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DAVANTI AL TRIBUNALE

2. Fase preparatoria (dalla citazione all’istanza di fissazione dell’udienza: artt 2-11)

2.6. L’istanza per la fissazione dell’udienza: i termini per la proposizione

Come accennato, dopo che, con la reciproca notifica della citazione e della comparsa di risposta, si sia articolato un primo contraddittorio, la parte che per prima ritenga di poter affrontare la trattazione della causa dinanzi al giudice, domanderà la fissazione dell’udienza, notificando alle altre istanza di fissazione dell’udienza e rinunciando a replicare all’atto che le è stato notificato.

L’istanza di fissazione dell’udienza è dunque lo strumento attraverso il quale la parte, che consideri sterile il protrarsi del dialogo con la controparte e

23Tale era il suggerimento espresso dal C.S.M. nel parere allo schema di decreto approvato in

prima lettura dal Consiglio dei Ministri il 30 settembre 2002. La stessa Commissione Vaccarella ha del resto immaginato, al punto 17) della proposta presentata alla stampa il 12 luglio 2002 ed ades- so all’art. 16 del d.d.l. delega C. 4578/XIV, che lo scambio di scritti difensivi nella fase preliminare sia soggetto ad un termine massimo, decorrente dalla notifica della citazione, trascorso il quale, ove nessuna delle parti chieda la fissazione dell’udienza, il processo si estingue.

24In questo senso, v. invece la relazione governativa allo schema di decreto approvato defini-

tivamente il 10 gennaio 2003 e poi tradottosi nel d.lgs. n. 5 del 2003.

25Nel senso che, pur essendo vero che il tempo della fase preliminare non può essere adde-

bitato al giudice, il meccanismo previsto dalla legge, che affida in sostanza ai difensori delle parti la decisione se far durare poco o tanto il processo «non sembra adeguarsi alla direttiva della legge delega ed al principio costituzionale di cui all’art. 111 Cost. che fa obbligo al legisla- tore di organizzare i sistemi processuali in modo da garantire la ragionevole durata del giudi- zio», v. il parere del C.S.M. allo schema di decreto approvato dal Consiglio dei Ministri il 30 set- tembre 2002.

ritenga, dal punto di vista del proprio interesse, che la causa sia stata sufficien- temente trattata, provoca nel processo l’intervento del giudice26.

Il termine per la notifica dell’istanza è di venti giorni, decorrenti da mo- menti diversi a seconda della parte da cui proviene e a seconda delle situazioni processuali.

Un primo gruppo di ipotesi riguarda la parte attrice.

Se il convenuto ha tempestivamente notificato comparsa di risposta, il ter- mine per l’attore che non intenda replicare decorre, ai sensi della prima parte della lett. a) del 1° co. dell’art. 8, dalla data di notifica della comparsa di rispo- sta del convenuto.

Se il convenuto non ha tempestivamente notificato la propria comparsa di ri- sposta, il termine per l’attore decorre, ai sensi della seconda parte della lett. a) del 1° co. dell’art. 8, modificato dal Decreto di coordinamento e modifica27, dalla

scadenza del termine fissato al convenuto per notificare la propria comparsa. Se il convenuto ha chiamato in causa un terzo, il termine per l’attore decorre, ai sensi della lett. b) del 1° co. dell’art. 8, anch’esso modificato dal Decreto di coor- dinamento e modifica, dalla data di notifica della comparsa di risposta del terzo oppure dalla scadenza del termine per la notifica della comparsa stessa28.

Se le altre parti hanno notificato scritti difensivi, il termine per l’attore che non intenda replicare decorre, ai sensi della lett. c) del 1° co. dell’art. 8, dalla loro data di notifica.

Un secondo gruppo di ipotesi riguarda la parte convenuta.

Se ha proposto domanda riconvenzionale ovvero sollevato eccezioni non rilevabili d’ufficio, il termine per il convenuto decorre, ai sensi della lett. a) del 2° co. dell’art. 8, dalla data di notifica della memoria di replica dell’attore ov- vero dalla scadenza del relativo termine di notifica.

Se ha chiamato in causa terzi, il termine per il convenuto decorre, ai sensi del- la lett. b) del 2° co. dell’art. 8, dalla data di notifica della comparsa di risposta del terzo chiamato ovvero, a seguito delle modifiche operate dal Decreto di coordi- namento e modifica, dalla scadenza del relativo termine di notifica29.

Se non ha proposto domanda riconvenzionale, non ha sollevato eccezioni non rilevabili d’ufficio, né ha chiamato in causa terzi, il termine per il convenu- to decorre, ai sensi della lett. c) del 2° co. dell’art. 8, dalla data della propria co- stituzione in giudizio ovvero dalla data della notifica dello scritto difensivo delle altre parti al quale non intende replicare.

26In questi termini, cfr. le note illustrative al punto 18) della proposta elaborata dalla Com-

missione Vaccarella e quindi all’art. 17 del d.d.l. delega C. 4578/XIV.

27Nella primitiva versione del d.lgs. 5/2003, il termine decorreva dalla scadenza del termine di

costituzione del convenuto, qualora questi fosse rimasto contumace.

28Pure qui, in precedenza, in caso di contumacia, questa volta del terzo chiamato, il termine

decorreva dalla scadenza del termine di costituzione di quest’ultimo.

29Come negli altri casi, prima si faceva riferimento non al termine di notifica ma al termine di

Un terzo gruppo di ipotesi riguarda il terzo chiamato e, come ha precisato il Decreto di coordinamento e modifica, integrando il testo originario, il terzo in- tervenuto (intendendosi come tale il terzo intervenuto volontariamente ai sensi dell’art. 14).

Se ha proposto domanda riconvenzionale ovvero sollevato eccezioni non rilevabili d’ufficio, il termine per il terzo chiamato o intervenuto decorre, ai sensi della lett. a) del 3° co. dell’art. 8, dalla data di notifica della memoria di replica dell’attore o del convenuto ovvero dalla scadenza del relativo termine. Se non ha proposto domanda riconvenzionale, né sollevato eccezioni non rilevabili d’ufficio, il termine per il terzo chiamato o intervenuto decorre, ai sensi della lett. b) del 3° co. dell’art. 8, dalla data della propria costituzione in giudizio ovvero dalla data della notifica dello scritto difensivo delle altre parti al quale non intende replicare.

Secondo il 5° co. dell’art. 8, l’istanza di fissazione presentata fuori dei casi indicati dalla legge è dichiarata inammissibile, su richiesta della parte interes- sata depositata in cancelleria nel termine perentorio di dieci giorni dalla noti- fica dell’istanza, dal presidente del tribunale che, sentite le parti, provvede con ordinanza non impugnabile.

2.7. (Segue.) ... il contenuto e gli effetti nei confronti delle parti non istanti

La devoluzione della controversia al giudice non può essere parziale ma deve essere sempre totale, così che questi possa decidere integralmente la causa, do- po aver provocato il contraddittorio tra le parti.

L’istanza di fissazione dell’udienza deve pertanto contenere, secondo il 1° co. dell’art. 9, le conclusioni di rito, di merito ed istruttorie.

In mancanza, dispone il 1° co., si intendono richiamate le conclusioni di cui al primo atto difensivo dell’istante, il che, letteralmente, impone al giudice di non tener conto di eventuali nuove domande od eccezioni non rilevabili d’uffi- cio nonché di nuove istanze istruttorie proposte dopo il primo atto difensivo (e quindi non contemplate nelle originarie conclusioni) ma prima dell’istanza di fissazione dell’udienza.

Le conclusioni contenute nell’istanza di fissazione dell’udienza, secondo quanto si ricava dal testo normativo, costituiscono la formulazione definitiva, senza possibilità di modifica, delle domande, eccezioni ed istanze istruttorie già proposte.

La formulazione definitiva delle conclusioni operata da colui che propone l’istanza di fissazione dell’udienza fa scattare un analogo onere anche per le altre parti che non abbiano assunto l’iniziativa di notificare l’istanza.

In base al 1° co. dell’art. 10, esse, infatti, nei dieci giorni successivi alla noti- fica dell’istanza, devono depositare in cancelleria una nota contenente la defi- nitiva formulazione delle istanze istruttorie e delle conclusioni di rito e di meri- to già proposte, esclusa ogni loro modificazione (anche qui, in mancanza, si intendono formulate le istanze e conclusioni di cui al primo atto difensivo).

La notificazione dell’istanza di fissazione di udienza produce dunque l’ef- fetto, come spiega il 2° co. dell’art. 10, di far definitivamente decadere le altre parti dal potere di proporre nuove eccezioni30, di modificare o anche solo pre-

cisare31domande o eccezioni già proposte, nonché di formulare ulteriori istan-

ze istruttorie e depositare nuovi documenti.

La decadenza può essere dichiarata, peraltro, soltanto su eccezione della parte interessata, da proporsi nella prima istanza o difesa successiva a norma dell’art. 157 c.p.c.

Nell’ottica di favorire una soluzione transattiva, secondo l’indirizzo con- tenuto nella lett. e) del 2° co. dell’art. 12, il legislatore delegato ha inoltre previsto, al 2° co. dell’art. 9, che tanto nell’istanza di fissazione dell’udien- za, per l’istante, quanto nella nota di precisazione delle conclusioni, per gli altri, ciascuna parte possa indicare le condizioni alle quali sarebbe dispo- sta a conciliare la lite.

Questa indicazione, si specifica nel 2° co. dell’art. 9, non pregiudica in alcun modo la decisione della causa.

Ciò però non significa che la formulazione di una proposta transattiva sia priva di riflessi processuali.

Ove una delle parti abbia dichiarato le condizioni alle quali sia disposta a conciliare, il giudice relatore è infatti tenuto, ai sensi della lett. d) del 3° co. del- l’art. 12, a invitare le altre, con il decreto di fissazione, a prendere all’udienza esplicita posizione sulle stesse.

Inoltre, il giudice potrà tener conto della dichiarazione della parte nel pro- porre all’udienza, ai sensi del 2° co. dell’art. 16, soluzioni di equa composizione della controversia.

Infine, aver avanzato una proposta transattiva ben calibrata potrà rileva- re, qualora il tentativo di conciliazione operato dal giudice non sortisca esito positivo, ai fini della distribuzione delle spese di lite, che, sempre ai sensi del 2° co. dell’art. 16, possono essere poste dal giudice, in tutto o in parte, a cari- co della parte formalmente vittoriosa che abbia rifiutato ragionevoli propo- ste conciliative.

30Originariamente, per il 2° co. dell’art. 10, la decadenza dal potere di proporre nuove ecce-

zioni riguardava solo le «eccezioni non rilevabili d’ufficio». Ora invece, a seguito del decreto di coordinamento e di modifica, la disposizione è stata modificata nel senso di precludere tout court la proposizione di nuove eccezioni. Poiché peraltro nulla impedisce alle parti di sollecitare il giu- dice ad esercitare poteri officiosi, il nuovo assetto pare distinguersi dal precedente solo perché il giudice potrà esimersi dal rispondere all’eccezione rilevabile anche d’ufficio sollevata dalla parte dopo la notificazione dell’istanza di fissazione dell’udienza senza per questo incorrere in una ipo- tesi di omessa pronuncia (che costituirebbe fonte di responsabilità tanto disciplinare quanto civi- le, ai sensi della l. 13 aprile 1988, n. 117).

31Essendo vietata anche l’attività di semplice precisazione, non si comprende, dunque, a cosa

possa servire la nota di precisazione delle conclusioni, contenente la definitiva formulazione delle conclusioni già proposte, che, ai sensi del 1° co. dell’art. 10, le parti destinatarie della notifica del- l’istanza di fissazione devono depositare entro dieci giorni dalla notifica dell’istanza.

32Potrebbe, ad es., sorgere questione circa la qualificazione e quindi la tempestività dell’inter-

vento, posto che, ai sensi del 1° co. dell’art. 14 e del 1° co. dell’art. 15, l’intervento adesivo autono- mo non può aver luogo oltre il termine previsto per la notifica da parte del convenuto della com- parsa di risposta, mentre l’intervento adesivo dipendente può avvenire anche dopo, fino al deposi- to dell’istanza di fissazione dell’udienza.

33Tale potere del giudice sussiste anche nel nuovo processo societario, finanziario e bancario, po-

sto che, come l’ultima parte del 4° co. dell’art. 16 espressamente dispone, la causa può essere decisa an- che a norma dell’art. 187, 2° e 3° co., c.p.c. Naturalmente, però, tale potere potrebbe essere esercitato solo in una fase avanzata del procedimento, dopo che sia stata svolta la fase preparatoria. Si compren- de dunque che il legislatore abbia sentito l’esigenza di attribuire alle parti la facoltà di rimettere im- mediatamente la causa al giudice proprio per la decisione delle questioni preliminari o pregiudiziali. 2.8. L’istanza congiunta di fissazione dell’udienza: per la decisione della causa o per la decisione di «incidenti processuali»

Che la causa debba passare alla trattazione dinanzi al giudice è decisione che le parti possono raggiungere anche congiuntamente.

Ciò può avvenire per due motivi.

O perché concordano sulla definitività delle allegazioni in fatto e diritto e dell’articolazione delle richieste istruttorie.

O perché entrambe intendono ottenere la decisione di questioni pregiudi- ziali di rito o preliminari di merito, oppure relative alla integrità del contraddit- torio, alla partecipazione di terzi al processo32o all’ammissibilità delle prove.

In questo secondo caso, previsto dalla seconda parte del 1° co. dell’art. 11, il giudice può essere evocato, con l’istanza di fissazione dell’udienza, per la solu- zione dei menzionati «incidenti» processuali.

L’istanza congiunta di fissazione di udienza per la decisione di questioni preliminari e pregiudiziali nonché sulle prove non impedisce al giudice di deci- dere la causa nella sua interezza, tanto è vero che le parti devono, in ogni caso, precisare integralmente le rispettive conclusioni.

In ciò, dunque, il d.lgs. 5/2003, non si differenzia dall’impianto recepito nel co- dice di rito, secondo il quale il giudice può sempre pronunciare su tutto il merito della causa anche quando essa venga assunta immediatamente in decisione33.

Tuttavia, il nuovo testo normativo si discosta dalla disciplina codicistica perché, ricorrendo il caso dell’istanza congiunta, al giudice viene sottratto il potere di delibare l’attendibilità delle questioni sottopostegli e gli si impone di decidere subito su di esse. In altri termini, il giudice, se vuole, può decidere il merito della causa insieme alle questioni preliminari e pregiudiziali di cui sia stato investito, ma non può, ritenendole infondate, riservare la decisione di queste ultime al momento in cui verrà deciso il merito della causa.

La decisione delle questioni di cui alla seconda parte del 1° co. dell’art. 11 può portare alla definizione della causa, con sentenza impugnabile secondo le regole ordinarie.

Ove invece la pronuncia su tali questioni non definisca il giudizio e il giudice non ritenga di decidere, insieme all’incidente processuale, anche il

merito della causa, il tribunale provvede, come stabilisce la prima parte del 2° co. dell’art. 11, con ordinanza, espressamente qualificata come «non impu- gnabile»34.

Il ricorso alla forma dell’ordinanza è finalizzato ad impedire l’impugnabi- lità immediata della definizione in senso non impediente di questioni pregiu- diziali di rito e preliminari di merito, attualmente invece consentita dal codice di rito per le sentenze non definitive35. È però dubbio che il semplice nomen iuris di ordinanza possa impedire l’impugnazione di provvedimenti con conte-

nuto decisorio, dalla cui natura di sentenze non definitive dovrebbe discendere (se non l’applicazione del regime impugnatorio previsto in via generale dal- l’art. 340 c.p.c., precluso dal carattere inimpugnabile legislativamente attribui- to al provvedimento, comunque) l’esperibilità del ricorso straordinario in cas- sazione ex art. 111 Cost. In ogni caso, nonostante la forma rivista, se si tratta di provvedimento confermativo della competenza, l’ordinanza è sicuramente im- pugnabile, ai sensi della seconda parte del 2° e del 3° co. dell’art. 11 con regola- mento di competenza ed il termine per proporre il regolamento decorre dalla comunicazione del provvedimento36.

Dopo l’emissione dell’ordinanza, la prosecuzione del processo è rimessa al- l’iniziativa delle parti, che tornano alla fase dello scambio delle repliche e con- trorepliche.

34La precisazione che l’ordinanza fosse «non impugnabile» non risultava, in verità, dal testo

originario pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 22 gennaio 2003. Essa si ricava infatti dal comu- nicato della Presidenza del Consiglio, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 9 settembre 2003 ed avente ad oggetto un avviso di rettifica relativo al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, con cui si è reso noto che, a causa di un errore materiale in cui si era in precedenza incorsi, all’art. 11, 2° co., primo rigo, anziché «Il tribunale provvede con ordinanza quando, decidendo», deve intendersi «Il tribunale provvede con ordinanza non impugnabile in ogni caso in cui, decidendo».

35Tale scopo viene messo in rilievo da SASSANIe TISCINI, Il nuovo processo societario. Prima

lettura del d.lgs. n. 5 del 2003, in Giust. civ., 2003, II, 54, nonché da VACCARELLA, La riforma del

processo societario: risposta ad un editoriale, in Corr. giur., 2003, 262, il quale chiarisce che «la for-

ma di ordinanza riservata alla definizione, in senso non impediente, di questioni pregiudiziali (...) mira ad impedire l’impugnabilità immediata delle (attuali) sentenze non definitive».

In senso critico rispetto alla soluzione adottata dal legislatore delegato, di cui si sottolinea la contrarietà rispetto alle scelte operate «non solo dal codice del 1865 come del 1942, ma anche da tutti i progetti di riforma che si sono succeduti nel corso del novecento», tanto da dirsi «propenso ad una interpretazione correttiva dell’art. 11, 2° co., diretta ad affermare che tale disposizione non si applica alla decisione delle questioni pregiudiziali di rito o di merito astrattamente idonee a de- finire il giudizio, e che, ove tali questioni siano decise nel senso di non definire il giudizio, esse deb- bano essere decise con sentenza non definitiva (impugnabile ai sensi degli artt. 42, 279, 4° co., e 340 c.p.c.) e non con ordinanza modificabile e revocabile», v. PROTOPISANI, La nuova disciplina

del processo societario (note a prima lettura), in Foro it., 2003, V, 10 s.

36Le precisazioni in ordine ai provvedimenti sulla competenza sono state operate, integrando

il testo originariamente approvato dal Consiglio dei Ministri il 30 settembre 2002, approvando, in seconda lettura, il 10 gennaio 2003, il testo che poi è stato trasfuso nel d.lgs. 5/2003. È stata così soddisfatta la richiesta di chiarimenti contenuta nel parere del C.S.M. sul testo del 30 settembre 2003, ove si lamentava che nulla si dicesse sulla disciplina dell’ordinanza sulla competenza.

37Così il parere del C.S.M. sullo schema di decreto approvato dal Consiglio dei Ministri il 30

settembre 2002.

38In termini critici, v. invece PROTOPISANI, La nuova disciplina del processo societario, cit., 10, se-

condo cui il fatto che il convenuto il quale abbia ad es. «eccepito l’incompetenza (facendo in tal mo- do sorgere una questione pregiudiziale di rito astrattamente idonea a definire il giudizio) o abbia ec- cepito la prescrizione (facendo in tal modo sorgere una questione pregiudiziale di merito come tale sempre astrattamente idonea a definire il giudizio), non ha il potere – senza il consenso dell’attore – di provocare una immediata statuizione sulla sua eccezione» testimonia dell’«efficacia molto ridotta dell’art. 11». Per una valutazione di scarsa incisività dell’istituto, condizionato dalla circostanza di es- sere condizionato all’accordo delle parti, v. anche RIVACRUGNOLA, Le attività del giudice nel nuovo

«processo societario» di cognizione di primo grado: fissazione dell’udienza, istruzione, fase decisoria,

in Soc., 2003, 787.

In proposito, il 3° co. dell’art. 11 dispone che entro il termine perentorio di novanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza, l’attore deve notificare alle altre parti memoria di replica ex art. 6 o, se già era stata notificata, di ulteriore replica ex art. 7.

Il procedimento dunque si riannoda a partire dallo stato in cui si trovava lo scambio delle memorie tra le parti al momento in cui è stata notificata l’istan- za di fissazione dell’udienza e prosegue, nell’alternanza tra repliche e contro- repliche, fino a che nuovamente entrambe (o una sola di esse) ritengano la causa matura per proporre nuova istanza di fissazione dell’udienza.

2.9. (Segue.) ... la regola dell’inammissibilità dell’istanza non congiunta per la decisione di «incidenti processuali» e l’eccezione della decisione immediata sull’intervento del terzo

È stato detto che l’art. 11 induce, senza risolverlo, il dubbio se per decidere su una questione preliminare o pregiudiziale e, più in generale, su ogni inci- dente processuale sia necessaria in ogni caso l’istanza congiunta di entrambe le parti37.

Ma il tenore letterale della disposizione porta a ritenere che l’istanza con- giunta sia necessaria.

Del resto, la circostanza che entrambe le parti investano il giudice assicura della serietà del tema sollevato ed è dunque ragionevole, specie se si tiene con-

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