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CAPITOLO 1: SCOPRIRE E GESTIRE LE RISORSE DI VALORE

1.4 Il Global Talent Management: quanto la gestione delle risorse di valore nel contesto delle

1.4.2 La carenza di competenze: un problema condiviso

Una recente discussione sulla questione del talento in alcuni Paesi emergenti di Farndale, Scullion e Sparrow (2010), è utile perché sottolinea e permette di indagare un’importante sfida con cui si confrontano tanto le imprese locali che le multinazionali: lo “skills shortage”.

Come è emerso dal paragrafo precedente, diversi autori (Tarique e Schuler, 2010; Schuler et al., 2011) ritengono che la carenza di competenze specifiche e di talenti sia una delle problematiche più difficili da affrontare, infatti essa costituisce una fonte di aggravamento per tutte le imprese e quando acuta è in grado di ostacolare la qualità e la quantità della loro produzione.

In un’economia di mercato, le imprese sono abituate ad essere limitate dalla loro capacità di trovare acquirenti per i loro prodotti, ma meno per la loro capacità di produrre tali prodotti. Quando le imprese hanno acquirenti in attesa e non riescono a produrre abbastanza per soddisfare la domanda perché non possono assumere sufficienti lavoratori qualificati, interpretano questo come un fallimento del sistema. Per questo i datori di lavoro citano frequentemente la carenza di competenze come una delle difficoltà economiche più difficili che si trovano ad affrontare. Ma che cosa significa avere una carenza di competenze all’interno dell’azienda?

Innanzitutto sembra opportuno precisare che il concetto di “skills shortage” assume significati diversi per persone diverse: i datori di lavoro, i dipendenti e gli analisti politici hanno diversi punti di vista su ciò che significa “carenza di personale qualificato”. La mancanza di un’idea comune sulla comprensione spesso oscura l’analisi dei problemi, delle loro cause e le possibili soluzioni, per questo alcuni autori (Shah e Burke, 2005; Green et al.,1998) ritengono doveroso partire dalla definizione di carenza e di competenze, due termini che potrebbero risultare ambigui, soprattutto perché singolarmente la scarsità potrebbe riferirsi non solo alle capacità ma anche ai lavoratori.

Una competenza per Green et al. (1998) si può descrivere come la capacità di svolgere un compito ad un certo livello. Dal momento che l’abilità è associata ad una particolare mansione, una persona che non possiede tale capacità difficilmente dovrebbe essere in grado di svolgerla o comunque sarà meno efficace di qualcuno che la possiede. Shah e Burke (2005) riportano a questo punto il pensiero di Becker, che distingue due generi di competenze: le competenze generali, che sono quelle utili e valide per molte aziende; le competenze specifiche, che sono utili solo per poche realtà organizzative, in particolare per quelle imprese che forniscono una formazione per acquisirle. La letteratura sulla

64 formazione che si occupa soprattutto di competenze generali, spesso distingue tra competenze di base, generiche e professionali. Le prime comprendono l’alfabetizzazione, le scienze matematiche e le conoscenze informatiche; le seconde includono l’abilità al problem solving, al lavoro di squadra, la capacità di migliorare l’apprendimento personale e le prestazioni; infine quelle professionali sono le competenze tecniche necessarie per svolgere determinati compiti all’interno di un’occupazione o di un gruppo professionale. Un quarto tipo di abilità generale potrebbe essere invece quello che alcuni studiosi ritengono far riferimento agli attributi personali, che per altri non rappresentano delle vere competenze. Queste caratteristiche sono spesso definite in termini di motivazione, giudizio, leadership e iniziativa e assumono importanza perché quasi sempre i datori di lavoro li citano come attributi indispensabili per l’assunzione di un nuovo collaboratore.

Prima di passare alle definizioni riscontrate in letteratura sul concetto di carenza di competenze, sembra utile specificare le diverse prospettive che emergono trattando questo tema. Tre sembrano essere i principali punti di vista e di conseguenza tre i possibili significati da applicare nella pratica che ne derivano. Secondo la prospettiva degli economisti, una carenza di competenze si verifica quando vi è un’offerta insufficiente di lavoratori adeguatamente qualificati disposti a lavorare sotto le condizioni di mercato esistenti. In altre parole, il riferimento in questo caso viene fatto con il mercato del lavoro esterno, con l’aggregazione della domanda di tutte le imprese e l’offerta di abilità specifiche da parte di tutti gli individui. Talvolta la carenza è evidente solo in particolari specializzazioni di una professione o in una certa area geografica e il numero di posti vacanti o delle posizioni difficili da ricoprire sono ritenuti per questo punto di vista tutti indicatori di una carenza di competenze. Un’altra prospettiva è quella dei datori di lavoro, che risulta di fondamentale importanza dal momento che essi spesso sono la principale, se non l’unica, fonte che consente dei giudizi circa l’esistenza di una carenza di competenze nel mercato. Il loro punto di vista si sostanzia solitamente in termini di difficoltà di reclutamento, non tanto con riferimento al breve periodo, quanto piuttosto al lungo periodo, in cui emergono dei problemi tali che il datore di lavoro può considerarli causa di carenza. Un’ulteriore punto di vista che può essere preso in considerazione è quello dei sindacati, secondo i quali le competenze sono fondamentali per la contrattazione tra le parti sociali sui salari; per questa ragione le loro opinioni sulla carenza di competenze, in termini di quantità e qualità di lavoro, potrebbero essere in contrasto con quelle di datori di lavoro. I sindacati in genere vogliono migliorare il livello di abilità dei loro membri perché una maggiore qualificazione aumenta il loro potere contrattuale nei negoziati salariali. Il punto di vista dei sindacati sulla carenza di competenze, tuttavia, non è uniforme e dipende dalla forza e dalla natura del mercato del lavoro in cui operano (Shah e Burke, 2005).

L’idea di una carenza potrebbe quindi sembrare semplice: l’offerta di lavoratori qualificati non è sufficiente a soddisfare la domanda ai tassi attuali di retribuzione; ma un esame più attento del concetto lo rende più “delicato”.

Una definizione del 1956 che fa appello ad economisti come Arrow e Capron descrive la carenza di competenze come una situazione in cui vi sono posti vacanti in posizioni in cui gli stipendi sono gli

65 stessi di quelli pagati ad altri che ricoprono mansioni simili. Una definizione alternativa apparsa in letteratura invece è quella già evidenziata in precedenza; questa sostiene che la carenza si manifesta quando si verifica uno squilibrio tra domanda e offerta, ovvero quando la quantità di lavoratori richiesta supera l’offerta o quando non ci sono dipendenti disposti a lavorare con un determinato livello retributivo e con certe condizioni di lavoro in un luogo particolare in un dato periodo di tempo (Richardson, 2009).

A causa delle sfumature che il concetto può assumere, Shah e Burke (2005) ritengono opportuno distinguere i varie significati del termine “skills shortage”. Gli autori propongono quindi tre espressioni:

 Un primo aspetto che riguarda la definizione è la difficoltà di ricoprire le posizioni libere. Questa difficoltà esiste quando i datori di lavoro non sono in grado di riempire o hanno notevoli problemi nella copertura dei posti vacanti per una data occupazione, a seguito della mancanza di competenze chiave necessarie, per gli attuali livelli di retribuzione e per le condizioni di lavoro disponibili. Questa difficoltà si manifesta quindi molto spesso per quelle imprese che ricercano lavoratori specializzati e con esperienza.

 Un secondo aspetto che concerne la carenza si può riferire ad un gap nelle competenze. I deficit di competenze si verificano quando i dipendenti esistenti non dispongono delle qualifiche richieste, dell’esperienza e/o di competenze specialistiche per soddisfare le abilità richieste dall’azienda. Questa mancanza riguarda però i nuovi dipendenti, ovvero quando i datori non sono in grado di trovare candidati idonei per una data occupazione e assumono lavoratori che hanno bisogno di formazione e/o esperienza per acquisire le capacità di cui necessità l’impresa. Va sottolineato tuttavia che la carenza di cui si parla non riguarda necessariamente le qualifiche formali o professionali, ma a volte può riferirsi a delle competenze generiche o a degli atteggiamenti. In alcuni casi inoltre il divario di competenze può essere latente, se i datori di lavoro non fanno percepire l’esistenza di un problema perché non sono pienamente consapevoli delle competenze necessarie per ricoprire una posizione in modo ottimale.

 Un ulteriore aspetto da cui può derivare la carenza di competenze è la difficoltà di reclutamento e assunzione, che si verifica quando i datori di lavoro non sono in grado di riempire le offerte di lavoro per una certa professione. In queste situazioni ci potrebbe essere un’offerta adeguata di lavoratori qualificati, ma i datori non sono capaci di attrarre e reclutare in modo sufficiente quei potenziali dipendenti. Tali difficoltà possono essere dovute alle caratteristiche del settore oppure proprio al datore di lavoro; in questo caso alcune variabili che potrebbero incidere sono: una retribuzione relativamente bassa, delle condizioni di lavoro inadeguate, orari di lavoro insoddisfacenti, posizioni operative difficili da raggiungere, o semplicemente esigenze di capacità inefficaci.

A questo proposito Richardson (2009) ritiene che per dare una definizione di carenza di competenze sia necessario sottolineare un’altra distinzione, ovvero quella tra i lavoratori che non hanno l’abilità

66 tecnica essenziale e quelli che si giudica non avere il grado di motivazione o le caratteristiche personali che il datore di lavoro desidera. L’autore sostiene inoltre che il principale strumento per risolvere le carenze nel mercato del lavoro sia il salario, che nella forma più semplice identifica la retribuzione oraria o settimanale, ma può includere anche altri aspetti, come i fondi pensione, lo sviluppo delle competenze, l’assistenza all’infanzia, gli accordi di lavoro, ecc.; mentre un secondo strumento potrebbe essere la variazione nelle assunzioni standard. A questo proposito ripropone anche quelle modalità che la letteratura ha individuato, che comprendono: l’aumento dello sforzo di recruiting; l’aumento del bacino di reclutamento; un compenso ai dipendenti che aiutano l’impresa nel reperire lavoratori altamente qualificati; l’aumento del lavoro straordinario; la modifica dei metodi di produzione per ridurre la necessità di competenze nel breve periodo; la sostituzione del capitale e della tecnologia; il supporto nella formazione dei dipendenti; il miglioramento delle condizioni di lavoro; l’aumento dei salari; ecc.

In conclusione Dychtwald et al. (2006) ritengono che lo “skills shortage” sia conseguenza della carenza di lavoratori e che influenzi imprese e datori in modi differenti, in quanto un complesso set di variabili incide sulla natura, sulle tempistiche e sull’estensione di questo deficit. Gli autori sostengono che la carenza di competenze si possa ridurre in due modi: esportando i posti di lavoro o importando nuovi lavoratori, tuttavia una chiara strategia dovrebbe essere studiata ad hoc. Attraverso una strategia personalizzata infatti, ogni impresa potrebbe essere in grado di bilanciare la propria domanda e offerta di lavoro/lavoratori; in questo modo riuscirebbero ad assicurarsi una fornitura di competenze e talenti necessari a raggiungere gli obiettivi di performance.

Come è stato discusso più volte la globalizzazione e l’outsourcing espandono le opzioni a disposizione per trovare lavoratori sia per le imprese che operano in contesti nazionali che per le

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