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Nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale che vide l’impero ottomano alleato alla Germania e all’Austria-Ungheria, mentre l’Italia l’anno successivo si schie- rò con la Francia e la Gran Bretagna. Le due potenze dell’Intesa riconobbero, col patto segreto di Londra del 26 aprile 1915, le ragioni avanzate dall’Italia in merito al Dodecaneso.

L’articolo 8 del trattato che aveva determinato l’intervento italiano così recitava:

“L’Italia avrà la completa sovranità sulle isole del Dodecaneso, da lei ora occupate.”(39)

L’entrata in guerra della Turchia era stata del tutto casuale.

Il 29 ottobre 1914 gli incrociatori tedeschi ”Goeben” e “Breslau”, che si trova- vano al largo di Costantinopoli da metà agosto, bombardarono i forti russi di Ni- kolajev e Odessa e minarono le rotte mercantili russe.

Le due navi cannoneggiarono anche Sebastopoli, Feodosija e Novorossijsk, in- cendiando una cinquantina fra depositi di petrolio e silos di grano. Poiché le due

navi battevano bandiera turca, per rappresaglia, il 3 novembre le navi da guerra inglesi e francesi bombardarono i forti turchi nei Dardanelli. Nello stesso giorno le truppe russe entrarono in Turchia da est.

La Turchia rispose dichiarando guerra alle potenze dell’Intesa.(40)

Il 21 agosto 1915, l’Italia riprese le ostilità contro l’impero ottomano. Con l’inizio delle nuove ostilità nei confronti della Turchia cambiavano anche le mo- dalità della presenza italiana nel Dodecaneso: l’arcipelago infatti non veniva più gestito in “amministrazione”, ma bensì presidiato militarmente secondo il dirit- to di guerra.

L’Italia si dichiarava sciolta dagli obblighi di Losanna, decadendo così quell’articolo 2 che stabiliva il carattere pignoratizio del possesso italiano dell’Egeo. L’impegno della Turchia di sgomberare la Libia e dell’Italia di rende- re il pegno, subordinatamente all’adempimento dell’obbligazione turca, veniva- no meno poiché il nuovo stato di guerra faceva sorgere nei due stati dei diritti incompatibili coi loro precedenti obblighi.(41)

Tuttavia durante il conflitto, nonostante la mobilitazione delle forze italiane pre- senti nel settore egeo, il Dodecaneso non fu un teatro principale degli avveni- menti bellici. Nell’area furono solamente messe a disposizione degli alleati an- glo-francesi le basi navali. L’isola di Rodi, in particolare, divenne un importante base per le forze marine britanniche e francesi che erano impegnate a contrastare il traffico commerciale e militare del nemico.

L’arcipelago ebbe quindi una notevole utilità logistica senza implicare una rile- vante partecipazione operativa da parte delle truppe italiane.(42)

Intanto Francia ed Inghilterra,stavano segretamente definendo le loro rispettive sfere di influenza e di controllo sui territori dell’impero ottomano, da attuarsi dopo la guerra.

Nel 1915 l’Inghilterra indebolire la Turchia, aveva concluso con Hussein, sceic- co della Mecca, un accordo con il quale si impegnava ad appoggiare il movi- mento arabo per l’indipendenza. Poiché anche la Francia aveva da tempo impor-

tanti interessi nella Turchia asiatica,fra Francia e Inghilterra venne concluso nel marzo 1916 l’accordo Sykes-Picot, col quale la Siria e la Cilicia venivano poste

sotto l’influenza francese, la Mesopotamia sotto quella inglese, mentre alla Pale-

stina veniva riservato un regime di internazionalizzazione.

Più tardi a questo accordo aderì anche la Russia, alla quale vennero assegnati

l’Armenia e il Kurdistan. Gli alleati non comunicarono questoaccordo al nostro

governo, che ne venne a conoscenza nell’estate del 1916, grazie ad una comuni- cazione confidenziale proveniente dal Vaticano.

All’immediata richiesta di Sonnino per conoscere questi accordi venne opposta l’opportunità di attendere la formale rottura fra l’Italia e la Germania.

Era avvenuto, infatti, che l’Italia, alla dichiarazione di guerra all’Austria- Ungheria non aveva fatto seguire quella alla Germania, con la quale non aveva- mo diretti conflitti digenerando sospetti negli alleati. Superato questo scoglio

con la dichiarazione di guerra del 28 agosto 1916, Sonnino chiese la comunica-

zione di tutti gli accordi che Francia, Inghilterra e Russia avevano concluso sen- za la partecipazione dell’Italia.

Dopo molte esitazioni il 22 settembre 1916 venne comunicato l’accordo per Co- stantinopoli e gli stretti e il 5 ottobre quello per l’Asia Minore.

Con gli accordi di San Giovanni di Moriana (aprile/agosto 1917) conclusi tra i governi britannico, francese e italiano, erano state riconosciute all’Italia la re- gione di Adalia e una zona di influenza (vilayets di Aidin, Konia con la città di Smirne). Ma nella primavera del 1919 le potenze alleate - con il pretesto che gli accordi dovevano considerarsi decaduti non avendo avuto il riconoscimento del- la Russia (nell’ottobre del 1917 era avvenuta la rivoluzione bolscevica) - si rifiu- tarono di adempieregli obblighi assunti con l’Italia.(43)

Nel 1917 anche la Grecia era scesa in guerra. Benché allo scoppio del conflitto la nazione ellenica si proclamasse neutrale, re Costantino I (la cui mo- glie,Sofia,era sorella del kaiser), si fece aperto promotore di una linea filotede- sca che lo mise in aperto contrasto con il primo ministro Eleutherios Venizelos,

che invece aveva inclinazioni per l’Intesa.

Quest’ultimo nel 1916, sotto la protezione anglo-francese, istituì a Salonicco un governo di opposizione al re. Costantino nel 1917 abdicò a favore del secondo- genito Alessandro.

Richiamato al governo ufficiale del paese, Venizelos ottenne dal nuovo sovrano l’entrata in guerra a fianco delle potenze dell’Intesa.

Durante questo periodo l’Italia non aveva preso parte molto attiva alle beghe fra l’Intesa e la Grecia ed anzi, il nostro ambasciatore ad Atene, conte Bosdari, ave- va svolto una continua ed equilibrata opera di pacificazione, interponendosi per evitare eccessi e per attenuare le funeste conseguenze che i dissensi fra la corona e Venizelos arrecavano al paese.

Sul momento quest’opera mediatrice e conciliatrice fu molto apprezzata, ma vi si volle anche vedere un machiavellico disegno e si credette di scoprire che era stata seguita una linea di condottatendente a tenere la Grecia lontana dalla guer- ra, soloper evitarle che, portando un contributo, e in verità assai modesto, potes- se poi farlo valere ad alto prezzo e, sedendosi al tavolo della conferenza della pace, attraversasse il cammino dell’Italia verso il raggiungimento delle sue aspi- razioni in Balcania e nel Mediterraneo orientale.(44)

Il fronte turco era molto esteso, perché comprendeva il fronte del Caucaso, quel- lo della Mesopotamia, quello della Palestina, quello arabo e quello romeno. Nonostante le sconfitte in Palestina e in Mesopotamia, era stato il crollo della Bulgaria ad affrettare la capitolazione della Turchia che veniva a trovarsi im- provvisamente minacciata su un nuovo fronte assai vicino alla capitale.

Dopo la resa della Bulgaria, infatti, le forze dell’Intesa che comprendevano 3 di- visioni inglesi, 3 greche, una francese ed una brigata italiana, attraversarono la Tracia a marce forzate ed erano ormai nei pressi della frontiera turco-bulgara quando il governo di Costantinopoli si decise a capitolare.

L’armistizio firmato nella notte tra il 29 e il 30 ottobre a Mudros, nell’isola gre- ca di Lemnos, segnò la fine della Turchia come stato belligerante datochè essa

fu messa in condizioni di totale controllo da parte degli alleati.

I turchi furono costretti a subire: l’occupazione alleata dei forti dei Dardanelli e del Bosforo; la smobilitazione del loro esercito ad eccezione delle truppe neces-

sarie per la sorveglianza delle frontiere e per il mantenimento dell’ordine pub-

blico; la cessione di tutte le navi da guerra; l’uso da parte delle navi alleate di tutti i porti ed ancoraggi turchi; il controllo alleato delle stazioni radiotelegrafi- chee telegrafiche.

L’articolo 17 stabiliva:

“Resa di tutti gli ufficiali turchi in Tripolitania e Cirenaica alla più vicina guarnigione alleata. La Turchia garan- tisce di sospendere i rifornimenti e i rapporti con questi ufficiali se essi non obbediscono all’ordine di arrender- si.”(45)

La Turchia, per quanto nazione battuta, non rinunciava affatto alle sue pretese sulla Libia e non soltanto non ritirò i suoi soldati dalla Tripolitania e dalla Cire- naica, ma li invitò a continuare la lotta.