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L’espansione del diritto penale nella società postindustriale

LA RESPONSABILITÀ DA REATO DELLE ORGANIZZAZIONI COMPLESSE NELLA LOGICA PRECAUZIONALE

2. L’espansione del diritto penale nella società postindustriale

In coerenza con l’assunto tematico oggetto della presente trattazione, occorre adesso polarizzare l’attenzione sull’insorgenza nello scenario penalistico di alcuni fenomeni che hanno sconvolto nel nostro tempo l’identità tradizionale della disciplina penale, quali: l’ipertrofica espansione della legislazione penale, il passaggio dalla logica del pericolo alla prospettiva del rischio, l’irruzione del principio di precauzione.

Questa scelta è motivata dalla circostanza che tali fattori informano la peculiare produzione legislativa, finalizzata a disciplinare la gestione del rischio nell’attività d’impresa, che costituisce il principale punto di riferimento normativo del presente studio, ossia: il Tusl, il cui modello partecipativo del rischio, incentrato sull’obbligo datoriale di ―valutazione di tutti i rischi‖, rientra nello «schema di una precauzione regolamentata» nonché il d.lgs. 231/2001 in cui «è possibile rinvenire manifestazioni di un sistema di colpevolezza fondato sulla violazione di regole tipicamente cautelative e in questo senso precauzionali»37.

Entrando nel merito dell’espansione del diritto penale, va detto che si tratta di un fenomeno contraddistinto da una fisionomia polimorfa che, coinvolgendo diversi settori disciplinari, ormai da tempo accomuna il dibattito politico-criminale proprio della maggior parte degli ordinamenti occidentali contemporanei38.

La sua complessa eziogenesi, alimentata dal concorso di fattori eterogenei che si sono accumulati progressivamente dagli anni ’70 del Novecento ad oggi, trova la sua radice nei cambiamenti indotti dall’odierna trasformazione del sistema capitalistico di produzione, che si riflettono sul piano sovrastrutturale; in tal senso si prospetta l’ipotesi di interpretare il fenomeno in oggetto come espressione di «una mutazione strutturale del sistema punitivo, che interessa l’attuale fase di sviluppo dell’intera società capitalistica occidentale»39.

37 M.N. Masullo, Colpa penale e precauzione nel segno della complessità. Teoria e prassi nella responsabilità dell’individuo e dell’ente, E.S.I., Napoli, 2012, pp. 21-22. Sul punto l’Autrice, continuando,

precisa: «Si allude ai contenuti essenziali e non derogabili (nel senso di non affidati all’attività di libera pianificazione del singolo ente) del modello di organizzazione e gestione […]. La prevenzione del mero ―rischio‖ si annida chiaramente nella parte dedicata alle previsione di misure generali di tipo procedimentale».

38 Cfr. V. Militello, Moderne tendenze di politica criminale e trasformazioni del sistema penale, cit., p.

VII.

39 In questi termini si esprime, alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, A. Baratta nella Presentazione a:

S. Moccia, La perenne emergenza. Tendenze autoritarie nel sistema penale, E.S.I., Napoli, 1997, p. XX; sul punto l’Autore precisa ulteriormente: «Le punte più avanzate di questo sviluppo autoritario della giustizia criminale possono essere individuate, negli ultimi tempi, nell’ Inghilterra thatcheriana e negli Stati Uniti di Reagan» (ibidem). Cfr. anche G.Q. Olivares, I reati di pericolo nella politica criminale del

nostro tempo, in L. Stortoni, L. Foffani, a cura di, Critica e giustificazione del diritto penale nel cambio di secolo. L’analisi critica della scuola di Francoforte. Atti del convegno di Toledo del 13-15 aprile 2000,

In un’epoca di ―crisi‖ (cioè di transizione verso nuovi equilibri) quale è la nostra, caratterizzata dalla polarizzazione sociale, dalla competizione tra le varie lobby di potere e dall’impotenza dello Stato a fronteggiare questi fenomeni, il diritto penale cessa di assolvere il ruolo di ultima ratio, che ad esso è proprio nella concezione liberale classica, ed assurge a prima ratio, per cui viene inteso come panacea con cui si pretende di affrontare i più diversi problemi sociali40; esso, operando in una logica di ―efficientismo simbolico‖, viene utilizzato dal potere quale strumento al contempo repressivo, attraverso l’innalzamento del livello qualitativo e quantitativo delle pene, e simbolico, mediante il ricorso a ―leggi-manifesto‖ finalizzate a sedare l'istanza di sicurezza proveniente dal corpo sociale41.

Una peculiare manifestazione di ipertrofia penalistica utilizzata come strumento di potere dalla «politica-spettacolo», che nel nostro Paese ha all’attivo ormai una lunga storia, è rappresentata dal c.d. «diritto penale dell’emergenza», il quale si traduce in una prassi legislativa che non solo reca testimonianza della violazione reiterata dei principi garantistici della Costituzione ma altresì reca congenitamente il marchio dell’ineffettività.

Nel merito si rileva che la posta in gioco messa a repentaglio da una siffatta modalità involutiva del sistema penale è costituita esattamente dalle garanzie individuali che, poste a difesa dell’uomo contro le prevaricazioni statuali, costituiscono «l’espressione più significativa di quel lungo e tormentato processo evolutivo che ha caratterizzato lo svolgersi della civiltà giuridica contemporanea»42.

Giuffrè, Milano, 2004, p. 347, il quale sul punto osserva: «Non deve stupire che dai settori più critici e meno ingenui della nostra scienza, si denunci la contraddizione esistente tra il modello di sviluppo capitalista, che oggi si lancia verso il neoliberismo più crudo con la sistematica distruzione dello stato sociale e che assume questo pericolo come prezzo necessario […] di una determinata concezione del progresso, e la ipocrita promessa dei legislatori di irrobustire la tutela di beni giuridici emergenti come, ad esempio, l’ambiente o le risorse naturali».

40 Cfr. A. Baratta, La politica criminale e il diritto penale della Costituzione. Nuove riflessioni sul modello integrato di scienze penali, in S. Canestrari, a cura di, Il diritto penale alla svolta di fine millennio. Atti del Convegno in ricordo di Franco Bricola (Bologna, 18-20 maggio 1995), Giappichelli, Torino, 1998, p. 37. 41 Cfr. A. Baratta, ivi, p. 36, il quale sul punto specifica: «I termini ―efficientismo‖ o ―funzionalismo‖

designano forme di perversione oggi diffuse in Europa e in America, cioè in Paesi le cui Costituzioni contengono i principi dello Stato sociale di diritto e del diritto penale liberale. L’efficientismo penale costituisce una forma nuova di diritto penale dell’emergenza, degenerazione che da sempre ha accompagnato la vita del diritto penale moderno. Nonostante la specificità dei conflitti che esistono nei diversi Paesi dell’area europea e americana, l’efficientismo rappresenta il denominatore comune della conflittualità legata ad una duplice crisi: in primo luogo, la crisi del sistema economico-sociale prodotta dalla globalizzazione e dalle politiche neoliberiste dominanti il mercato e, in secondo luogo, la crisi della politica, dei partiti, del sistema rappresentativo. I conflitti, dovuti alla distorsione dello sviluppo economico, non trovano più alcuna mediazione adeguata nel sistema politico».

42 S. Moccia, Aspetti involutivi del sistema penale, in S. Canestrari, a cura di, Il diritto penale alla svolta di fine millennio, cit., p. 265. Sul punto cfr. anche Id., La 'promessa non mantenuta'.Ruolo e prospettive del principio di determinatezza/tassatività nel sistema penale italiano, E.S.I., Napoli, 2001, p. 107 ss. sulla

«crisi delle garanzie nella politica criminale postmoderna», nonché Id., La perenne emergenza. Tendenze

autoritarie nel sistema penale, cit., pp. 1-27; in particolare l’Autore, richiamando il magistero di Roxin, ci

ricorda: «‖La giustizia penale è un male necessario, se essa supera i limiti della necessità resta soltanto il male‖, questa profonda verità – che sintetizza le aspirazioni ad un diritto penale laico, liberale, minimo, ma anche razionale ed efficiente – rappresenta in maniera impeccabile una realtà normativa e culturale che

Nondimeno, al di là dell’utilizzo politico del diritto penale quale strumento per eludere sul piano simbolico il costo economico di una protezione effettiva, sotto il profilo propriamente sovrastrutturale tra i diversi caratteri individuabili quali fattori di espansione del diritto penale, che connotano la società postindustriale, l’elemento decisivo va identificato nella crescita esponenziale della domanda sociale di «sicurezza»43; un «bene», questo, che da istanza settoriale oggetto di leggi speciali o di provvedimenti di ordine pubblico, non solo si è imposto come esigenza diffusa che sollecita il ricorso allo strumento penale in svariati ambiti disciplinari (quali: sicurezza sul lavoro, sicurezza dell’ambiente, sicurezza del prodotto, inquinamento elettromagnetico, etc.), ma addirittura ha subito una vera e propria mutazione genetica, assurgendo al rango di diritto fondamentale.

Infatti, nella logica dell’anticipazione della tutela dall’evento lesivo alla condotta pericolosa il «bene-sicurezza», attraverso l’ancoraggio costituzionale dei diritti fondamentali, già durante lo scorcio conclusivo del Novecento, cessa di essere un mero «obiettivo del contratto sociale» delegato all’intervento politico dello Stato e, assumendo una valenza giuridica sempre più cogente, viene elevato al rango di «diritto anch’esso fondamentale: diritto fondamentale e collettivo dei singoli e dovere dello Stato»44.

Una siffatta metamorfosi valoriale trova la sua spiegazione nella storica circostanza che il bisogno di sicurezza non solo ha modificato il «ruolo del diritto penale nella rappresentazione che di esso hanno larghi strati della società»45 ma ha registrato una diffusione sociale talmente esorbitante da incidere persino sulle scelte politiche della sinistra europea, pure essa sedotta dalla parola d’ordine «Sicherheit durch strafrecht» nella convinzione che per tal via si possano tutelare anzitutto gli interessi dei più deboli; sicché il mutamento di opinione, che si è prodotto, è di tale portata che ha generato il paradosso per cui «coloro i quali a suo tempo ripudiavano il diritto penale come braccio armato delle classi potenti contro le classi ―subalterne‖, oggi reclamano proprio il diritto

vede nel rispetto dell’uomo e delle sue prerogative di autonomia e dignità, in un contesto di solidarietà, la realizzazione di un comune, alto ideale di civiltà e di democrazia» (ivi, p. 24).

43 Sul punto cfr. M. Donini, La sicurezza come orizzonte totalizzante del discorso penale, in M. Donini,

M. Pavarini, a cura di, Sicurezza e diritto penale, B.u.p., Bologna, 2011, p. 17, il quale osserva: «Che si tratti della criminalità di strada a base violenta, o di quella più organizzata, di ―normali‖ furti in appartamento, scippi, di stranieri illegalmente presenti sul territorio, di recidivi specifici o reiterati o comuni, di reati sessuali o di incidenti sul lavoro, il passepartout mediatico di tutte le misure sostanziali o processuali ―di lotta‖ contro questi fenomeni è appunto la sicurezza. Parola d’ordine o parola magica, essa viene periodicamente evocata come un bisogno collettivo al quale campagne di stampa spesso di lungo corso (ricordo quella solo sulle morti bianche, comprensive, come noto, anche delle statistiche sugli incidenti in itinere…) forniscono periodicamente i materiali più diversi».

44 M. Donini, ivi, p. 14.

45J.M. Silva Sánchez, L’espansione del diritto penale. Aspetti della politica criminale nelle società

penale contro le classi potenti»46, auspicando la flessibilizzazione delle garanzie classiche dello Stato di diritto in quanto ritenute eccessivamente rigide.

A loro volta i vari governi, che si avvicendano nelle singole realtà nazionali, lungi dal potere soddisfare tale ansia diffusa di sicurezza, tendenzialmente non solo finiscono per assecondare un’irrazionale deriva securitaria, ma addirittura contribuiscono ad alimentarla illudendosi di poterla gestire con una politica di proclami populistici; in tal senso, peraltro, concorrono in maniera decisiva sia il processo di globalizzazione delle decisioni politico-economiche sia l’evoluzione dell’integrazione sovranazionale europea, che con ogni evidenza stanno svolgendo un ruolo di «moltiplicatori» espansivi del fenomeno in oggetto47.

Nel merito è opportuno ricordare che l’Unione Europea da tempo ha fatto proprio un orientamento interventista teso a sollecitare i Paesi membri ad utilizzare lo strumento penale, «cavalcando quella politica securitaria, che fa della sicurezza un bene meritevole di tutela»48; sicché non sorprende la circostanza che in reazione a tale prassi in dottrina sia insorta l’esigenza di promuovere iniziative collettive per richiamare il legislatore comunitario al rispetto del principio di extrema ratio, soprattutto dopo che a seguito del Trattato di Lisbona è stata riconosciuta al legislatore comunitario una competenza, sia pure indiretta, in materia penale49.

46 J.M. Silva Sánchez, ivi, p. 36. Tra l’altro l’Autore, nella descrizione del diffuso clima di tolleranza-zero

nei confronti del crimine, riporta che «uno degli slogan più popolari nel congresso del Labour Party britannico del 1997 fu proprio quello del ―Tough on crime, tough on the causes of crime» (p. 38).

47 Cfr. J.M. Silva Sánchez, ivi, pp. 49-74. Nel merito l’Autore si spinge ad affermare: «È possibile

pronosticare che il diritto penale della globalizzazione e dell’integrazione sovranazionale sarà un diritto sicuramente più unificato, ma anche meno garantista, nel quale si renderanno flessibili le regole di imputazione e nel quale si relativizzeranno le garanzie politico-criminali, sostanziali e processuali. A questo riguardo, pertanto, il diritto penale della globalizzazione non farà altro che accentuare la tendenza, che già si avverte nelle legislazioni nazionali, in particolare nelle ultime leggi in materia di lotta contro la criminalità economica, la criminalità organizzata e la corruzione» (p. 50). In questa prospettiva, peraltro, l’Autore individua un esatto legame tra il fenomeno della criminalità transnazionale e le istanze di tutela che attualmente vengono delegate al diritto penale, sì da potere affermare che: «Il paradigma del diritto penale della globalizzazione è […] il reato economico organizzato, sia nella sua modalità imprenditoriale convenzionale, sia nelle forme della cosiddetta macrocriminalità: terrorismo, narcotraffico o criminalità organizzata (traffico di armi, donne o bambini). La delinquenza della globalizzazione o è delinquenza economica, cui si tende ad accordare meno garanzie data la minore gravità delle sanzioni previste, o è criminalità riconducibile all’ambito della legislazione ―eccezionale‖, cui si tende ad assegnare meno garanzie, dato l’enorme potenziale di pericolosità di cui essa è portatrice» (p. 71). Cfr. sul punto infra nel presente Cap. § 3 avente ad oggetto il ruolo del rischio e del principio di precauzione nel contesto della transizione dallo Stato di diritto allo Stato di prevenzione.

48 A.M., Maugeri, Il principio di proporzione nelle scelte punitive del legislatore europeo: l’alternativa delle sanzioni amministrative comunitarie, in G. Grasso, L. Picotti, R. Sicurella, a cura di, L’evoluzione del dritto penale nei settori d’interesse europeo alla luce del Trattato di Lisbona, Giuffrè, Milano, 2011, p. 67. 49 Cfr. in tal senso AA. Vv., European criminal policy initiative. Manifesto sulla politica criminale europea, in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, p. 1262 ss. Si tratta di un documento, redatto da un gruppo di

illustri penalisti provenienti da dieci Paesi europei, il quale, proponendosi quale manifesto di preoccupata denuncia indirizzata all’opinione pubblica europea, avanza di fatto una proposta di equilibrata politica criminale europea indirizzata al legislatore comunitario. Detta proposta viene presentata sotto forma di accademica illustrazione dei principi fondamentali della politica criminale nello Stato di diritto, cui fa seguito un commentario nel quale si effettua un esame degli atti normativi proposti o già adottati dal legislatore europeo in materia penale. Nel merito, pur segnalando gli aspetti positivi della politica

Relativamente a tale riconoscimento, peraltro, va segnalato che le nuove prerogative dell’UE in materia penale in ogni caso sono destinate ad alimentare il fenomeno dell’ipertrofia penale, in quanto detta novità comporta «problematici pericoli di ipercriminalizzazione senza ritorno, nel senso che le norme penali nazionali emanate in attuazione degli obblighi comunitari di tutela penale non potrebbero essere oggetto di depenalizzazione per evitare un inadempimento sopravvenuto»50.

3. Il ruolo del rischio e del principio di precauzione nel contesto della transizione

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