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LA COSTRUZIONE DELLA RESPONSABILITÀ DA REATO DELL’ENTE COMPIUTAMENTE PERSONALE

2. Le diverse forme di colpevolezza dell’ente elaborate dalla dottrina tedesca Nel percorso di costruzione di un modello di responsabilità da reato dell’ente

2.3. La prospettazione di una responsabilità penale dell’ente de lege ferenda 1 Il concetto sociale di colpevolezza di Müller

2.3.2. La teoria della colpevolezza funzionale di Jakobs

Il paradigma di colpevolezza funzionale delle persone giuridiche ideato da Jakobs trova le sue premesse teoriche nel pensiero di Luhmann, che prospetta la rifondazione della riflessione sociologica giuridica e politica su nuove basi attraverso la teoria generale dei sistemi, affrancandola dall’influenza del pensiero sociale storicistico e umanistico di ascendenza marxiana e weberiana ritenuto inadeguato a decrittare la realtà complessa delle moderne società postindustriali.

In particolare, alla luce della teoria dei sistemi il diritto viene concepito «come strumento di stabilizzazione sociale, di orientamento dei comportamenti dei singoli e di istituzionalizzazione delle aspettative della collettività»115.

In questo ordine di idee la categoria della colpevolezza funzionale di Jakobs trova il suo fondamento nella «prevenzione generale e secondo questa viene appunto graduata»116; «rotti del tutto i ponti con la tradizione dogmatica precedente, la tesi di fondo ruota intorno all’idea che la copevolezza è completamente derivabile dalla prevenzione generale e alla sua stregua è altresì graduabile (in quest’ottica, la colpevolezza conserverebbe un ruolo limitativo soltanto rispetto alla mera intimidazione e alla prevenzione speciale)»117.

113G. De Simone, Persone giuridiche e responsabilità da reato, cit., nt. 394, p. 192.

114 Così G. De Simone, ibidem, richiamando sul punto recenti osservazioni di S. Kindler, Das Unternehmen als haftender Täter, Baden-Baden, 2008, p. 242.

115 Così C. de Maglie, L’etica e il mercato, cit., p. 365, richiamando sul punto N. Luhmann, Sociologia del diritto, Laterza, Roma-Bari, 1977, passim.

116 G. Jakobs, Schuld und Prävention, Tübingen, 1976, p. 9. Sul punto cfr. G. Stratenwerth, Il concetto di colpevolezza nella scienza penalistica tedesca, cit., p. 223, il quale nel merito rileva: «Sulla scorta di

Niklas Luhmann, Jakobs parte dal presupposto che il conflitto con le nostre aspettative rappresentato da un comportamento deviante debba in qualche modo venire elaborato, e a questo servirebbe tra l’altro – se non si vuole rinunciare alla norma – la strategia di rendere l’agente responsabile del suo compotamento, cioè di dichiararlo colpevole. Questo avviene nella misura in cui non si riesca o non sembri opportuno disinnescare il contrasto in altro modo, ad esempio trattando l’agente come un malato di mente. Rafforzare la validità della norma, stabilizzarla, è definita prevenzione generale positiva, e solo a questo scopo deve servire il giudizio di colpevolezza rispetto al comportamento contrario alle norme, soltanto questo scopo deve costituire il contenuto del concetto di colpevolezza: ―l’oggetto della valutazione è ormai solo una costruzione‖».

Questo significa che «la colpevolezza serve alle esigenze di prevenzione generale: la sua struttura e i suoi contenuti sono interamente ricostruibili partendo dalla finalità della prevenzione; in quanto mero ―sottosistema‖, che deriva completamente dalla prevenzione, costituisce la sede in cui si determina – in base alle finalità dell’ordinamento – se l’autore del reato debba o non debba essere punito»118.

Una siffatta teoria si configura quindi come espressione di quell’idealtipo del diritto penale moderno, che «persegue come finalità precipua la prevenzione generalizzata: ad ogni costo e a tutto campo »119 ; non a caso sotto questo profilo si coglie «una curiosa – quanto certamente involontaria simmetria»120 tra la tesi del penalista tedesco e la preventive fault dei giuristi nordamericani.

In particolare, con riferimento alla capacità di azione dell’ente, muovendo da premesse sistemiche, sotto il profilo sostanziale non si rileva alcuna differenza «tra l’agire illecito di una persona fisica e quello di un ente giuridico, perché ciò che rileva, ai fini della configurazione dell’azione tipica, è solo l’esistenza di un sistema, che dev’essere valutato alla stregua degli effetti che esso produce nel mondo esterno»; questo significa che la proiezione esterna del sistema, «sia esso composto – come nelle persone fisiche – di psiche e di fisicità, sia esso composto – come nelle persone giuridiche – di costituzione e di organi, rappresenta l’azione, intesa come espressione di senso (Sinnausdruk) di quel sistema»121.

In questa prospettiva dunque, sia con riferimento all’azione illecita della persona fisica che a quella della persona giuridica, viene in rilievo «un comportameto sistemico» che, nella misura in cui si configura come espressione di senso di un determinato sistema, può costituire «oggetto di una valutazione in termini penalistici»122.

118 Così C. de Maglie, L’etica e il mercato, cit., p. 365, richiamando G. Jakobs, Strafrecht, A.T., Die Grundlagen und die Zurechnunslehre, 1991, p. 476 ss.

119 Cfr. C.E. Paliero, L’autunno del patriarca. Rinnovamento o trasmutazione del diritto penale dei codici?, cit., p. 1228, il quale al riguardo, traendo spunto dalla moderna politica criminale in materia

ambientale, in generale osserva: «il diritto penale non funge più da presidio della stabilità sociale acquisita dalla collettività, bensì da strumento di socializzazione, da vettore di stabilizzazione sociale – si porta cioè all’avanguardia, per indurre ex novo, con l’arma della pena, processi di civilizzazione del costume sociale, ovvero per cauterizzare profilatticamente i focolai di possibili conflittualità future».

120 Cfr. C.E. Paliero, C. Piergallini, La colpa di organizzazione, cit., p. 170, i quali però, con riferimento

alla preventive fault, sottolineano che: «a differenza della ―colpa di organizzazione― elaborata in Europa, quella nordamericana utilizza, come supporto materiale della categoria, gli ormai noti compliance

programs, che rappresentano altrettanti criteri di commisurazione del grado di diligenza organizzativa

posta in essere dall’ente». Al riguardo cfr. anche C. de Maglie, L’etica e il mercato, cit., p. 364, la quale sul punto sostiene che «la categoria della ―colpevolezza preventiva‖ trova una conferma dommatica importante nella teoria della ―colpevolezza funzionale‖ di Jakobs».

121 G. De Simone, Persone giuridiche e persone sociali, cit., p. 193.

122 G. De Simone, ivi, p. 164. Sul punto l’Autore osserva ulteriormente che la distanza che intercorre tra il

concetto di capacità di azione di questa costruzione sistemica e quello peculiare della teoria organicistica in fondo risulta meno di quanto si possa di primo acchito immaginare, in quanto, al di là della diversa giustificazione teorica, «il risultato è sostanzialmente lo stesso: la configurazione di una responsabilità personalisticamente mediata, i cui presupposti, peraltro, in tal caso risultano particolarmente stringenti. Solo le azioni dell’organo, e solo quelle conformi alle regole statutarie, potrebbero considerarsi come proprie della societas».

A sua volta, con riferimento al profilo della colpevolezza vengono in rilievo gli «interna» del sistema, nel senso che insorge il problema di accertare se «l’azione antigiuridica possa essere considerata come espressione di una mancanza di fedeltà al diritto»; sicché in questa logica la colpevolezza si configura come un mero «derivato della prevenzione generale» e nello specifico «viene motivata attraverso il richiamo alla prevenzione generale positiva, intesa come mantenimento del riconoscimento generale delle norme e misurata secondo le esigenze della prevenzione»123.

Ora, se è vero che non sussiste alcuna differenza tra la colpevolezza delle persone fisiche e quella delle persone giuridiche alla luce del fatto che entrambe si definiscono «in funzione delle esigenze della prevenzione generale positiva», nondimeno secondo Jakobs vi è la possibilità di distinguere la colpevolezza dell’ente da quella dei suoi organi attraverso il ricorso a «situazioni scusanti», come, ad esempio, l’«ipotesi in cui l’organo sia stato imposto alla persona giuridica»: in tale evenienza «le sue azioni saranno certo anche azioni della persona giuridica, ma non potranno ricondursi a caratteristiche che sono proprie di questa»124.

Ebbene, quest’idea di colpevolezza funzionale, nonostante abbia avuto una larga risonanza soprattutto nella cultura penalistica spagnola125, è stata oggetto di aspre critiche sia per le forti riserve che desta con riferimento alla responsabilità della persona fisica126, sia per il rischio che comporta di «razionalizzare l’esistente», ossia di darne una giustificazione fornendo «un chiarimento esplicativo formale per qualsiasi soluzione il legislatore abbia inteso adottare»127, per cui in questo senso «perderebbe il suo autentico

123 G. De Simone, ibidem. 124 G. De Simone, ivi, p. 194.

125 Al riguardo va segnalato il contributo monografico di S. Bacigalupo, La responsabilidad penal de las personas jurídicas, Barcellona, 1998.

126 Cfr. sul punto G. Fiandaca, Considerazioni su colpevolezza e prevenzione, cit., pp. 861-862, laddove

l’Autore con riferimento al concetto di colpevolezza funzionale osserva: «Se la colpevolezza è uno strumento di elaborazione di delusioni sociali non compensabili per altra via, ne deriva che il relativo contenuto deve essere determinato interamente alla stregua dello scopo perseguito: oggetto della valutazione non è più la possibilità di agire diversamente dell’agente concreto, bensì un ―costrutto‖ che riflette un giudizio di colpevolezza ridotto a fenomeno sociopsicologico di ascrizione normativa finalizzata a scopi di stabilizzazione sociale». Una siffatta costruzione teorica comporta quindi che «l’individuo degrada a ―sottosistema psico-fisico‖, assunto a centro di imputazione di responsabilità in quanto strumento di una punizione simbolica e di una funzione preventivo-integratrice»; con la conseguenza che «la colpevolezza si depriva di supporti empirici riferiti all’autore e il suo guscio vuoto finisce col racchiudere una mera esigenza di imputazione formale: l’esigenza cioè che qualcuno sia chiamato a rispondere personalmente del fatto lesivo, per esigenze normativo-sociali che hanno a che fare poco con il soggetto che ha delinquito e molto, invece, con i bisogni collettivi di punizione».

127 Cfr. T. Padovani, Teoria della colpevolezza e scopi della pena, in Riv. it. dir. proc. pen., 1987, p. 822, il

quale sul punto sottolinea che tale rischio si evidenzia in particolare nella teoria funzionalistica della colpevolezza elaborata da Jakobs, secondo cui la colpevolezza, subordinata alle esigenze di prevenzione generale, «consiste nell’indicazione del soggetto che deve essere punito al fine di mantenere la generale fiducia nelle norme e di ―esercitare‖ il loro riconoscimento, e cioè in un giudizio di ascrizione legale determinato dalla delusione delle aspettative normative. Essa si risolve perciò nell’accertamento ―di quante pressioni sociali possono essere attribuite al reo interessato all’imputazione di colpevolezza e di quante peculiarità perturbanti possono essere accettate dallo Stato e dalla società o sopportate da terzi, ed anche dalla vittima stessa‖. Quale che sia il contenuto materiale di tali ―pressioni‖ o di tali ―peculiarità perturbanti‖, il giudizio di ascrizione normativa è sempre ugualmente fondato, perché in ogni caso si potrà

significato, che sta, per l’appunto, nel porre dei limiti alla prevenzione generale in considerazione del rispetto che si deve alla persona dell’autore del fatto»128.

Nondimeno vi è chi ritiene che si possa rivelare «―modernissima‖ con riferimento alle persone giuridiche», in considerazione del fatto che, nell’ipotesi in cui «sia necessario penetrare i meccanismi di organizzazione dell’ente, perderebbe ogni rilevanza la tradizionale questione relativa alla ―libertà del volere‖, assorbita, per così dire, dalla forza pervasiva dell’idea della ―prevenzione‖, rispetto alla quale la colpevolezza si collocherebbe in funzione dichiaratamente ―servente‖»129.

E tutto ciò a prescindere dalla circostanza che la teoria in questione è stata ad un certo punto rinnegata dal suo ideatore. Si dà il caso infatti che Jakobs in tempi relativamente recenti ha abiurato il suo credo dogmatico, operando la «conversione della sua teoria penale da Luhmann a Hegel, che lo ha portato da una giustificazione orientata alle conseguenze ad una giustificazione assoluta della pena»130, ossia svincolata da qualsiasi scopo.

In seguito a questa inversione di rotta detto Autore, richiamando in auge le tradizionali obiezioni relative all’incapacità di azione e di colpevolezza delle persone giuridiche, ha fatto propria la tesi secondo cui societas puniri non potest131 e ha prospettato nei confronti dell’ente la possibilità del «ricorso a sanzioni diverse dalle pene, la cui applicazione dovrebbe avere come presupposto la pericolosità dell’attività di gestione dell’impresa»132.

parlare di ―delusione delle aspettative‖, ponendo tra parentesi il contenuto materiale che giustifica e legittima sostanzialmente l’aspettativa stessa».

128 G. De Simone, Persone giuridiche e responsabilità da reato, cit., p. 195.

129 Così C.E. Paliero, C. Piergallini, La colpa di organizzazione, cit., p. 170. Cfr. in questo senso anche G.

De Simone, Persone giuridiche e responsabilità da reato, cit., p. 194, il quale sul punto afferma: «questo peculiare Schuldbegriff, pensato, al più presto, per le persone fisiche, si presta ad essere adattato, senza alcuna difficoltà, anche ai soggetti metaindividuali. Proprio per questo non è neppure da temere alcun effetto negativo riflesso, sul terreno dell’Individualstratrefrecht, a seguito del riconoscimento della capacità di colpevolezza della societas».

130 Così G. De Simone, Persone giuridiche e responsabilità da reato, cit., p. 28, nt. 49 richiamando B.

Schünemann, Strafrechtliche Sanktionen gegen Wirtschaftusunternehmen?, cit., p. 435. Al riguardo cfr. W. Hassemer, Principio di colpevolezza e struttura del reato, in Arch. pen., 1982, pp. 62-63, laddove l’Autore si sofferma sulla distinzione tra teorie ―moderne‖ e teorie ―classiche‖ della pena. Sul punto in particolare si precisa che «le c.d. teorie ―moderne‖ della pena, ossia quelle che fanno leva sulla prevenzione speciale e sulla prevenzione generale […] dicono alcunché sugli scopi che la pena deve perseguire», per cui «vengono definite teorie ―relative‖: riferite ad uno scopo». «Queste concezioni sono in armonia con i tempi. Non a a caso si fondano, nelle loro enunciazioni di più ampia portata, sulla teoria funzionale di Luhmann». «Al contrario, le teorie ―classiche‖, fondate sull’idea di retribuzione ed espiazione, sono inidonee a circoscrivere il concetto del ―generelles Andeshandelnkönen‖ ed a concretizzare così il giudizio di colpevolezza. Esse sono teorie ―assolute‖: svincolate dalla persecuzione di qualsiasi scopo».

131 Cfr. sul punto G. De Simone, ivi, p. 165, laddove l’Autore con riferimento a questo cambiamento di

rotta puntualizza che secondo l’ultimo Jakobs: «l’imputazione dell’azione in un’organizzazione altrui […] andrebbe esclusa allorchè la condotta è intesa cogentemente dal diritto come azione nella propria organizzazione. Una punizione della persona giuridica dovrebbe, pertanto, portare ad escludere la pena nei confronti dell’organo che ha materialmente agito, ma ciò […] sarebbe inaccettabile».

2.3.3. L’illecito di sistema e la colpevolezza per il carattere dell’ente secondo Lampe

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