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L’ammiraglio Campioni governatore delle Isole Italiane dell’Egeo

Capitolo III L'Egeo in guerra

3.9 L’ammiraglio Campioni governatore delle Isole Italiane dell’Egeo

Intanto nel luglio 1941 il generale Bastico venne inviato in Libia in qualità di governatore e di comandante delle truppe dell’Asse. Il suo successore fu

l’ammiraglio Inigo Campioni:

“A proposito del nuovo governatore, negli ambienti militari si diceva che finalmente in Egeo, ossia su un fronte marittimo, era stato inviato l’uomo giusto, un ammiraglio. In realtà Campioni sembrava essere stato trasferito a Rodi più per scontare una punizione, o quanto meno un’emarginazione, che per svolgervi funzioni strategiche. Insomma, anche per lui come in precedenza per De Vecchi, il governatorato di Rodi rappresentava una forma di esilio.

Campioni durante il primo periodo della guerra, era stato comandante della flotta in mare, e proprio sotto il suo comando la nostra marina aveva subito gli scacchi di Punta Stilo e Capo Teulada, dei quali gli si attribuiva lare- sponsabilità. Donde la sua giubilazione.”(46)

L’ammiraglio Campioni fece una serie di richieste soprattutto riguardanti la di- fesa costiera di Rodi: non era sufficiente la vigilanza, il nucleo centrale di prote- zione scarso; era necessario disporre per ogni settore della costa delle riserve, più una riserva centrale autotrasportabile; urgeva anche rafforzare la difesa con-

traerea con armamento più moderno.

In sostanza: mancavano complementi per i reparti, batterie, pezzi anticarro, mi- tragliatrici e soprattutto autocarri. Giunse, con molte difficoltà, uno scarso mu- nizionamento dall’Italia, segno che le fabbriche italiane producevano a ritmo ri- dotto anche a causa dei bombardamenti alleati, che avevano spesso distrutto grandi impianti industriali.

La situazione economica dell’Asse, già precaria, si aggravò ulteriormente il 12 dicembre 1941, quando Roma e Berlino dichiararono guerra agli Stati Uniti. Con l’ingresso del colosso industriale americano, la guerra assunse proporzioni mondiali.

L’autunno del 1942 vide l’inizio delle progressive sconfitte dell’Asse.

Gli inglesi sferrarono la controffensiva in Egitto, costringendo gli italo-tedeschi, che si erano attestati ad El Alamein, 100 chilometri da Alessandria, al ripiega- mento mentre le forze aeree di Malta, non neutralizzata, falcidiavano i riforni- menti inviati via mare agli eserciti dell’Asse.

Il Dodecaneso, tagliato fuori dai collegamenti con l’Italia, era sempre più espo- sto all’offesa alleata.

Nella notte del 13 settembre 1942 unità di commandos inglesi penetrarono negli aeroporti militari dell’isola di Rodi distruggendo numerosi velivoli da bombar- damento e da caccia.

L’azione, militarmente riuscita, non mutò ovviamente i rapporti di forza nell’area ma destò un notevole allarme tra i comandi competenti ed umiliò psi- cologicamente gli italiani perché fu la prima azione contro un territorio “italia- no” circoscritto e fortemente presidiato, mettendo in risalto l’impreparazione di- fensiva. Dieci uomini poterono operare indisturbati, nonostante la presenza nelle basi aeree di centinaia di carabinieri ed avieri in servizio di vigilanza.

Sia a Gadurrà che a Maritsa non vi furono scontri a fuoco con il nemico perché questo era riuscito a non essere intercettato.

alla cattura dei commandos. Furono arrestati anche numerosi infiltrati e spie ro- diote facenti parte dell’organizzazione di fiancheggiatori locali.

Il Comando Aeronautica Egeo, presa consapevolezza della vulnerabilità degli aeroporti, abbandonò nella prima metà del 1943 due basi aeree, Cattavia situata nella parte sud dell’isola di Rodi e quella di Scarpanto, nell’isola più occidentale e vicina a Creta.

Nel corso del marzo-aprile 1943 Egeomil riteneva imminente uno sbarco degli alleati e pertanto il Comando Aeronautica rafforzò ulteriormente le difese aero- portuali disponendo una serie di esercitazioni a fuoco degli avieri. Ogni aviere aveva a disposizione un moschetto mod. 91/38 con 100 proiettili e 4 bombe a mano. Tuttavia non c’erano elmetti mod. 33 a sufficienza perciò alcuni avieri dovettero utilizzare quelli della Grande Guerra. Per ovviare alla mancanza di mi- tragliatrici ne vennero sbarcate alcune in dotazione ai bombardieri, in calibro 12,7mm e 7,7mm, che vennero poi riutilizzate a terra su appositi affusti. Tutta- via non esisteva la certezza di poter resistere ad un attacco alleato e per questo motivo erano state definite le direttive per un rischieramento delle forze aeree i- taliane prima sugli aeroportidi Creta e poi su quello di Kalamaki in Grecia. L’ipotesi di rischieramento su Creta decadde poiché si constatò che la Lutwaffe aveva concesso la disponibilità di una serie di campi inagibili o inadeguati pre- tendendo per di più che gli stormi della Regia Aeronautica passassero diretta- mente sotto controllo tedesco, richiesta inaccettabile che spinse i vertici ad opta- re per il territorio greco.(47)

Note

(1) Nel 1940 la divisione era così composta:  9° rgt.fanteria “Regina”  10° rgt.fanteria “Regina”  309° rgt.fanteria “Regina”  24a legione CC.NN.  201a legione CC.NN.  50° rgt.artiglieria “Regina”  50° btg.mortai da 81mm  50a cp.mitraglieri

 50a cp.cannoni controcarro da 47/32  23a cp.cannoni controcarro da 47/32  91a cp.Genio

 250a cp.Genio

 46a cp.mista telegrafisti/marconisti

(2) Gianni Baldi, op.cit., pag. 17.

(3) Maria Grazia Pasqualini, op.cit., pp. 442-443.

(4) Massimo Peri, Michael Herzfeld, Silvia Barberani, op.cit., pp. 117-118. (5) Galeazzo Ciano, op. cit., pag. 403.

(6) Luciano Alberghini Maltoni, Rodi settembre 1942. Sabotaggio agli aeroporti, in “Storia Militare”, n. 98, novembre 2001, pag. 43.

(7) Il Fiat C.R.42 Falco era un biplano monomotore da caccia con carrello fisso, abitacolo aperto e struttura metallica coperta di stoffa, realizzato dalla casa torinese alla fine degli anni trenta. La velocità massima era di 430 km/h e l’armamento era co- stituito da due mitragliatrici Breda da 12,7mm.

(8) Il Fiat G.50 Freccia fu il primo monoplano monoposto da caccia italiano interamente metallico, con carrello retrattile e abitacolo chiuso. Volò per la prima volta nel febbraio 1937 e l’anno dopo entrò in servizio nella Regia Aeronautica. La velo- cità massima era di 470 km/h e l’armamento consisteva in due mitragliatrici Breda da 12,7mm.

(9) Elio Vittorini, op. cit., pag. 53.

(10) Gianni Rocca, I disperati. La tragedia dell’aeronautica nella seconda guerra mondiale, Mondadori, Milano, 1991, pag.128.

Il Savoia-Marchetti S.M.82, conosciuto anche come Marsupiale, è stato uno dei più longevi velivoli dell’aeronautica militare, essendo stato in servizio dal 1938 al 1960. Il S.M.82 era un trimotore dalla struttura mista in legno e tubi d’acciaio, mentre il rivestimento era costituito in parte in legno ed in parte in tela.

In tale veste fin dal luglio 1940 intrapresero missioni contro Gibilterra.

Come velivoli da trasporto, invece, vennero impiegati su tutti i fronti italiani e tedeschi, dato che anche la Lutwaffe ricevette circa 200 di questi velivoli. Particolare rilevanza assunsero i collegamenti con i territori dell’Africa Orientale Italiana, verso la quale gli S.M.82 trasportarono le più svariate tipologie di materiali, tra le quali spiccano 50 caccia Fiat C.R.42 ed i relativi ricambi. La velocità di questo trimotore era di 370 km/h.

Nelle missioni di bombardamento potevano essere caricati circa 4000 kg di bombe.

L’armamento difensivo era rappresentato da 4 mitragliatrici, di cui una (dorsale) da 12,7mm e le rimanenti di calibro 7,7mm. (11) Galeazzo Ciano, op. cit., pag. 326.

(12) Galeazzo Ciano, op. cit., pag. 327. (13) Luigi Mondini, op. cit., pag. 202.

(14) Giorgio Giorgerini, Uomini sul fondo. Storia del sommergibilismo dalle origini a oggi, Mondadori, Milano, 1994, pp.256-257.

Nell’immediato dopoguerra, in sede di stipulazione del trattato di pace con l’Italia, la Grecia chiese e ottenne, la cessione, in conto riparazioni per la perdita della sua vecchia unità, del nostro incrociatore leggero “Eugenio di Savoia”, entrato in servi- zio nel 1936.

La nostra unità fu consegnata alla marina ellenica nel 1951 e ricevette il nome di “Helli”. (15) Elio Vittorini, op. cit., pag. 154.

(16) Galeazzo Ciano, op. cit., pag. 458.

(17) Mario Cervi, Storia della guerra di Grecia, l'inutile avventura che spezzò le reni al fascismo, Rizzoli, Milano, 1986, pag. 43.

(18) Mario Cervi, op. cit., pag. 118. (19) Mario Cervi, op. cit., pag. 98.

Nel 1934 il generale Visconti-Prasca aveva pubblicato un libro di strategia militare dal titolo eloquente di "Guerra decisiva" nel quale teorizzava una guerra lampo movimentista e rapida.

(20) Mario Cervi, op. cit., pag. 128.

(21) L’inizio delle ostilità con la Grecia aprì un teatro di operazioni tra le Sporadi e le Cicladi. Il 28 ottobre, 14 SM.79 decol- lati da Rodi, attaccarono le installazioni aeronavali della baia di Suda (Creta).

Il 18 novembre l’ammiraglio Luigi Biancheri, comandante delle forze navali dell’Egeo, ordinò il cannoneggiamento del porto dell’isola di Samo da parte dei cacciatorpediniere “Sella” e “ Crispi” e il giorno dopo sei SM.81 bombardarono la caserma di Porto Vathy, nella stessa isola. Il 23 novembre Samo fu nuovamente attaccata, essendo stata avvistata una concentrazione di una decina di motovelieri. A dicembre la Regia Aeronautica, per risparmiare i mezzi e per mancanza di obbiettivi, si limitò a un mitragliamento dei porticcioli di Yero e Kalloni, nelle Cicladi, e a uno dell’aeroporto di Heraklion, a Creta.

Nel febbraio 1941 venne bombardato il porto dell’isola di Chio, il 17 marzo fu la volta di Mitilene.

La baia di Suda fu bombardata il 13, il 16 e il 21 marzo. L’aeroporto di Heraklion subì una nuova incursione il 20 marzo. Il piccolo porto dell’isola di Naxos, infine, fu mitragliato il 31 marzo.

La campagna aeronavale italiana nell’Egeo non poteva non essere, dati i pochi mezzi utilizzati, che una piccola guerra. Nell’arco di sette mesi, tanto per fare un esempio, il tonnellaggio delle bombe sganciate dai velivoli italiani contro gli obbiet- tivi terrestri ellenici non oltrepassò le 300 tonnellate.

(22) L'incursione inglese causò l'affondamento della corazzata "Cavour"; il danneggiamento delle corazzate "Littorio", "Caio Duilio" e dell'incrociatore pesante "Trento".

(23) Maria Grazia Pasqualini, op. cit., pag. 453. (24) Galeazzo Ciano, op. cit., pag. 458.

(25) Ettore Bastico nacque a Bologna il 9 aprile 1876. Entrò nell’Accademia Militare di Modena nel 1894; conseguita la no- mina a sottotenente, fu assegnato al 3° reggimento bersaglieri. Da capitano partecipò alla campagna di Libia; fu colonnello nella prima guerra mondiale. Nella campagna etiopica del 1935-36 ebbe il comando del III corpo d’armata. Nel corso della guerra civile spagnola comandò le forze italiane che combatterono a fianco dei franchisti. Promosso generale d’armata, alla fine del 1940 divenne governatore delle isole dell’Egeo e comandante delle truppe colà dislocate. L’anno successivo fu no- minato governatore della Libia e comandante delle nostre forze dell’Africa settentrionale che penetrarono profondamente in Egitto. Dopo la battaglia di El-Alamein le forze italo-tedesche furono costrette a ritirarsi continuamente, fino ad attestarsi in Tunisia.

Bastico venne richiamato in patria il 5 febbraio 1943 al momento dello scioglimento ufficiale del Comando Superiore in Li- bia; il 12 agosto 1942 (dopo le grandi vittorie di Gazala e Tobruk) era stato nominato Maresciallo d’Italia.

Nel 1943 si ritirò a vita privata, dedicandosi allo studio della storia militare. Morì a Roma il 1° dicembre 1972. (26) Maria Grazia Pasqualini, op. cit., pag. 468.

Già il 19 novembre 1940 un reparto di commandos inglesi e marinai greci aveva invaso l’isolotto di Gaidaro, situato a ridos- so della costa turca, riuscendo a sopraffare il piccolo presidio della stazione di avvistamento della Regia Marina. Il giorno successivo due compagnie del 10° reggimento della divisione “Regina” rioccuparono questo avamposto.

(27) Guido Ronconi, L’operazione “Abstention” in Egeo, (parte 1a), in “Storia Militare”, n. 93, maggio 2001, pag. 5. Churchill pensava che attacchi militari ad isole minori, come Castelrosso, fossero da evitare almeno prima che fosse lanciato un attacco massiccio su tutto il fronte, poiché questo avrebbe scatenato delle gelosie tra Grecia e Turchia.

Il primo ministro inglese, invece, avrebbe piuttosto optato per l’occupazione di Pantelleria, in virtù dell’importante posizione strategica rivestita dall’isola, a metà strada tra Tunisia e Sicilia.

(28) Guido Ronconi, op. cit., (parte 1a), n. 93, maggio 2001, pag. 8. (29) Guido Ronconi, op. cit., (parte 2a), n. 94, giugno 2001, pag. 24. (30) Guido Ronconi, op. cit., (parte 2a), n. 94, giugno 2001, pag. 28.

(31) Guido Ronconi, op. cit., (parte 2a), n. 94, giugno 2001, pag. 31.

In margine alla vicenda bellica c’è da annoverare il coraggio di Anastasia Arnaoutoglou, maestra, che salvò da una esecuzio- ne sommaria inglese, un marinaio ferito durante i combattimenti. Per questo atto la maestra venne ufficialmente decorata dal re Vittorio Emanuele III con la Medaglia d’argento al valor militare, una prestigiosa onorificenza che viene solitamente riser- vata ai più alti vertici militari che si distinguono in combattimento e raramente ad una donna.

(32) Mario Cervi, op. cit., pag. 150. (33) Galeazzo Ciano, op. cit., pag. 485. (34) Mario Cervi, op. cit., pag. 212.

(35) L’Italia si annesse la Slovenia meridionale con inclusa la capitale Lubiana, il Kosovo, i distretti dalmati di Sebenico e Spalato, le isole di Arbe, Veglia, Lissa, Curzola e Meleda e la provincia di Cattaro. Il Montenegro venne ricostituito come stato indipendente, seppur soggetto alla corona italiana.

L'intero tesoro di stato jugoslavo, pari a circa 60 tonnellate d'oro e a più di 5 miliardi di lire del tempo in valute estere pregia- te, cadde in mano italiana.

(36) I greci aveva dislocato 15 delle loro 21 divisioni sul fronte albanese, lasciando così relativamente scoperta la linea forti- ficata “Metaxas” posta al confine con la Bulgaria, zona da cui sarebbe poi partito l’attacco tedesco.

(37) Mario Cervi, op. cit., pp. 260-261.

(38) Davide Rodogno, Il nuovo ordine mediterraneo. Le politiche di occupazione dell’Italia fascista in Europa (1940-1943), Bollati Boringhieri, Torino, 2003, pp. 100-101.

(39) La conquista dell’isola di Creta fu un indubbio successo da parte delle truppe aviotrasportate tedesche ma le elevatissime perdite (circa 4.000 tra morti, feriti e dispersi su un organico di 6.000) indussero Hitler a porre di fatto termine al loro impie- go in massa, tanto che, per tutto il resto della guerra, esse furono utilizzate quasi esclusivamente come forza di fanteria ordi- naria.

(40) Gianni Rocca,op. cit., pag. 172.

(41) Maria Grazia Pasqualini, op. cit., pag. 485. (42) Gianni Baldi, op. cit., pp. 199-200. (43) Gianni Baldi, op. cit., pag. 216.

(44) Maria Grazia Pasqualini, op. cit., pp. 487-488. (45) Davide Rodogno, op. cit., pag. 137.

L’8 settembre 1943, dopo gli attimi di indecisione alla notizia dell’armistizio, la divisione “Siena” consegnò le armi senza ingaggiare scontri rilevanti con l’ex alleato.

La particolare situazione dell’isola e l’impossibilità di resistere senza speranza alcuna di ricevere soccorsi furono i motivi realistici che convinsero il generale Carta, comandante della divisione, alle richieste tedesche di disarmo.

La conseguenza di tale particolare condizione di isolamento fu la decisione di circa 6000 italiani di voler continuare a battersi al fianco dei tedeschi come soldati combattenti e operai militarizzati.

Venne costituita la legione volontari italiani “Creta”, posta al comando del tenente colonnello Carlo Gianoli, suddivisa su due battaglioni basati a La Canea. I reparti della marina, invece, ebbero la responsabilità di 4 batterie costiere fra Aghios Nicho- laos e La Canea e l’utilizzazione di impianti semaforici e di segnalazione.

(46) Gianni Baldi, op. cit., pp. 247-248.

L’ammiraglio Inigo Campioni nacque a Viareggio il 14 novembre 1878. Partecipò alla guerra italo-turca ed alla prima guerra mondiale. Nel 1939 fu nominato senatore della XXX Legislatura del Regno d’Italia. Durante la seconda guerra mondiale co- mandò la squadra navale italiana fino al 9 dicembre 1940, ricoprendo il grado di ammiraglio di squadra. Contestato per un approccio di combattimento considerato eccessivamente prudente, come nella battaglia di Punta Stilo, fu destinato a svolgere i compiti all’interno di Supermarina sotto il comando dell’ammiraglio Arturo Riccardi. A sua discolpa è doveroso evidenzia- re che Campioni era ben cosciente dell’inferiorità della nostra marina, non dotata di portaerei e con scarsa coordinazione con l’aeronautica, che infatti a Punta Stilo bombardò le unità italiane; in seguito, durante la tragica notte di Taranto, Campioni chiese che le reti parasiluri non fossero poste troppo vicino per agevolare l’uscita rapida delle unità, ma la scarsità di reti rese questa protezione di fatto insufficiente, fatto parzialmente addebitato all’ammiraglio. Il 14 luglio 1941 venne nominato go- vernatore del Dodecaneso. Dopo l’8 settembre rifiutò di collaborare con i tedeschi e con il neocostituito governo fascista; per questo fu inviso alle autorità della repubblica sociale italiana, che lo arrestarono. Processato per alto tradimento dal Tribunale Speciale di Parma venne condannato a morte e fucilato il 24 maggio 1944. All’ammiraglio Campioni venne concessa la Me- daglia d’oro al valor militare alla memoria con questa motivazione:

“Governatore e comandante delle forze armate delle Isole Italiane dell’Egeo si trovava, nel periodo cruciale dell’armistizio, a capo di uno degli scacchieri più difficili, lontani e vulnerabili. Caduto in mano al nemico in seguito ad occupazione della sede del suo comando, rifiutava reiteratamente di collaborare con esso o comunque di aderire ad un governo illegale. Processato e condannato da un tribunale straordinario per avere eseguito gli ordini ricevuti dalle Autorità legittime e per aver tenuto fede al suo giuramento di soldato, manteneva contegno fiero e fermo, rifiutando di firmare la domanda di grazia e di dare adesione anche formale alla repubblica sociale italiana, fino al supremo sacrificio della vita. Cadeva comandando lui stesso il plotone di esecuzione, dopo avere dichiarato che “bisogna saper offrire in qualunque momento la vita al proprio Paese, perché nulla vi è più alto e più sacro della Patria”.

-Egeo/Italia settentrionale, 1941/1944-

(47) Luciano Alberghini Maltoni, op. cit., pp. 49-50.

                         

Capitolo IV - L'armistizio ed il ritorno alla