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3. Il concordato preventivo

3.11 L’esecuzione del concordato preventivo

3.11.1 Risoluzione Annullamento

I rimedi della risoluzione e dell’annullamento del concordato preventivo sono strumenti di natura negoziale che attengono all’esercizio del controllo sull’adempimento della proposta e sulla successiva scoperta di vizi genetici della proposta, vizi tali da portare ad una formazione inquinata e non genuina del consenso895.

Il concordato preventivo si risolve quando vi sia un inadempimento di non scarsa importanza, termine che il legislatore fallimentare ha importato dalla disciplina della risoluzione dei contratti in generale. Si dice che l’irrilevanza dello scarso adempimento sia da ricollegare alla conservazione dell’efficacia del concordato, in ragione della sua idoneità a superare la crisi dell’impresa e, comunque, a definire la generalità dei suoi rapporti debitori, quando l’inesatta attuazione del piano incida soltanto marginalmente sull’interesse dei creditori al conseguimento del soddisfacimento programmato896.

La legittimazione di ogni singolo creditore presuppone che l’inadempimento fatto valere produca effetti, direttamente o indirettamente, sulla propria sfera giuridica, poiché, diversamente, difetterebbe l’interesse ad agire: la peculiarità della disciplina individuata nel concordato preventivo starebbe, quindi, nell’idoneità dell’inadempimento verso il singolo creditore a provocare l’inefficacia del patto concordatario nei confronti della collettività, sempreché si tratti di non scarsa importanza897.

Il primo problema che deve essere posto è se l’inadempimento vada riferito alla singola obbligazione dedotta nella proposta o all’intera regolamentazione concordataria. A coloro i quali ritengono corretta la prima soluzione898 si avversano quelli che ritengono che l’inadempimento vada riferito alla proposta di concordato e non all’obbligazione assunta nei confronti del singolo creditore: il grave inadempimento che riguarda il singolo, non è detto che si rifletta sul concordato se, ad esempio, tutti gli altri creditori sono stati soddisfatti899.

È evidente, pertanto, come non sia possibile individuare a priori dei precisi ed oggettivi parametri ai quali ancorare il giudizio di gravità dell’inadempimento, ma la soluzione che in questa sede si ammette di accettare è quella secondo la quale l’inadempimento va valutato non isolatamente, ma nel complesso del concordato, in relazione all’attitudine dello stesso a turbare, reagendo sulla causa del contratto, l’equilibrio contrattuale900.

Secondo la giurisprudenza, anche il ritardo può costituire un inadempimento di non scarsa importanza qualora superi ogni ragionevole limite di tolleranza: non è stato escluso, difatti, un adempimento tardivo nelle more del procedimento di risoluzione901 .

L’inadempimento che legittima la risoluzione, quindi, sarebbe da individuare ogni qual volta il debitore, nell’eseguire il concordato, non fa tutto e proprio tutto ciò che aveva promesso ai

895 Così, letteralmente, FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 678.

896Cfr., in questo senso, GUGLIELMUCCI, Diritto Fallimentare, cit., 330; PAJARDI -PALUCHOWSKI, Manuale, cit., 891. 897Cfr. MAFFEI ALBERTI, Commentario, cit., 1109.

898 V. per tutti, PICA, Il concordato preventivo, cit., 1172; RAGO, Il concordato preventivo, cit., 1214. 899 FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 678.

900 Così, PENTA, La revoca dell’ammissione alla procedura di concordato preventivo e la risoluzione del concordato, in Trattato delle

procedure concorsuali, Ghia – Piccininni – Severini, Volume IV, cit., 590, secondo il quale non v’è dubbio che post

omologa si possa ricorrere solo all’istituto della risoluzione, atteso che l’art. 173 l.f. fa esplicito riferimento a fatti o atti verificatisi nel corso della procedura, laddove l’art. 181 enuncia a chiare lettere che la procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione emesso ai sensi dell’art. 180.

901 Cfr., RAGO, Il concordato preventivo, cit., 1215; in giurisprudenza, Trib. Chieti, 20 novembre 1989, in Fall., 1990,

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creditori: la misura dell’inadempimento è la diretta conseguenza della specificità ed analiticità della proposta di concordato902.

Sul crinale squisitamente processuale, la risoluzione si attiva attraverso il deposito di un ricorso entro il termine di decadenza di un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento del debitore. Secondo alcuni, nulla vieta che il ricorso sia depositato nel corso della fase esecutiva, a fronte della mancata esecuzione delle azioni programmate o dell’inosservanza di modalità esecutive, ove tali comportamenti pregiudichino la fattibilità del piano903.

L’iniziativa va assunta dal creditore ed il procedimento si svolge secondo il modello di cui all’art. 15 l.f.: parti sono il debitore, il creditore e l’eventuale assuntore. Il pubblico ministero, invece, non è parte del procedimento ma pare abbia facoltà di intervento904; il commissario giudiziale deve essere sentito quale organo preposto alla sorveglianza sull’adempimento del concordato905. Il tribunale, quando ritiene accertato l’inadempimento, pronuncia con sentenza la risoluzione del concordato, il quale provvedimento è reclamabile dinanzi alla corte di appello che pronuncia si sensi dell’art. 18 l.f., nel caso in cui ci sia dichiarazione di fallimento.

Coerentemente con l’eliminazione, in via generale, della dichiarazione di fallimento d’ufficio, il nuovo testo dell’art. 186 l.f. non prevede più la dichiarazione di fallimento quale effetto automatico della risoluzione (o dell’annullamento): la possibilità di un fallimento consecutivo, tuttavia, si riallaccia all’applicabilità delle disposizioni dell’art. 137 l.f., in quanto compatibili. Ovviamente, si rende necessaria la presenza di una istanza del creditore o di una richiesta del pubblico ministero, e soltanto in seguito all’accertamento dei presupposti di cui agli artt. 1 e 5 l.f..

Diversamente, a seguito della risoluzione del concordato preventivo, non può dirsi preclusa la presentazione di una nuova proposta.

La risoluzione opera retroattivamente, facendo venire meno gli effetti modificativo – esdebitatori dell’accordo concordatario, ma pare che possano essere fatti salvi gli atti legittimamente compiuti nel corso della procedura ed in esecuzione del concordato906: a ciò consegue, secondo alcuni, il diritto dei creditori, trattenuto quanto lecitamente riscosso in esecuzione del concordato, al residuo dovuto rispetto all’intero credito originario, con gli interessi maturati secondo le regole ordinarie907.

902 Cfr., FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 678, che, a tal fine, distingue il caso del concordato con continuità aziendale

da quello misto: il primo tipo, quando il debitore abbia promesso il pagamento integrale dei creditori dopo una moratoria più o meno lunga, sarebbe certamente esposto al rischio di risoluzione le quante volte il debitore, dopo avere risanato l’impresa, non esegua i pagamenti; al contrario, l’inadempimento non sussiste se al termine del periodo di moratoria il debitore, pur non essendo riuscito a risanare l’impresa, è in grado di soddisfare interamente i creditori. Un modello di concordato misto (nel quale si propone un pagamento non integrale con i profitti d’impresa eventualmente accompagnato dalla cessione a terzi dell’azienda risanata con devoluzione del prezzo ai creditori) si caratterizza per il tema delicato della qualificazione della proposta: se la proposta è formulata nella forma classica della cessio bonorum, un pagamento inferiore al pattuito, se non di scarsa importanza, può comportare la risoluzione del concordato per inadempimento. Al contrario, se il debitore propone ai creditori la cessione dei propri beni e si produce da subito l’effetto traslativo, il concordato è adempiuto nel momento della cessione dei beni e la risoluzione può essere pronunciata soltanto se il debitore non adempie all’obbligo del trasferimento, ma ciò a prescindere dall’imputabilità dell’inadempimento.

903 In questo senso, cfr., LO CASCIO, Il concordato preventivo, cit., 848;AMBROSINI, Il concordato preventivo e gli accordi di

ristrutturazione dei debiti, in Cottino (a cura di), Trattato di diritto commerciale, cit., 152.

904 Così, ESPOSITO, L’intervento “obbligatorio” del pubblico ministero, cit., 1407. 905V. App. Napoli, 17 dicembre 2007, in Giur. it., 2008, 2807.

906 Cfr., GUGLIELMUCCI, Diritto Fallimentare, cit., 331. 907V., MAFFEI ALBERTI, Commentario, cit., 1112.

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L’azione di annullamento, invece, è preordinata ad invalidare il concordato quando, successivamente all’omologazione, emergano comportamenti dolosi del debitore idonei a rappresentare falsamente la convenienza della proposta ed a viziare il consenso dei creditori908.

Le ipotesi previste dall’art. 138, primo comma, l.f., devono ritenersi tassative, non essendo ammessa altra azione di nullità909: la dissimulazione dell’attivo si sostanzia nel compimento di atti giuridici finalizzati a creare l’apparente estraneità dei beni o diritti rispetto al patrimonio del debitore; la sottrazione di attivo, invece, consiste nell’omessa indicazione nello stato analitico ed estimativo delle attività.

La legittimazione alla proposizione dell’azione spetta al commissario giudiziale ed a qualunque creditore anteriore al decreto di apertura910.

Quanto ai profili processuali, ad esclusione del periodo di sei mesi dalla scoperta del dolo quale termine di decadenza dall’azione, la cui prova del rispetto grava sul ricorrente911, sono i medesimi sommariamente analizzati per il procedimento diretto ad ottenere la risoluzione del concordato.

Gli effetti dell’annullamento, similmente a quelli della risoluzione, non travolgono gli atti compiuti in corso di procedura se coerenti con le prescrizioni dell’art. 167: in particolare, si è escluso che i creditori debbano restituire quanto riscosso in adempimento del concordato, dovendo solo ridurre il credito da ammettere al passivo in relazione a quanto percepito912. Anche per l’annullamento, il transito al fallimento dell’impresa è possibile solo ove vi sia espressa richiesta dei creditori o del pubblico ministero.

908 In tema, cfr., NORELLI, Il giudizio di omologazione del concordato preventivo, cit., 519, secondo il quale, a proposito di

una relazione con la revoca ex art. 173 l.f., va notato che l’aver occultato o dissimulato parte dell’attivo, l’aver esposto passività insussistenti e l’aver commesso altri atti di frode, sono comportamenti che comprendono in sé i fatti previsti dall’art. 138, primo comma, l.f. (richiamato dall’art. 185, quinto comma, l.f.) come cause di annullamento del concordato. Pertanto, tali fatti, se scoperti prima dell’omologazione, ostano al perfezionamento della fattispecie concordato e vanno rilevati d’ufficio; se scoperti dopo, ne provocano l’annullamento, ma solo su istanza del commissario giudiziale o di qualunque creditore: omologato il concordato e, quindi, chiusa la procedura, non vi è la possibilità di attivare i poteri officiosi del tribunale ed occorre aprire un nuovo procedimento su iniziativa di parte ma, data la gravità dei fatti, il potere è attribuito non solo ai singoli creditori, bensì anche all’organo (latu sensu) ausiliare della procedura, che viene così ad assumere la qualità di parte processuale.

909 LO CASCIO, Il concordato preventivo, cit., 851.

910In giurisprudenza, v. Trib. Grosseto, 8 ottobre 1981, in Dir. fall., 1982, II, 153; estende la legittimazione ai

creditori rimasti estranei alla procedura, purché anteriori, Trib. Firenze, 24 marzo 1984, cit., 60.

911In questo senso, MAFFEI ALBERTI, Commentario, cit., 1116. 912In tal proposito, FABIANI, Diritto fallimentare, cit., 680.

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3.12 Consecuzione di procedure e nuova prededuzione ex art. 182 quater e 182

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