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Capitolo II Lago e De Vecch

2.5 La modernizzazione dell’agricoltura

Per lo sviluppo agrario l’amministrazione militare si era avvalsa dell’azione dell’Istituto Agricolo Coloniale di Firenze. Ne uscirono vari rapporti tecnici re- lativi quasi esclusivamente a Rodi e a Coo, le due sole isole che presentano zone pianeggianti ampie (complessivamente circa 150.000 ha) adatte a un’agricoltura di tipo avanzato.

Già nel 1920 si stava prendendo in esame di adibirle alla coltivazione di tabacco, grano, granturco e alla produzione di olio. Nello stesso anno vennero anche av- viati studi e tentativi per rendere coltivabile una vastissima plaga di una dozzina di chilometri quadrati a Cattavia, il centro più meridionale di Rodi, in una zona paludosa a causa della concentrazione delle acque dei fiumi locali a corso tor- rentizio, impossibilitate a defluire a mare, poiché separate da lievi elevazioni del terreno. Per rendere coltivabile l’area fu iniziato a drenare l’acqua stagnante rac- cogliendola in canali più o meno profondi, e a condurla al mare. La bonifica dell’area fu la premessa per insediare a Cattavia la prima colonia agricola italia- na, permettendo così l’inserimento di circa una cinquantina di coloni italiani riu- niti in un’associazione cooperativa e agevolati nella coltivazione delle terre da particolari contratti di concessione di terreni demaniali in enfiteusi centennale. La colonia era costituita da lavoratori nullatenenti che furono finanziati dal go- verno di Rodi con un assegno di 85.000 lire mentre ad altre spese per le scorte agricole e specialmente per i sussidi delle famiglie rimaste in patria provvidero gli enti locali.

La pastorizia nelle isole era inconsistente e si cercò di migliorare la razza bovina indigena, di piccole proporzioni e scarna, con monte di tori venuti espressamen- te dall’Italia.

Per quanto riguarda l’olio, nel Dodecaneso se ne produceva parecchio, ma il gu- sto era pessimo. Gli alberi erano in parte vecchissimi, come ad esempio a Psitos, e in parte relativamente giovani, come ad Afandou, Masari e Kalithea. Vivevano

in condizioni propizie per suolo e per clima, ma erano quasi del tutto trascurati. Occorrevano quindi dei buoni innesti, una cura razionale delle piante, e soprat- tutto istruire i produttori d’olio sulla maniera di produrre l’olio, divulgando i

processi moderni che si seguivano in Italia per ottenerlo. L’intento era quello di

produrre olio sufficiente ai bisogni dell’isola oltre che una certa quantità da e- sportare in Europa.

Le isole comunque non potevano offrire nulla più se non un limitato sviluppo in campo agricolo, che sarebbe stato senz’altro migliorativo della situazione prece- dente, ma non tale da renderle autosufficienti né da farle contribuire col com- mercio dei loro prodotti (essenzialmente primizie), all’economia italiana, che aveva allora preso un indirizzo decisamente autarchico. Esse, infatti, sono costi- tuite quasi tutte da calcari, di varie epoche e tipi, ma tutti sottoposti ad un diffu- so degrado di tipo carsico; per questo motivo, sono costellate di inghiottitoi e di doline (in cui filtra l’acqua, il che le fa apparire aride) rendendo un sistema irri- guo moderno complesso e costoso.(12).

L'accresciuta sorveglienza per mezzo delle guardie forestali aveva fatto scemare i furti e danneggiamenti a danno dei boschi, in particolare il tradizionale flagello degli incendi dolosi, causa prima della rovina in cui si trovava il patrimonio fo- restale di Rodi e di Scarpanto all'atto dell'occupazione italiana.

La popolazione isolana, pur essendo scarsa e poco densa in proporzione delle superfici abitate, era sempre avida di nuove terre feconde da ridurre a coltura, e poiché i monti e i colli, se sottratti almeno per un po’ all'aratro, rimboschivano naturalmente e rapidamente, così si avevano continue istanze per ottenere di po- ter dissodare i boschi in formazione per riprendere la coltivazione di quelle terre che, abbandonate da tempo, erano ora in riposo, lasciando invece in abbandono quelle zone che, esaurite dal sistema di coltura in uso, non davano più un rendi- mento tale che meritasse la fatica di coltivarle. Ma l'abitudine di procurarsi in ogni modo nuove terre da dissodare era stata frenata dall'amministrazione italia- na, sia mediante il divieto più assoluto di distruggere le pinete in via di ricostitu-

zione, sia con l'imporre, nei pochi casi speciali in cui si autorizzano i dissoda- menti di zone nude, la sistemazione dei terreni con opere atte ad assicurarne la stabilità (opere murarie, piantagioni di alberi da frutta, olivi).(13)

Nel giugno 1927 a Rodi il governatore Lago emise l’ordine di eliminare le ca- pre, unica ricchezza dei contadini locali, perché l’animale danneggiava le piante da frutto. Tale provvedimento causò una certa crisi alla povera popolazione gre- ca dell’interno dell’isola incapace di dedicarsi a colture più progredite. La diret- tiva del governo a Rodi e Coo era quella di costituire un consorzio con il compi- to di acquistare la maggior parte dei terreni e dividerli in lotti a coloni italiani.

Perduto il possesso della terra, la maggior parte dei contadini greci avrebbe do-

vuto emigrare.(14)

L’eliminazione delle capre e i sequestri di terre non sono che aspetti particolari della politica economica fascista di “modernizzazione autoritaria”.Il più impor- tante intervento fu il cambiamento del regime fondiario. In tutti i paesi passati dalla legislazione ottomana a quella moderna, la trasformazione dei diritti sulla terra fu una questione cruciale. Il regime fondiario ottomano non riconosceva il diritto della proprietà privata sulla terra. Invece i contadini godevano del diritto di possesso sulla terra che coltivavano, a condizioni abbastanza indulgenti.

Quando il Dodecaneso divenne italiano i diritti tradizionali dei contadini furono eliminati, il suolo divenne proprietà dello stato e i suoi coltivatori si trovarono obbligati a pagare l’affitto su terre che consideravano loro.(15)

Lago creò quattro nuovi insediamenti a Rodi e due a Coo, tutti sorti in aree ferti- li, in prossimità di fonti idriche. La nuova colonia di Peveragno Rodio fu pub- blicizzata dal regime come insediamento moderno, con un innovativo impianto urbanistico, funzionalità delle abitazioni, viabilità fluida in strade lastricate e una notevole specializzazione nelle attività di pastorizia e cerealicoltura.(16)