• Non ci sono risultati.

givgnetaigivgnetai

givgnetai kai; genhvsetai.

(155c 8-d 4)

I due passi ci illustrano, in maniera più incisiva che mai, quale sia la ragione dell’equivalenza fra l’

ejvstin

ed il

givgnetai

: essi sono entrambi nient’altro che due modalità di espressione del partecipare al Tempo presente, in altri termini, l’‘è’ ed il

146 ‘diviene’ sono due specie dell’‘ora’116. Il

nu~n crovnoı

risulta dunque essere, per Platone, un’entità ben lontana dall’avere caratteristiche puntiformi, essendo piuttosto anch’essa predisposta ad accogliere in sé un trapassare; come già avevamo avuto occasione di constatare in relazione alle altre due dimensioni del crovnoı, accennando alla coesistenza in esse di elementi affermativi e negativi insieme, anche il presente del Tempo palesa la propria natura di

gevnesiıgevnesiıgevnesiıgevnesiı

. Volendosi servire di due formule estremamente calzanti disponibili nella lingua tedesca, possiamo definire il nu~n crovnoınu~n crovnoınu~n crovnoınu~n crovnoı platonico come un’ausgedehnte o erfüllte Gegenwart117.

116

Non è fuori luogo parlare di specie, o di sottospecie se si vuole, delle dimensioni temporali, considerando in che maniera lo stesso Platone ci inviti a concepire l’‘era’ ed il ‘sarà’ nel Timeo, e cioè appunto come eijvdh eijvdh eijvdh eijvdh crovnou

crovnoucrovnou

crovnou (37e 4, 38a 7-8).

117

Sulla consistenza logica dei passaggi del Parmenide relativi al presbuvteron e newvteron givgnesqai ed

eijnai dell’Uno sia nella prima che nella seconda deduzione, cfr. in particolare Cornford, Plato and Parmenides, op.cit., che ha giustamente sottolineato come la concezione ciclica del Tempo giaccia sullo sfondo della prima deduzione (pp. 128-129), e come nella seconda sia contemplata anche la possibilità di pensare ad un’esistenza sensibile:

«Moreover, the collection of attributes now accumulated makes up all the conditions necessary for the existence of a sensible body […] So the argument has ‘evolved’ from the bare notion of a ‘One Being’ the possibility of a world of concrete sensible things…» (pp. 192-193).

Che sia proprio l’assimilazione integrale fra l’Essere ed il Divenire a consentire lo sviluppo degli argomenti

circolari delle due deduzioni, lo sostiene Maurizio Migliori, ne Il «Parmenide» e le dottrine non scitte di Platone, 1994, p. 199:

«Successivamente, si afferma che ciò che è nel tempo diviene. Essere nel tempo e Divenire vengono qui posti come sinonimi. Inoltre si collega Divenire a Diversità, la quale implica anche la reciprocità: il divenire diverso è tale rispetto a qualcosa che, a sua volta, diviene diverso, e non lo è già.».

Un’analoga tendenza a non vedere nel nuncrovnoı una componente ‘limite’ del tempo, si ravvisa in Franco Ferrari, nella sua edizione critica del Parmenide, 2004, p. 306 nota 153:

«L’esistenza nel tempo di un’entità qualsiasi viene compresa tra la data della “nascita” e quella della “morte”. L’entità in questione si trova in ogni momento nel presente e non può che essere più vecchia di quanto fosse prima. Ma dal momento che si trova sempre nel presente, essa “è” e non “diventa”. Ogni realtà è diventata più vecchia e dunque è più vecchia, ma non lo diventa in quel determinato momento presente.».

Ancora più esplicita è la formulazione del Divenire nel Presente data da Ingeborg Schudoma, op.cit., pp. 70- 72:

«Das Jetz steht zwischen einem Vorher und Nacher. Ein Werdendes kann dieses Jetzt zwar erreichen, wenn es aus einem früheren Zustand in einen späteren übergeht, aber nicht an ihm vorbeikommen. So wird das an sich schon punktuelle Jetzt noch einmal unterteilt in ein Intervall zwischen einem Vorher und diesem Jetzt und in ein zweites zwischen dem Jetzt und einem Nachher, und nur das erste davon kann ein Werdendes durchlaufen. Eben dieser eigentlich gar nicht existierende Punkt des Jetzt zwischen diesen beiden Intervallen markiert das

147 Merita a questo punto soffermarci brevemente su un’autentica raffinatezza speculativa di cui il filosofo ci dà prova in ambito cosmogonico, e che non mancherà l’occasione di approfondire ulteriormente anche in seguito: ancora nel brano del Timeo che riferisce della creazione del crovnoı da parte del Demiurgo, ci troviamo innanzi ad una chiara contrapposizione dell’ejvstinejvstinejvstin, il solo ad avere il diritto di essere attribuito all’ejvstin

ajivdioı oujsiva

(37e 4-5), alle altre due frome del Tempo, l’‘era’ ed il ‘sarà’ le quali, generate esse stesse -

gegonovtaeijvdh

, 37e 4, 38a 8-, competono piuttosto alla

gevnesiı

(38a 1-2),

levgomen ga;r dh; wJı hj~n ejvstin te kai; ejvstai, th~/ de; totototo; ejvstin movnon; ejvstin movnon; ejvstin movnon; ejvstin movnon kata; to;n

ajlhqh~ lovgon proshvkei...

(37e 5-38a 1)

Che questa giustapposizione vada presa per il suo valore più ontologico che temporale, è dimostrato dal fatto che poco dopo, precisamente nel ribadire l’impossibilità che l’Essere Eterno -to; ajei; kata; taujta; ejvcovn, 38a 3- possa risultare in alcun modo affetto dal divenire col Tempo secondo una qualunque delle sue dimensioni, il

nu~n crovnoı

si ripropone esattamente nella medesima forma in cui lo avevamo incontrato nel Parmenide: l’ojvn aijwvnion difatti,

Sein des Werdenden […] Damit ist das Älter/Jünger- und Nicht-Älter/Jünger-Sein und Gewordensein des Einen gegenüber den Anderen bewiesen. Das letzere ist bedeutsam: das Anhalten des Werdens im Jetzt (sofern ein solches überhaupt möglich ist) ist kein völliges Heraustreten aus dem Zeitstrom des Werdens in ein anderes, zeitloses Sein, sondern immer ein Gewordensein, Summe und Ergebnis des Früheren».

Analoga alla precedente è la tesi di Huber, op.cit., pp. 63-64: le tre dimensioni del crovnoı risultano qui inscindibilmente collegate, in quanto

«das Sein aus dem Werden resultiert und das zeitlich Bestimmte beständig sowohl wird als auch ist, weil es nicht nur ständig im Übergang vom Jetzt zum Dann bewegt, sondern immer auch im Jetzt ist […] Zeitliches Sein und Jetzt, Werden und zeitliche Bewegung definieren einander wechselseitig […]».

Interessante infine la tesi sostenuta da Alain Séguy-Duclot, ne Le Parménide de Platon, 1998, che in questi argomenti vede in atto la critica platonica alla concezione zenoniana del tempo inteso come successione di momenti puntiformi, che, non lasciando spazio al movimento dell’Uno, lo avvilupperebbero in contraddizioni (pp. 81-82). Del resto la palpabile presenza di una polemica rivolta a Zenone entro la struttura argomentativa del dialogo era stata già teorizzata da Guido Calogero, nel suo Il «Parmenide» platonico, 1932, pp.269-311. Stimolante la posizione presa da Hans Georg Gadamer, che nel suo Über leere und erfüllte Zeit, 1972, suggerisce di vedere precisamente nell’Aion quel Presente Compiuto e veramente Pieno del quale la durata

apparente e passeggera della temporalità empirica rappresenta solo un’immagine sbiadita (p. 227), tesi che, guardando al rapporto fra tempo ed Eterno in un’ottica Dialettica non possiamo che condividere interamente.

148

...oujde; genevsqai pote; oujde; gegonevnai nu~noujde; gegonevnai nu~noujde; gegonevnai nu~noujde; gegonevnai nu~n oujd jeijı auj~qiı ejvsesqai...

(38a 4-5)

Una riprova indiscutibile della coerenza interna alla visione del tempo presente estrapolabile dal Parmenide e dal Timeo, si desume da quanto asserito in 38a 3-4: “ciò che è sempre nello stesso modo”,

Outline

Documenti correlati