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DAVANTI AL TRIBUNALE

9. Procedimento dinanzi al tribunale monocratico (art 18)

9.1. Il rinvio alle norme relative al procedimento collegiale e le previsioni spe- ciali per il rito monocratico

Il Titolo II del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, sul processo di cognizione di primo grado davanti al tribunale, dopo aver trattato negli artt. da 2 a 17 del procedi- mento innanzi al collegio, si conclude con l’art. 18, che da solo compone il capo II, dedicato al rito monocratico.

Si entra dunque nel campo delle controversie in materia bancaria e creditizia di cui alla lett. e) del 1° co. dell’art. 1, che, ai sensi del 3° co. dell’art. 1, sono sot-

tratte, con l’eccezione delle azioni promosse da o contro associazioni rappresen- tative dei consumatori e dalle camere di commercio, alla competenza collegiale, alla quale sono soggette tutte le altre controversie di cui al d.lgs. 5/2003.

L’art. 18 si limita a rinviare alle disposizioni di cui al capo I, le quali dovran- no applicarsi, in quanto compatibili, anche al procedimento di cognizione da- vanti al tribunale in composizione monocratica.

L’unica norma specificamente dettata riguarda la designazione del magi- strato al quale è affidata la trattazione del procedimento. Per il 2° co. dell’art. 18, il giudice è designato dal presidente del tribunale, il quale deve procedere a norma dell’art. 12, non diversamente da ciò che avviene per la designazione del giudice relatore nel rito collegiale.

La laconicità delle previsioni sul procedimento monocratico si spiega con il fat- to che già innanzi al collegio la procedura appare, per quanto possibile, concentra- ta, rapida e semplificata, sicché non pareva necessario un ulteriore snellimento.

Sul punto è indicativo, ad esempio, che nel processo societario e creditizio sia di applicazione generale, e sia quindi valido anche per i procedimenti di- nanzi al collegio, un istituto quale il meccanismo di decisione di cui all’art. 281 sexies c.p.c., introdotto, con riferimento ai soli giudizi monocratici, dal d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, relativo all’istituzione del giudice unico di primo grado.

Proprio l’adozione già nel rito collegiale di cui al d.lgs. 5/2003 dei meccanismi semplificati di cui all’art. 281 sexies c.p.c., rende impossibile richiamare altre nor- me del codice di rito specificamente dedicate al giudizio monocratico. Così, non pare possibile attribuire al giudice, sul solco di quanto previsto dagli artt. 281 quinquies e sexies, c.p.c. la scelta tra la decisione a seguito di trattazione scritta o mista e la decisione a seguito di trattazione orale, dal momento che il legislatore delegato ha optato per questa seconda, più rapida, forma decisoria nel dettare la normativa generale sul procedimento dinanzi al collegio.

Di fatto, al di là dell’art. 281 sexies c.p.c., l’unica disposizione del codice di procedura civile sul giudizio monocratico utilmente richiamabile, non esisten- do ragioni per escluderne l’operatività anche nel nuovo processo, pare essere quella di cui all’art. 281 ter, introdotto dal d.lgs. n. 51 del 1998, secondo cui «il giudice può disporre d’ufficio la prova testimoniale formulandone i capitoli, quando le parti nella esposizione dei fatti si sono riferite a persone che appaio- no in grado di conoscere la verità». Ciò dovrebbe avvenire con il decreto di fis- sazione dell’udienza, che deve contenere, ai sensi della lett. b) del 3° co. del- l’art. 12 «l’ammissione di mezzi istruttori disponibili d’ufficio», anche se pare legittimo dubitare che sussista un motivo ragionevole per differenziare sul pia- no dei poteri istruttori officiosi tra tribunale monocratico e collegiale.

Ci si può allora domandare se valesse la pena di prevedere anche un rito monocratico distinto dal rito collegiale, in pratica, solo per la composizione dell’organo giudicante, oltre che per un discutibile ampliamento dei poteri istruttori esercitabili d’ufficio dal giudice.

La risposta negativa sembra inevitabile, tenendo conto, oltretutto, che non pare di immediata evidenza neppure la legittimità di aver dettato il 3° co. del-

l’art. 1, suscitando la necessità di disciplinare, sia pure con la tecnica del rinvio, il rito monocratico. La lett. b) del 2° co. dell’art. 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366, prescriveva infatti la normale collegialità del giudizio, consentendo il ricor- so alla monocraticità, in considerazione della natura degli interessi coinvolti, esclusivamente in ipotesi eccezionali. E non si comprende quali siano le caratte- ristiche di eccezionalità che differenzierebbero le controversie in materia banca- ria e creditizia non ricollegate all’esercizio di azioni «collettive», così da aver consentito al legislatore delegato di attribuirle, ex art. 1, 3° co., diversamente dal- le altre, alla competenza monocratica156.

156In questo senso, v. il parere del C.S.M. sullo schema di decreto approvato dal Consiglio dei

Ministri il 30 settembre 2002, e il punto 5) del parere reso sul medesimo schema dalla Commissio- ne Giustizia del Senato, che raccomandava «vivamente» di non prevedere eccezioni alla regola della collegialità e conseguentemente di sopprimere, insieme alla previsione della monocraticità delle liti individuate dal decreto, la stessa previsione del rito monocratico di cui all’art. 18.

Articolo 19

Ambito di applicazione. Procedimento

1. Fatta eccezione per le azioni di responsabilità da chiunque proposte, le

controversie di cui all’articolo 1 che abbiano ad oggetto il pagamento di una somma di danaro, anche se non liquida, ovvero la consegna di cosa mobile determinata, possono essere proposte, in alternativa alle forme di cui agli ar- ticoli 2 e seguenti, con ricorso da depositarsi nella cancelleria del tribunale competente, in composizione monocratica.

2. Il giudice designato fissa a non oltre sessanta giorni la data di comparizio-

ne delle parti, assegnando il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre dieci giorni prima dell’udienza; il ricorso, unitamen- te al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato al convenuto almeno trenta giorni prima della data di udienza.

2 bis. Al termine dell’udienza il giudice, ove ritenga sussistenti i fatti costituti-

vi della domanda e manifestamente infondata la contestazione del convenu- to, pronuncia ordinanza immediatamente esecutiva di condanna e dispone sulle spese ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura civile. L’ordinanza costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

3. Il giudice, se ritiene che l’oggetto della causa o le difese svolte dal convenuto ri-

chiedano una cognizione non sommaria ovvero in ogni altro caso in cui non di- spone a norma del comma 2 bis, assegna all’attore i termini di cui all’articolo 6.

4. Avverso l’ordinanza di condanna può essere proposta esclusivamente im-

pugnazione davanti alla corte di appello nelle forme di cui all’articolo 20.

5. All’ordinanza non impugnata non conseguono gli effetti di cui all’articolo

2909 del codice civile.

Commento di EUGENIODALMOTTO

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