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CAPITOLO 3: I BUSINESS GAMES

3.2 Le simulazioni

3.2.3 Simulazione vs Gioco

A questo punto della trattazione, per il prosieguo del progetto, si ritiene importante stabilire un quadro concettuale comune, in quanto la mancanza di consenso sulla terminologia utilizzata per quanto riguarda giochi e simulazioni potrebbe portare a risultati contraddittori nella comprensione dei Business Games a cui ci si riferisce in questa ricerca.

Lo studio condotto da Sauvé et al. (2007) ha contribuito a stabilire alcuni attributi essenziali che caratterizzano e distinguono i giochi e le simulazioni, basandosi su molti articoli precedenti che però non hanno realmente proposto o convalidato una definizione precisa di questi concetti, o che li hanno trattati esclusivamente con riferimento al concetto di apprendimento. L’articolo degli autori invece si concentra in senso più ampio sulla definizione dei due temi, intendendo per “attributi essenziali”, gli elementi che sono indispensabili e comuni a tutte le attività che si possono identificare come un gioco o una simulazione.

Numerosi secondo Sauvé et al. (2007) sembrano gli autori che hanno studiato i giochi e hanno fornito una descrizione che definisce i loro elementi essenziali e attraverso l’analisi di quelle definizioni diverse, cinque sono gli attributi emersi dal concetto di “gioco”, ma dato che questa ricerca include anche la trattazione dell’aspetto educativo dei giochi, un sesto attributo risulta il loro carattere pedagogico.

140 1. Il numero dei giocatori. Ogni giocatore è un individuo che viene messo nella posizione di

assumere un ruolo o di prendere decisioni in un contesto di gioco e un gioco educativo non può funzionare senza almeno uno o più giocatori (Griffiths, 2002). Un individuo può giocare contro sé stesso; può giocare con altri partecipanti, che in questo caso conferiscono al gioco una carattere cooperativo, verso altri gruppi o contro il computer, conferendo al gioco un carattere agonistico. Sebbene il numero di giocatori possa variare da uno a infinito, solitamente vi è un numero prescritto o variabile di giocatori consentiti in un determinato intervallo.

2. Il conflitto verso la cooperazione. Il conflitto nei giochi è rappresentato da ostacoli dinamici, umani o controllati dal computer, che impediscono ai giocatori di raggiungere facilmente il loro obiettivo. Affinché venga veramente creato un impedimento, l’ostacolo dovrebbe essere sempre attivo e in qualche modo “intelligente”, per fornire l’illusione di reagire all’azione del giocatore; generalmente un conflitto comprende anche la nozioni di lotta, la competizione e la sfida che motivano i giocatori a mantenere il loro ruolo di gioco e prendere delle decisioni. La lotta è spesso usata come sinonimo di conflitto ed è definita nello stesso senso; la concorrenza è presente tanto in single-player, ovvero giochi che richiedono ad un giocatore di migliorare le proprie prestazioni attraverso più match, quanto nei giochi di squadra, dove una squadra è chiamata a vincere la partita. Di solito nei giochi con un solo partecipante, il conflitto prende la forma di un confronto tra il giocatore stesso e la fortuna o tra sé e un altro giocatore, che può essere un computer che utilizza un algoritmo di decisione; invece si verifica una sfida quando l’azione di uno provoca la reazione di un giocatore avversario, creando così una competizione o una lotta. La cooperazione invece emerge quando i giocatori si alleano contro altri giocatori al fine di raggiungere un obiettivo comune; nei giochi di squadra, il livello di cooperazione e competizione sono però variabili e devono pertanto essere moderati da regole per assicurarsi che tutti i team membri abbiano la padronanza dei contenuti.

3. Le regole. Il regolamento rappresenta una parte fondamentale del gioco e si compone di una serie di linee guida, semplici o complesse, che descrivono le relazioni esistenti tra i giocatori e l’ambiente di gioco. Queste linee guida sono utili a precisare la portata e la natura delle azioni ammissibili e servono a stabilire la sequenza e la struttura secondo cui le azioni dei partecipanti possono avere luogo. Più precisamente le regole svolgono tre funzioni: quella di descrivere i componenti di gioco, cioè, il numero di giocatori o il numero di squadre, il ruolo di ciascuno dei partecipanti, le loro attività e gli spostamenti o le mosse che possono essere fatte (norme procedurali); quella di stabilire le modalità di vittoria e specificare i risultati così come i contributi apportati da ciascun giocatore (norme di fine gioco) ed infine quella di descrivere le conseguenze per i giocatori che non seguono le regole precedenti (regole di controllo).

4. Brougere (1999) afferma che le regole sono sia il risultato di una regolamentazione esterna che è accettata dai giocatori, sia il risultato di un accordo o una soluzione negoziata tra i giocatori, che il gioco cerca di promuovere. In ogni caso, le regole devono essere chiare, organizzate,

141 complete, pre-impostate e accettate da tutti i giocatori prima di iniziare un gioco. In mancanza dell’accettazione del regolamento da parte di tutti i giocatori, un gioco diventa una attività ludica in cui uno o più partecipanti sono liberi di creare le proprie regole o modificarle secondo la loro volontà e/o i progressi di gioco. Tuttavia, in un numero crescente di giochi elettronici, i giocatori sono chiamati a dedurre le regole attraverso il gioco, aggiustando in questo modo il loro processo decisionale in relazione alla loro comprensione della posta in gioco.

5. Obiettivo predeterminato di un gioco. Questa caratteristica si riferisce al termine del gioco e alla nozione di vittoria; indica come il gioco finisce e, per i giochi educativi, comprende gli obiettivi che i giocatori cercano di raggiungere. Gli obiettivi del gioco sono disciplinati da regole che determinano chi vince e, spesso, chi perde, e quando e come il gioco può finire. Tali norme possono inoltre specificare i limiti di tempo e i limiti di accumulo dei punti che determinano il successo o l’eliminazione del giocatore. Il desiderio di raggiungere questo obiettivo riguarda le scelte fatte dai giocatori durante una partita; secondo il tipo di gioco, può trattarsi di superare un avversario o gli avversari gareggiando in abilità e astuzia oppure superare un ostacolo allo scopo di vincere o di essere ricompensato.

6. Il carattere artificiale. Il carattere artificiale del gioco si riferisce a due nozioni piuttosto differenti secondo gli autori consultati. Secondo alcuni il gioco è una attività fittizia che non ha riferimenti con la realtà o che sfugge alle consuete norme applicabili alla realtà, in cui attraverso l’immersione un giocatore può sperimentare dimensioni divertenti, surreali e talvolta anche assurde; se infatti fossero applicati al gioco i limiti della realtà, l’attività non sarebbe più un gioco. Altri autori invece si riferiscono a questo aspetto come ad un ambiente costruito da un insieme di immagini mentali, fisiche e sociali che non esistono. Questo attributo quindi non risulta unanime nella comunità di ricerca, tanto che diversi autori tendono ad omettere nella lista degli attributi il concetto di realtà, in quanto se inserito non si potrebbe più parlare di gioco ma di simulazione.

7. Il carattere educativo o il suo potenziale per migliorare l’apprendimento. Un’attività si può pertanto considerare un gioco quando possiede le caratteristiche descritte in precedenza, ma tre possono essere le tipologie di giochi a cui fare riferimento: quelli a scopo educativo, quelli a scopo didattico e quelli finalizzati al divertimento. Essenzialmente, lo scopo di un gioco educativo è solo implicitamente centrato sull’apprendimento, in quanto l’obiettivo è nascosto al giocatore e la nozione di soddisfazione che esso genera è piuttosto estrinseca. Al contrario, la finalità di un gioco didattico è chiaramente focalizzata sul compito dell’apprendimento, che viene esplicitamente identificato facendo appello al piacere intrinseco della performance. In entrambi i casi i giochi devono contribuire alla formazione, che si può definire come un processo di acquisizione di un nuovo comportamento o di una conoscenza, attraverso l’influenza dell’interazione con l’ambiente. Secondo gli autori consultati da Sauvé et al. (2007) l’apprendimento attraverso i giochi si traduce nel conseguimento di nuove conoscenze, il

142 trasferimento dell’apprendimento, lo sviluppo delle capacità intellettuali come l’astrazione, l’anticipazione, la costruzione di una strategia, il problem-solving, ecc. Affinché questo tipo di apprendimento si verifichi, i giochi devono tuttavia contenere dei meccanismi per la loro promozione, che dovrebbero comprendere un feedback immediato, l’interazione, la partecipazione attiva da parte dello studente, il controllo sull’apprendimento, la pratica ripetuta, la sfida, la motivazione, il dialogo tra i giocatori e il lavoro di squadra (Schwabe e Goth, 2005). La “generazione dei giocatori” sembra avere uno stile cognitivo caratterizzato da un approccio multitasking ed esplorativo, di scoperta verso l’apprendimento, tanto che durante il gioco, lo studente per prima cosa gioca, poi capisce e infine generalizza al fine di applicare questo apprendimento in una situazione nuova. In questo senso un giocatore adotta un approccio costruttivista, ovvero si attiva durante il gioco e partecipa alla costruzione della sua conoscenza. In sintesi, la letteratura recensita da Sauvé et al. (2007) aiuta a definire il gioco, a partire dalle sue caratteristiche essenziali. Rispetto alla definizione di Ecchia e Gozzi (2002) che chiamano gioco “un modello che descrive una qualche forma di interazione strategica fra più individui”, gli autori qui trattati lo interpretano come un immaginario, una situazione fantastica o artificiale in cui i giocatori, messi in un conflitto uno con l’altro o contro altre forze, sono governati da regole che strutturano le loro azioni al fine di raggiungere gli obiettivi di apprendimento o un obiettivo determinato dal gioco.

Allo stesso modo, Sauvé at al. (2007) hanno cercato di individuare gli attributi essenziali della simulazione, concentrandosi sui ricercatori che hanno utilizzato la simulazione per affrontare obiettivi di apprendimento. Quattro sono stati gli attributi identificati, ma anche in questo caso un quinto può essere aggiunto sempre con riferimento all’apprendimento.

1. Un modello di realtà definito come un sistema. Un modello è definito come una rappresentazione astratta (digitale) o concreta (analogico) di un vero e proprio sistema in cui le variabili sono chiaramente definite e il loro comportamento all’interno di un fenomeno è simile a quello del sistema modellato. Milrad (2002) afferma che un modello che supporta l’apprendimento deve fingere situazioni reali e fornire un feedback ai partecipanti a cui consentirà una migliore conoscenza della realtà. La realtà è generalmente definita come la percezione di un individuo di un sistema, un evento, una persona o un oggetto, che può variare ed essere interpretata in modo diverso tra gli individui. Gli autori ritengono quindi che la simulazione sia un modello realistico che possa simulare scenari di vita reale, pertanto, quella a carattere educativo può essere intesa come simile alla vita reale, in cui gli studenti possono sperimentare aspetti che altrimenti sarebbe impossibile studiare.

2. Modello dinamico. Un fattore critico che differenzia una simulazione da altri tipi di modelli è che le simulazione riproduce gli elementi essenziali della realtà in un modello dinamico e permette ai partecipanti di controllare questa realtà al fine di studiarla, in base al loro ritmo desiderato, così come quando gli risulta conveniente farlo. Da definizione, un modello si può

143 definire statico, perché i suoi componenti non sono progettati per essere modificati, mentre una simulazione è un modello dinamico, dato che riproduce, in una certa misura, il comportamento di un sistema reale in tempo reale attraverso il movimento dei suoi componenti.

3. Modello semplificato. Un modello semplificato è definito dalla distanza tra il modello della realtà che è stato riprodotto e la realtà stessa, così come dall’introduzione di un grado di astrazione necessario per la comprensione delle funzioni del sistema e dei suoi compiti. Molti autori definiscono questa semplificazione attraverso la rappresentazione incompleta della realtà, ma che, tuttavia, riproduce le sue caratteristiche essenziali; caratteristiche che sono considerate rilevanti per il progettista al fine di raggiungere il set di obiettivi per i quali la simulazione è stata costruita.

4. Un modello vero, preciso e valido. La fedeltà è definita come il grado di somiglianza tra la situazione formativa e la situazione operativa, creata per la simulazione; somiglianza che può essere misurata in termini di caratteristiche fisiche e/o caratteristiche funzionali. Alcuni autori citati da Sauvé et al. (2007) aggiungono a tale definizione l’idea di “validità”, ovvero il valore della simulazione nel predire la realtà dato il grado di realismo psicologico nella stessa. Il concetto di validità si riferisce quindi al grado di uniformità e coerenza nelle specifiche dell’ambiente simulato rispetto alla realtà, tanto che i risultati ottenuti dalla simulazione dovrebbero essere tendenzialmente uguali a quelli ottenuti nel mondo reale. Sebbene semplificato, il modello dovrebbe essere inoltre preciso, perché la funzione essenziale di una simulazione è quella di fornire agli utenti una migliore comprensione della realtà, che è particolarmente importante nel caso di una simulazione educativa. La nozione di precisione con cui il modello rappresenta la realtà è strettamente collegata ad una nozione precedente introdotta di semplificazione: più semplice è un modello, infatti, più si corre il rischio di distorsioni nella realtà sotto studio. Per scegliere le caratteristiche derivanti dalla realtà che devono essere incluse nel modello, la simulazione progettata dovrebbe quindi determinare quali fenomeni potranno essere riprodotti con precisione.

5. Il carattere educativo ed il suo potenziale per aiutare la comprensione del modello relativo alla realtà. La ricerca condotta dagli autori in materia di istruzione ha dimostrato che le simulazioni promuovono lo sviluppo delle competenze, sia di base che complesse. Le simulazioni sembrano inoltre particolarmente adatte a riprodurre certi ambienti, perché offrono elevati livelli di interattività, il rafforzamento dei concetti acquisiti nella teoria e la focalizzazione sull’apprendimento di determinati oggetti o sistemi. Indipendentemente dal tipo o dalla dimensione della simulazione utilizzata, lo scopo principale che le caratterizza rimane l’offerta di un ambiente che promuove lo sviluppo dei modelli mentali, che consente di testare efficacemente i modelli utilizzati per spiegare o per predire degli eventi del sistema e che facilita la scoperta delle relazioni tra le variabili ed il confronto tra approcci divergenti.

144 Dalla valutazione di questi attributi sembra quindi che il concetto di “gioco” e di “simulazione” siano molto differenti, nonostante essi vengano impiegati allo stesso modo per indicare esercizi di tipo esperienziale, che forniscono ai partecipanti l’opportunità di interagire con un sistema educativo. La 3.2.3 è utile per riassumere i principali tratti in comune e le differenze che caratterizzano i due concetti.

Figura 3.2.3: Similarità e differenze tra giochi e simulazioni. Fonte: Gredler, 1996.

Un aspetto che hanno in comune i giochi e le simulazioni è il fatto che entrambi trasportano i giocatori o i partecipanti all’interno di un altro “mondo”, in cui è richiesto il massimo coinvolgimento attivo per l’apprendimento, lasciando ad ognuno il controllo sull’azione. La struttura profonda di questi due esercizi, intendendo i meccanismi psicologici che appartengono al sistema, tuttavia varia in tre modi (Gredler, 1996; Gredler, 2004).

Per prima cosa un gioco è una situazione fittizia o artificiale, in cui i giocatori vengono messi in una posizione di conflitto. A volte, ai giocatori è richiesto di schierarsi l’uno contro l’altro, altre volte, partecipano insieme e si scontrano con altre forze. I giochi sono disciplinati da regole che strutturano le loro azioni in vista di un obiettivo o uno scopo che è quello di vincere, di essere soddisfatto o di superare un ostacolo (Sauvé, 2007); essi sono integrati in un contesto educativo in cui gli obiettivi di apprendimento sono associati formalmente al contenuto, inoltre il gioco ha la capacità di migliorare

145 l’apprendimento cognitivo, affettivo e/o psicologico. Al contrario, una simulazione è una rappresentazione semplificata, dinamica e precisa della realtà; è un modello che si giudica dal suo realismo, quindi per la sua corrispondenza con il sistema che rappresenta e in cui l’obiettivo non è la vittoria ma l’assunzione della responsabilità delle proprie decisioni e la presa di coscienza di come certe scelte possono essere più o meno adeguate all’ambiente di business (Gredler, 1996). Anche se certe simulazioni identificano uno o più “vincitori” o “perdenti”, la simulazione può non essere una competizione, infatti questo attributo (insito nei giochi) non è essenziale per la sua definizione. Tutti i giochi invece stabiliscono delle regole che permettono la determinazione di un vincitore e uno o più perdenti e queste sono le variabili che forniscono la sfida e la concorrenza nel gioco (Sauvé, 2007).

Una seconda differenza riguarda la sequenza degli eventi, che nel gioco solitamente è lineare mentre nella simulazione no. Mentre i giocatori o le squadre all’interno di un gioco rispondono ad uno stimolo o ad una domanda e l’avanzamento nel gioco dipende dalle loro risposte, in una simulazione i partecipanti ad ogni decisione si scontrano con delle questioni o degli eventi che in buona parte risultano dalle scelte precedenti.

In aggiunta essi si differenziano anche per ciò che riguarda il tipo di ruoli assunti, la natura delle decisioni e la natura dei feedback, così come per il meccanismo che determina le conseguenze prese. I giochi infatti consistono in un insieme di regole che definiscono l’accettabilità delle mosse dei giocatori, i vincoli e le penalità per le azioni non ammesse. Al contrario le basi di una simulazione sono un insieme di relazioni tra diverse variabili che cambiano nel tempo e riflettono processi casuali (Gredler, 1996).

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