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Capitolo III L'Egeo in guerra

3.3 L’affondamento dell’ “Helli”

L’episodio più grave, destinato a provocare ripercussioni molto negative nei rapporti tra Italia e Grecia, si verificò il giorno di Ferragosto.

Il 14 agosto 1940 De Vecchi e l’ammiraglio Luigi Biancheri si recarono a Lero, provenienti da Rodi, per mostrare al comandante del sommergibile “Delfino”, tenente di vascello Giuseppe Aicardi, un documento di Supermarina, a firma dello stesso sottosegretario di capo e capo di Stato Maggiore della Regia Mari-

na, ammiraglio Cavagnari, con cuisi comunicava che:

“Considerato il traffico mercantile in uscita dai Dardanelli e per la massima parte effettuato a vantaggio degli inglesi, e che le marine neutrali su tale rotta si prestano a favorire soltanto i rifornimenti del nemico, presi gli or-

dini dal Duce comunico quanto segue:

Scegliere fra i sommergibili alle vostre dipendenze quello che per grado di approntamento del materiale e per capacità del comando sembra possedere i migliori requisiti;

impartire direttamente e verbalmente al comandante della prescelta unità istruzioni ispirate ai seguenti criteri di massima:

A) svolgere ad esempio nel periodo dal 20 al 25 agosto un breve ma intenso periodo di guerra a oltranza al traffi- co nelle acque dell’Egeo comprese fra i Dardanelli e il canale di Doro;

B) durante il periodo in questione il sommergibile dovrà affondare col siluro senza preavviso tutti i piroscafi che si presume facciano il traffico per conto del nemico, anche se coperti da bandiera neutrale;

C) l’azione dovrà essere condotta in modo che l’identità e la nazionalità del sommergibile non possano essere riconosciute;

D) al termine del periodo prescritto il sommergibile dovrà rientrare alla base curando che l’approdo sia inosser- vato;

E) assoluto e completo silenzio radiotelegrafico da e per il sommergibile durante tutta la missione; F) l’azione dovrà essere circondata dal massimo segreto.

In base alle reazioni provocate da questa azione saranno prese ulteriori decisioni.”

De Vecchi suggerì al comandante del sommergibile due isole, Tinos e Sira, co- me possibili destinazioni della sua missione intimidatrice, in quanto era stato

avvistato intorno ad esse un grande movimento di navi, forse anche sospette.

Il tenente di vascello Aicardi optò per la prima destinazione.

Nell’isola di Tinos, nell’arcipelago delle Cicladi, sorge il famoso santuario pa- nellenico della Vergine Maria “Evangelistria” (Annunciata) o “Megalochari” (colei che concede grandi grazie), che è meta di numerosi pellegrinaggi ortodos- si soprattutto nel giorno dell’Assunta, il 15 agosto. Quel giorno del 1940 l’isola era affollata di fedeli, giunti via mare sin dalla prima mattina con ogni specie di imbarcazioni imbandierate e impavesate per la ricorrenza. Per meglio sottolinea- re la solennità della festa il governo ellenico aveva disposto l’invio nella rada del vetusto incrociatore “Helli”, che andò ad ancorarsi davanti all’ingresso del piccolo porto dell’isola. Le previste cerimonie della mattina stavano per iniziare, quando alle 8.30 l’”Helli” venne silurato.

Fonti britanniche denunciarono l’aggressione come italiana, fonti italiane indica- rono l’esatto contrario. I greci recuperarono la parte poppiera di un siluro di fab- bricazione italiana e lo mostrarono a diplomatici e giornalisti della stampa inter-

nazionale, denunciando l’aggressione come di parte italiana.

La nave greca fu affondata, con piena coscienza di causa, dal “Delfino” in base agli ordini provenienti da Roma, ma riguardanti piroscafi eventualmente carichi di materiale bellico, e male interpretati o interpretati secondo un suo proprio modo di vedere da De Vecchi.(14)

Lo confermò senza equivoci nel suo rapporto il comandante Aicardi:

“Ho lasciato Lero il giorno 14 alle 20 e 30.

Giunto in prossimità del porto di Tinos mi immergo. Procedo a quota periscopica e mi dirigo verso l'imboccatura del porto. Giunto davanti all'imboccatura, vedo all'interno del porto due grandi piroscafi nessuno dei quali aveva la bandiera greca segnata sulle fiancate. Mentre prendevo posizione per il lancio dei siluri, scorgo una nave da guerra che si dirige a piccola andatura verso il porto. Decido di silurare prima la nave da guerra e poi i due piro- scafi.

Tale decisione è maturata in seguito ai seguenti ragionamenti: 1) Convinzione istintiva che i due piroscafi fossero sospetti.

2) La presenza della nave da guerra pronta a scortare i mercantili rende la cosa più sospetta e testimonia la com- plicità greca.

3) Silurare i piroscafi entro il porto significava flagrante violazione quasi quanto silurare la nave da guerra stes- sa. D'altra parte anziché la reazione della nave da guerra dopo, meglio sbarazzarsene prima.

4) Ho pensato che fossimo già fatalmente avviati a una rottura con la Grecia, affondando l'"Helli", avrei tolto di mezzo una nave che poteva dare qualche preoccupazione alle nostre forze dell'Egeo. Ho lanciato un siluro da 533 mm sull'"Helli" da una distanza di circa 700 metri; l'unità è stata colpita esattamente tra i due fumaioli; l'e- splosione dell'arma non è stata completa, tuttavia si è aperto un largo squarcio visibile al di sopra della linea di galleggiamento.”(15)

Hitler in persona, dopo quest’ultimo episodio di eccezionale gravità, avanzò la richiesta di non turbare con iniziative unilaterali la situazione nei Balcani e di cessare gli atti provocatori contro la Grecia.

Un intervento dell'Asse in quelle terre avrebbe potuto originare motivi d'inter- vento dell'Unione Sovietica che, per il momento, andava tenuta a tutti i costi te- nuta fuori dal conflitto. Ogni attività ed ogni risorsa andava posta verso la capi- tolazione dell'Inghilterra.

L’azione, di nessuna utilità militare, venne criticata dallo stesso Ciano, che in

“E’ stata affondata da un sottomarino, che ancora non sappiamo chi sia, una nave greca. L’incidente minaccia di prendere proporzioni maggiori. Per me, c’è sotto l’intemperanza di De Vecchi. Conferisco col duce, che desidera risolvere pacificamente questo incidente, del quale si poteva fare a meno. Propongo di inviare una nota alla Gre- cia: ciò varrà a portare la polemica su un terreno diplomatico.”(16)

Tuttavia lo scontro con la Grecia era soltanto posticipato di pochi mesi.

Nel cuore dei combattenti greci di Albania la profanazione della festa dell'As- sunta fu uno dei più profondi motivi di incitamento all'aggressività contro il ne- mico.(17)