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DAVANTI AL TRIBUNALE

2. Tutela cautelare lite pendente

2.1. Il procedimento cautelare in corso di causa iniziato dopo la designazione del relatore o del giudice monocratico

Passando al procedimento cautelare in corso di causa (o lite pendente), esso è disciplinato dai primi tre commi dell’art. 24 del decreto, che poi prosegue, nei successivi cinque commi, con la regolamentazione del giudizio abbreviato, con cui il giudice può definire direttamente nel merito l’istanza cautelare avanzata durante la pendenza del processo.

La prima questione affrontata è quella del giudice competente per la cautela. In proposito, il 1° co. dell’art. 24 prende in esame il caso in cui l’istanza cau- telare sia stata presentata dopo la designazione del giudice per la trattazione del merito.

58I temi su cui il d.lgs. 5/2003 potrebbe influire sono numerosi.

Tanto per proporre qualche esempio, ci si dovrebbe domandare se esistano ragioni che giustifi- chino la limitazione al campo societario, finanziario e bancario del disposto del 5° co. dell’art. 23, se- condo cui il reclamo cautelare si propone nel termine di dieci giorni (non dalla notificazione ma) dalla comunicazione del provvedimento, o il disposto dell’ultima parte dello stesso comma del me- desimo articolo laddove prevede che in sede di reclamo il tribunale può sempre assumere informa- zioni e acquisire nuovi documenti e stabilisce che non è consentita la rimessione al primo giudice.

E rimanendo in tema di tutela cautelare, ci si potrebbe chiedere per quale motivo il 5° co. del- l’art. 35, che ammette la compatibilità tra la clausola per arbitrato irrituale e la tutela cautelare, non possa essere invocato, in un contesto più ampio, per sostenere la generale compatibilità tra arbitrato irrituale e intervento in via cautelare del giudice.

In argomento, FRUS, sub art. 23, cit., par. 27, dopo aver ammesso come non possa escludersi una indiretta influenza della nuova normativa sul corpus normativo di cui agli artt. 669 bis ss. c.p.c., af- ferma che ciò non può peraltro rimettere in discussione «risultati interpretativi faticosamente rag- giunti dalla giurisprudenza, grazie anche all’intervento delle Sezioni Unite della Cassazione», quali quelli in ordine alla decorrenza del termine per la proposizione del reclamo cautelare ex art. 669 terdecies c.p.c.

Il legislatore, al riguardo, distingue tra i procedimenti pendenti dinanzi al tribunale in composizione collegiale e quelli pendenti in sede monocratica.

Quanto ai procedimenti pendenti dinanzi al tribunale in composizione col- legiale, la norma dispone che la domanda cautelare si propone con ricorso de- positato nella cancelleria del giudice designato per la trattazione del merito a norma dell’art. 12, 2° co. Dunque, dopo che sia stata chiesta la fissazione della prima udienza del giudizio di merito e il presidente, ai sensi del 2° co. dell’art. 12, abbia designato il giudice relatore, l’istanza cautelare si deposita nella can- celleria di quest’ultimo.

Quanto poi ai procedimenti pendenti dinanzi al tribunale in composizione monocratica, il legislatore delegato ha stabilito che l’istanza vada proposta nella cancelleria del giudice designato ex art. 18, 2° co. E poiché, per il 2° co. dell’art. 18, il magistrato al quale è affidata la trattazione del procedimento monocratico è nominato dal presidente del tribunale a norma dell’art. 12, il meccanismo è analogo: una volta che il presidente, a seguito della richiesta di fissazione della prima udienza, abbia scelto a chi assegnare la causa per la trat- tazione nel merito, l’istanza cautelare andrà depositata nella cancelleria del giudice così individuato59.

2.2. (Segue.) ... e prima

Se invece il giudice per la trattazione del merito non è stato ancora nominato, ma il giudizio è comunque già pendente, il presidente del tribunale, sempre ai sensi del 1° co. dell’art. 24, dovrà designare senza indugio il magistrato al quale affidare la trattazione del procedimento cautelare.

59È da ricordare che nel testo del d.lgs. 5/2003 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 22 gen-

naio 2003 risultava disciplinato solo il caso appena descritto dei procedimenti pendenti dinanzi al tribunale in composizione monocratica, per i quali si rinviava alla competenza del giudice designa- to ex art. 18, 2° co., mentre nulla si diceva circa la competenza per i procedimenti cautelari quando fosse stato già designato il giudice relatore nei procedimenti di fronte al tribunale in composizione collegiale. In quest’ultimo caso, di gran lunga più frequente dell’altro, occorreva pertanto fare rife- rimento all’ipotesi generale disciplinata dal 2° co. dell’art. 669 quater c.p.c., secondo cui «la doman- da si propone all’istruttore». Ma siccome nel nuovo processo manca, all’interno del collegio, la fi- gura dell’istruttore, bisognava concludere in uno di questi due modi: o riconoscendo una compe- tenza cautelare collegiale o (come appariva preferibile) identificando il giudice istruttore del codi- ce di rito con il giudice relatore, valorizzando la circostanza che al giudice relatore del procedimen- to in materia societaria può essere delegata, ex art. 16, 4° co., l’assunzione dei mezzi di prova.

Fortunatamente è risultato che l’omessa disciplina della competenza cautelare per le istanze proposte dopo la designazione del giudice relatore nei procedimenti dinnanzi al tribunale in com- posizione collegiale dipendeva da un semplice errore materiale, a cui la Presidenza del Consiglio, con comunicato relativo al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 9 set- tembre 2003, ha rimediato diramando un avviso di rettifica in cui si precisa che al 1° co. dell’art. 24, anziché «nella cancelleria del giudice designato per la trattazione del merito a norma dell’art. 18, 2° co.; altrimenti, il presidente designa», deve leggersi «nella cancelleria del giudice già designato a norma dell’art. 12, 2° co., ovvero dell’art. 18, 2° co.; altrimenti, il presidente designa».

In quest’ultima eventualità, che tenderà a verificarsi di frequente, posto che la lite inizia a pendere, secondo le regole generali, con la notificazione al conve- nuto dell’atto di citazione e che tra la data della notificazione e quella della ri- chiesta al giudice di fissare la prima udienza può trascorrere un intervallo di tempo notevole, la legge non precisa dove vada depositata l’istanza. Deve ad ogni modo ritenersi che il ricorso cautelare vada presentato al presidente e che poi esso sia inoltrato d’ufficio al giudice designato, il quale, ai sensi del 2° co. dell’art. 24, dovrà fissare con decreto l’udienza di comparizione delle parti da- vanti a sé, invitandole a depositare i documenti ritenuti rilevanti non solo per il giudizio cautelare ma anche per l’eventuale decisione in via abbreviata della causa e fissando, se lo ritiene opportuno, termini per il deposito di documenti, memorie e repliche.

La legge non precisa neppure se la designazione del «magistrato al quale è affidata la trattazione» valga solo per il procedimento cautelare o anche per il giudizio di merito.

Probabilmente la disposizione va letta nel senso che il presidente designa il magistrato al quale è affidata la trattazione (e successivamente la decisione) della fase cautelare. Per la designazione ex art. 12 del giudice relatore nel giu- dizio di merito occorrerà un altro provvedimento del presidente. Sarebbe poi auspicabile (ma nulla lo impone) che si instauri la prassi di nominare giudice relatore nel processo di cognizione lo stesso magistrato già designato per provvedere sull’istanza cautelare60. È vero che in questo modo giudicherebbe

del merito della causa un giudice «prevenuto» su di essa, per avere già espres- so la sua opinione nella fase cautelare61. Non bisogna tuttavia trascurare che i 60Per l’opportunità che la medesima persona fisica segua la causa tanto nella fase cautelare

quanto in quella successiva di merito, v., quanto al procedimento cautelare uniforme, FRUS, sub art. 669 ter c.p.c., in CHIARLONI(a cura di), Le riforme del processo civile, Bologna, 1992, 626 ss.

Questo però non toglie che, anche nel procedimento ex artt. 669 bis ss. c.p.c., la legge consenta la scelta opposta: nel senso che la designazione del giudice delegato per la misura cautelare non impedisce, almeno in astratto, la possibilità che un diverso magistrato sia poi designato a trattare, al momento della sua iscrizione a ruolo, la causa di merito a cui la cautela concessa o negata si rac- cordava, v. CONSOLO, sub art. 669 ter c.p.c., in CONSOLO, LUISO, SASSANI, Commentario alla rifor-

ma del processo civile, Milano, 1996, 585.

61Sulla base della sussistenza di una prevenzione è stata sostenuta, per il procedimento cautela-

re uniforme, la tesi secondo cui il magistrato che abbia adottato o negato una misura cautelare non può in seguito venire chiamato a decidere la causa nel merito, e che se ciò avviene si verifica l’ipo- tesi di astensione o ricusazione dell’aver conosciuto della causa come magistrato in altro grado del processo ovvero, in alternativa, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 51, n. 4), c.p.c., nella parte in cui non prevede l’incompatibilità fra il giudice che ha conosciuto della fase cau- telare e il giudice del merito. In particolare, dopo che C. Cost., 20 maggio 1996, n. 155, e Id., 24 apri- le 1996, n. 131, in Foro it., 1996, I, 3614, hanno affermato, in materia penale, il principio dell’incom- patibilità tra la posizione di giudice che decide sulle misure cautelari personali e giudice che decide nel merito, è stata argomentata la possibilità di estendere quanto sancito per il processo penale al processo civile, giungendo così alla conclusione che anche nel processo civile sia consentito ricusare il giudice della cautela chiamato a decidere sul merito della causa (v., in questa direzione, MORETTI,

presupposti della tutela cautelare sono diversi da quelli della tutela di merito, sicché, a rigore, la situazione del giudice prevenuto, restio a tornare sui propri passi e così a smentire se stesso, non appare riscontrabile nel caso in esame per il semplice fatto che le questioni da decidere non sono le stesse. Sembra inol- tre opportuno che prevalga il vantaggio in termini di rapidità ed efficacia deri- vante dal nominare relatore chi ha in precedenza seguito il procedimento cau- telare. Né si può dimenticare come proprio la rapidità e l’efficacia costituisca- no i principi guida, affermati con forza al 1° co. dell’art. 12 della legge delega, del nuovo processo disciplinato dal d.lgs. 5/2003.

2.3. Le particolarità della procedura e l’efficacia del provvedimento cautelare concesso in corso di causa

Una volta che sia stato designato, il giudice procede a norma dell’art. 669 sexies c.p.c. sino a giungere all’emanazione del provvedimento cautelare.

L’unica singolarità della procedura consiste nel fatto che, a norma del 2° co. dell’art. 24, se la domanda cautelare è stata proposta in corso di causa ma ante- riormente all’emanazione del decreto di fissazione dell’udienza di cui all’art. 12, il giudice, con tale decreto, deve invitare le parti a depositare i documenti «che ritiene [rectius, che le parti ritengono] rilevanti anche in relazione alla de- cisione della causa»62. Se infatti l’istanza cautelare è stata avanzata dopo la fis-

sazione dell’udienza, essendo ormai maturate le preclusioni istruttorie, il fasci- colo di causa contiene ormai tutti i documenti proponibili e non c’è dunque la

zietà del giudice e processo civile, in Foro it., 1996, I, 3616 ss.; contra, peraltro, CHIARLONI, Intrasferi-

bili al civile le declaratorie di illegittimità in tema di misure cautelari penali, in Corr. giur., 1996, 849

ss.). Ma la giurisprudenza si è mostrata restia ad estendere alla materia civile quanto ritenuto dalla Consulta per la materia penale, escludendo anche la sussistenza di profili di illegittimità costituzio- nale (così, ad es., Trib. Catania, 14 novembre 1996, ord., in Foro it., 1997, I, 1630, in Giur. it., 1997, I, 2, 434, e in Giust. civ., 1997, I, 1999, con nota di SIRACUSANO), come del resto era in precedenza aliena dal riconoscere la ricusabilità del giudice che, dopo aver pronunciato un provvedimento cautelare, fosse stato investito della cognizione della causa di merito (v. in proposito Trib. Milano, 9 novembre 1981, in Foro it., 1981, I, 2997, e in Giur. it., 1982, I, 2, 454; ed in dottrina CONSOLO, Ricusazione del

giudice per precedente cognizione della causa, in Riv. dir. civ., 1982, II, 179 ss., part. 213 ss., secondo

cui, qualora il magistrato sia lo stesso per la cautela e per il merito, non è ravvisabile alcun motivo di astensione o di ricusazione, salvo il caso limite del giudicante che nella fase cautelare abbia tra- valicato la valutazione del solo fumus boni iuris, esprimendosi direttamente ed abnormemente sul- la fondatezza della causa di merito).

62Come si è rilevato, «la lettera della norma suscita qualche perplessità perché si fa riferimen-

to ai documenti che il giudice ritiene rilevanti e non, come parrebbe più logico, ai documenti che le parti ritengono rilevanti»: così BESSOe CANAVESE, sub art. 24, d.lgs. 5/2003, in CHIARLONI(a cu- ra di), Il nuovo processo societario, Bologna, 2004, parr. 6 e 16.

In effetti, o si ammette che la dizione legislativa sia il frutto di una svista o si deve poco ragio- nevolmente ritenere che al giudice al quale sia stata presentata una istanza cautelare in corso di causa sia riconosciuto il potere istruttorio officioso di ordinare alle parti il deposito di documenti da lui ritenuti rilevanti.

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