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L’affermazione del principio di precauzione nella legislazione punitiva e nella prassi applicativa

LA RESPONSABILITÀ DA REATO DELLE ORGANIZZAZIONI COMPLESSE NELLA LOGICA PRECAUZIONALE

3. Il ruolo del rischio e del principio di precauzione nel contesto della transizione dallo Stato di diritto allo Stato di prevenzione

3.2. Il principio di precauzione

3.2.2 L’affermazione del principio di precauzione nella legislazione punitiva e nella prassi applicativa

A prescindere dall’uso improprio che del principio di precauzione si fa in ragione della sua adattabilità agli ambiti più eterogenei in cui viene in rilievo l’istanza della sicurezza e accantonando il tema della sua insuperabile problematicità applicativa, il dato da cui bisogna muovere per rapportarsi realisticamente ai problemi sollevati dal suo ingresso nello scenario penalistico è la constatazione della sua irreversibile presenza nella legislazione punitiva e correlativamente nella prassi applicativa.

Superata ormai da tempo la fase di gestazione in cui veniva sbandierato come vessillo ideologico del movimento ambientalista, esso, assumendo una valenza sovranazionale, si è gradualmente imposto come principio di diritto dapprima in ambito comunitario e successivamente nella normativa interna su impulso del legislatore dell’Unione Europea86.

85 Cfr. sul punto il § 5 della Comunicazione della Commissione sul principio di precauzione, Bruxelles, 2

febbraio 2000, COM(2000) 1 final. Al riguardo cfr. le considerazioni svolte da E. Corn, Il principio di

precauzione nel diritto penale. Studio sui limiti dell’anticipazione penale, Giappichelli, Torino, 2013, p. 10

ss.

86 Sul processo di evoluzione e affermazione, su scala internazionale e regionale, del principio di

precauzione quale strumento per fronteggiare il rischio cfr. L. Marini, Il principio di precauzione nel

diritto internazionale e comunitario. Disciplina del commercio di organismi geneticamente modificati e profili di sicurezza alimentare, Cedam, Padova, 2004; F. De Leonardis, Il principio di precauzione nell’amministrazione del rischio, Giuffrè, Milano, 2005; A. Bianchi, M. Gestri, a cura di, Il principio di precauzione nel diritto internazionale e comunitario, Giuffrè, Milano, 2006.

Tale processo di affermazione viene confermato dal fatto che: «Nonostante la dichiarata estraneità al diritto penale, una doppia analisi di impatto – sulla legislazione e sulla giurisprudenza – attesta l’esistenza di casi di irruzione del principio di precauzione sulla scena penalistica»; una circostanza, questa, di tale rilevanza da suscitare persino l’esigenza di chiedersi «se, dal punto di vista teorico, non si proceda verso una dogmatica del rischio (scientificamente) incerto»87.

Nel merito, con riferimento all’analisi dell’incidenza che il principio di precauzione ha registrato nella legislazione punitiva interna relativa ai settori sottesi alla sicurezza (ambiente, lavoro, campi elettromagnetici, organismi geneticamente modificati, alimenti, prodotti in genere), in dottrina si rileva che il «paradigma dell’incertezza»88, di cui è latore il principio in oggetto, è ormai penetrato nei meccanismi di imputazione della responsabilità penale e nelle componenti costitutive della struttura del reato.

Al riguardo si rileva che, al di là della normativa tendenzialmente in espansione in cui si fa esplicito riferimento al principio di precauzione, ormai si ispirano alla logica precauzionale numerosi provvedimenti legislativi in cui detto canone, pur non traducendosi in vere e proprie regole suscettibili di essere applicate in via immediata, funziona in un certo modo da principio giuridico, nel senso che viene recepito attraverso l’adozione di norme che impongono di volta in volta il ricorso a criteri procedurali, ingiunzionali o tabellari.

Una testimonianza in tal senso proviene dal Tusl, che , pur non contemplando alcun esplicito richiamo al principio di precauzione, nella sua dimensione teleologica risulta informato dalla logica precauzionale, la quale si evidenzia sotto diversi profili.

Anzitutto essa emerge con riferimento alle disposizioni relative alle esposizioni professionali ad agenti fisici, chimici e biologici, rispetto alle quali si registra l’interferenza della normativa del Tusl con la disciplina in tema, ad esempio, di esposizione ad onde elettromagnetiche e di microrganismi geneticamente modificati; nonché si manifesta sul versante dei delitti colposi di evento collegati ad esposizioni lavorative, i quali si prestano a torsioni interpretative in chiave precauzionale da parte della giurisprudenza sotto il profilo dei criteri di imputazione soggettiva, soprattutto per quel che concerne il requisito della prevedibilità.

Ma più in generale va segnalato che nel Tusl la logica precauzionale coesiste con quella prevenzionale e pervade il cuore stesso del sistema, ossia la valutazione, gestione e comunicazione del rischio, configurata secondo moduli procedurali, con la conseguenza che essa riemerge e tende a prevalere in tutte le ipotesi in cui l’incertezza

87 D. Castronuovo, in Id., F. Consorte, E. Corn, M.N. Masullo, Tutela penale e principio di precauzione,

cit., p. 103.

88 D. Castronuovo, Principio di precauazione e diritto penale, cit., p. 160, laddove l’Autore, proseguendo

ulteriormente, puntualizza: «In particolare, è lo stesso basilare criterio selettivo delle condotte penalmente rilevanti, in quanto fondato sul rischio illecito, a mostrarsi ―sensibile‖ all’intrusione della logica precauzionale, là dove lo stesso venga ricostruito (dal legislatore, mediante ricorso alle tecniche già evocate [ossia, fondate su procedure autorizzative, su valori di tollerabilità, su meccanismi ingiunzionali]; dall’interprete, mediante esegesi disposte ad accogliere istanze di tutela più spinte) a partire da una nozione di rischio nomologicamente incerto».

scientifica determina un’incertezza cognitiva rispetto alle fonti di rischio che si devono gestire.

Un tema, quest’ultimo, sul quale in seguito si avrà modo di riflettere con riferimento alla responsabilità da reato degli enti, allorquando verranno esaminate le ricadute derivanti dall’ingresso dei reati colposi nel catalogo dei reati-presupposto del sistema 231 dapprima con le fattispecie colpose d’evento di cui all’art. 25-septies e successivamente con i reati di mera condotta di cui all’art. 25-undecies89.

A sua volta, passando a considerare l’impatto del principio di precauzione sulla giurisprudenza della Cassazione penale, si rileva che nei moduli motivazionali delle decisioni giudiziali sono individuabili quattro diverse funzioni espletate dal principio in oggetto: a) la funzione di mero rafforzamento retorico; b) quella di interpretazione estensiva di fattispecie penali; c) quella di estensione dei criteri di imputazione dell’evento; d) quella di criterio selettivo tra illecito penale e amministrativo.

Polarizzando adesso l’attenzione esclusivamente sulla terza funzione, ossia sul principio di precauzione come fattore estensivo dei criteri di imputazione dell’evento, atteso che si tratta di un profilo nevralgico nell’economia del tema ad oggetto della presente dissertazione, si constata che il principio in esame astrattamente può produrre effetti di flessibilizzazione con riferimento sia alla categoria della causalità sia a quella della colpa.

In merito all’estensione della categoria della causalità mediante sovrapposizione della probabilità logica alla probabilità statistica in dottrina si segnala «l’ineliminabile ―incoerenza logica‖ tra principio di precauzione e nesso di causalità, sulla quale, con qualche eccezione, sembra attestarsi anche la giurisprudenza»90.

Viceversa, la categoria della colpa sembra prestarsi ad un ingresso del principio di precauzione sul terreno dell’imputazione penale; ne sono prova quegli orientamenti giurisprudenziali che avanzano una lettura in chiave precauzionale del dovere di diligenza.

Un’esemplificazione emblematica di questo processo di ―flessibilizzazione‖ giurisprudenziale delle categorie penalistiche91 viene offerta dalle pronunce rese dalla Suprema Corte di Cassazione nei due celebri casi relativi al petrolchimico di Porto Marghera e al disastro di Sarno, in cui vengono in discussione rispettivamente: l’addebitabilità ai dirigenti dell’anzidetto stabilimento industriale degli eventi letali verificatisi a seguito delle esposizioni tossiche subite dai lavoratori nel corso dell’attività

89 Cfr. infra Cap. III e Cap. IV § 5.

90 D. Castronuovo, Principio di precauzione e diritto penale. Paradigmi dell’incertezza nella struttura del reato, cit., p. 165.

91 Sul fenomeno della ―flessibilizzazione‖ giurisprudenziale delle categorie penalistiche cfr. G. De

Francesco, L’imputazione da reato e i tormenti del penalista, in Scritti per Federico Stella, I, Jovene, Napoli, 2007, p. 513 ss.; A. Gargani, La “flessibilizzazione” giurisprudenziale delle categorie classiche

del reato di fronte alle esigenze di controllo delle nuove fenomenologie di rischio, in Leg. pen., 2011, p.

397 ss.; C. Brusco, Rischio e pericolo, rischio consentito e principio di precauzione, Relazione all’incontro di studio organizzato dal C.S.M. sul tema ―Il diritto penale del rischio‖ tenuto a Roma dal 17 al 19 settembre 2012, nonché in Criminalia, 2012, p. 383 ss.

produttiva92; la possibilità di affermare la responsabilità penale del sindaco e di un assessore del paese di Sarno per l’elevato numero di morti causate da una disastrosa colata di fango che aveva investito il centro abitato93.

Volendo esplicitare l’impronta precauzionale di cui si connota il principio di diritto affermato dalla Corte nelle anzidette pronunce, va rilevato che nel caso di Porto Marghera la sostanza chimica incriminata alla quale si riconducevano le morti dei lavoratori (il cloruro di vinile monomero) era già nota al momento del fatto come potenzialmente dannosa. Senonché il grado di pericolosità di cui si aveva contezza a quel tempo era inferiore rispetto alla nocività che la sostanza ha poi manifestato in concreto; sulla possibilità di accadimento degli eventi lesivi effettivamente verificatisi sussistevano, infatti, al momento delle esposizioni solo ipotesi non ancora corroborate da leggi scientifiche.

Ciò posto, la Cassazione reinterpreta il fondamento delle regole cautelari affermando che affinchè si possa ritenere gravante sul soggetto agente un dovere di diligenza non è necessaria la sussistenza al tempo del fatto di conoscenze dotate del rango di certezza scientifica bensì è sufficiente la probabilità o anche la sola possibilità delle conseguenze lesive, purchè queste non siano meramente congetturali.

Per tal via si afferma la prevedibilità di certi eventi gravissimi anche in casi in cui il bagaglio dei dati cognitivi ed esperienziali disponibili al tempo del fatto rendeva in effetti riconoscibili solo esiti lesivi di gran lunga meno gravi: la Corte dunque, «finisce, al di là delle affermazioni di principio, per collocare la categoria della colpa in un’area che è oramai intrisa di logica precauzionale»94.

Rispetto ad una siffatta soluzione ermeneutica si osserva che, per quanto essa sia chiaramente indirizzata verso una rilettura del paradigma colposo in chiave precauzionale, appare comunque possibile ridimensionare questa torsione interpretativa considerando che, sebbene gli eventi lesivi conosciuti al tempo del fatto fossero meno gravi di quelli verificatisi in concreto, risultava comunque pur sempre noto al tempo delle esposizioni un certo coefficiente di pericolosità della sostanza in questione.

Radicalmente inconciliabile con lo statuto ortodosso della responsabilità colposa si rivela invece il modello imputativo che è stato fatto proprio dalla Corte nel caso Sarno, rispetto al quale in dottrina si rileva per l’appunto che «pare avviato su sentieri oramai troppo lontani dal criterio d’imputazione colposo»95.

In questa pronuncia, infatti, il giudizio di prevedibilità viene parametrato in modo da assumere a proprio oggetto tutte le possibili conseguenze lesive, comprese quelle più pessimistiche, nonostante rispetto a tali accadimenti non fossero disponibili al tempo del fatto conoscenze corroborate neppure nella cerchia del sapere specializzato.

92 Cass., Sez. IV, ud. 17.05.2006, dep. 06.02.2007, n. 4675. 93 Cass., Sez. IV, ud. 11.03.2010, dep. 03.05.2010, n. 16761.

94 D. Castronuovo, Principio di precauzione e diritto penale, cit., p. 133. 95 D. Catronuovo, ivi, p. 166.

3.2.3. La valenza penalistica del principio di precauzione tra logica precettiva e

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