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kai; fqora~kai; fqora~

kai; fqora~ıııı th;n aijtivan diapragmateuvsasqai...th;n aijtivan diapragmateuvsasqai...th;n aijtivan diapragmateuvsasqai...th;n aijtivan diapragmateuvsasqai...,

da confrontare in particolare con 99c 5 sgg.), solo pensata nelle sue piene implicazioni in ambito cosmogonico.

Una tale visione conduce ad un evidente Monismo ontologico, animato naturalmente da

un’intima ossatura Dialettica, che ha come conseguenza immediata quella dell’esistenza di ‘gradi’ del Reale, esprimibili in termini di maggiore e minore Chiarezza e Verità: non a

caso sono la

safhvneiasafhvneiasafhvneiasafhvneia

e l’

ajlhvqeiaajlhvqeiaajlhvqeiaajlhvqeia

, il cui mutuo intreccio è dominante entro la metafora della Conoscenza come Visione adottata da Platone a partire da Resp. V 476a 1, e precisamente da 479c 6, a fungere da criteri sulla base dei quali vengono ordinati i segmenti assegnati nell’analogia della linea di Resp. VI ai

gevnh

dell’

oJrwvmenon

e del

noouvmenon

, ed alle loro rispettive sottosezioni, in 509d 6-511e 5; in questo quadro gerarchico perciò, i livelli inferiori si presentano come

mimhvmata

dei più elevati, come dimostra ad esempio il passo di Resp. VII, 532b 6-d 1, in cui vengono chiamati qei~a fantavsmata, “apparizioni divine”, quegli enti che, appartenenti alla sfera Intelligibile, esistono come riflessi degli ojvntwı ojvnta, ovvero, fuor di metafora, gli oggetti della diavnoia65.

Se, anche alla luce delle attuali riflessioni, è giustificato il riconoscimento nel fondamentale passo del Timeo, che avremo subito modo di chiamare di nuovo in causa, della dichiarazione sicuramente più esplicita contenuta nei dialoghi platonici a sostegno di un

65

Su queste ultime due considerazioni, causalità eidetica e gradazione ontologica, merita lasciare di nuovo brevemente la parola a Paul Natorp che, al di là della riserva cui accennavamo in precedenza, aveva colto con grande acribia questi due aspetti centrali della speculazione platonica, strettamente connessi, a nostro modo di vedere, all’eccezionale comprensione che il filosofo aveva del carattere profondamente ambivalente dell’immagine:

«Das Sinnliche ist Schein und bloße Meinung, solange es nicht auf die reinen Setzungen des Denkens „zurückbezogen“ ist, solange der Wechsel der Erscheinung gesetzlos, mithin unbestimmt bleibt. [...] das Sinnliche ist zum Sein erhoben, wenngleich zu einem Sein zweiter Ordnung.» (ibid., pp. 149-150).

72

Idealismo di tipo Assoluto, in cui il sensibile trova spazio come manifestazione esteriore dell’Idea, come un suo grado, è esattamente in un simile scenario teorico che

riescono ancora più comprensibili sia il fatto che la relazione fra le due sfere ontiche non possa essere concepita nei termini di un’opposizione, sia come mai la differenza manifesta nel sensibile implichi, nel senso del presupporla, una Differenza Ideale della quale poter essere una rappresentazione somigliante; ne è origine il fatto che ciò che appare, il visibile, il generato, l’immagine, neppure nella sua alterità complessiva dall’Idea è pensabile, se non appunto come Idea.

Il filosofo inoltre, se da un alto era pienamente consapevole della linea di demarcazione sussistente fra Diversità e Contrarietà, per la quale, senza neppure scomodare il Sofista, basti richiamarsi al Teeteto, in cui lo

eJvteroneJvteroneJvteroneJvteron

e l’

ejnantivonejnantivonejnantivonejnantivon

, e non ultima la stessa

oujsivaoujsivaoujsivaoujsiva

dell’

ejnantiovthejnantiovthııııejnantiovthejnantiovth

vengono annoverati fra i

koinavkoinavkoinavkoinav

eidetici (cfr. 185e 4-186b 9), non era meno conscio dell’esistenza di gradi di Differenziazione che possono sfociare nella massima Opposizione, come dimostra un passo emblematico tratto dalla quarta deduzione del Parmenide, in cui si analizza l’Uno che è nel suo rapporto con le altre Realtà che di esso partecipano:

JHi dev ge peperasmevna te eijnai kai; ajvpeira pevponqen, ejnantiva pavqh ajllhvloiı ojvnta tauta ta; pavqh pevponqhn....

Ta; d jejnantiva ge wJı oJTa; d jejnantiva ge wJı oJTa; d jejnantiva ge wJı oJTa; d jejnantiva ge wJı oJ



iovn teiovn teiovn teiovn te

ajnomoiovtata....Kata; me;n ajvra eJkavteron to; pavqoı oJvmoia aj;n eijvh aujtav te aujtoi

ajnomoiovtata....Kata; me;n ajvra eJkavteron to; pavqoı oJvmoia aj;n eijvh aujtav te aujtoiajnomoiovtata....Kata; me;n ajvra eJkavteron to; pavqoı oJvmoia aj;n eijvh aujtav te aujtoi

ajnomoiovtata....Kata; me;n ajvra eJkavteron to; pavqoı oJvmoia aj;n eijvh aujtav te aujtoi



ı ı ı ı

kai; ajllhvloiı, kata; d jajmfovtera ajmfotevrwı ejnantiwvtatav te kai; ajnomoiovtata.

kai; ajllhvloiı, kata; d jajmfovtera ajmfotevrwı ejnantiwvtatav te kai; ajnomoiovtata.kai; ajllhvloiı, kata; d jajmfovtera ajmfotevrwı ejnantiwvtatav te kai; ajnomoiovtata.

kai; ajllhvloiı, kata; d jajmfovtera ajmfotevrwı ejnantiwvtatav te kai; ajnomoiovtata.

(158e 5-159a 4)

E non fa specie che in questo estratto la Contrarietà venga pensata a partire dall’intensità della Dissomiglianza anziché della Differenza: abbiamo infatti avuto già modo di vedere in precedenza, nell’esaminare il ruolo della

oJmoiovthıoJmoiovthıoJmoiovthıoJmoiovthı

e della

ajnomoiovthıajnomoiovthıajnomoiovthıajnomoiovthı

all’interno del percorso anamnestico, che i due generi, come attesta in particolare la seconda deduzione del Parmenide, possono essere agevolmente, e trasversalmente, ricondotti al

taujtovntaujtovntaujtovntaujtovn

ed allo

eJvteroneJvteroneJvteroneJvteron

(cfr.147b 7-148d 4 ). Naturalmente si potrebbe obiettare che qui manchi ancora il riferimento esplicito al

gevnogevnoııııgevnogevno

inclusivo appunto della

ejnantiovthıejnantiovthıejnantiovthıejnantiovthı

intesa come massima

ajnomoiovthı

ajnomoiovthıajnomoiovthı

ajnomoiovthı

/

eJterovthıeJterovthıeJterovthıeJterovthı

; tuttavia bisogna sottolineare che a quest’altezza del Parmenide si sta discutendo di tutti i rapporti di opposizione che l’Uno guadagna in se stesso ed in relazione ad Altro, proprio in virtù della sua partecipazione all’Essere, che perciò è lecito

73 considerare come il genere che sta a monte e ricomprende in sé tanto le Contrarietà che i loro livelli intermedi di Diversificazione66.

La concezione dunque della Contrarietà come Differenza massima all’interno di un genere, che, seppure in Platone non venga condensata in una formulazione esplicita, come invece avverrà in Aristotele (cfr. ad esempio Metaph. I 1055a 3 sgg.), ma che comunque riteniamo sufficientemente supportata dalle previe valutazioni, si radica dunque nel riconoscimento al Non Essere dello statuto ontologico che gli spetta, ovvero quello di un eij~doı, riconoscimento che sfocia anche, necessariamente, nell’ammissione che proprio l’

oujsiva

sia quel genere al quale il Non Essere è in primo luogo coessenziale, ed al cui interno perciò l’esistenza dei Contrari ha la facoltà di esplicarsi (cfr. Soph. 254d 4-15, 256e 6-257a 11, ed infine 259a 1-b 7).

In questa prospettiva infatti, è precisamente l’originaria commistione intrinseca all’Idea fra ojvn e mh; ojvn, che, oltre a costituire in primo luogo la condizione di possibilità delle

Opposizioni Intelligibili, si ripercuote causalmente sulla sua immagine in modo che

l’eventuale contrapposizione fra i singoli attributi, sensibili ed eidetici, finisce comunque col venire ricompresa nell’Essere Altro.

I fenomeni sono dunque diversi, cioè simili e insieme dissimili dalle Idee tanto nell’essere quanto nel non essere67, e perciò sia ciò che in essi vi è di ojvn che ciò che vi è di mh; ojvn è pura apparenza, in quanto sia il loro essere che il loro non essere sono entrambi ed entrambi non sono; essi rappresentano -e qui non può non balenare alla mente il celebre

ta; ta; ta; ta;

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