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Capitolo II Lago e De Vecch

2.12 La toponomastica rivisitata dagli italian

Lo zelo di De Vecchi nel perseguire la sua politica di assimilazione culturale si manifestò anche nell’italianizzazione della toponomastica locale.

Anche Lago, nel luglio 1923, aveva previsto la trasformazione della toponoma- stica delle isole, ispirata ai seguenti concetti:

A. rimettere in uso gli antichi nomi medioevali desunti dagli autori del tempo dei Cavalieri ed in buona parte ancora vivi o semplicemente corrotti nella dizione.

B. adottare la traduzione in lingua italiana dei nomi, o greci o turchi, che ab- biano un significato.

C. italianizzare nella dizione i nomi locali che non hanno significato.

Al Ministero degli Affari Esteri propose un elenco dei nomi delle isole del Do- decaneso in triplice enunciazione, italiana, greca e turca. Qualora i nomi medio- evali italiani fossero stati più d’uno, suggerì quello più usato dagli scrittori o nel- la pratica. Aggiungendo che converrà al nome italiano far seguire tra parentesi il nomegreco, e - quando esista - anche quello turco.

DENOMINAZIONE DELLE ISOLE

Nome medioevale Nome greco Nome turco

Rodi Rhòdos Rodòs

Simi Sìmi Sumbekì

Calchi Halki Erkit Piscopi Tilos Iliakì

Nisiro, Nìzzara Nìsyros Ingirlì

Coo, Stanchio, Lango Kos Istànkoi

Calino Kàlymnos Càlimnos

Lero Leros Lerios

Stampalia, Stampellà Astypalea Ustrupalìa

Scarpanto Karpatos Kerpè

Caso Kassos Kasciòt

Patmo, Patino Patmos Batnos

Lisso, Lipso Lypsos Lìpsos

Castelrosso Castellòrizo Meis

La risposta di Mussolini non tardò ad arrivare e il Ministero così rispose:

“Questo Ministero ha creduto opportuno, riguardo alla proposta fatta da V.E. con il telespr. N.6553, sentire l’autorevole parere del professor Paribeni, Direttore delle Missioni scientifiche italiane in Levante. Si comunica pertanto la risposta: La questione che S.E. il Governatore di Rodi presenta è delicata, e perciò egli saggiamente propone, che venga risoluta poco a poco, che se fosse adottato un provvedimento sommario e uniforme, potrebbe forse venirne maggior detrimento che vantaggio. Non si dovrebbe dare l’impressione che si voglia cambiare il

nome a un luogo, operazione forse più odiosa che fruttuosa, e che equivale a una spersonalizzazione, ma si do- vrà procurare che l’alterarsi del nome avvenga quasi per naturale processo di scadimento fonetico e per l’imposizione dell’uso dovuta alla prevalenza sociale, culturale etc., di coloro che pronunciano Rodi su quelli che pronunciano Rodos. In tal caso si formarono i nostri bei nomi medioevali.

In questo graduale dilagare di nomi italiani si potrà procedere a un dipresso in quest’ordine:

1)Adottare senz’altro la forma italiana per quei nomi geografici che una forma italiana hanno sempre conservata, con una diffusione e una notorietà non minore delle altre forme, per esempio Rodi, Stampalia.

2)Restituire la forma italiana corretta alla forma italiana corrotta, per esempio Castelrosso al posto di Castellori- zo che non è parola greca, né turca, ma italiana alterata.

3)Adottare a forma italiana, là dove il trapasso sia quasi insensibile, dove ad esempio non si tratti che di lasciar cadere una s finale. Per esempio: Lero, Nisiro, invece di Leros, Nisyros. Si può anche giungere a Scarpanto da Karpathos.

4)Attendere a deliberare per quei nomi che più si discostano dalla forma attuale più generalmente nota e la cui forma medioevale italiana fu palese corruzione dell’antica, ed ebbe incertezze e varianti che contribuiscono a rendere meno nota ciascuna delle forme usate, per esempio Lango, Stanchio per Cos.

Nei primi casi si potrebbe anche abbandonare l’uso della parentesi col nome greco e turco, ad esempio, tutti comprendono che Lero è uguale a Lero o aLerios. In tali forme, e appoggiandosi a una desiderabilissima sempre maggiore infiltrazione di elementi italiane nelle isole, reputo che il risorgere di questi nomi si compirà quale fe- nomeno naturale e perciò irresistibile.”

Il Paribeni propose quindi in questa fase delle modifiche minime, comprendendo bene lo sconvolgimento che modifiche radicali avrebbero sortito nella popola- zione. Auspicava quindi un naturale cambiamento che si sarebbe verificato in seguito alla supremazia economica, politica e sociale in atto nelle isole.

Il 29 agosto 1923, Mussolini abbracciò i suggerimenti di Paribeni e comunicò la sua decisione al governatore Lago.

Nel 1937 De Vecchi si ritrovò ad affrontare lo stesso scottante argomento. Egli affrontò così il problema in una sua missiva al Ministero degli Affari Esteri:

“Ricorre di frequente, nellacorrispondenza dei nostri uffici all’estero, di vedere chiamare con gli antichi nomi greci le isole italiane dell’Egeo. Poiché l’errore potrebbe dipendere dall’ignorare la toponomastica del possedi- mento, faccio seguire i nominativi che vi si riferiscono:

Patmo e non Patmos; Piscopi e non Tilos; Scarpanto e non Karpatos; Stampalia e non Astipalea; Calchi e non Halchi;

Caso e non Casos; Calino e non Calimnos; Castelrosso e non Castellorizo; Coo e non Cos;

Lero e non Leros; Lisso e non Lipsos.”

Questa lista con le nuove disposizioni, fu inviata dal Ministero degli Esteri il 2 marzo del 1937 a tutte le autorità del Dodecaneso, ai consolati e alle ambasciate. Malgrado il controllo da parte delle autorità statali competenti di tutto il materia- le propagandistico e pubblicitario, prima che venisse pubblicato, i nomi del Do- decaneso, spesso venivano trascritti nella loro forma originaria, eludendo quindi le direttive imposte. In un libretto pubblicitario dell’industria navale di Venezia, ”Adriatica”, nella mappa allegata geografica allegata la città di Kos viene scritta Cos e non Coo. Questo suscitò ovviamente una reazione da parte di De Vecchi, che segnalò la questione al Ministero.

Anche i nomi delle vie subirono alterazioni fino al 1941. In quell’anno gli ebrei di Rodi ebbero la sgradevole sorpresa di trovare le strade del loro antico quartie- re, fino allora chiamate con in nomi tradizionali, sia pure tradotti in italiano, ri- battezzate con nomi di personalità fasciste.(42)