• Non ci sono risultati.

1. Controversie Premessa

1.5. La mancata (re)introduzione della materia industriale

Come già si è accennato, il d.d.l. C. 1137/XIV, riprendendo il testo del d.d.l. C. 7123/XIII, originariamente prevedeva, al punto 3 della lett. b) del 1° co. del- l’art. 11, che le nuove norme processuali si applicassero anche alla materia del- la concorrenza, dei brevetti e dei segni distintivi dell’impresa.

Questa previsione è venuta meno nel corso dei lavori parlamentari.

La legge 3 ottobre 2001, n. 366, nell’impartire la delega, non ne reca più traccia e il legislatore delegato non ha potuto che prenderne atto, evitando di intervenire sul punto.

associazioni dei consumatori inserite nell’elenco di cui all’art. 5 di quel testo normativo sono le- gittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi di questi, chiedendo al giudice competente: a) di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti; b) di adot- tare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate; c) di ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o più quotidiani a diffusione nazionale op- pure locale nei casi in cui la pubblicità del provvedimento può contribuire a correggere o elimi- nare gli effetti delle violazioni accertate.

18Già in sede di commento della legge delega, auspicando che il legislatore delegato non

inserisse nell’ambito della nuova disciplina tutte le materie considerate dai due testi unici, si coglieva come esempio paradigmatico quello delle opposizioni al decreto ingiuntivo richiesto dalle banche ai sensi dell’art. 50 t.u.b. Per PANZANI, Un procedimento sommario per sveltire le

cause, in Guida dir., 20 ottobre 2001, n. 40, 58, subordinatamente alla loro mancata esclusione,

sarebbe stato quantomeno opportuno che non fossero «di competenza del giudice collegiale, come consente sia pur in ipotesi eccezionali il 2° co., lett. b), dell’art. 12». Il suggerimento è sta- to in effetti seguito dal legislatore delegato, che ha lasciato ai criteri ordinari di giudizi di oppo- sizione a decreto ingiuntivo chiesto dalla banca nei confronti del cliente in forza delle previsio- ni del t.u.b.

19Non per nulla, il parere del C.S.M. sullo schema di decreto rileva che «la selezione delle con-

troversie da assoggettarsi ai nuovi riti, probabilmente consentita dalla formulazione del punto 1), lett. b), interpreta in ogni caso lo spirito della legge delega di introdurre regole destinate a operare in giudizi le cui parti – per la struttura e/o le caratteristiche soggettive – si trovano in posizione di effettiva parità».

Bisogna tuttavia tener conto che, di recente, quasi in contemporanea con l’approvazione del d.lgs. 5/2003, il Parlamento ha licenziato la legge 12 dicem- bre 2002, n. 273, recante «Misure per favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza» (si tratta del cosiddetto collegato alla Finanziaria 2002), che, all’art. 16, delega il Governo a emanare «uno o più decreti legislativi diret- ti ad assicurare una più rapida ed efficace definizione dei procedimenti giudi- ziari in materia di marchi nazionali e comunitari, brevetti d’invenzione e per nuove varietà vegetali, modelli di utilità, disegni e modelli e diritto d’autore nonché di fattispecie di concorrenza sleale interferenti con la tutela della pro- prietà industriale e intellettuale», istituendo presso 12 sedi giudiziarie20altret-

tante sezioni specializzate, sia in primo grado che in grado d’appello, in cui sia- no trattati con rito collegiale tali procedimenti21.

Sul modo di assicurare la «più rapida ed efficace definizione» delle cause in materia di marchi, brevetti e concorrenza sleale non c’è chiarezza.

Questo perché la legge delega non ha precisato come il prescritto risultato possa conseguirsi, limitandosi a prevedere l’istituzione delle sezioni specializ- zate.

Era dunque molto difficile prevedere come il legislatore delegato si sareb- be regolato.

Secondo una tesi, sarebbe stato naturale attuare la delega per la rapida ed efficace definizione delle controversie in materia di diritto industriale aggan- ciandola alla realizzazione dell’analoga delega di cui al 1° co. dell’art. 12, l.

20La legge fa riferimento agli uffici giudiziari di Torino, Genova, Milano, Bologna, Venezia,

Trieste, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Palermo, Catania.

Per quanto la cosa possa apparire sorprendente, anziché «Catania», il legislatore intendeva, con ogni probabilità, scrivere «Cagliari». Non vi è infatti ragione di individuare due sedi per le istituen- de sezioni specializzate in Sicilia e nessuna in Sardegna. Il legislatore delegato si è peraltro ritenuto vincolato all’errore commesso dal legislatore delegante, sicché, come risulta dagli artt. 1 e 4 del d.lgs. n. 168 del 2003, a fronte dell’assenza di sezioni specializzate in Sardegna, le cui controversie sono state assegnate alla sezione specializzata con sede a Roma, ed alla presenza di una sola sezione in Lombardia, e cioè nella regione maggiormente industrializzata d’Italia, si avranno ben due sezioni specializzate in Sicilia.

21In argomento, v. BARBUTO, Brevetti: processi rapidi con le sezioni specializzate, in Guida dir.,

28 dicembre 2002, n. 49, 35; CERRETTO, Marchi e brevetti: sezioni specializzate condizionate dall’in-

cognita delle sedi, in Guida dir., 15 marzo 2003, n. 10, 112-114; ID., Marchi e Tribunali specializzati:

una delega inattuabile, in www.dirittoegiustizia.it. (15 gennaio 2003).

È da ricordare che l’istituzione di sezioni specializzate per brevetti e marchi era da tempo im- posta da impegni internazionali (v. l’art. 4, l. 17 agosto 1993, n. 302, di ratifica dell’Accordo di Lus- semburgo sul brevetto comunitario, e gli artt. 91 e 143 del regolamento 20 dicembre 1993, n. 40/94/CE, sul marchio comunitario, la cui mancata ottemperanza ha determinato l’apertura della procedura d’infrazione n. 4697/2000). In un primo momento si era pensato che le sezioni specializ- zate in materia di diritto della proprietà industriale e intellettuale avrebbero trovato la propria collocazione all’interno delle più ampie sezioni specializzate sul «diritto dell’economia» di cui al d.d.l. C. 7123/XIII e poi al d.d.l. C. 7123/XIII. Ma ciò non è stato possibile perché, durante l’iter parlamentare dello l. 3 ottobre 2001, n. 366, dagli originari progetti sono state stralciate le parti sulla riforma ordinamentale, relative all’istituzione di apposite sezioni specializzate.

366/2001, volta anch’essa «ad assicurare una più rapida ed efficace definizione di procedimenti», che ha parlato all’emanazione del d.lgs. 5/200322.

Secondo la tesi contrapposta, invece, limitandosi a prevedere i criteri da se- guire per l’istituzione delle sezioni specializzate, il Parlamento ha stimato suffi- ciente l’istituzione di tali sezioni per assicurare alle controversie di cui all’art. 16, 1° co., una rapida ed efficace definizione. Il Governo non avrebbe quindi potuto approntare, in sede di attuazione della delega, una procedura diversa da quella ordinaria per la definizione delle controversie devolute alla cognizione delle se- zioni specializzate. D’altra parte, si soggiungeva, intervenire sulla disciplina pro- cessuale nell’assenza di principi indicati dal legislatore delegante avrebbe susci- tato fondati dubbi di illegittimità costituzionale per eccesso di delega23.

Tale ultima opinione ha prevalso.

Infatti, il d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, recante «Istituzione di sezioni specia- lizzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale presso tribunali e corti d’appello, a norma dell’art. 16 della legge 12 dicembre 2002, n. 273», non detta una procedura apposita per rendere più rapida ed efficace la definizione dei processi né, tanto meno, contiene un rinvio al d.lgs. 5/2003. Ciò significa che in materia industriale dovrà continuarsi ad applicare il rito ordinario deli- neato dal codice di procedura civile24.

Probabilmente, la conclusione non poteva essere diversa, tanto più che già il nuovo rito speciale a cognizione piena dettato dal d.lgs. 5/2003 appare, a cau- sa della sua radicale diversità rispetto all’attuale rito ordinario, di dubbia legit- timità costituzionale sotto il profilo del rispetto della delega25. Estendere alle

liti sul diritto della proprietà industriale e intellettuale il rito speciale delle controversie societarie, ispirato alle indicazioni del d.d.l. delega di riforma del codice di procedura civile elaborato dalla «Commissione Vaccarella», sarebbe stato pertanto soggetto a un doppio rischio di annullamento da parte della Consulta: da un lato vi sarebbe stato il pericolo di eccedere la delega contenu- ta nella legge 3 ottobre 2001, n. 366, e dall’altro lato ci sarebbe stato il pericolo di importare nella materia del diritto industriale una disciplina a sua volta for- temente sospettata di incostituzionalità.

D’altra parte è possibile che, per evitare i contraccolpi fortemente negativi sul piano della regolare amministrazione della giustizia di una eventuale de-

22In questo senso, v. BARBUTO, op. cit., 35.

23Per questa impostazione, v. CERRETTO, opp. loc. cit.

24La relazione governativa di accompagnamento allo schema di decreto approvato il 23 mag-

gio 2003 dal Consiglio dei Ministri espone al riguardo: «le norme processuali da applicarsi per la trattazione dei giudizi devoluti alle sezioni specializzate per le controversie in materia di pro- prietà industriale ed intellettuale, in assenza di diverse indicazioni provenienti dal legislatore de- legante, si è ritenuto che debbano essere quelle del rito civile ordinario».

25Secondo il parere reso dal C.S.M. sullo schema di decreto, la scelta del legislatore delegato

di discostarsi dal modello adottato dall’attuale codice di rito, che prevede il potere del giudice di collaborare nella definizione del thema probandum e del thema decidendum, non poteva essere operata, in mancanza di una indicazione in questo senso da parte del legislatore delegante.

claratoria di illegittimità costituzionale del nuovo rito societario, nel periodo immediatamente seguente all’entrata in vigore del d.lgs. 5/2003 si assista ad una ratifica ex post, tramite legge formale, dell’operato del Governo. E, se così dovesse avvenire, il Parlamento potrebbe cogliere l’occasione per estendere al diritto industriale le innovazioni processuali di cui alla materia societaria, tor- nando così alle originarie previsioni contenute nel d.d.l. C. 7123/XIII e nel d.d.l. C. 1137/XIV, nonché dando corpo all’eccessivamente generico criterio di- rettivo della «più rapida ed efficace definizione dei procedimenti giudiziari» in materia di marchi e brevetti, di cui all’art. 16, l. 273/2002.

1.6. L’esclusione delle materie demandate alla giurisdizione amministrativa e

Outline

Documenti correlati