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L’approccio pragmatico della giurisprudenza di merito formatasi sull’art 25-

LA TENSIONE EVOLUTIVA DEL PARADIGMA PUNITIVO DELL’ENTE ALLA LUCE DELLA RESPONSABILITÀ COLLETTIVA DA DELITTO COLPOSO D’EVENTO

3. Il contributo del formante giurisprudenziale

3.1. L’approccio pragmatico della giurisprudenza di merito formatasi sull’art 25-

septies

Come già detto, il formante giurisprudenziale si è adoperato in una logica di conservazione della norma mediante il ricorso ad un’interpretazione adattativa della criteriologia imputativa, originariamente ideata per i reati dolosi, alla peculiare struttura dei delitti colposi d’evento; a tal fine si fa leva non sull’evento bensì su quello specifico elemento costitutivo del reato rappresentato dalla condotta inosservante del dovere di sicurezza, non sembrando configurabile la commissione dei delitti ex artt. 589 e 590 c.p. nell’interesse e/o a vantaggio dell’ente53.

Sicché, a partire dalla sentenza Truck center s.a.s. del Tribunale di Trani del 201054, nel diritto vivente55 si afferma il principio della compatibilità dei criteri dell’interesse e del vantaggio ex art. 5 con i reati-presupposto di cui all’art. 25 septies del decreto 23156.

In particolare si muove dal presupposto che tali requisiti non solo devono essere ricollegati alla violazione cautelare in cui si concretizza la condotta ma si devono altresì interpretare in senso alternativo ed oggettivo57, accordando la prevalenza alla nozione di

nel diritto penale cfr., ex multis, G. Fiandaca, Crisi della riserva di legge e disagio della democrazia

rappresentativa nell’età del protagonismo giurisprudenziale, in Criminalia, 2011, pp. 79 ss e 92 ss.; Id., Il diritto penale giurisprudenziale tra orientamenti e disorientamenti, Editoriale scientifica, Napoli, 2008; D.

Pulitanò, Sull’interpretazione e gli interpreti della legge penale, in E. Dolcini, C.E. Paliero, a cura di,

Scritti in onore di Marinucci, I, Giuffrè, Milano, 2006, p. 657 ss.; F.C. Palazzo, Testo, contesto e sistema nell’interpretazione penalistica, in E. Dolcini, C.E. Paliero, a cura di, Scritti in onore di Marinucci, I, cit.,

p. 515 ss; M. Donini, Il volto attuale dell’illecito penale, cit., p. 150 ss., spec. p. 159; O. Di Giovine,

L’interpretazione nel diritto penale. Tra creatività e vincolo di legge, Giuffré, Milano, 2006, capp. II, III.

IV.

52 C.E. Paliero, Dieci anni di “corporate liability” nel sistema italiano: il paradigma imputativo nell’evoluzione della legislazione e della prassi, cit., p. 7.

53 A. Astrologo, I reati presupposto, cit., p. 928.

54 Cfr. Tribunale di Trani, sez. distaccata di Molfetta, 11.01.2010, in Società, 2010, p. 1116 ss. con nota di

M.M. Scoletta, Responsabilità ex crimine dell’ente e delitti colposi d’evento: la prima sentenza di

condanna; nonché in Dir. pen. proc., 2010, p. 842 ss. con commento di G. Amarelli, Morti sul lavoro: arriva la prima condanna delle società.

55 Cfr. in tal senso anche, Tribunale di Pinerolo, 23.09.2010, in www.penalecontemporaneo.it; Tribunale di

Novara, 01.10.2010, Gup. Pezone in www.penalecontemporaneo.it; Tribunale di Cagliari, 04.07.2011, Gup. Altieri, in www.penalecontemporaneo.it; C. Ass. Torino, 15.04.2011, Thyssenkrupp s.p.a. e C. Ass. App. Torino, 28.04.2013 in www.penalecontemporaneo.it; Tribunale di Monza, 03.09.2012, Gescomont s.r.l., in htpp://olympus.uniurb.it; Tribunale di Tolmezzo, 23.01.2012, Gup. Massarelli, in

www.penalecontemporaneo.it; Tribunale di Milano, Gip. Salemme, ord. 08.03.2012, in www.penalecontemporaneo.it; Tribunale di Camerino, 09.04.2013, in www.deiure.it; Tribunale di Torino,

10.01.2013, MW Italia Spa, in www.penalecontemporaneo.it.

56 Cfr. G. Amarelli, I criteri oggettivi di ascrizione del reato all’ente collettivo ed i reati in materia di sicurezza sul loro, cit., p. 24.

57 Con ciò ponendosi in linea di continuità con l’importante pronuncia della Suprema Corte del 20.12.2005

vantaggio quale beneficio patrimoniale per l’ente rilevabile ex post, derivante dalla condotta inosservante in termini di risparmio di spesa o di tempo nello svolgimento dell’attività di impresa.

A sostegno della suddetta soluzione ermeneutica in una logica efficientista e pragmatica si fa ricorso altresì al c.d. argomento apagogico, affermando che, nell’ipotesi in cui si restasse ancorati al significato letterale della norma, riferendo la valutazione dell’interesse e del vantaggio agli eventi morte e lesioni piuttosto che alla condotta inosservante del dovere di sicurezza, si finirebbe per determinare l’inaccettabile abrogazione tacita dell’art. 25 septies58.

A fare da battistrada nell’affermazione di questo orientamento ermeneutico pragmatico e utilitarista è, per l’appunto, il giudice monocratico di Molfetta che con la sentenza Truck center59 si assume l’arduo compito di tradurre nella prassi la tesi controversa della compatibilità dei criteri ascrittivi di cui all’art. 5 con le fattispecie colpose richiamate per relationem dall’art. 25 septies, argomentandola con impegno e celerità apprezzabili60.

Nondimeno in merito a tale orientamento va rilevato che esso, nonostante si consolidi presto nelle pronunce successive61, trova consenso unanime solo con riferimento alla questione della ―compatibilità‖ che è ad oggetto della querelle dottrinale e giurisprudenziale, ma palesa un’evidente discordanza di vedute circa il criterio da utilizzare per ascrivere in concreto la responsabilità all’ente dell’evento delittuoso verificatosi.

tesi disgiuntiva dell’interesse e del vantaggio secondo quanto prospettato dal legislatore delegato nella

Relazione al decreto.

58 Cfr. G. Amarelli, I criteri oggettivi di ascrizione del reato all’ente collettivo ed i reati in materia di sicurezza sul lavoro, cit., p. 14, nt. 35, laddove l’Autore sul punto ricorda che «l’argomento apagogico

(anche denominato ab absurdo o reductio ad absurdum o ipotesi del legislatore nazionale) consente di escludere una possibile interpretazione dell’enunciato normativo quando questa dia luogo ad una disposizione assurda . L’apagoge, infatti, è un metodo di ragionamento di tipo sillogistico, tramite il quale si assevera la verità di una tesi dimostrando la falsità delle conseguenze che deriverebbero dalla condivisione della tesi contraria. Nell’ermeneutica giuridica può, quindi, essere impiegato per sostenere la correttezza di una data soluzione interpretativa, attraverso la sottolineatura dell’assurdità cui condurrebbe la soluzione contrapposta».

59 Cfr. Tribunale di Trani, sez. distaccata di Molfetta, 11.01.2010, in Dir. pen. proc., 2010, con commento

di G. Amarelli, Morti sul lavoro: arriva la prima condanna delle società, cit., p. 845, laddove, muovendo dall’assunto che, «Se da un lato la morte o le lesioni rappresentano l’evento, dall’altro proprio la condotta è il fatto colposo che sta alla base della produzione dell’evento», si sostiene che «il requisito dell’interesse o del vantaggio è pienamente compatibile con la struttura dell’illecito introdotta dall’art. 9 l. n. 123, perpetuata nell’applicazione dall’art. 300 del d.lgs. n. 81/2008, dovendosi di volta in volta accertare se la condotta che ha determinato l’evento morte o le lesioni personali sia stata o meno determinata da scelte rientranti oggettivamente nella sfera di interesse dell’ente oppure se la condotta medesima abbia comportato almeno un beneficio a quest’ultimo senza apparenti interessi esclusivi di altri».

60 Cfr. G. Amarelli, ivi, p. 848, il quale, pur esprimendo questo apprezzamento, effettua una decostruzione

analitica della tesi sostenuta nella sentenza in oggetto in nome delle ―ragioni forti‖ della dottrina.

61 Per una puntuale analisi di tale settore di produzione giurisprudenziale, ex multis, cfr. M.N. Masullo, Colpa penale e precauzione nel segno della complessità, cit., pp. 69-149; E. Amati, La responsabilità degli enti in materia di salute e sicurezza sul lavoro nelle prime pronunce della giurisprudenza di merito,

in ius@17unibo.it, p. 161 ss.; G. Amarelli, I criteri oggettivi di ascrizione del reato all’ente collettivo ed i

reati in materia di sicurezza sul lavoro, cit., p. 24 ss.; A. Gargani, Responsabilità collettiva da delitto colposo d’evento: i criteri di imputazione nel diritto vivente, in www.lalegislazionepenale.eu, 11.01.2016.

Con riferimento a quest’ultimo profilo, schematizzando i percorsi argomentativi adottati nelle singole pronunce, si rileva infatti che: talora è stato considerato prevalente il criterio dell’interesse dell’ente, inteso in senso soggettivo e valutato ex ante con riferimento al momento in cui la persona fisica ha posto in essere la condotta colposa; talaltra si è valorizzato il criterio dell’interesse rendendolo oggetto di una lettura in chiave oggettiva e di una valutazione complessiva; in alcuni casi, poi, si è similmente attribuita prevalenza al criterio dell’interesse ma intendendo questo canone ascrittivo in termini presuntivi, ossia sostenendo che esso ricorra ex adverso quando si riscontri, ai sensi dell’art. 5, comma 2 d.lgs. 231/2001, che la persona fisica non abbia agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi; in un’altra circostanza, infine, i due canoni ascrittivi dell’interesse e del vantaggio sono stati utilizzati congiuntamente, in modo pilatesco ed indistinto62.

In questa varietà di opzioni ermeneutiche addirittura vi è pure chi, muovendo dal postulato del nesso tra condotta inosservante e interesse dell’ente, sostiene in una logica di semplificazione probatoria che ai fini dell’ascrizione della responsabilità alla persona giuridica possa essere sufficiente l’assenza di un interesse, inteso in chiave soggettivo- psicologica, personale ed esclusivo della persona fisica che ha commesso il reato, per cui l’interesse dell’ente sarebbe da ravvisare in re ipsa nel medesimo ciclo produttivo63.

Nello specifico, con riferimento alle sentenze di condanna64 si evidenzia quale dato qualificante un percorso argomentativo che, attraverso la combinazione della lettura del criterio oggettivo in chiave di discriminante economica con l’argomento dell’evidenza della colpa di organizzazione desunta dal verificarsi del delitto colposo di evento, approda ad una sorta di automatismo imputativo tale per cui l’attribuzione di responsabilità si configura come totalizzante, attesa la carenza di spazi di selettività sia sul versante ascrittivo oggettivo sia su quello soggettivo 65.

In merito poi alle sentenze di assoluzione, aventi ad oggetto casi in cui alla condanna delle persone fisiche ha corrisposto l’assoluzione degli enti collettivi di appartenenza, meritano una particolare attenzione quelle che fanno discendere l’esclusione della

62 Cfr. G. Amarelli, ivi, p. 26. Sul punto cfr. anche M.N. Masullo, Colpa penale e precauzione nel segno della complessità, cit., pp. 78-79.

63 Cfr. Tribunale di Pinerolo, 23.09.2010, cit., laddove viene affermata la responsabilità dell’ente sulla base

dell’accertamento dell’inesistenza di una condotta individuale finalizzata all’«interesse esclusivo proprio o di terzi» nei seguenti termini: «Per contro, tale presupposto evidentemente sussiste con riguardo al reato commesso da (B) nella sua qualità di amministratore della (Y) Srl e non ricorre certo l’esimente di cui all’art. 5, comma 2, d.lgs. 231/2001, essendo evidente che la condotta (attiva ed omissiva) del (B) non fu certo tenuta nell’interesse (che, ai fini de quibus, la legge vuole esclusivo) proprio o di terzi: si trattò, com’è evidente, di un classico reato colposo commesso da un datore di lavoro che è apparso indifferente (o comunque non sufficientemente attento) alla tutela delle condizioni di lavoro dei propri dipendenti. Non ricorrono, per altro verso, le condizioni di esonero da responsabilità previste dall’art. 6, d.lgs. 231/2001; anzi, nel caso di specie […] un modello di organizzazione idoneo a prevenire reati come quelli oggetto di processo non fu adottato nemmeno dopo l’infortunio».

64 Cfr. in tal senso: Tribunale di Trani, sez. distaccata di Molfetta, 11.01.2010, cit.; Tribunale di Pinerolo,

23.09.2010, cit.; Tribunale di Novara, 01.10.2010, cit.; C. Ass. Torino, 15.04.2011, cit.; Tribunale di Monza, 03.09.2012, cit.

65 Cfr. A. Gargani, Responsabilità collettiva da delitto colposo d’evento: i criteri di imputazione nel diritto vivente, cit., p. 5.

responsabilità della persona giuridica dalla nozione di difetto di interesse inteso in senso soggettivo66, producendo significative ripercussioni sistematiche sulla definizione della portata applicativa dell’art. 25 septies.

A fare da battistrada in tal senso è una pronuncia assolutoria del Tribunale di Cagliari del 2011, nella quale si interpreta il criterio dell’interesse in chiave soggettiva ed in una prospettiva ex ante, richiedendo ai fini dell’integrazione di questo requisito una deliberazione da parte dell’ente nel senso della violazione della normativa antinfortunistica con lo scopo del conseguimento di un profitto o perlomeno di un risparmio di spesa.

L’art. 5 co. 2 viene così reinterpretato nel senso che l’ente non è rimproverabile se la condotta «pur non essendo diretta a soddisfare un interesse personale del reo, non sia neppure volontaria e finalisticamente orientata dall’interesse dell’ente»67.

Una siffatta lettura viene adottata sul presupposto che essa rende compatibile il requisito dell’interesse con la natura colposa del reato-presupposto in oggetto, atteso che la deliberazione anzidetta che si richiede da parte dell’ente concerne la violazione della normativa antinfortunistica e non implica anche la volizione dell’evento.

In dottrina, nel commentare tale interpretazione, se ne ravvisa la ratio nell’esigenza, avvertita da questa corrente giurisprudenziale, di recuperare la dimensione soggettiva dell’interesse in modo da distinguere questo requisito da quello del vantaggio, connotato a sua volta da un’evidente proiezione oggettiva. Infatti, qualora si accedesse alla diversa lettura dell’interesse in chiave oggettiva, si finirebbe per sovrapporre questo canone con quello del vantaggio, rimettendo la distinzione tra questi due criteri esclusivamente alla diversa prospettiva – ex ante nel caso dell’interesse ed ex post nel caso del vantaggio – in cui dovrebbe porsi in essere l’accertamento processuale; viceversa, richiedendo la consapevolezza e la volontarietà della condotta si rende possibile il recupero dell’autonomia di questo canone ascrittivo rispetto a quello del vantaggio68.

Senonchè una siffatta lettura della nozione di interesse comporta una significativa ricaduta sistematica atteso che per tal via viene circoscritta eccessivamente l’area di responsabilità dell’ente.

Sostanziando il requisito dell’interesse con il richiamo ad una deliberazione dell’ente in una logica di profitto, la nozione di reato-presupposto di cui all’art. 25 septies viene ridotta ai soli casi di condotte inadempienti della normativa antinfortunistica sorrette dalla consapevolezza dell’inosservanza e tese al risparmio di costi, con esclusione di tutto quell’ampio novero di reati colposi che si sostanziano della mera sottovalutazione erronea dei rischi o della predisposizione di inadeguate misure di sicurezza o di controllo.

66 Cfr. in tal senso: Tribunale di Cagliari, 04.07.2011, cit.; Tribunale di Tolmezzo, 23.01.2012, cit.;

Tribunale di Torino, 10.01.2013, cit.

67 Trib. Cagliari, 04.07.2011, cit.

68 Su tale aspetto cfr. A.F. Tripodi, L’elusione fraudolenta nel sistema della responsabilità da reato degli enti, cit., p. 107, il quale sul punto richiama N. Selvaggi, Infortuni sul lavoro e interesse dell’ente, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2010, p. 524.

In relazione a queste ultime tipologie di condotte colpose l’ente non potrebbe essere chiamato a rispondere a norma dell’art. 25 septies in quanto esse, non risultando sorrette dall’anzidetta deliberazione dell’ente nell’ottica del risparmio di spesa, non possono essere intese come realizzate nel suo interesse.

In estrema sintesi, dalla ricognizione della giurisprudenza di merito formatasi sull’art. 25 septies emerge quale dato comune alle diverse sentenze, che precedono la decisione delle S.U. della Corte di Cassazione del 2014 sul caso Thyssenkrupp, lo svolgimento del giudizio di responsabilità dell’ente sulla base della lettura dei criteri ascrittivi oggettivi di cui all’art. 5 in termini di risparmio di costi aziendali.

In questa logica ermeneutica l’unico interesse della persona giuridica che si può porre a base della commissione di un reato, in particolar modo colposo, è rappresentato dalla finalità del profitto o della riduzione dei costi, che caratterizza la sua politica d’impresa; e tale logica del profitto viene riferita, piuttosto che alla causazione dell’evento, all’inosservanza della regola cautelare che di quell’evento costituisce il presupposto69.

Nei commenti dottrinali però una siffatta interpretazione giurisprudenziale dei criteri ascrittivi in esame in chiave strettamente economicistica è oggetto di contrastanti prese di posizione.

In particolare vi è chi a sostegno di questa lettura economica ritiene che essa consentirebbe di «ridefinire il tipo criminoso dell’omicidio colposo e delle lesioni personali in maniera più garantista e conforme al principio di colpevolezza di quanto non accada per le persone fisiche»70. In questa prospettiva, infatti, si escluderebbe il rimprovero dell’ente sia nell’ipotesi in cui si accerti in concreto che il mancato adeguamento alle regole cautelari sia risultato per l’ente più gravoso dal punto di vista economico rispetto all’osservanza delle stesse; sia, soprattutto, nell’ipotesi in cui l’incidente sia stato causato, da una o più persone gravate da posizione di garanzia nell’ambito dell’impresa, tramite la realizzazione di una condotta che non era orientata al risparmio dei costi o dei tempi bensì risultava più semplicemente negligente.

Viceversa un’altra parte della dottrina ritiene che un siffatto orientamento ermeneutico finisce per favorire quella tendenza della prassi applicativa strumentalmente protesa a «ricavare margini di irresponsabilità della persona giuridica»71: il criterio ascrittivo così concepito assume una connotazione restrittiva che determina un vuoto di tutela rispetto a quelle vaste aree di casistica colposa nell’attività lavorativa (si pensi alle ipotesi di erronea valutazione dei rischi o di omessa vigilanza sull’effettivo utilizzo di dispositivi antinfortunistici) o ad inosservanze di cautele che spesso sfuggono alle maglie repressive della criminalità colposa individuale (si pensi al settore della prevenzione delle malattie professionali)72.

69 Cfr. G. Amarelli, I criteri oggettivi di ascrizione del reato all’ente collettivo ed i reati in materia di sicurezza sul lavoro, cit., p. 31.

70 Così G. Amarelli, ibidem.

71 A. Gargani, Responsabilità collettiva da delitto colposo d’evento: i criteri di imputazione nel diritto vivente, cit., p. 9.

Alla luce di questa lettura meramente economicistica, infatti, persino nel classico caso di accadimento di un infortunio a seguito di un’errata o lacunosa valutazione del rischio, non consapevole e non preordinata, risulterebbe difficile riscontrare il requisito dell’interesse; sicchè pardossalmente in una simile evenienza, anche se venisse accertata la responsabilità per colpa (incosciente) del datore di lavoro-persona fisica, non sarebbe possibile chiamare a rispondere l’ente dell’evento occorso, nonostante risulti provata la colpa di organizzazione73.

Si tratta, precisamente, dell’ipotesi che viene in rilievo nella sentenza della Corte d’Assise di Torino avente ad oggetto il caso Thyssenkrupp, la quale in relazione ai criteri ascrittivi di cui all’art. 5 afferma: «le gravissime violazioni della normativa antinfortunistica ed antincendio, le colpevoli omissioni, sono caratterizzate da un contenuto economico rispetto al quale l’azienda non solo aveva interesse, ma se ne è anche avvantaggiata, sotto il profilo del considerevole risparmio economico che ha tratto omettendo qualsiasi intervento nello stabilimento di Torino, oltre che dell’utile contemporaneamente ritratto dalla continuità della produzione»74.

73 Cfr. M.N. Masullo, ivi, p. pp. 123-124. Cfr. in tal senso anche A. Gargani, Delitti colposi commessi con violazione delle norme sulla tutela della sicurezza sul lavoro: responsabile “per defizione” la persona giuridica?, cit., p. 1958, laddove l’Autore afferma: «Sfuggono francamente le ragioni per le quali

occorrerebbe escludere la responsabilità allorquando il mancato adeguamento alle norme prevenzionali dipenda dalla trascuratezza del complesso apparato di gestione del rischio e ciò non si traduca in un effettivo risparmio di spesa per l’ente: tenuto conto del rango costituzionale dei beni in gioco, non sembra ammissibile far dipendere l’irrilevanza penale e la frammentarietà del sistema da fattori, che, in una sorta di contrappasso, sembrano in realtà gravati da una tara ideologica: il fine di ―retribuire‖ la logica del profitto alla base della commissione degli illeciti presupposto»; nonché G. De Vero, La responsabilità

penale delle persone giuridiche, cit., p. 280, il quale, a conclusione delle sue considerazioni sulla vexata quaestio della presunta incompatibilità dei criteri d’imputazione di cui all’art. 5 con la struttura del reato

colposo, chiosa: «Basta ricordare che il criterio di collegamento in parola postula semplicemente che il fatto, anche colposo, sia stato commesso dal soggetto qualificato nell’espletamento delle sue attività istituzionali , proprie dell’ente di appartenenza, senza indagare né su particolari finalità avute di mira dall’agente individuale, né tanto meno su concreti vantaggi che la persona giuridica abbia tratto dall’accaduto: prospettiva, ques’ultima, quasi raccapricciante nella sua pretesa rilevanza selettiva, se comparata con l’elevato spessore dei beni giuridici in gioco».

Sul punto cfr. altresì D. Pulitanò, Responsabilità degli enti e reati colposi, cit., pp. 248-249, laddove l’Autore rispetto al binomio interesse-vantaggio interpretati in chiave economica sviluppa incisivamente le seguenti riflessioni: «Il criterio dell’interesse è parso di più problematica applicazione a reati colposi, soprattutto qualora se ne accolga un’interpretazione soggettiva, legata a motivi soggettivi dell’autore del reato (diversamente dal vantaggio, che è da valutare ex post, in base ai concreti effetti del reato). […] Nel collegamento con reati colposi emerge con particolare evidenza la scarsa ragionevolezza di una interpretazione soggettiva dell’interesse, e la preferibilità di una obiettivazione di tale criterio: è sufficiente che il fatto dell’autore del reato sia, ad una valutazione ex ante, potenzialmente funzionale alla gestione dell’ente per il suo contenuto oggettivo»; successivamente, prospettando la questione in oggetto in un’ottica di riforma, aggiunge: «Il riferimento a un interesse o vantaggio legato alla condotta inosservante è un criterio assai restrittivo: l’ente può rispondere soltanto per eventi cagionati da carenze strutturali, la cui eliminazione avrebbe comportato (dovuto comportare) dei costi, non risponde invece in nessun caso

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