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DAVANTI AL TRIBUNALE

6. Fase dibattimentale (udienza, tentativo di conciliazione e decisione della causa: art 16)

6.9. La decisione: le questioni pregiudiziali e preliminar

Se non ci sono prove costituende da assumere dopo la discussione ovvero se le prove sono state assunte e l’assunzione è stata seguita da una nuova udienza di discussione, a norma del 4° co. dell’art. 16, la causa è decisa in camera di consi- glio con sentenza.

La causa, precisa l’ultima parte del ricordato 4° co., può essere decisa anche a norma dell’art. 187, 2° e 3° co., c.p.c.126.

Il giudice, pertanto, può, all’udienza, disporre l’immediata decisione sulle questioni pregiudiziali di rito, come quelle attinenti alla giurisdizione o alla competenza, invitando le parti a concludere sull’intera causa. Ed altrettanto può fare con le questioni preliminari di merito idonee a risolvere il giudizio. Ma può anche disporre, generalmente sulla base di una delibazione di infon- datezza, che esse siano decise unitamente al merito127.

6.10. (Segue.) ... la sentenza «contestuale» o in un termine breve

La decisione, aggiunge il 5° co. dell’art. 16, è emessa immediatamente, a norma dell’art. 281 sexies c.p.c., secondo cui, al termine della discussione, il giudice pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. In tale eventualità, sempre ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., la sentenza si intende pubblicata con la sotto- scrizione da parte del giudice del verbale che la contiene ed è immediatamen- te depositata in cancelleria.

126Non pare dunque corretta l’affermazione secondo cui, «tra i nodi problematici, deve se-

gnalarsi quello relativo alle questioni pregiudiziali e preliminari; l’unica norma che espressa- mente se ne occupa è l’art. 11, dove non è chiarito se sopravviva il potere giudiziale di cui all’art. 187 c.p.c.», contenuta nel parere del C.S.M. allo schema di decreto approvato dal Consiglio dei Ministri il 30 settembre 2002, che già (a differenza di altre bozze circolate informalmente) si ri- feriva al potere del giudice di provvedere ex art. 187 c.p.c.

127La rimessione della causa in decisione sulle questioni preliminari o pregiudiziali, salva la

possibilità di decidere la causa nella sua interezza, deve invece ritenersi doverosa nel caso in cui le parti abbiano chiesto congiuntamente la fissazione dell’udienza, a norma dell’art. 11, per otte- nere la decisione di questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito.

Nell’ipotesi di particolare complessità della controversia, l’ultima parte del 5° co. dell’art. 16 stabilisce inoltre che il tribunale possa disporre con ordinanza, di cui dare lettura in udienza, che la sentenza (dispositivo e motivazione) sia depo- sitata nei trenta giorni successivi alla chiusura della discussione orale. Ma poiché «appare ragionevole dubitare che la impugnazione di un bilancio o un giudizio di responsabilità o altre controversie assoggettate al nuovo rito siano particolar- mente semplici»128, o quanto meno così semplici da poter essere decise e motiva-

te seduta stante, l’eventualità del differimento del deposito della sentenza, che dovrebbe essere eccezionale, è probabile che diventi, in realtà, assai frequente129.

Naturalmente, tanto nel primo come nel secondo caso, la decisione deve es- sere deliberata, nel segreto della camera di consiglio, secondo le modalità di cui all’art. 276 c.p.c.

La sentenza stesa a verbale in seguito alla discussione orale, o comunque il suo deposito in tempi brevi, con un differimento di soli trenta giorni dalla discus- sione, dovrebbe costituire, secondo gli auspici del legislatore, l’esito normale ed effettivo del processo.

Lo assicurerebbe il meccanismo costituito dal decreto di fissazione dell’u- dienza, che, obbligando il giudice ad arrivare all’udienza preparato, dopo aver deciso le questioni su cui deve prendere posizione nel decreto di fissazione del- l’udienza e quindi dopo aver studiato le memorie scambiatesi dalle parti nella fase preparatoria, renderebbe in pratica possibile la decisione immediata130.

È stato notato che, provvedendo immediatamente a definire la controver- sia a conclusione dell’udienza, sarà eliminato il «collo di bottiglia» oggi rap- presentato dalla stesura della sentenza131, che costituisce uno dei motivi di al-

lungamento dei tempi processuali e uno dei più frequenti motivi di condanna dello Stato italiano per l’eccessiva durata dei giudizi.

Naturalmente, l’asserzione andrà verificata alla luce delle prassi che si andran- no ad instaurare, non potendosi escludere che, contrariamente a quanto sperato, diventi un’abitudine disporre, anche in casi di non particolare complessità della controversia, che la sentenza sia depositata in cancelleria in un momento successi- vo, rispetto al quale il termine di trenta giorni dalla chiusura della discussione ora- le costituisce una mera indicazione ordinatoria132. Ed in ogni caso è evidente che,

128COSTANTINO, op. cit., 2003, 428.

129Così COSTANTINO, op. loc. ult. cit., il quale, peraltro, si rimette alla verifica della pratica

applicazione.

130Lo sottolineano le note illustrative al punto 21) del progetto elaborato dalla Commissione

Vaccarella, attualmente recepito nell’art. 22 del d.d.l. delega C. 4578/XIV, dove inoltre si com- menta che in questo modo «si realizzerà davvero uno dei più caratterizzanti obiettivi dell’oralità, vanamente inseguito quando si pretenda, come il vigente codice pretende, che tutto il processo – e non già il suo momento saliente di un’udienza di effettiva trattazione – si svolga coram judice».

131Così le note illustrative al punto 21) della proposta della Commissione Vaccarella (e quin-

di dell’art. 22 del d.d.l. delega C. 4578/XIV).

132Per RICCI, op. cit., 219, l’eccezione prevista dall’art. 16 del decreto sul contenzioso societario,

finanziario e bancario (e dall’art. 21 della bozza elaborata dalla Commissione Vaccarella), in forza di cui il giudice, per la complessità della causa, si può riservare di decidere depositando la sentenza

qualora la domanda di giustizia ecceda la capacità di risposta dei giudici destinati a soddisfarla, il collo di bottiglia, eliminato a valle, tenderà a formarsi a monte, con riferimento all’emanazione del decreto di fissazione dell’udienza.

Non pare però di per sé censurabile che il legislatore delegato abbia deciso di riecheggiare, al 5° co. dell’art. 16, la struttura delineata dall’art. 281 sexies c.p.c., e cioè la pronuncia della decisione a seguito di trattazione orale, senza che si faccia luogo allo scambio delle conclusionali. È vero che questa modalità, da cui il legislatore delegato ha tratto ispirazione, è stata introdotta nel giudizio or- dinario di cognizione per le cause dinanzi al tribunale in composizione mono- cratica, quando esse rivestano una modesta difficoltà, tale da rendere superfluo un ulteriore contraddittorio scritto. Ed è altresì vero che nel caso delle contro- versie in esame, invece, oltre ad aver di fronte, normalmente, il tribunale in com- posizione collegiale, le cause sono in genere di notevole complessità. Tuttavia, ciò non deve preoccupare eccessivamente. Nel processo di cui al d.lgs. 5/2003 il contraddittorio scritto trova infatti abbondante spazio, essendo previsto, ai sensi del 3° co. dell’art. 12, che, una volta emanato il decreto di fissazione dell’udien- za, nella fase davanti al giudice (dopo lo svolgimento in forma esclusivamente scritta della fase preparatoria), almeno cinque giorni prima dell’udienza, le parti possano depositare memorie conclusionali. In pratica, dunque, la scelta del mo- dulo a trattazione orale secondo il modello dell’art. 281 sexies c.p.c. priva le par- ti di ulteriori memorie conclusionali che avrebbero ad oggetto solo gli esiti del- l’istruttoria nonché il provvedimento con cui il collegio abbia modificato o revo- cato (o abbia negato la revoca o la modifica) del decreto di fissazione dell’u- dienza. Pare pertanto ragionevole aver stabilito che su un tale oggetto, piuttosto limitato, le parti debbano limitarsi a discutere oralmente.

6.11. (Segue.) ... la motivazione in forma abbreviata

Infine, l’ultima parte del 5° co. dell’art. 16 consente al giudice di motivare la sentenza in forma abbreviata, mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e la concisa esposizione delle ragioni di diritto133, che

potrà limitarsi anche al mero riferimento a precedenti conformi134.

nei trenta giorni successivi, «forse (a quanto si può temere) finirà con il prevalere nella pratica».

133Nel medesimo senso, al punto 14) della proposta elaborata dalla Commissione Vaccarella,

ed oggi all’art. 14 del d.d.l. delega C. 4578/XIV, si suggerisce di «prevedere che la sentenza possa non esporre lo svolgimento del processo se non necessario ai fini della motivazione della decisio- ne ovvero, se necessario, anche estraendolo da un atto di parte e dandone atto».

Un cenno alla sinteticità delle sentenze era contenuto anche nel d.l. 11 settembre 2002, n. 201, (non converito, nella parte che qui interessa) che aggiungeva al 6° co. dell’art. 3 della l. 24 marzo 2001, n. 89, sull’equa riparazione per l’eccessiva durata dei processi la precisazione che il decreto (rectius, la sentenza) con il quale la corte d’appello decide sull’istanza di equa riparazione «è moti- vato in forma sintetica, anche solo con il richiamo di precedenti decisioni conformi, omesso ogni ri- ferimento allo svolgimento dei fatti non strettamente necessario ai fini della decisione».

134Nella materia in esame risultano così superati i dubbi attualmente esistenti circa la legitti-

Le considerazioni in diritto potranno pertanto essere operate tramite il semplice rinvio alla giurisprudenza consolidata della Suprema Corte o a orien- tamenti pacifici tra i giudici di merito, specie se si tratta di orientamenti condi- visi all’interno dell’ufficio giudiziario interessato, mentre sembrerebbe poco puntuale, pur rivestendo i richiesti requisiti formali indispensabili, una motiva- zione che richiami un orientamento minoritario o comunque in contrasto con la Cassazione. In queste ultime ipotesi, parrebbe doveroso che il giudice si im- pegni in uno sforzo argomentativo capace di contribuire al superamento del- l’orientamento dominante, salvo potersi in seguito limitare, nelle vicende simi- li, qualora non siano nel frattempo emersi nuovi argomenti, ad una mera rela-

tio ai propri precedenti sul punto.

È da notare che, come precisa il legislatore delegato, la motivazione in forma abbreviata potrà essere adottata «sempre», e quindi, a differenza della sentenza succintamente motivata, di cui al 4° co. dell’art. 26, 6 dicembre 1971, n. 1034, in- trodotto dal 4° co. nel processo amministrativo dell’art. 9, l. 21 luglio 2000, n. 205, non solo nel caso in cui l’esito della causa appaia manifesto135. L’analogia tra la

motivazione in forma abbreviata prevista dal d.lgs. 5/2003 e la sentenza succinta- mente motivata del processo amministrativo136, che «può consistere in un sinte-

tico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo, ovvero, se del ca- so, ad un precedente conforme», va dunque intesa cum grano salis.

Quanto poi allo scopo del nuovo istituto, è evidente che si vorrebbe velo- cizzare, senza peraltro giungere al punto di rendere la motivazione obbligato- ria solo quando una delle parti lo chieda137, la stesura delle sentenze, che impe-

In proposito, assumendo una posizione «di compromesso» più restrittiva di quella che sembra consentita dal d.lgs. 5/2003, Cass., 3 febbraio 2003, n. 1539, in Mass Giur. it., 2003, 156, in Giur., 2003, 1224, e in Fisco, 2003, 1238, ha affermato che la motivazione di una sentenza per relationem ad altra sentenza deve ritenersi ammissibile quando il giudice non si fermi ad un generico richiamo ma ri- porti il contenuto della decisione evocata facendolo proprio con autonoma e critica valutazione.

135Si è così generalizzata, nel campo del processo amministrativo, la «motivazione in forma

abbreviata» prevista per i giudizi in tema di opere pubbliche dal 2° co. dell’art. 1, l. 23 maggio 1997, n. 135, di conversione dell’art. 19, d.l. 25 marzo 1997, n. 67. Ma per la verità il n. 3) dell’art. 65 reg. proc. C. Stato già parlava, quanto alla forma della sentenza amministrativa, di «una suc- cinta esposizione dei motivi di fatto e di diritto».

136Segnalata da SANTOSUOSSO, La riforma del diritto societario, Milano, 2003 296, nota 13, e

VULLO, op. cit., 557.

137Il punto 13) della proposta di revisione complessiva del codice di rito presentata alla stam-

pa il 12 luglio 2002 dalla Commissione Vaccarella prevedeva la motivazione a richiesta, ma esclu- sivamente per le controversie del giudice di pace di minore valore. Questa timida apertura è pe- raltro venuta meno nel d.d.l. delega C. 4578/XIV, dove non si parla più di sentenze per le quali vi sia obbligo di depositare la motivazione solo qualora intervenga l’istanza di parte (anche se mec- canismi del tipo di quello descritto potrebbero venire ugualmente introdotti in applicazione del criterio contenuto nell’art. 3 del d.d.l. delega, secondo cui per le controversie del giudice di pace di minore valore potranno prevedersi «opportuni temperamenti di carattere semplificativo»).

La cautela verso l’introduzione dell’istituto della motivazione a richiesta appare giustificata. La costituzionalità della motivazione su istanza di parte è infatti dubbia, a fronte del disposto del 1° co. dell’art. 111 Cost., che statuisce che «tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere

gna, anche a causa di una talvolta inutile complessità delle motivazioni, una parte importante del tempo dedicato dai giudici al lavoro.

Ma la questione, più che essere oggetto di una previsione normativa, an- drebbe affrontata sul piano della formazione dei magistrati e della cultura del- la giurisdizione da loro introiettata, che inevitabilmente si riflette sullo stile delle sentenze.

In ogni caso, la sintesi non potrà giungere al punto di far smarrire quale sia l’iter logico-giuridico che ha condotto il giudice a rendere una determinata de- cisione. La concisione, in altri termini, non potrà andare a scapito della chia- rezza e della concatenazione argomentativa, che dovrà comunque essere ade- guata alla complessità della causa.

6.12. (Segue.) ... le valutazioni operate sulla nuova struttura della fase decisoria

Il richiamo al meccanismo di decisione di cui all’art. 281 sexies c.p.c. e l’esorta- zione alla stringatezza della motivazione, contenuta all’art. 16, 5° co., ultima parte, sono scelte sicuramente condivisibili in linea generale.

Non è peraltro mancato il rilievo secondo cui pretendere una decisione im- mediata sembra in contraddizione sia con l’oggetto delle controversie societarie, finanziarie e bancarie, caratterizzate mediamente da un alto grado di comples- sità, sia con il modello processuale adottato per le fasi precedenti, che prevede la possibilità di una serie consistente di atti scritti difensivi, il cui scambio porta ad un groviglio di domande, eccezioni ed istanze non semplice da districare. Né il giudice relatore potrebbe superare queste difficoltà con uno studio approfondi- to degli atti processuali prima della udienza di discussione, considerata la brevità dell’intervallo temporale di non oltre trenta giorni intercorrente tra la comuni- cazione alle parti del decreto di fissazione e lo svolgimento dell’udienza138.

Queste critiche non colgono però del tutto nel segno perché la possibilità di una decisione immediata o comunque in un termine breve non dipende tanto dalla semplicità o complessità della controversia quanto dal grado di prepara- zione del giudice. E non si può neppure dire che il giudice abbia poco tempo per preparare l’udienza, dal momento che, secondo la filosofia del meccani- smo processuale congegnato dal legislatore della riforma, lo studio dei fascico- li è il presupposto per poter prendere posizione sulle questioni decise con il decreto di fissazione dell’udienza (per emanare il quale, ex art. 12, 2° co., il giu- dice relatore ha cinquanta giorni, prorogabili dal presidente del tribunale, dal- la designazione).

motivati». Per la legittimità della motivazione successiva ed eventuale, su richiesta di parte, come è costituzionalmente legittimo il contraddittorio successivo ed eventuale previsto, ad es., nel pro- cedimento per decreto ingiuntivo, v. peraltro CHIARLONI, Il nuovo art. 111 Cost. e il processo civi-

le, in Riv. dir. process., 2000, 1010-1034.

138In questo senso, v. il parere reso dal C.S.M. sullo schema di decreto approvato dal Consi-

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