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CAPITOLO 1: SCOPRIRE E GESTIRE LE RISORSE DI VALORE

1.5 In sintesi

L’idea secondo cui il successo di un’azienda non dipende più solo dalle sue componenti tangibili, quanto piuttosto dal valore delle risorse umane presenti al suo interno, sembra costituire un punto di partenza solido che ha dato origine a numerosi dibattiti e ricerche finalizzate all’introduzione di nuove politiche e pratiche di gestione del capitale intellettuale.

Grazie infatti alla famosa pubblicazione di Michaels et al. si è manifestata una svolta nella visione aziendale, per la quale il talento è diventato una priorità strategica di fondamentale importanza, ma questo nuovo modo di intendere le risorse umane è stato accompagnato anche da numerosi fattori di varia natura. La globalizzazione, i cambiamenti demografici e le innovazioni tecnologiche sono tutti fenomeni che hanno modificato le caratteristiche della forza lavoro e delle dinamiche che riguardano la loro gestione. Mentre infatti fino agli anni Novanta le aziende assistevano ad un eccesso di offerta di lavoro ma ad una sua debole disponibilità alla mobilità, recentemente è aumentata la volontà e la disposizione nei confronti di occupazioni più flessibili e di nuove opportunità. Il lavoratore di oggi sembra aver cambiato “aspetto” divenendo molto più informato, attento ed esigente: se prima infatti erano i lavoratori a ricercare le aziende, oggi sono sempre più le imprese a doversi impegnare nella ricerca e nella gestione di quei potenziali dipendenti in grado di fare la differenza a livello di performance.

Come è stato ampiamente discusso nei paragrafi precedenti, numerose sono le definizioni proposte negli anni in letteratura sul “talento” e sul “Talent Management”; la storia del termine risale infatti ad epoche antiche, ma ciò che sembra utile per questa trattazione è sicuramente una focalizzazione su ciò che riguarda la sua spiegazione in termini aziendali. Le organizzazione sembrano infatti impiegare molti vocaboli per indicare i talenti, ma non sempre le diversità concettuali si riscontrano poi nella pratica. Ciò che in ogni caso è sembrato opportuno distinguere sono stati il concetto di “talento” da quello di “alto potenziale”, in quanto il primo si riferisce ad una persona con doti straordinarie, che grazie a queste riesce a contribuire più degli altri al successo aziendale, mentre gli alti potenziali sono coloro che sembrano avere le potenzialità per diventare dei talenti in futuro. Queste differenze hanno aperto numerose discussioni su come si possano riconoscere i talenti e quindi su chi dovrebbe essere coinvolto nel processo di gestione, tenendo presente che tali attività non rappresentano le comuni pratiche di direzione del personale. La gestione dei talenti può essere definita infatti come l’insieme dei processi che vanno dall’identificazione, al reclutamento, all’assunzione fino alla conservazione e allo sviluppo di quei collaboratori che l’azienda ritiene essere talenti. Tre inoltre sono risultate le prospettive che differenziano il Talent Management dallo Human Resouce Management, per le quali la gestione del talento si occupa di inserire le persone giuste al posto giusto nel momento giusto ed è molto più selettiva, in quanto si focalizza su un segmento ristretto della forza lavoro, i talenti, e punta sulla loro continuità all’interno dell’azienda.

70 Nonostante però le organizzazioni riconoscano il valore del capitale umano come elemento competitivo insostituibile per il successo, la ricerca e la conquista di personale di talento non è cosa semplice. Per comprendere l’efficacia del proprio sistema di gestione le imprese dovrebbero concentrarsi su diverse questioni, prima di tutto sulla corrispondenza delle pratiche con la strategia in senso ampio. Allineare le strategie di business a quelle sui talenti rappresenta spesso una sfida per molte organizzazioni e ciò implica che non esista un programma statico, ma sia necessario applicare una continua prospettiva verso il futuro dell’azienda. In secondo luogo dovrebbero rispettare alcune indicazioni, tra cui nominare una figura che funga da revisore del sistema e che guidi la pianificazione e lo sviluppo del processo di gestione; coinvolgere l’intero staff aziendale; assumere un orientamento al futuro e non focalizzarsi sulle attività che sono state positive in passato; valutare in modo accurato le doti e le potenzialità dei candidati per non commettere errori; assicurare il raggiungimento degli interessi dei talenti e dell’azienda stessa; creare un bacino di risorse da cui attingere e non investire su un singolo individuo; verificare regolarmente i processi e pianificare delle attività di crescita ed infine sfruttare i più moderni sistemi informativi, che agevolano l’accesso alle informazioni sui collaboratori e ne consentono la registrazione.

Sebbene il tema sia quindi risultato al centro di numerose ricerche da quasi trent’anni, in letteratura non risulta una condivisione chiara sulla definizione, sulla portata e sugli obiettivi generali del “Talent Management”; problema questo che può essere generalizzato anche al tema della gestione su scala globale. Sembra infatti che sia ancora oggi necessario costruire un consenso sul significato di gestione globale dei talenti e sulle sue differenze rispetto la gestione internazionale delle risorse umane, ma soprattutto, ai fini della presente trattazione, sulle diversità dalla gestione locale del talento.

Definito in termini molto ampi, il “Global Talent Management” comprende l’utilizzo sistematico delle attività IHRM indirizzate ad attirare, sviluppare e trattenere gli individui con alti livelli di capitale umano (competenze, personalità, motivazione), in linea con le indicazioni strategiche delle multinazionali in un ambiente globale dinamico e altamente competitivo.

Dall’analisi delle ricerche e degli studi scientifici risultano numerose le similarità degli approcci col Talent Management, per questo sembra che i problemi che affrontano le aziende siano molto simili anche se su scala diversa. Tuttavia si reputa che le multinazionali debbano confrontarsi con programmi più complessi di gestione rispetto alla controparte locale, in quanto per le prime esistono alcuni ostacoli in più che riguardano il coordinamento tra le diversità culturali, la mobilità e le regolamentazioni in Paesi esteri.

In generale alcune problematiche che potrebbero essere generalizzate a tutti i contesti sono quelle proposte da Pfeffer, che riguardano l’eccessiva enfasi sulla prospettiva di breve termine e sulle prestazioni individuali, la scarsa attenzione ai “non talenti”, la frustrazione dei talenti e la glorificazione delle risorse esterne. Nello specifico del contesto globale sembra invece che le barriere al successo della gestione dipendano dalla scarsa attenzione dei manager alla questione dei talenti, dalla carenza di collaborazioni che permettono la condivisione delle risorse attraverso i confini, dalle incapacità nel

71 riconoscere e valorizzare le prestazioni di successo e da una scarsità di competenze necessarie alla gestione.

Per riassumere questi concetti, si può affermare che il successo di tutte le imprese oggi sia legato all’efficacia con cui esse identificano e gestiscono le risorse di valore all’interno di un ambiente di business in cui sono sottoposte a numerose sfide. Dati questi problemi, al fine di riuscire ad ottenere le persone giuste nel posto giusto al momento giusto e con le competenze e le motivazioni necessarie, è importate per le imprese di ogni dimensione cogliere tutte le opportunità strategiche e per farlo è essenziale che conoscano e comprendano in profondità le principali forze e condizioni del contesto in cui operano. Dal momento che però trovare i talenti è un processo complesso, in quanto ci si scontra sempre più con situazioni di carenza di competenze e di personale altamente qualificato, si vede necessario individuare e coordinare correttamente un insieme di sistemi e pratiche per affrontare le competizioni per il talento, che devono partire da opportune politiche di reclutamento e selezione.

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