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La mancata previsione del consenso della vittima quale elemento centrale dei reati sessual

Sez III: Lacune repressive

1.8.1. La mancata previsione del consenso della vittima quale elemento centrale dei reati sessual

Si é giá osservato come la riforma dei reati sessuali, varata con legge n. 66 del 15 febbraio 1996, abbia espresso con la fattispecie incrimatrice di violenza sessuale di cui all´art. 609-bis c.p. i principali connotati del nuovo diritto penale sessuale italiano. Si sono altresí evidenziate le sue principali innovazioni, cioè l´abolizione della distinzione tra atti sessuali ´maggiori´ (congiunzione carnale) ed atti sessuali ´minori´ (atti di libidine), l´introduzione del concetto di “atti sessuali”, l´incriminazione dell´abuso di autorità costrittivo ed il superamento della ´intoccabilità´ sessuale del minorato psichico.

Malgrado tali incisive modifiche nella disciplina della principale ipotesi criminosa posta a presidio della libertà sessuale, e del conseguente mutamento dei tratti caratterizzanti del diritto penale sessuale italiano, una delle caratteristiche fondamentali della precedente normativa contenuta nel Titolo IX del codice Rocco si é conservata sostanzialmente immutata. Ci si riferisce al mantenimento della violenza e della minaccia quali presupposti della illiceità della interrelazione sessuale non consensuale, quali mezzi di aggressione necessari affinchè la vittima di una ´intrusione sessuale´ possa ottenere il presidio penale a tutela della propria libertà sessuale145.

Negli anni precedenti la riforma del 1996, numerose erano state le proposte e le sollecitazioni al legislatore affinchè procedesse ad una rivoluzione ´copernicana´ incentrando l´illiceità penale delle aggressioni sessuali sul mero vulnus alla liberà volontà

145 Ad onor del vero occorre rilevare come il nuovo articolo 609-bis c.p. contempla, quale ulteriore mezzo

di costrizione sessuale, l´abuso di autorità. Si é però giá dimostrato (supra Cap. I, Sez. II, § 1.4.3.) il totale fallimento dell´obiettivo legislativo di garantire, attraverso questa nuova ipotesi delittuosa, una piú estesa tutela della libertá sessuale con particolare riferimento ai rapporti intersoggettivi caratterizzati da una preminenza gerarchica – o comunque relazionale – di alcuni soggetti su altri. La giurisprudenza, infatti, ha praticamente cancellato dal panorama del diritto penale sessuale vivente la presente incriminazione, probabilmente a causa della quasi ontologica incompatibilità tra l´abuso di autorità quale ´strumento di pressione´ e la costrizione richiesta dal legislatore quale necessario effetto di essa, quando invece tale abuso si presta ad essere eziologicamente collegato a fenomeni induttivi.

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del soggetto passivo146. Il clima ´sociale´ e ´politico´ presente all´epoca dell´approvazione della grande riforma del diritto penale sessuale italiano era, di fatto, pienamente favorevole al compimento di importanti scelte progressiste, connotate da pregnanti segnali di discontinuità rispetto al passato. Si puó dunque, a ragion veduta, parlare di una grande occasione sprecata dal legislatore riformista del 1996, occasione che invero non si é piú ripresentata nei tredici anni seguenti, in quanto i successivi provvedimenti legislativi in materia di diritto penale sessuale hanno inciso in maniera frammentaria, sulla disciplina penale sessuale di cui agli artt. 609-bis e ss. c.p., essendo privi di quei caratteri di organicità e sistematicità necessari per una ´rivoluzione´ consensualistica147.

Sotto un profilo tecnico-giuridico, il modello di tipizzazione delle aggressioni sessuali prescelto dal codice Rocco, e mantenuto dalla l. 66/1996, può essere definito ´modello vincolato´ in contrapposizione al ´modello consensualistico´ (puro o limitato)148. Tale modello é ´vincolato´ in quanto – oltre ovviamente alla mancanza del consenso della vittima – richiede, ai fini della tipicità penale delle attività sessuali poste in essere, l´utilizzo di una serie di mezzi di costrizione – nel nostro ordinamento violenza,minaccia, abuso di autorità: in altre legislazioni ne sono previsti di ulteriori149 – i quali devono porsi in rapporto eziologico-strumentale (diretto e immediato) rispetto alla

146 Ai fini di approfondimenti sulla tematica si consiglia la consultazione della dettagliata ricostruzione

dell´iter legislativo e delle varie proposte presentate, nonché l´analisi dei risvolti anche extra-penali della violenza contro le donne, operata da VIRGILIO, Una vicenda dentro e fuori il Parlamento dalla VII alla

XII legislatura, in Commentario delle norme contro la violenza sessuale a cura di Cadoppi, Padova, 1996, p. 484 ss.; e ID., La violenza alle donne: risposte delle istituzioni dopo la legge contro la violenza

sessuale, in Violenza alle donne e risposte delle istituzioni a cura di Romito, Milano, 2000, p. 181 ss..

147 Si fa riferimento alle leggi 269/1998, 228/2003 e da ultimo alla 38/2006, le quali hanno inciso per lo

piú sul diritto penale sessuale ´in senso lato´, e piú specificamente sulla repressione penale dei fenomeni della prostituzione e pornografia minorile. Tali interventi legislativi si sono inoltre caratterizzati per il fatto di introdurre norme costituenti esecuzione, nell´ordinamento italiano, di obblighi e raccomandazioni contenuti in convenzioni internazionali od in atti normativi di organi dell´Unione Europea.

148 Per approfondimenti sulle caratteristiche dei suddetti modelli di disciplina penal-sessuali v. supra

Premessa e considerazioni generali, § D.

149 Ad esempio lo Strafgesetzbuch tedesco prevede (§ 177 abs. I nr. 3) “l´approfittamento di una

situazione nella quale la vittima é indifesa alla mercè dell´agente. Ancora, il Codigo penal portoghese (art. 164° co. 2) include nella categoria suddetta la “riduzione in stato di incoscienza o impossibilità di resistenza”, mentre il Code pénal francese (art. 222-22 comma 1°) incrima anche le aggressioni sessuali commesse “ mediante sorpresa” , ovvero commesse attraverso il compimento repentino e inaspettato di manipolazioni sessuali a danno della vittima (per quanto l’esegesi giurisprudenziale di tale concetto sia stata molto differente, ma al riguardo v. infra Cap. II, Sez. V, § 2.5.3.) .

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coazione alla realizzazione delle attività sessuali, cosí da costituire quest´ ultima l´effetto e i primi la causa150.

Occorre, per inciso, una importante precisazione relativamente alle interrelazioni sessuali cui si riferisce il c.d. ´modello vincolato´. Formalmente, infatti, il nostro codice nello stesso articolo (art. 609-bis) disciplina come delitti a forma vincolata sia la violenza sessuale per costrizione (comma 1°) che la violenza sessuale per induzione (comma 2°). Sotto un profilo ´sistematico-formalistico´ si é già evidenziato (supra Sez. II, § 1.4.1.) come la denominazione “violenza sessuale”, non totalmente corretta neanche per le ipotesi criminose del comma 1°, é adoperata in modo totalmente improprio per le incriminazioni di cui al comma 2°. Tali fattispecie invero costituiscono, sotto un profilo ´sistematico-sostanzialistico´, due ipotesi di ´abuso sessuale´, ove cioè non vi é un´aggressione vera e propria e quindi uno scontro ´frontale´ tra la volontà della vittima e la volontà dell´agente, bensì l´approfittamento di una minorazione psichica o dell´inganno in cui il soggetto passivo é caduto sull´identità dell´agente, con una realizzazione ´apparentemente´ volontaria delle attività sessuali.

Si potrebbe pertanto parlare – in questi ultimi e negli altri casi di abuso sessuale – di aggressione sessuale ´indiretta´ in quanto la volontà della vittima viene strumentalizzata o ingannata dal soggetto attivo ai fini sessuali, mentre nel caso di (es.) di violenza o minaccia si ha una aggressione sessuale ´diretta´ in quanto la volontá viene superata dall´esterno mediante un palese atto di sopraffazione coercitiva151.

150 Al riguardo correttamente MUSACCHIO, Il delitto di violenza sessuale, cit, p. 49, con riferimento

all´ordinamento italiano precisa che “questo nesso di causalità tra la violenza, la minaccia, l´abuso di autorità e la realizzazione degli atti sessuali, espresso nella legge con la formula del costringimento, deve essere un rapporto immediato, non essendo sufficiente la violenza, la minaccia, l´abuso di autorità per costringere taluno a mettersi in condizioni in cui, con libera determinazione della volontà, indipendentemente dalla precedente violenza, minaccia o abuso di autorità, acconsenta a compiere o subire

atti sessuali”. MANTOVANI, Diritto penale. Parte speciale I, cit., p. 353 analogamente osserva che tale nesso strumentale-eziologico viene altresì meno “nei casi di violenza inutile, essendo il soggetto già determinato all´attio sessuale, poi posto in essere per sua libera scelta.

151 É bene tenere presente che, comunque, nella concreta realtà delle interrelazioni sessuali si possono

registrare casi in cui è difficile stabilire se vi sia una coercizione sessuale o aggressione sessuale diretta piuttosto che un abuso sessuale o aggressione sessuale indiretta. Ad esempio si considerino casi di indotta ubriachezza del soggetto passivo, o casi di estrema stanchezza o debilitazione della vittima, in cui é difficile distinguere tra un consenso coartato ed un consenso carpito. A conferma di ciò, si considerino i numerosi contrasti dogmatici e giurisprudenziali registratisi nell´ordinamento penale tedesco relativamente ad alcuni casi concreti, i quali apparentemente apparivano riconducibili sia alla fattispecie di “Abuso sessuale di persona incapace di resistere” (§ 179 StGB), sia a quella di “Costrizione sessuale mediante approfittamento di una situazione nella quale la vittima é indifesa alla mercè dell´agente” (§ 177 abs. 1 nr. 3 StGB, introdotto nel 1997): al riguardo sia consentito il rinvio, per approfondimenti, a MACRÍ,

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Ciò premesso, occorrono all´uopo due precisazioni in relazione alla contrapposizione tra il modello ´vincolato´ e il modello ´consensualistico´ di aggressione sessuale. In primo luogo si può distinguere, sotto un profilo ermeneutico, tra un modello consensualistico ‘puro’, in cui, come in Inghilterra, i principali illeciti penal-sessuali s’incentrano sulla mera realizzazione delle attività sessuali in assenza del consenso della persona offesa, e un modello consensualistico ‘limitato’, nel quale si richiede una effettiva volontà contraria (dissenso sessuale) della vittima.

In secondo luogo, la distinzione tra modello vincolato e modello consensualistico é propriamente adottabile solo in riferimento alle ipotesi di coercizione sessuale (rectius aggressione sessuale diretta). Per i casi di abuso sessuale o aggressione sessuale indiretta infatti, posto che lo stesso consenso é viziato – o comunque non valido – appare arduo configurare una piena applicazione del modello consensuale, il quale si basa sulla sussistenza di un consenso – o al limite mancato dissenso (nella variante ‘vincolata’)– valido agli atti sessuali. Ciò peraltro non toglie che, anche in relazione ad essi, si riscontrino delle peculiarità di disciplina nella legislazione penale dei paesi che adottano il modello ´consensualistico´ (in particolare l´Inghilterra)152.

In riferimento proprio alle ipotesi di aggressione sessuale ‘indiretta’, poi, emergono le diverse conseguenze derivanti dall’accoglimento di un modello consensualistico puro anziché vincolato, posto che nel modello consensualistico puro, ove è sufficiente la mera insussistenza del consenso sessuale della vittima, si possono più facilmente ricondurre ad una medesima fattispecie incriminatrice153 sia ipotesi di aggressione sessuale diretta, sia abusi sessuali, in quanto in questi ultimi si consideri mancante il consenso di chi è in particolari condizioni di inferiorità psichica. Adottando invece un modello di disciplina che richieda un effettivo dissenso sessuale del soggetto passivo, occorrerà tipizzare in separata sede le ipotesi di aggressione sessuale diretta rispetto a quelle di aggressione indiretta, posto che negli abusi sessuali non si riscontra un dissenso sessuale della vittima, essendo la volontà di quest’ultima piegata ‘dall’interno’154.

Costrizione ambientale agli atti sessuali: la tutela del dissenso tra legalità ed esigenze repressive in un raffronto tra codice penale italiano e StGB tedesco, in Riv. it. dir proc. pen.., 2007, fasc. IV, p. 1492 ss.

152 Sul punto si rinvia infra al Cap. II, Sez. V, § 2.5.4.

153 Come nel caso dello “Stupro” (“Rape”) di cui alla sec. 1 del Sexual Offences Act britannico del 2003.

Al riguardo v. infra Cap. II, Sez. IV, §§ 2.4.4.1 ss.

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Una volta chiarita la sussistenza di due diverse possibili opzioni tecnico-legislative di disciplina penalistica delle aggressioni sessuali ´dirette´, date appunto dal modello ´vincolato´ e da quello ´consensualistico´, occorre ad onor del vero riconoscere che nessuna delle principali legislazioni europee continentali ha adottato il modello consensualistico, prescelto invece dal legislatore inglese (e in linea di massima da quasi tutti i legislatori anglo-sassoni).

Le considerazioni di matrice comparatistica non possono comunque offuscare la chiara percezione, in capo ai principali giuristi, teorici e pratici, di diritto penale, della gravità dell´errore ´conservativo´ commesso dal legislatore italiano del 1996. Ció anche prendendo spunto dal fatto che, sebbene nemmeno gli altri legislatori europei di civil law abbiano adottato il modello consensualistico, gli stessi hanno tuttavia sovente emendato il diritto penale sessuale ai fini di una piú intensa valorizzazione degli elementi consensualistici nel quadro delle incriminazioni concernenti le aggressioni sessuali. In particolare il Parlamento tedesco ha introdotto, nel 1997, un importante ampliamento dei mezzi tipizzati di ´costrizione sessuale´, comprendente gran parte dei casi nei quali la sopraffazione sessuale avviene senza violenza né minaccia155.

Da ultimo, l´eventuale “rivoluzione” che si sarebbe avuta adottando nel 1996 il modello ´consensuale´, sarebbe stata ulteriormente utile, anche per porre una cesura netta rispetto al ´maschilismo´ giuridico imperante fino a pochi anni or sono nel diritto penale sessuale italiano, senza dimenticare come la stessa avrebbe posto l´Italia all´avanguardia tra i paesi continentali sotto il profilo della tutela penale della libertà sessuale.

155 Si fa riferimento alla già citata (nelle note precedenti) “Costrizione sessuale mediante approfittamento

di una situazione nella quale la vittima é indifesa alla mercè dell´agente” (§ 177 abs. I nr. 3 StGB, introdotto nel 1997), relativamente alla quale v. infra, Cap. II, sez. IV, § 2.4.1.2.

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1.8.2. Libertá sessuale e consenso nel diritto vivente: la giurisprudenza

´ortopedica´ sul concetto di violenza ai sensi dell´art. 609-bis c.p.

Dopo aver appurato, nel paragrafo precedente, la criticabile scelta conservativa operata dalla l. 66/1996 di mantenere i requisiti della violenza, minaccia e abuso di autorità quali cardini della disciplina dei reati sessuali, senza dare alcun spazio al c.d. modello ´consensualistico´, é necessario chiarire quali siano state le reazioni giurisprudenziali a tale opzione. Detto in altri termini, é essenziale analizzare l´effettiva dimensione applicativa che le fattispecie di atti sessuali violenti e minacciosi hanno avuto nel diritto vivente posteriore al 1996. Si ribadisce, per inciso, che l´ipotesi incriminatrice di atti sessuali mediante abuso di autorità é stata pressoché ignorata in giurisprudenza156.

Nel panorama giurisprudenziale concernente il principale delitto sessuale, cioé la violenza sessuale ex art. 609-bis c.p., l´ipotesi criminosa che ha recitato il ruolo da protagonista – senza quasi avere rivali – é quella degli atti sessuali mediante violenza. Si é giá chiarito come la violenza contemplata dall’art. 609-bis c.p. non è violenza-fine, bensì violenza-mezzo di coartazione della volontà157 , nel senso che il legislatore non ha inteso incriminare i rapporti sessuali consensuali (o comunque leciti) caratterizzati da modalità violente di consumazione (es. sadomasochisti)158 bensì ha inteso incriminare le condotte violente attraverso le quali si costringe una persona a compiere o subire atti sessuali159.

156 V. supra Cap. I, Sez. II, § 1.4.3.

157 Per un’ampia trattazione dei concetti di violenza-fine e violenza-mezzo e della loro distinzione,

MANTOVANI, Diritto penale. Parte speciale I, cit., p. 246 ss., e in una prospettiva ermeneutica parzialmente differente, DE SIMONE, Violenza (dir. pen.), in Enc. Dir., XLVI, Milano, 1993, p. 887 ss;

158 A tal proposito PALUMBIERI; Violenza sessuale,, cit., p. 61, rileva che “in tale situazione ed in

presenza di un valido consenso che si protrae per tutto il corso del rapporto, non vi é violenza sessuale proprio perché il fatto non é tipico. Ovviamente, se durante il rapporto sadomaso si oltrepassano i limiti concordati dalle parti o vi é un semplice ripensamento del soggetto passivo il quale manifesta in itinere il proprio dissenso, si configurerà il delitto di violenza sessuale, oltre, eventualmente e qualora ne sussistano i presupposti, al sequestro di persona, alle lesioni personali, ecc.”.

159 Approfondisce la tematica AMBROSINI, Le nuove norme sulla violenza sessuale, cit., p. 17: ‘La

violenza di cui all’art. 609 bis c.p. (così come per gli abrogati artt. 519, 521, 522 e 523) non pare discostarsi dal quadro sin qui delineato[l’A. cita una serie di reati comprendenti rapina, estorsione ecc., e delinea i tratti differenziali dei vari tipi violenza presi in considerazione dalla legge penale], di un fatto materiale in cui la violenza personale è al tempo stesso modalità di condotta e mezzo di coercizione, finalizzato al risultato che altri compia o subisca atti sessuali’

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Al riguardo, relativamente all´esegesi del concetto di violenza personale fisica160, in dottrina si rintraccia quasi unanimemente un minimo comun denominatore, costituito dall’estrinsecazione di una forza fisica di qualunque intensità nei confronti del soggetto passivo, difettando la quale non si potrà parlare di ´violenza´ in senso proprio161.

Di diverso avviso é invece la giurisprudenza, la quale ha completato negli ultimi anni un percorso di ´dematerializzazione´ del suddetto requisito, iniziato già negli ultimi anni di vigenza degli ormai abrogati delitti sessuali di cui agli artt. 519 ss. c.p., in esito del quale la violenza – nel diritto vivente – viene ad essere identificata con la mera coazione del volere162.

La Suprema Corte ha invero classificato come atti sessuali violenti dei toccamenti di parti del corpo – ritenute erogene – posti essere con repentinità tale da cogliere alla sprovvista il soggetto passivo, e che rappresentano paradigmaticamente casi in cui difetta una vis corporis corpori data, non dovendosi confondere la fisicità del contatto corporeo con la fisicità del mezzo utilizzato per ottenerla. In proposito, la Corte di Cassazione ha precisato, in una recente pronuncia, che “appare opportuno ricordare che – secondo parte della dottrina – il concetto di violenza è ben diverso da quelli della sorpresa e dell’insidia, pure essendo manifestazioni di immoralità e spesso di degenerazione, riconducibili eventualmente ad altre ipotesi di reato. La giurisprudenza di questa Corte, invece, è orientata nel senso che la violenza richiesta per l’integrazione del reato non è soltanto quella che pone il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre tutta la resistenza voluta, tanto da realizzare un vero e proprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta nel compimento insidiosamente rapido dell’azione criminosa, così venendosi a superare la contraria volontà del soggetto passivo”163.

160 Concetto il quale va distinto da quello di violenza reale/sulle cose e da quello di violenza

morale/psichica, corrispondente alla minaccia: per una delimitazione teorica ampiamente esaustiva di tali nozioni si rinvia agli Autori citati supra, nota 126;

161 AMBROSINI, Le nuove norme sulla violenza sessuale, cit., p.17.

162 Così PALUMBIERI, Violenza sessuale, cit., p. 67. Sull´evoluzione della giurisprudenza in tema di

´violenza´ mezzo di costrizione sessuale v. anche CADOPPI, Commento art. 609-bis c.p., cit., p. 499 ss.

163 Cass. pen., 11 gennaio 2006, V., cit.; analogamente Cass. pen., 8 giugno 2006, G., cit. e Cass. pen., 1

febbraio 2001, Ginetti, in Foro it., 2001, p. 561 ss., ove si statuisce che “va ribadito (…) il principio secondo cui la “violenza” richiesta dalla norma incriminatrice non è soltanto quella che pone il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre tutta la resistenza voluta, tanto da concretarsi in un vero e proprio costringimento fisico, bensì anche quella che può manifestarsi nel compimento insidiosamente rapido dell’azione criminosa, consentendo in tal modo di superare la contraria volontà del soggetto passivo(…). Appare opportuno, pertanto, riaffermare – ancor più in considerazione della stessa ratio della riforma – che l’inerzia incosciente della persona offesa, quando non è sintomatica di un vero e proprio consenso (…), non esclude, in relazione alle circostanze concrete del singolo caso, vere e proprie forme di aggressione

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Si coglie chiaramente, nel passo citato ed in altri simili contenuti in ulteriori recenti decisioni della Suprema Corte, la sussistenza di uno stravolgimento giurisprudenziale in

malam partem del concetto di violenza costrittiva di cui all’art. 609 bis c.p. Le argomentazioni utilizzate dagli Ermellini, infatti, fanno riferimento principalmente – talvolta in modo esplicito, talvolta in modo implicito, alla contraria volontà del soggetto passivo, adoperando cadenze tipiche del modello ´consensualistico´ di disciplina legislativa dei delitti sessuali.

Si ravvisa al riguardo, nelle recenti sentenze in punto di violenza sessuale, un frequente riferimento all’idoneità degli atti repentini a ledere la libertà di autodeterminazione della vittima “facendole subire un atto che in altre condizioni non sarebbe stato compiuto”. Una ipotesi ulteriore di atti sessuali incriminati in adesione a tale logica è quella della c.d. ´violenza potenziale´ che sussiste quando il medico compie atti sessuali sul paziente, facendogli credere che essi siano necessari per la visita medica, dando luogo ai c.d. ´atti sessuali insidiosi´164. L´incriminazione pretoria di tali fattispecie concrete testimonia la messa in primo piano delle esigenze di tutela delle vittime anche al di là delle limitazioni imposte dalla lettera della norma, la quale – accogliendo il c.d ´modello vincolato´ – non ha sul piano astratto esteso la tutela penale a tutti gli atti lesivi della libertà di autodeterminazione sessuale della vittima, bensì solo a quelli violenti o minacciosi.

A conclusione di tale disamina, si può dunque a ragion veduta ravvisare una discrasia tra la disciplina legislativa dei delitti sessuali ex artt. 609-bis ss. c.p., solidamente ancorata agli schemi del modello ´vincolato´, e la prassi applicativa degli stessi che,

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