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1.2. L'epoca d'oro del Visual-Kei (1990-1997)

1.2.1. L'epopea della Extasy Records e la riconversione della scena

66 ICHIKAWA, Daremo oshietekurenakatta..., cit., p.97.

67 Sia il Visual-Kei che gli yankī hanno avuto origine dall'idea che “questa società basata sul rendimento scolastico non ci appartiene, quindi dobbiamo crearci uno spazio fatto apposta per noi” [...]. “Visto che nessuno lo fa, lo farò io” e “Visto che mi viene vietato dagli altri, lo faccio”. La logica del comportamento di Yoshiki [che lo spinse anche a fondare la Extasy Records] è sempre stata così incredibilmente semplice (ICHIKAWA, Daremo oshietekurenakatta..., cit., p.101-103).

Anche se subito dopo il successo di Vanishing Vision gli X firmarono un contratto con la Sony, la più grande label del Giappone, la Extasy Records non venne smantellata, ma anzi Yoshiki la usò per produrre una serie di nuovi artisti sotto la sua egida: tra i nomi più noti, Luna Sea, Glay, L'arc~en~Ciel. Questa mossa si rivelò vincente nell'assicurare agli X, e di conseguenza a tutti gli artisti a loro legati, un dominio culturale quasi totale sulla scena rock giapponese per tutti gli anni '90.

Volenti o nolenti, le case discografiche major dovettero stare al gioco, perché se prima potevano regolare l'ingresso nella scena major sondando la scena indipendente alla ricerca di artisti graditi anche ai pubblicitari o attendendo lo scemare di interesse di un genere confinandolo in piccoli business, ora invece si trovavano una label concorrente che di fatto aveva il potere di traghettare sulla grande scena una serie di artisti che i loro pubblicitari non avrebbero mai approvato. Questo fatto rompeva l'egemonia di mercato delle agenzie pubblicitarie, danneggiando anche gli altri artisti che queste case producevano. Se questo fenomeno, almeno all'inizio, appariva loro come una perdita di pubblico del settore delle idol, in seguito venne compreso per ciò che era veramente: il pubblico del Visual-Kei non era composto da fan “riconvertiti” da altri generi, ma era un pubblico nuovo che si aggiungeva a quello pre-esistente, interessato al genere emergente. Inoue infatti individua tra i fan del Visual-Kei degli anni '90 un ulteriore gruppo rispetto a quelli che si potevano trovare fra le file dei fan degli altri artisti: gli appartenenti a questo gruppo vengono chiamati naritai-zoku (riconducibili ai wannabes del band occidentali), riferendosi a tutti i fan che aspiravano ad emulare i loro idoli formando band Visual-Kei (chiamati sulle riviste ban'yarō, dalla contrazione dell'espressione bando yarō, “formiamo una band”) oppure facendo cosplay dei membri delle band.68 Il motivo dell'ulteriore esplosione del fenomeno Visual-Kei dopo il successo di X e Buck-Tick è probabilmente dovuto al fatto che il genere non rappresentava solamente un nuovo trend teso a normalizzarsi nella scena major (come furono il J-pop o lo Shibuya-Kei), ma era un movimento che mostrava la volontà di cambiare le regole del mondo della musica e della società.69

La visibilità acquisita dai recenti successi permise al genere di raggiungere anche le zone di provincia, generalmente tagliate fuori dai trend delle grandi città. Buona parte 68 INOUE Takako, “Kakuchō sareta otoko no bigaku – X o megutte”, in Inoue Takako (a cura di),

Vijuaru kei no jidai – rokku, keshō, jendā, Tōkyō, Seikyūsha, 2003, p.122.

69 HASEGAWA Yukinobu, “Zendai mimon, mata zendai mimon! YOSHIKI to X ga nashitogeta ongakukai no kōzō kakumei”, Ongakushi ga kakanai Jpoppu hihyō, vol. 27, 28 luglio 2003, pp.28-29.

degli artisti Visual-Kei provenivano e provengono tutt'ora da queste zone, incarnando un ideale di riscatto sociale per le generazioni più giovani di quelle zone, che ben presto si appassionarono al nuovo genere. Grazie quindi all'aggiunta di questo pubblico, che fino a prima era rimasto indifferente alla scena musicale agglomeratasi attorno alle grandi città, l'intero settore discografico prosperò, registrando le più alte percentuali di vendita di sempre per tutti gli anni '90.70 Le major furono ben liete di acquisire i diritti di queste band, anche se non riuscirono a controllare il loro debutto sulla scena

mainstream, quantomeno a livello di immagine, almeno fino alla seconda metà degli

anni '90.

Il Visual-Kei inoltre, nei primi anni di successi, riuscì a strappare un'enorme fetta del pubblico della scena “Nagomu” la quale, come abbiamo visto prima, aveva fatto lo stesso con i fan delle band straniere di passaggio per il Giappone. Tuttavia, gli artisti della scena “Nagomu” erano sempre stati relegati nell'underground ed erano troppo lontani dal sound mainstream perché potessero confluire in esso com'era successo ad altri generi che erano nati dalla scena underground (ad esempio lo Shibuya-kei). In particolare i Buck-Tick e i Luna Sea (il secondo grande prodotto della Ecstasy, formatisi nel 1989) si conquistarono gran parte di questo pubblico, diventando quindi di grande interesse per le case discografiche che vedevano in un contratto con queste band la possibilità di trarre profitti enormi e stabili dai trend e i sound che le band straniere di passaggio promuovevano durante i loro tour. Grazie alle nuove possibilità di business che queste band offrivano, si riuscì quindi a creare una scena rock e new wave stabile anche nel panorama major giapponese, tenuta in piedi da artisti giapponesi:

Il Giappone, pur non avendo radici culturalmente legate al rock ma avendo la possibilità di recepire liberamente il rock sia americano che inglese, era dunque in grado di fondere entrambi i generi.[...] Senza nessun fondamento teorico, ogni band interpretava questi generi a modo proprio e ciò portò alla nascita di una grande varietà di stili. […]. Il loro approccio era onnivoro da ogni punto di vista. [...] Dal momento in cui i Buck-Tick fecero il loro debutto nella scena major, nacque il Visual-Kei, che mescolava senza distinzione entrambe le correnti [del rock americano e inglese] e che emerse in brevissimo tempo dalla scena underground.71

Inoltre, attorno alla seconda metà degli anni '90, si assistette a una popolarizzazione del Visual-Kei e un graduale avvicinamento del genere al pop, dovuti a molteplici fattori, in 70 MARTIN, Ian F., Quit your band..., cit., p.79.

71 ICHIKAWA Tetsushi, “Nihonjin ga yōgaku konpurekkusu kara yōyaku kaihō sareta, rekishiteki na shunkan”, Ongakushi ga kakanai Jpoppu hihyō, vol. 27, 28 luglio 2003, pp.71-72.

primis, la volontà di Yoshiki di renderlo tale. Celebre è infatti la sua affermazione del 1992: “Oltre a comporre musica, io voglio che la mia musica sia ascoltata, e affinché molte persone la ascoltino sono disposto ad usare qualsiasi mezzo”,72 particolarmente distante dall'elitismo dell'artista che compone ma non si sporca le mani nella divulgazione del suo prodotto. Sin dalla pubblicazione di Vanishing Vision, Yoshiki lavorò infatti a stretto contatto coi media, a partire dalle riviste di musica, fino alle televisioni locali. Infatti, se in Inghilterra erano i media ad inseguire i trend,73 nel caso del Visual-Kei, gli artisti avevano bisogno dei media per sfondare e quindi, per quanto con fare arrogante da rockstar,74 dovevano concedere interviste per potersi fare pubblicità. Ma se da un lato un normale artista musicale poteva essere d'interesse solo per un pubblico di appassionati di musica, un artista della scena underground poteva essere d'interesse per riviste di moda (che si riempirono di tutorial per il make-up di questi artisti) e per programmi televisivi minori e locali in cerca di uno share maggiore (che si riempirono di band Visual-Kei, formatesi lontano dalle grandi città, per sfruttare il loro effetto di impatto visivo). In particolare questi due metodi di pubblicizzazione attirarono un folto seguito di giovani ragazze anche dalle zone più di provincia, affascinate dal make-up anticonformista e dalle liriche sofisticate di questi artisti.75 Da questo punto di vista, era come se questi artisti avessero preso il posto delle idol nei media; tuttavia il Visual-Kei non riuscì (o forse non ce ne fu nemmeno la volontà) a sostituirsi ad esse nella promozione pubblicitaria, sia per il messaggio di controcultura che gli artisti portavano avanti, sia per la mancanza della necessità di fare affidamento agli sponsor per sostenersi: il gran numero di fan e le relative vendite garantivano loro una relativa stabilità. Inoltre, lo stretto legame tra i “big” del Visual-Kei e i nuovi artisti emergenti faceva in modo che anche le nuove band fossero fin da subito sotto gli occhi del grande pubblico, permettendo loro di fare a meno di sponsor anche agli inizi delle loro carriere. Per citare alcuni tra i vari esempi di questo legame, oltre al già citato Yoshiki, hide (chitarrista degli X) che partecipò a e patrocinò una lunga serie di band

underground in parallelo alla sua carriera negli X, o Sugizo (chitarrista dei Luna Sea) e

72 YOSHIKI, ICHIKAWA, ART OF LIFE, ..., cit., p.54.

73 “The emergence of a spectacular subculture is invariably accompanied by a wave of hysteria in the press.[...] In most cases, it is the subculture's stylistic innovations which first attract the media's attention”(HEBIDGE, SUBCULTURE ..., cit., pp.92-93).

74 In tutte le sue opere, Ichikawa cita spesso episodi in cui sottolinea l'arroganza degli artisti nei confronti dei giornalisti, in particolare di quelli che non andavano loro a genio, come un aspetto della componente

yankī di queste band.

Imai Hisashi (chitarrista dei Buck-Tick) che conducevano o partecipavano a programmi radiofonici in cui raccontavano i propri gusti musicali e le proprie interpretazioni delle opere di artisti contemporanei, sia stranieri che giapponesi.76

Si assistette inoltre ad una grande riconversione dell'underground: poiché il Visual-Kei era sulla cresta dell'onda, tutte le band che volevano emergere provavano ad imitare le caratteristiche dei principali gruppi, cercando di accattivarsi l'attenzione di una qualche rivista e quindi nuovi potenziali fan. E poiché il Visual-Kei non aveva un sound preciso o una cifra stilistica ben definita nei propri testi, la caratteristica su cui queste nuove band posero l'accento fu il make-up: fu così che, prima della creazione del termine “Visual-Kei”, queste band vennero raggruppate dalla critica nel genere okeshō-kei (“stile truccato”). La caccia al nuovo astro nascente spostò quindi ulteriormente l'attenzione dei media e delle etichette major sulla scena underground, da cui emerse in breve successione e in tempo record buona parte degli artisti che occuparono le vette della classifica Oricon per tutti gli anni '90, arricchendo la scena anche ai livelli più bassi di produzione.

Ma cos'era a quel punto il Visual-Kei, e chi lo decideva?

1.2.2. PSYCHEDELIC VIOLENCE CRIME OF VISUAL SHOCK: il marchio di

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