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ajpovllutai...ajpovllutai...

ajpovllutai...kai; ouJvtw to; eJ;n mh; oj;n givgnetaiv te kai; ajpovllutai...

.

La metabolhv di cui si parla nel Fedone è perciò esclusivamente quella sua specie, l’ajlloivwsiı, tipica della gevnesiı e della fqorav32, e dunque, proprio perché si può provare l’identità di questa specie di mutamento con quel generarsi e corrompersi che contraddistingue i fenomeni, il concetto di Immutabilità qui impiegato si rivela per un sinonimo della Permanenza degli

eijvdheijvdheijvdheijvdh

, mediante il quale viene ad accentuarsi l’esenzione dell’Ideale da quei processi di nascita e morte, e dunque il suo essere una realtà ingenerata,

ajgevnhtonajgevnhtonajgevnhtonajgevnhton

.

Analogamente a quanto accadeva nelle battute precedenti della dimostrazione, in cui veniva stabilita una discendenza dell’Essere non composto dall’Essere sempre nello stesso modo, qui la dipendenza istituita è quella della Monoformità dall’Immutabilità: monoeidevı, di

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Un’analisi estremamente approfondita dei rapporti esistenti fra i concetti di Movimento, Mutamento, divenire ed alterazione è quella compiuta da Plotino nelle sue Enneadi, VI 3, 21 e sgg.: nel capitolo 21 in particolare, viene posta una innanzitutto una netta distinzione fra kivnhsiı e metabolhv, e successivamente viene anche chiarito, in linea con la ricostruzione che abbiamo fornito della posizione platonica al riguardo, in che modo sia la metabolhv che l’ajlloivwsiı si relazionino appunto alla kivnhsiı come delle Specie al proprio Genere.

40 contro al corporeo che in seguito, in Fedone 80a 10-b 533, viene anche in questo caso descritto simmetricamente come polueidevı, può essere perciò solamente ciò che, non afflitto da ajlloivwsiı, né si genera né si corrompe; in altre parole, solo ciò che è Ingenerato può Essere Uno.

Questa necessità logica è ribadita in modo molto netto sempre nel Parmenide, nel primo caso ancora all’interno della sesta deduzione, relativa allo eJvn mh; ojvn (dove il suo non essere è inteso, a differenza che nell’ipotesi successiva, pur sempre come essere); in quanto l’Uno non è, non potrà né muoversi né alterarsi, perché se si verificasse quest’ultima eventualità, esso cesserebbe di essere uno:

Oujde; mh;n ajlloiou~taiv pou to; eJ;n eJautou~, oujvte to; oj;n oujvte to; mh; ojvn:

ouj ga;r aj;n

hj~n oJ lovgoı ejvti peri; tou~ eJnovı,

eijvper hjlloiou~to aujto; eJautou~, ajlla; peri; ajvllou tinovı. (162d 5-8).

L’asserzione, riferendosi tanto all’Uno che è (certamente lo eJvn concepito assolutamente della prima deduzione), quanto all’Uno che non è, prescinde nel suo contenuto dal contesto specifico in cui è enunciata, come conferma un passaggio analogo estratto dalla prima argomentazione:

JAlloiouvmenon de; to; ej;n eJautou~

ajduvnatovn pou eJ;n ejvti eij~nai.

(137c 1-2).

Il nesso fra generazione e molteplicità è ribadito anche nel Sofista, in 245d 4,

To;

genovmenon ajei; gevgonen oJvlon...,

da cui tuttavia non consegue affatto che una Realtà Ingenerata debba essere assolutamente una; difatti, non solo il Tutto può essere Uno (cfr. 245a 1-3), ma soprattutto, negando la realtà dello

oJvlon

, si finirebbe col negare la stessa esistenza dell’Essere (cfr. 245b 4-d 6).

Con la sinonimia fra l’Essere

eJvneJvneJvneJvn

e l’Essere

ajgevnhtonajgevnhtonajgevnhtonajgevnhton

della nostra terza dimostrazione del Fedone, siamo perciò in presenza di una diversa formulazione della derivazione di partenza dell’Unità eidetica dalla sua propria Atemporalità.

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Passo splendido questo, che chiude di fatto la terza prova dell’Immortalità segnando l’appartenenza dell’Anima alla realtà delle Idee: Skovpei dhv,..., eij ejk pavntwn tw~n eijrhmevnwn tavde hJmi~n sumbaivnei, tw~/ tw~/ tw~/ tw~/ me;n qeivw/ kai; ajqa

me;n qeivw/ kai; ajqame;n qeivw/ kai; ajqa

me;n qeivw/ kai; ajqanavtw/ kai; nohtw~/ kai; monoeidei~ kai; ajdialuvtw/ kai; ajei; wJsauvtwnavtw/ kai; nohtw~/ kai; monoeidei~ kai; ajdialuvtw/ kai; ajei; wJsauvtwnavtw/ kai; nohtw~/ kai; monoeidei~ kai; ajdialuvtw/ kai; ajei; wJsauvtwnavtw/ kai; nohtw~/ kai; monoeidei~ kai; ajdialuvtw/ kai; ajei; wJsauvtwı ı ı ı kata; taujta; kata; taujta; kata; taujta; kata; taujta; ejvconti eJautw~/ oJmoiovtaton eij~nai yuchv,

ejvconti eJautw~/ oJmoiovtaton eij~nai yuchv,ejvconti eJautw~/ oJmoiovtaton eij~nai yuchv,

ejvconti eJautw~/ oJmoiovtaton eij~nai yuchv, tw~/ de; ajnqrwpivnw/ kai; qnhtw/~ kai; ajnohvtw/ kai; polueidei~ kai; dialutw~/ kai; mhdevpote kata; taujta; ejvconti eJautw~/ oJmoiovtaton auj~ eij~nai sw~ma.

41 La scelta platonica di parafrasare in questo modo quanto in fondo era già stato detto in altri termini nelle prime battute della dimostrazione, è interessante sotto due aspetti: da un lato questa sfumatura concettuale potrebbe avere un’attinenza alla questione della definizione, al lovgon didovnai tou~ eij~nai di 78d 1-234

; certo è che viene posta maggiore attenzione al relazionarsi della singola Idea a se stessa (aujto; kaq jauJtov), e quindi si può supporre che Platone in questo modo voglia lasciarsi intenzionalmente aperta la possibilità di esaminare espressamente in un’altra sede l’eij~doı anche nella sua relazione ad altro, concependo esso stesso come Alterità (il genere del Diverso)35, e questo sia all’interno dell’ambito Intelligibile medesimo che nel suo estrinsecarsi in un lovgoı definitorio.

La capacità eidetica di relazione sia a sé che ad altro rende intuitivamente comprensibile, come il testo implicitamente suggerisce, una certa Poliformità dell’Idea, naturalmente senza intenderla alla stregua di quella tipica del sensibile, bensì circoscritta alla possibilità dialettica dell’immanenza di Idee in altre Idee. Volendo fornire almeno un paio di indicazioni di questa ‘complessità Intelligibile’, vediamo, nel primo caso, come nel libro X della Repubblica (612a 3-5), Platone lasci aperta la questione se l’Anima sia monoeidhvı o polueidhvı36

, Sarebbe complesso ed inopportuno al momento spingersi oltre qualche valutazione puramente generale, ma diciamo soltanto che ci sono ottime ragioni per ritenere che il livello al quale tale domanda viene posta non è quello della fenomenologia psichica,

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In effetti nel lovgoı si realizza una sorta di ‘identità’, con l’attribuzione di diversi predicati ad un medesimo soggetto, fra Uno e Molti, che Platone descrive nel Filebo come un’ “affezione immortale che mai deperisce dei nostri stessi discorsi” (15d 7-8: ...tw~n lovgwn aujtw~n ajqavnatovn ti kai; ajghvrwn pavqoı ejn hJmi~n:); tuttavia è molto diverso il caso del filosofo, che dall’alto della conoscenza Dialettica formula una definizione, da quello del sofista e dell’erista, o semplicemente del neofita inesperto che, giovandosi di tale caratteristica del lovgoı, gioca a far apparire l’uno molti ed i molti uno (15d 8-e 4), o diverso l’identico e l’identico diverso, servendosi in maniera inopportuna del principio di contraddizione (Soph. 259b 9- d 7).

Il termine metabolhv non ricorre in questi contesti, ma il parallelismo si può costruire su quello, pur entro i limiti ristretti che abbiamo appena avuto modo di osservare, per certi versi affine di kivnhsiı: il lovgondidovnai

del Dialettico richiede che le ipotesi non vengano lasciate immobili ma vengano al contrario rese dinamiche

(Resp. VII 533c 1-5); anche chi si atteggia ad antilogico muove le Idee (Phil. 15d:...pavnta kinei~ lovgon

aJvsmenoı...), ma in maniera inappropriata.

Dunque Platone nel Fedone, con l’associare lovgoı th~ı oujsivaı, Monoformità ed Immutabilità dell’Essere, parrebbe voler sottolineare il fatto che il verace discorso definitorio in realtà non modifica l’eij~doı, e perciò non ne corrompe in alcun modo l’Unitarietà.

35

Cfr. Soph., 255c 14-15: jAllj oij~maiv se sugcwrei~n tw~n ojvntwn ta; me;n aujta; kaq jauJtav, ta; de; pro;ı

ajvlla ajei; levgesqai., e sgg.

36

42 connesso al suo apparire in un corpo (611b 10-c 3: oiJ~on d jejsti;n th~/ ajlhqeiva/, ouj lelwbhmevnon dei~ aujto; qeavsasqai uJpov te th~ı tou~ swvmatoı koinwnivaı kai; ajvllwn kakw~n, wJvsper nu~n hJmei~ı qewvmeqa...); perciò la Polimorfia della yuchv non è da ricondurre, come può avvenire in altri contesti ad altre condizioni (cfr. Phaedr. 271a 4-8), alla distinzione in essa di diverse componenti (cfr. Resp. IV 436a 8 sgg.), la quale non viene disconosciuta, pur limitandone nettamente la portata esplicativa della sua fuvsiı autentica (611c 6-7: nu~n de; eijvpomen me;n ajlhqh~ peri; aujtou~, oiJ~on ejn tw~/ parovnti faivnetai:; 612a 4-5: nu~n de; ta; ejn tw~/ ajnqrwpivnw/ bivw/ pavqh te kai; ejvdh, wJı ejgwj~/mai, ejpieikw~ı aujth~ı dielhluvqamen.) È con l’elemento raziocinante che bisogna contemplare l’Anima (logismw~/, 611c3), e guardare al suo amore di sapere (filosofiva, 611e 1), per coglierne la Natura ‘originaria’ (

th;n ajrcaivan fuvsinth;n ajrcaivan fuvsinth;n ajrcaivan fuvsinth;n ajrcaivan fuvsin

, 611d 2). Perciò il quesito sull’intima struttura della Psiche può riguardare anche il solo

logistikovn

, col che l’espressione

polueidevı

acquisterebbe una valenza ben precisa sul piano puramente Intelligibile (cfr. 611b5-7). Decisamente meno laborioso è individuare un’analogo significato Ideale della Poliformità nelle prime diairesi svolte nel Sofista: allo scopo di isolare la natura di costui all’interno dell’arte della caccia, e dopo aver seguito la via della prima suddivisione di questa, la caccia agli animali acquatici, che ha il solo scopo didattico di un’esercitazione ai fini dell’applicazione del metodo dicotomico ad un oggetto ben più importante, ci si trova innanzi al secondo esito della prima distinzione, la caccia agli animali terrestri; sebbene questa sia stata lasciata in precedenza indivisa, essa in realtà è polueidevı (Soph. 221e 7). Qui il termine sta senza dubbio a significare la Molteplicità delle Specie all’interno di un Genere.

Tornando alla terza prova del Fedone, non è semplice invece rispondere ad un’ulteriore domanda: e cioè se, ragionando inversamente sul nesso qui istituito fra l’Immutabile ed il Monoforme, tale passaggio dalla considerazione dell’eij~doı nella sua Unitarietà, a quella del suo rapportarsi al resto dell’Intelligibile ora come Parte, ora come Tutto, ora come Unità di quella Totalità, che sono infatti i soli modi possibili dell’Uno e dell’Essere di relazionarsi reciprocamente (cfr. Parm. 142b 5 sgg., Soph . 244e 2 sgg. e 253d 5-e 1), implichi in qualche modo anche un suo metaballeivn, e, se così fosse, quale significato si debba conferire a tale mutare37.

37

Comunque stiano le cose, prima di escludere che la metabolhv giochi anche un ruolo ontologico, bisognerebbe poter chiarire la modalità interattiva del Moto e della Quiete nell’Anima (ed anche degli altri Generi che nel Timeo compartecipano alla sua costituzione), anche rispetto al loro concorrere alla generazione del nou~ı: come dovrebbe essere concepita infatti la differenza fra kivnhsiı e metabolhv al puro livello del

43 È un dato di fatto che Platone nei dialoghi menzioni anche forme di Mutamento che nulla hanno a che vedere con i processi di generazione e corruzione attinenti al composto corporeo, riguardando anzi molto spesso eventi intimamente psichici, legati all’esercizio delle

dunavmeiı

di

dovxa

e

gnw



siı

: è il caso, rispettivamente, del mutamento di opinioni cui è soggetta l’Anima quando essa si appiglia ai fenomeni, che nascono e periscono (cfr. Resp. VI, 508 d 4-9), e dell’elevazione della Psiche stessa alla contemplazione della Vera Realtà illuminata dal Bene nel mito della Caverna, un Mutamento caratterizzato come profondamente positivo in quanto arreca felicità (Resp. VII, 516c 5-6:

...oujk aj;n oijvei

auJto;n me;n eujdaimonivzein th~ı metabolh~ı...

; interessante notare la connessione istituibile qui fra la metabolhv e la condizione extratemporale in cui essa avverrebbe, l’ejxaivfnhı - 515c 6, 516a 4, 516e 5-, che rievoca immediatamente il Corollario del Parmenide).

Il fondamento ontologico di questo significato ‘nobile’ del Mutamento è rintracciabile a parer nostro nel libro X delle Leggi, in cui l’Anima non solo viene definita come Principio

assoluto di Movimento, ma anche, appunto, di Mutamento (896a 6-b 1:

...mh; iJkanw~ı

dedei~cqai yuch;n taujto;n oj;n kai; th;n prwvthn gevnesin kai; kivnhsin tw~n te ojvntwn

kai; gegonovtwn kai; ejsomevnwn kai; pavntwn auj~ tw~n ejnantivwn touvtoiı, ejpeidhv ge ejpeidhv ge ejpeidhv ge ejpeidhv ge

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