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Capitolo IV L'armistizio ed il ritorno alla Grecia

4.1 L’aiuto tedesco

Mentre il Comando Superiore continuava a richiedere l’invio di rinforzi, questi arrivarono dai tedeschi. Essi consideravano il Dodecaneso strategicamente mol- to importante e con il pretesto di portare aiuto agli italiani, incominciarono a in- viare piccoli contingenti. Ospiti non molto graditi, avevano dato inizio alla loro penetrazione nel gennaio del 1943 con l’invio a Rodi di due batterie antiaeree. Secondo gli accordi sarebbero dovuti ripartire dopo aver istruito gli alleati ita- liani. Invece rimasero, in previsione dell’arrivo di altre tre batterie. Oltre a que- ste arrivarono nei mesi successivi, sempre senza accordi preventivi, un batta- glione di granatieri e la divisione corazzata “Rhodos”. Nell’isola principale fu- rono dislocati in tutto 7000 uomini e altri 1500 a Scarpanto.

Tali truppe erano state inviate dai tedeschi sia per contrastare le forze alleate, sia per iniziare a prendere numericamente il sopravvento sulle forze italiane, che, secondo le previsioni di Berlino, avrebbero potuto arrendersi al nemico.

Di fronte a questa ingerenza non ci furono reazioni da parte del governo e degli alti comandi italiani, si lamentò soltanto il governatore Campioni. L’ammiraglio cercò di arginare la presenza tedesca, sia per limitare il numero di uomini, sia per contenere la volontà di sopraffazione formale e sostanziale dei comandi te- deschi.

Tuttavia nonostante il suo parere, da Roma arrivò disposizione di accettare que- ste truppe motorizzate, messe a disposizione del comando dell’isola come unità di manovra, teoricamente dipendente per l’impiego dal comandante militare Campioni, per costituire la riserva centrale.

Le possibilità di una difesa efficiente delle isole si ridussero notevolmente dopo le sconfitte subite dall’Asse in Africa settentrionale. Nel novembre 1942, dopo lo sbarco anglo-americano in Algeria e Marocco, territori sotto controllo del re- gime collaborazionista di Vichy, le forze dell’Asse, già sconfitte pesantemente

in Egitto, furono prese tra due fuochi e dopo aver abbandonato la Libia, furono

costrette a ripiegare in Tunisia, dove furono sconfitte nel maggio 1943. Finita la guerra nel teatro africano il Dodecaneso perdeva l’importante appoggio costitui- to dalla Libia, che non avrebbe più offerto il supporto aeronavale per l’azione di disturbo nei confronti della flotta britannica, lasciando così il controllo del Me- diterraneo agli alleati.

Gli anglo-americani, dopo la conquista dell’Africa del nord, progettarono di at- taccare il suolo europeo.

Il 10 giugno 1943 l’isola di Pantelleria, dopo aver subito devastanti bombarda- menti aerei, si arrese e la sua caduta rappresentava il preludio all’invasione della Sicilia.(1)

Il 9 luglio gli anglo-americani sbarcarono sulle coste siciliane. Le forze alleate, nettamente superiori militarmente, riuscirono a costo di pesanti perdite, ad avere ragione della resistenza italo-tedesca, che decise di abbandonare l’isola e di atte- starsi al di là dello stretto di Messina, per meglio organizzare la difesa del conti- nente. Il 17 circa 500 bombardieri alleati effettuarono un’incursione su Roma. Fu emblematico e tragico lo sganciamento di bombe sulla capitale: l’Italia veni- va colpita nel centro nevralgico e le difese antiaeree non erano in grado di offrire nessuna garanzia contro le incursioni nemiche.(2)

Una situazione militare ormai allo sfascio, unita alle posizioni ormai contrarie a Mussolini di Casa Savoia, trovò uno sbocco naturale nel Gran Consiglio del Fa- scismo del 24 luglio,in cui - all’alba del giorno successivo - venne approvato l’ordine del giorno Grandi.(3)

Il nocciolo della proposta Grandi era l’immediato ripristino di tutte le funzioni statali e l’invito a Mussolini di pregare il re affinché assumesse l’effettivo co-

mando delle forze armate, secondo l’articolo 5 dello Statuto del Regno.

Mussolini, prostrato dall’incipiente sconfitta, non solo acconsentì alla convoca- zione del Gran Consiglio ma accettò anche che l’ordine del giorno Grandi fosse messo in discussione e poi votato.

L’ordine del giorno Grandi venne approvato con diciannove voti favorevoli (tra

cui quelli di De Vecchi, De Bono e Ciano). I contrari furono sette, gli astenuti

uno (Suardo). Mussolini non votò.

Il duce respinse come inopportuno il suggerimento del generale Galbiati, co- mandante della milizia, di procedere all’arresto dei firmatari dell’ordine del giorno Grandi, anche per la presenza tra i diciannove dissidenti di ben quattro “cugini del re”: i collari dell’Annunziata Grandi, Ciano, De Vecchi e De Bono. Il 25 luglio Mussolini si recò a Villa Savoia per un colloquio con il re, che aveva fatto sapere, tramite il suo aiutante di campo, generale Puntoni, che lo avrebbe ricevuto alle 16. Puntoni, inoltre, comunicò al duce che Vittorio Emanuele III avrebbe indossato l’abito borghese.

La villa era presidiata come una piazzaforte da soldati e carabinieri.

Il re, contrariamente a quanto aveva comunicato, indossava l’uniforme da Primo Maresciallo dell’Impero, in modo da sottolineare ancora di più il disvalore ge- rarchico tra i due.

Il colloquio avvenne nello studio del re, nel corso del quale Vittorio Emanuele III comunicò al suo ormai ex primo ministro, la sua decisione di sostituirlo con il maresciallo Badoglio.

Mussolini venne arrestato dai carabinieri all’uscita di Villa Savoia e condotto in prigionia inizialmente nelle isole di Ponza e della Maddalena e, dal 28 agosto 1943, sul Gran Sasso.(4)

Per salvare Mussolini, in Italia, non fu sparato un solo colpo di fucile, nemmeno dalla milizia fascista. Al contrario la sua caduta suscitò un giubilo generale tra la popolazione.(5)

e funzionari; il partito fascista fu sciolto e i gerarchi allontanati dai posti chia- ve.(6)

Anche nel Dodecaneso, la caduta di Mussolini venne festeggiata come una festa politica non solo dalla popolazione ma anche dai soldati non rendendosi conto che tale avvenimento sul piano militare metteva in una luce sinistra anche la si- tuazione dei territori controllati dalle truppe italiane.(7)

Il comando supremo tedesco, infatti, già da alcuni mesi aveva iniziato i prepara- tivi per contrastare adeguatamente il prevedibile ribaltamento delle alleanze da parte italiana.

Subito dopo l'arresto di Mussolini, Hitler emanò una serie di direttive finalizzate all'occupazione militare dell'Italia con la subordinazione dei comandi italiani a quelli tedeschi; dal 26 luglio all'8 agosto furono trasferite nella penisola otto nuove divisioni che raddoppiavano il contingente agli ordini del maresciallo Rommel al nord e del maresciallo Kesserling al sud; quasi tutte le principali li- nee di comunicazione stradale e ferroviaria erano controllate dai tedeschi che, di fatto, si comportavano come truppe di occupazione in un paese nemico.

Nei territori presidiati dalle forze italiane (Francia, Corsica, Albania, Croazia, Slovenia, Montenegro, Grecia ed isole dell'Egeo), i tedeschi adottarono la mede- sima strategia.

Le loro truppe, inviate a Rodi e Scarpanto con l’ufficiale compito di collaborare alla difesa di queste isole, si erano attestate nei punti nevralgici e si apprestavano a disarmare i reparti italiani.

Le nostre autorità militari non presero le dovute contromisure dinanzi a questa sempre più evidente invadenza e si fecero ingannare dalla strategia tedesca della cooperazione difensiva.

Il 31 luglio il generale Scaroina, comandante della divisione “Regina”, comuni- còalle proprie truppe alcune disposizioni di questo tenore:

“E’ necessario che i comandi tedeschi, in caso di necessità, possano avere la massima libertà di movimento e siano perfettamente edotti non solo sul terreno su cui dovranno operare ma anche sull’articolazione e la forza dei

reparti responsabili della difesa.

Dispongo quindi che i comandi in indirizzo non lascino niente d’intentato per fare in modo che gli ufficiali tede- schi abbiano sempre un chiaro quadro della situazione e della dislocazione ed entità delle forze impiegate in mo- do tale che i loro reparti possano integrarsi nel nostro sistema difensivo. Desidero che vengano in tale senso in- traprese proprie iniziative in modo che questo obbiettivo possa essere raggiunto nel più breve tempo possibi- le.”(8)