inciso “altri atti di frode”, una categoria aperta il cui accertamento determina la conclusione della fase concordataria ed il successivo passaggio (eventuale) a quella fallimentare.
In dottrina permane il dubbio sul significato da attribuirsi a tale espressione, giacché è stata segnalata la circostanza secondo la quale in essa non possano rientrare i comportamenti pure obiettivamente censurabili, quali il falso in bilancio, in ordine ai quali parrebbe opportuno distinguere tra la condotta di fraudolenta esposizione del passivo o dell’attivo, dalle altre condotte di natura prevalentemente valutativa, quali la sopravvalutazione del passivo, ritenendo che solo per le prime possa evocarsi l’interruzione della procedura951.
In passato, in tale categoria si facevano rientrare quelle condotte poste in essere dall’imprenditore con lo scopo di fornire una falsa rappresentazione delle condizioni di ammissibilità952. Oggi, la mutata filosofia del concordato preventivo, che porta a conferire alla norma dell’art. 173 l.f. il ruolo di misura non sanzionatoria, dovrebbe aprire ad una lettura secondo la quale la revoca del concordato sia destinata ad impedire che il consenso dei creditori si formi sulla falsa rappresentazione dei presupposti previsti per l’accesso al concordato, sicché la frode andrebbe ravvisata sia negli atti preordinati all’elusione della reiezione della domanda953, sia nei fatti di bancarotta posti in essere anteriormente alla proposta ma ad essa ricollegabili sul piano cronologico e causale954.
Il secondo gruppo, invece, si riferisce a condotte poste in essere in costanza di procedura, quali il compimento di atti privi di autorizzazione ex art. 167 l.f., quello di atti diretti a frodare comunque le ragioni dei creditori, e l’accertamento della mancanza delle condizioni prescritte per l’ammissione alla procedura.
La fattispecie relativa al compimento di atti non autorizzati va letta alla luce del principio dello spossessamento attenuato provocato dall’apertura della procedura: in questi termini, la norma non sembra far sorgere particolari problemi, in considerazione del fatto che la dottrina prevalente ritiene configurabile la revoca ogni qual volta il debitore compia un atto non autorizzato. Il problema interpretativo rilevante, invece, si riferisce alla necessità che la violazione del divieto in sé sia sufficiente per la revoca, oppure sia necessaria anche la frode od il danno per il ceto dei creditori. La scelta più liberale, secondo parte della dottrina, appare più coerente con le finalità della disciplina dell’istituto, dovendosi valutare la corrispondenza dell’atto rispetto al piano in funzione dell’obiettivo del soddisfacimento dei creditori955.
Gli atti comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori si identificano con i comportamenti del debitore volti a perseguire, nel corso della procedura, interessi contrastanti con la funzione del concordato956.
L’art. 173, secondo comma, prevede che il tribunale dia luogo alla dichiarazione di fallimento nel caso in cui, in qualunque momento, venga accertato che manchino le condizioni prescritte
951 Così, FAUCEGLIA, Revoca dell’ammissione al concordato e dichiarazione di fallimento in corso di procedura, cit., 1699. 952 Cfr., in questo senso, Trib. Torino, 12 novembre 1991, in Fall., 1992, 95; inoltre v. DE CRESCIENZO, Sub Art.
173, cit., 2467, secondo il quale se fra le c.d. condotte atipiche di frode si possono fare rientrare anche quelle
attinenti ai requisiti di ammissibilità alla procedura di concordato, indubbiamente il mutato riferimento all’art. 160, pone non pochi problemi che devono trovare la loro soluzione nell’attribuzione di caratteri sostanziali ai requisiti previsti dalla legge vigente, soprattutto se in questo ambito possono essere fatti rientrare anche i casi di irregolare tenuta delle scritture contabili e quelli riconducibili alla falsa rappresentazione della realtà economica nei bilanci o nelle altre comunicazioni sociali.
953 V., in giurisprudenza, Trib. Mantova, 18 settembre 2008, in Fall., 2009, 121.
954 Fra i giudici, Trib. Roma, 1° febbraio 2006, cit., 95; Trib. Milano, 30 ottobre 2007, in Dir. fall., 2008, II, 452. 955Cfr., TEDESCHI, Manuale, cit., 560; contra Trib. Modena, 14 ottobre 2005, in Dir. fall., 2006, II, 661.
956 Per una panoramica delle condotte che integrano atti diretti a frodare le ragioni dei creditori, v. MAFFEI ALBERTI,
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per l’ammissibilità al concordato. La norma, combinata con l’art. 162, terzo comma, l.f., ha fatto sorgere in dottrina dubbi interpretativi in merito al coordinamento con il potere attribuito oggi al tribunale in sede di ammissione alla procedura di concordato preventivo.
Bisogna ricordare, innanzitutto, che esula dal controllo di quest’ultimo ogni riferimento al criterio di meritevolezza, e gli è preclusa ogni valutazione in ordine alle condizioni soggettive dell’imprenditore. Esula dal controllo del giudice, soprattutto, il giudizio di convenienza della proposta di concordato, che è rimesso esclusivamente al giudizio dei creditori. Tuttavia, una parte della dottrina ha espresso la tesi secondo la quale il controllo del tribunale sulla fattibilità del piano risulti diversamente disciplinato nelle varie fasi della procedura: se nella fase di ammissione il sindacato giudiziale non ha direttamente ad oggetto la fattibilità del piano, nel corso della procedura il tribunale avrebbe il potere di verificare se le proposte del debitore siano in concreto attuabili quando il commissario giudiziale ne riferisca in senso negativo ex art. 173, e ciò sulla base di fatti sopravvenuti o dal riesame delle previsioni ed informazioni contenute nella proposta e nei suoi allegati957.
Processualmente parlando, il procedimento diretto alla revoca del concordato prende avvio grazie alla iniziativa del commissario giudiziale il quale, accertato il compimento di uno degli atti di frode indicati nella norma, ne riferisce al tribunale che d’ufficio apre il procedimento, dandone comunicazione al pubblico ministero ed ai creditori. Secondo una parte della dottrina, l’attività del commissario giudiziale non integra un’iniziativa di parte, ma costituisce doverosa esplicazione del potere di vigilanza attribuito dalla legge a detto organo, mentre l’apertura del procedimento di revoca costituisce prerogativa esclusiva del tribunale, che la eserciterà solo se, a seguito della valutazione dell’informazione resa dal commissario giudiziale, riterrà esistenti i presupposti per dare luogo al procedimento958.
Inoltre, è stato detto che per quanto il commissario sia in grado di rilevare comportamenti fraudolenti, nulla vieta che la segnalazione al tribunale, anche relativamente ai fatti di cui al primo comma, possa provenire dal pubblico ministero, ove sia a conoscenza di condotte penalmente rilevanti, ovvero dai creditori o terzi interessati all’esecuzione delle operazioni previste dal piano959.
Il procedimento si apre con il decreto che ordina la convocazione del debitore in camera di consiglio affinché gli sia consentito l’esercizio del diritto di difesa nelle forme previste dall’art. 15 l.f..
La comunicazione al pubblico ministero ed ai creditori, ovviamente, appare funzionale alla possibilità che, contestualmente alla revoca venga dichiarato il fallimento del proponente: se nel procedimento non dovessero intervenire, la revoca opera esclusivamente sul piano della
957 In questo senso, cfr. PAJARDI -PALUCHOWSKI, Manuale, cit., 858; PICA, Il concordato preventivo, cit., 1136; in
giurisprudenza, in senso conforme, Trib. Monza, 16 ottobre 2005, cit., 891.
958 SCARAFONI, Effetti della presentazione del ricorso, cit., 399; inoltre, cfr., FAUCEGLIA, Revoca dell’ammissione al concordato e
dichiarazione di fallimento in corso di procedura, cit., 1702, il quale distingue l’ipotesi in cui la fattispecie rilevante venga
accertata dal commissario prima dell’adunanza dei creditori, da quella in cui tale fattispecie emerga successivamente: nel primo caso, il commissario avrà l’obbligo, con la relazione prevista dal primo comma dell’art. 172 l.f., di esporre i fatti ai creditori, così che a questi ultimi resterà attribuita la facoltà di valutare se essi potranno essere considerati preclusivi per i rispettivi interessi e rilevanti ai fini della esecuzione del piano concordatario; nel secondo caso, invece, il commissario avrà l’obbligo di riferire immediatamente al tribunale, il quale notizierà la circostanza impeditiva per la prosecuzione della procedura ai creditori e al pubblico ministero.
959 In questo senso MAFFEI ALBERTI, Commentario, cit., 997, secondo il quale in caso di impulso dei creditori o di
terzi sembrerebbe opportuno, prima dell’apertura del procedimento, che il commissario giudiziale fosse investito del controllo dei fatti in contestazione, e ciò sia per evitare l’inutile compimento di gravose incombenze processuali, dovendosi comunicare il decreto di apertura del procedimento al pubblico ministero e a tutti i creditori, sia per scongiurare, ove non sia effettivamente necessario procedere, l’influenza negativa che tale comunicazione può ingenerare sulla propensione al voto dei creditori nel caso in cui il procedimento sia aperto prima dell’adunanza.
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chiusura della procedura, non potendo il tribunale dichiarare d’ufficio il fallimento. Al contrario, l’intervento di questi ultimi, unitamente ad una iniziativa di fallimento, permette, in caso di verifica positiva dei presupposti che legittimano la revoca, la dichiarazione di fallimento contestuale previo accertamento dei requisiti di cui agli artt. 1 e 5 l.f.
In tema si è detto che, sebbene l’art. 173, secondo comma, sancisca l’autonomia della decisione riguardante la revoca dell’ammissione al concordato da quella della dichiarazione di fallimento, prevede tuttavia che le due pronunce debbano essere emesse contestualmente, con esclusione della possibilità di emettere una pronuncia parziale solo sulla revoca e conseguente prosecuzione del procedimento per decidere sulla domanda di fallimento960.
La norma non prevede la non reclamabilità del decreto che revoca o conferma l’ammissione al concordato preventivo, mentre prevede la reclamabilità ex art. 18 l.f. della sentenza dichiarativa contestuale: il reclamo contro quest’ultima assorbirà anche i motivi attinenti alla revoca, applicando analogicamente la disposizione dell’art. 162, terzo comma, per il caso di inammissibilità della proposta di concordato. Diversamente, il decreto che revochi l’ammissione, spoglio della dichiarazione di fallimento, si ritiene che sia impugnabile da qualunque interessato con il reclamo previsto dalla disciplina dell’art. 739 c.p.c.961.
Nulla esclude che alla revoca possa accompagnarsi la presentazione di una nuova proposta.
960Cfr. SCARAFONI, Effetti della presentazione del ricorso, cit., 401.
961 In questo senso, per tutti, cfr.,AMBROSINI, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Cottino (a
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