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L’occupazione inglese di Castelrosso e la riconquista ita liana

Capitolo III L'Egeo in guerra

3.6 L’occupazione inglese di Castelrosso e la riconquista ita liana

dovuta allo stallo della campagna contro la Grecia e alla perdita dei porti libici di Tobruk e Bengasi all’inizio del 1941, la Royal Navy cominciò a valutare con attenzione l’eventualità di impadronirsi di alcune isole del Dodecaneso, sia per le possibilità offensive così ottenibili sia per prevenire un rafforzamento delle forze aeree nemiche nell’arcipelago al fine di ostacolare il traffico britannico da e per la Grecia e colpire il Canale di Suez.

I vertici militari italiani erano a conoscenza delle intenzioni inglesi.

Il SIM, Servizio Informazioni Militare, comunicava con toni allarmati che il Dodecaneso iniziava ad essere sotto tiro e si avvisava che il contrattacco britan- nico avrebbe puntato proprio sull’arcipelago.

Dalle indiscrezioni veniva messo in risalto un summit tenutosi a Smirne tra i vertici militari inglese, turco e greco, in cui si esortava ad un azione corale con- tro le isole italiane: la base di partenza avrebbe dovuto essere Creta e le prime isole ad essere attaccate Caso, Scarpanto e Calsterosso; la massa d’urto era co- stituita da 50.000 soldati anglo-greci, 550 aerei e forze navali appoggiate dalle corazzate “Renown” e “Repulse”. Ulteriori informazioni inoltrate dal SIM co- municavano continui addestramenti del nemico a Creta, mentre si esortava il go- vernatore di Rodi, generale Bastico, ad una vigile sorveglianza delle coste e a comunicare tempestivamente i risultati delle ricognizioni aeree.(26)

L’isola di Castelrosso era stata identificata come uno degli obbiettivi più pagan- ti: la sua occupazione avrebbe infatti fornito un’ottima base per il naviglio d’attacco leggero e per un’ulteriore operazione anfibia di vasta portata contro Rodi, prevista per l’aprile 1941. Tale operazione inoltre, se coronata dal succes- so, avrebbe svolto anche un importante ruolo nella politica volta a far entrare la Turchia, fino ad allora neutrale, in guerra a fianco dellaGran Bretagna.(27)

I turchi avevano sempre considerato l’isola, distante solo tre miglia dalla loro costa, come facente parte dell’Anatolia; era stata ceduta all’Italia nel 1923 dopo molte discussioni e solo dopo aver ricevuto l’assicurazione italiana che Castel- rosso non sarebbe mai stata fortificata.

Il piano d’assalto, nome in codice “Abstention”, fu approvato il 23 febbraio 1941.

Per tale operazione erano stati addestrati 200 commandos che avrebbero dovuto sbarcare sull’isola all’alba del 25 febbraio.

La forza d’attacco doveva immediatamente occupare il porto e alcuni punti stra- tegici come il palazzo della Dogana e della Delegazione del governo e la stazio- ne radio.

I commandos, portata a termine l’operazione, avrebbero dovuto essere rilevati dopo pochi giorni da un distaccamento d’occupazione permanente in allestimen- to a Cipro.

A Castelrosso era presente solamente una piccola guarnigione formata da circa 30 marinai addetti alla stazione telegrafica e al posto di avvistamento sito sul monte Paleocastro; vi erano inoltre anche alcuni carabinieri. L’isola veniva usata come base temporanea dagli idrovolanti per effettuare ricognizioni ed azioni di bombardamento leggero contro naviglio isolato o caccia antisommergibili, ma né idrovolanti né naviglio militare erano stazionati permanentemente a Castel- rosso.

L’esiguità delle forze italiane presenti sull’isola era sintomatica sia del poco pe- so dato all’eventualità di un attacco nemico sia della scarsa preparazione dei ver- tici militari italiani in Egeo alla guerra, intesa anche come scontro volto ad otte- nere ripercussioni politiche importanti perseguendo obbiettivi di scarsa rilevanza militare: in questo caso impedire un successo militare britannico per evitare ri- percussioni politiche negative neiconfronti della Turchia.(28)

All’alba del 25 febbraio 1941 gli inglesi sbarcarono a Castelrosso, costringendo la guarnigione italiana a ritirarsi nel forte del monte Paleocastro.

Il forte fu cannoneggiato dalle navi nemiche ancorate in porto, mentre i com- mandos scalavano le ripide pendici del monte per annientare questo nucleo di resistenza.

gli italiani furono costretti alla resa.

La conseguenza più grave della conquista inglese dell’isola fu che del materiale crittografico cadde in mani britanniche, anziché essere distrutto dai marinai del presidio ai primi segni dell’attacco, con conseguenze sul successivo svolgimento delle nostre operazioni belliche.

Gli inglesi furono bene accolti dai castelrossini.

I commandos familiarizzarono con la popolazione locale che si sentiva al riparo da eventuali rappresaglie italiane; vennero così eletti un nuovo sindaco e una nuova giunta mentre le bandiere greche furono issate sulle barche ormeggiate in porto e i simboli fascisti furono eliminati dall’intera isola.

Il generale Bastico dubitava dell’opportunità di un attacco all’isola, stante la sua scarsa importanza militare e la difficoltà di contrastare efficacemente le forze navali avversarie, oltre che l’impossibilità - sempre secondo Bastico - di dislo- carvi efficacemente una forza di presidio consistente. Ciò che gli fece cambiare idea furono probabilmente considerazioni di ordine politico giuntegli da Roma nonché l’avvistamento delle navi britanniche in rotta verso Alessandria il giorno 26 febbraio; ciò avrebbe loro impedito di essere di nuovo in prossimità dell’isola prima della notte fra il 27 e il 28, lasciando così quasi due giorni di tempo per imbastire e condurre a termine l’operazione di riconquista senza l’opposizione navale o aerea.

Fu così, dunque, che Bastico impartì il 26 stesso gli ordini per la riconquista dell’isola affidata all’ammiraglio Luigi Biancheri, mentre il comando delle forze di terra venne assegnato al tenente colonnello Ruggero Fanizza, vicecapo di Sta- to Maggiore del Comando delle Forze Armate dell’Egeo.

La forza da sbarco era così costituita:

 XIII compagnia fucilieri della divisione “Regina”, al comando del tenente Francesco Gianluca, con 5 ufficiali, 12 sottoufficiali e 158 soldati.

 Una sezione da 47/32 con una forza di 2 ufficiali, 1 sottoufficiale e 20 soldati.

 4 radiotelegrafisti del genio muniti di apparati radio in grado di comunica- re direttamente con il comando superiore a Rodi.

 88 marinai per l’occupazione e il controllo del porto e dell’abitato di Ca- stelrosso.

La forza navale era composta dai cacciatorpediniere “Crispi” e “Sella”, dalle torpediniere “Lupo” e “Lince”, oltre che dal sommergibile “Galatea” e da alcuni MAS; la ricognizione aerea doveva spingersi fino a 60 miglia a sud dell’isola, onde segnalare la presenza di navi inglesi.(29)

Il 27 febbraio una torpediniera e un caccia italiane arrivarono nel porto di Ca-

stelrosso, senza significativo contrasto da parte inglese, e sbarcarono il grosso del corpo di spedizione sui due lati del porto stesso, mentre un aliquota di circa 50 soldati fu sbarcata da un’altra torpediniera nella baia di Diacuri, poco prima dell’entrata del porto.

Le navi italiane sottoposero le posizioni inglesi ad un micidiale cannoneggia- mento ravvicinato, mentre la Regia Aeronautica impiegò per tutta la giornata del 27 ben 39 aerei in appoggio alle truppe sbarcate.

Gli inglesi avevano un armamento troppo leggero, sprovvisto sia di armi pesanti che contraerei, adatto a colpi di mano ma non a combattimenti prolungati contro forze di fanteria. All’alba del 28 febbraio una forza navale inglese, salpata da Alessandria, giunse a Castelrosso per effettuare il reimbarco dei commandos. Le operazioni di reimbarco, pur non ostacolate dagli italiani, si svolsero in modo caotico, tanto che molto materiale venne abbandonato per permettere alle navi inglesi di allontanarsi dall’isola il più velocemente possibile. Il gruppo navale britannico rientrò a Suda il 1 marzo con i commandos superstiti, i prigionieri e i cifrari segreti catturati sulla piccola isola. Evacuate le forze inglesi, agli italiani non restò altro da fare che rastrellare l’isola in cerca dei dispersi inglesi; alcuni commandos tentarono di raggiungere a nuoto la vicina Turchia, molti annegaro- no ma alcuni vi riuscirono e, ben accolti dalle autorità turche, poterono rientrare in Egitto dopo circa un mese.

Gli sbandati catturati durante i rastrellamenti vennero portati a Rodi in idrovo-

lante e successivamente trasferiti via mare in Italia in un campo di prigionia a

Taranto. Naturalmente vi furono ripercussioni negative anche sulla popolazione civile, che aveva accolto con così grande favore gli inglesi: 29 civili di sesso maschile sospettati di “attività contro lo stato” vennero arrestati e trasportati a Rodi, poi a Coo e infine a Brindisi, dopo essere stati condannati dai tribunali ita- liani.(30)

Il fallimento dell’operazione certamente non aiutò gli sforzi inglesi per convin- cere la Turchia ad entrare in guerra contro l’Asse. Gli ambienti militari britanni- ci rimasero molto sorpresi dalla forte reazione degli italiani all’invasione dell’isola, non avendo previsto un così forte spiegamento delle nostre forze.

Inoltre il governo del primo ministro Churchill rischiò di cadere proprio per que- sto smacco che offuscava la credibilità della potenza inglese nel mondo.

Dopo la riconquista dell’isola, il presidio italiano venne considerevolmente rin-

forzato, giungendo ad annoverare stabilmente una compagnia mitraglieri della divisione “Regina” e una batteria costiera, ma non si verificarono più azioni bel- liche fino al settembre 1943.(31)