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1. Controversie Premessa

1.2. La materia societaria

Le disposizioni del d.lgs. 5/2003 si applicano, innanzitutto, alle controversie so- cietarie e parasocietarie di cui alla lett. a) del 1° co. dell’art. 12, l. 3 ottobre 2001, n. 366.

La legge delega parla, a tale proposito, di controversie «di diritto societa- rio», specificando che in esse debbono comprendersi, oltre alle liti societarie vere e proprie, anche le controversie relative al trasferimento delle partecipa- zioni sociali e ai patti parasociali.

Il cenno al trasferimento delle partecipazioni sociali e ai patti parasociali è importante, perché si tratta di materie che esulano dalla disciplina dell’orga- nizzazione societaria in senso stretto e non avrebbero potuto essere considera- te ricomprese nel decreto delegato in difetto di loro esplicita previsione.

Ciò posto, il decreto delegato individua analiticamente, alle lett. a), b) e c) del 1° co. dell’art. 1, con una elencazione dalle sembianze più esemplificative che tassative, quanto indicato dal legislatore delegante con formulazione sintetica.

La lett. a) si riferisce alle controversie relative ai rapporti societari (di so- cietà di persone come di società di capitali), compresi quelli concernenti le so- cietà di fatto, l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse con- tro gli organi amministrativi e di controllo2, i liquidatori e i direttori generali

delle società, delle mutue assicuratrici3e delle società cooperative.

2È da notare che, secondo l’art. 144 ter disp. att. c.p.c. (introdotto dall’art. 130, d.lgs. 19 feb-

braio 1998, n. 51, anche per sopire un contrasto insorto nella giurisprudenza della Cassazione), le azioni di responsabilità proposte dalla società contro gli organi sociali non possono mai conside- rarsi controversie di lavoro ai sensi degli artt. 409 ss. c.p.c.

Il dettato normativo non sembra però escludere il contrario, e cioè che sia soggetta al rito lavoristi- co la controversia nella quale un amministratore chieda la condanna della società al pagamento di una somma dovuta per effetto dell’attività di esercizio delle funzioni gestorie: da ultimo, con riferimento al regime anteriore al d.lgs. 51/1998, per il riconoscimento della competenza del giudice del lavoro in caso di azione proposta dall’amministratore contro la società, v. Cass., 4 marzo 2000, n. 2458, in Corr. giur., 2000, 1353, con nota di MAUTONE, nonché Cass., Sez. Un., 14 dicembre 1994, n. 10680, in Mass. Giur. it, 1994, 1035 s., in Foro it., 1995, I, 1486, in Soc., 1995, 635, con nota di MACRÌ, in Giur. it., 1995, I, 1, 1524, in

Giust. civ., 1995, I, 2473, con nota di NERI; mentre, per l’applicazione dei normali criteri di competenza nell’ipotesi di azione sociale di responsabilità esercitata, a norma dell’art. 2393 c.c., da una società nei confronti di propri amministratori, v. Cass., 6 giugno 2003, n. 9090, in Mass. Foro it., 2003, 829. In argo- mento, cfr., ad ogni modo, FRANZONI, Gli amministratori e i sindaci,Torino, 2002, 320 ss.

3La Commissione Giustizia del Senato, nel rendere il prescritto parere sullo schema di d.lgs.

In virtù di una precisazione operata dal decreto di coordinamento e di mo- difica, all’interno di tali controversie sono comprese anche quelle relative alle azioni di responsabilità contro il soggetto incaricato della revisione contabile, per i danni derivanti tanto da propri inadempimenti quanto da fatti illeciti commessi nei confronti della società che abbia conferito l’incarico e nei con- fronti dei terzi danneggiati4.

La lett. b) ha ad oggetto le controversie sul trasferimento delle partecipa- zioni sociali, nonché ogni altro negozio (inter vivos o mortis causa) avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti.

La lett. c) contempla i patti parasociali, anche diversi da quelli disciplinati dal- l’art. 2341 bis c.c., e gli accordi di collaborazione di cui all’art. 2341 bis, ult. co., c.c.5.

I patti parasociali a cui fa riferimento l’art. 2341 bis c.c., nel testo introdotto dal d.lgs. 6/2003, sono «i patti, in qualunque forma stipulati, che al fine di stabi- lizzare gli assetti proprietari o il governo della società: a) hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le con- trollano; b) pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o delle parte- cipazioni in società che le controllano; c) hanno per oggetto o per effetto l’e- sercizio anche congiunto di un’influenza dominante su tali società».

E gli accordi di collaborazione di cui all’ult. co. del medesimo articolo sono quelli volti alla «collaborazione nella produzione o nello scambio di beni o servizi e relativi a società interamente possedute dai partecipanti all’accordo».

mento contenuto nella lett. a) del 1° co. dell’art. 1 alle azioni di responsabilità promosse nei con- fronti degli amministratori delle mutue assicuratrici avrebbe dovuto cadere, considerata l’inten- zione del legislatore di sopprimere dette società con il parallelo decreto sostanziale, «a meno che non venga recepito – come è auspicabile – il parere contrario alla soppressione stessa che la Commissione ha espresso in relazione allo schema di d.lgs. n. 146». Così in effetti è avvenuto, ac- cogliendo l’auspicio parlamentare, dal momento che nel testo definitivo approvato dal Consiglio dei Ministri il 10 gennaio 2003 e poi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, le mutue assicuratrici so- no state reintrodotte ai novellati artt. 2546 ss. c.c.

4Il riferimento alle azioni promosse nei confronti dei revisori e delle società di revisione era

stato sollecitato al punto cc) del parere, approvato il 27 gennaio 2004 dalle commissioni Giustizia e Finanze della Camera dei Deputati, sullo schema di decreto correttivo e modificativo proposto dal Governo. Come le premesse al parere rendono trasparente, i deputati hanno avuto probabil- mente presente le «recenti crisi che hanno coinvolto, sia a livello internazionale sia in ambito na- zionale, alcuni primari gruppi finanziari ed industriali», che hanno visto pesantemente implicati alcuni soggetti incaricati della revisione contabile.

5La precisazione che i patti parasociali compresi nell’ambito di applicazione della nuova leg-

ge processuale possono essere anche diversi da quelli di cui all’art. 2341 bis c.c. mancava nello schema di decreto approvato dal Consiglio dei Ministri il 30 settembre 2002 ed è stata operata successivamente, nel testo approvato il 10 gennaio 2003, poi comparso in Gazzetta Ufficiale. Così pure è avvenuto per l’inserimento della menzione dei patti previsti dall’art. 2341 bis, ult. co., c.c. In proposito è appena il caso di osservare che la scelta di non costringere entro una definizione nor- mativa l’istituto dei patti parasociali appare corretta, non volendosi correre il rischio di ingiustifi- cate esclusioni determinate dalla rigida applicazione della legge, ma apre la via alle incertezze do- vute alla ricostruzione dogmatica dell’istituto.

Oltre a queste due categorie di contratti, che il codice civile riformato tipiz- za ed in cui tende a confluire, tra l’altro, il fenomeno della joint venture, rien- trano poi, nell’ambito di applicazione del d.lgs. 5/2003, quelli che la lett. c) del- l’art. 1 definisce come patti parasociali «diversi da quelli disciplinati dall’art. 2341 bis c.c.».

Resta così aperta la strada all’ingresso tra le controversie di cui al d.lgs. 5/2003, di tipologie pattizie il cui carattere parasociale dovrà essere ricavato in via interpretativa. Sicuramente tale carattere dovrà essere riconosciuto a patti che, nonostante non ricadano nella definizione di cui al nuovo art. 2341 bis c.c., sono qualificati come parasociali dallo stesso legislatore, come avviene ai sensi dell’art. 122 t.u.f., secondo il quale sono patti parasociali «i patti, in qualunque forma stipulati, aventi per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società con azioni quotate e nelle società che le controllano [compresi] i patti, in qua- lunque forma stipulati: a) che istituiscono obblighi di preventiva consultazione per l’esercizio del diritto di voto nelle società con azioni quotate e nelle so- cietà che le controllano; b) che pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o di strumenti finanziari che attribuiscono diritti di acquisto o di sotto- scrizione delle stesse; c) che prevedono l’acquisto delle azioni o degli strumen- ti finanziari previsti dalla lett. b); d) aventi per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante su tali società»6. Ma ciò non scon-

giura il rischio di forti incertezze, né impedisce il possibile verificarsi in mate- ria processuale dell’effetto «già manifestatosi in relazione alle società quotate, di una impropria estensione delle norme sui patti parasociali a fattispecie che nulla hanno a che vedere con questi»7, che nel campo sostanziale si è voluto

evitare dettando la tipizzazione contenuta nell’art. 2341 bis. c.c.

Nonostante la formulazione tendenzialmente onnicomprensiva8, il criterio

dettato dalla lett. a) del 1° co. dell’art. 1 suscita alcune perplessità perché sem- bra escludere dall’ambito di applicazione del d.lgs. 5/2003 alcune controversie che, per affinità di materia, sarebbe stato preferibile includere.

Ci si riferisce, in primo luogo, alle controversie relative alle associazioni in partecipazione, alle associazioni temporanee di imprese e ai consorzi. In tutti questi casi non ci si trova di fronte a società, ma comunque si ha a che fare con soggetti che perseguono in forma associativa una finalità direttamente o indi- rettamente volta a conseguire un utile economico9. Le associazioni in parteci- 6La bozza del d.lgs. recante disposizioni correttive e integrative dei d.lgs. n. 5 e 6 del 2003 non-

ché norme di raccordo con il t.u.f. e il t.u.b. ha precisato che a tali patti «non si applicano gli artt. 2341 bis e 2341 ter c.c.».

7Relazione governativa allo schema di decreto in seguito pubblicato in Gazzetta Ufficiale co-

me d.lgs. 6/2003.

8Secondo SANTOSUOSSO, La riforma del diritto societario, Milano, 2003, 290 s., «per esigenze di

certezza si è scelta la strada della elencazione delle materie, che sembrano ricomprendere tutto lo scibile dei rapporti societari, di diritto e di fatto, attinenti alla nascita, vita e estinzione della società».

9L’assenza delle associazioni in partecipazione è lamentata anche da SACCHETTINI, Processo e

pazione, infatti, pur non costituendo nuovi soggetti giuridici titolari di un patri- monio dotato di autonomia, consentono, secondo lo schema dell’art. 2549 c.c., che l’associante attribuisca all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto10.

L’associazione temporanea di imprese permette a una pluralità di imprendito- ri, interessati a partecipare alla realizzazione di un’opera, di presentarsi come soggetto unitario, per agevolare i loro rapporti con l’ente appaltante, evitando però di stringere un vincolo societario, che comporterebbe oneri ed obblighi più pesanti di quelli derivanti da un rapporto destinato a durare per un tempo limitato e giustificato da un unico affare11. I consorzi sono volti, attraverso il

compimento di un’opera, la prestazione di un servizio, oppure il coordinamen- to e la disciplina delle rispettive attività economiche, al soddisfacimento in co- mune di un bisogno economico dei consorziati, che possono coltivare nelle forme di cui agli art. 2602 ss. c.c. o rivestendo, secondo quanto consentito dal- l’art. 2615 ter c.c., forma di società. Non sembra dunque troppo ragionevole che le controversie relative ai rapporti societari siano ricomprese nell’ambito di applicazione del d.lgs. 5/2003 mentre restino fuori le controversie relative alle descritte forme associative. Il che risalta con tanta maggiore evidenza quando ci si domandi se sia giustificato differenziare la disciplina processuale a seconda della veste indossata dal consorzio: interpretando rigorosamente la lett. a) del 1° co. dell’art. 1, i consorzi semplici devono essere esclusi dall’ambi- to di applicazione del nuovo decreto e debbono essere invece incluse le so- cietà consortili, che si distinguono dai primi per aver adottato la forma societa- ria ma non per l’attività svolta, che resta la medesima.

In secondo luogo, poi, non è sicuro che possano considerarsi «rapporti socie- tari» quelli che si intrecciano tra controllante e controllata ai sensi della discipli- na dei gruppi di società di cui agli artt. 2497 ss. c.c., contenuti nel nuovo Capo IX del Titolo V del Libro V, introdotto dall’art. 5, d.lgs. 6/2003. In proposito potrebbe osservarsi che, all’interno del gruppo, i rapporti si svolgono fra soggetti tra loro distinti, che, dal punto di vista formale, non danno vita né ad una nuova società né ad una qualche altra struttura associativa, sicché, a rigore, non può riscontrasi l’e- sistenza di nessun rapporto societario o assimilabile. Dovrebbe pertanto conclu- dersi nel senso di escludere dalla nozione di cui all’art. 1, d.lgs. 5/2003, e quindi nel senso di negare l’applicazione delle nuove norme processuali alle controversie infragruppo. In particolare, il nuovo processo societario non sarebbe applicabile all’azione di responsabilità ex art. 2497 c.c., esercitabile dai soci della società con-

10In argomento, cfr. FERRI, voce «Associazione in partecipazione», in Digesto/comm., I, Tori-

no, 1987, 505-515.

11Sul frastagliato tessuto normativo che regola, in relazione a specifici ambiti applicativi, il

fenomeno dell’associazione temporanea, detta anche raggruppamento temporaneo d’imprese, v. CAPO, In tema di qualificazione del modello «legale» dell’associazione temporanea di imprese, in

Riv. dir. comm., 2003, II, 142-149; BONVICINI, voce «Associazioni temporanee di imprese», in Enc.

trollata nei confronti della società controllante, quando questa, in violazione dei principi di corretta gestione, abbia arrecato pregiudizio alla redditività ed al valo- re della partecipazione sociale, ovvero esercitabile dai creditori quando la con- dotta di chi esercita l’attività di direzione e coordinamento abbia cagionato una lesione all’integrità del patrimonio sociale della controllata12. È tuttavia consen-

tito, e sembrerebbe certo preferibile, recuperare la competenza nelle controver- sie infragruppo interpretando in senso lato l’espressione «rapporti societari», ri- tenendola, anziché ristretta ai rapporti all’interno della società, come comprensi- va di ogni tipo di rapporto regolamentato dalla normativa in materia societaria, quale sicuramente è quella dettata dagli artt. 2497 ss. c.c.13.

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