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ejvnantivan aijvsqhsin aJvmaejvnantivan aijvsqhsin aJvma

ejvnantivan aijvsqhsin aJvma:

) quelli che la producono, li considero oggetti che la invitano ad agire, tutte le volte che, venendo da vicino o da lontano, la sensazione indichi indifferentemente un oggetto o l’opposto. (ta; d jejkbaivnonta wJı parakalou~nta tivqhmi,

ejpeida;n hJ aijvsqhsiı mhde;n ma~llon tou~to hj; to; ejnantivon dhloi~,

eijvt jejgguvqen prospiptou~sa eijvte povrrwqen.)» (523b 9-c 3)

È bene precisare che sebbene in questo brano Platone utilizzi il concetto di opposizione, e non quello di semplice differenza, che è il caso cui la formula oujdevpote kata; taujta; ejvcein rinvia immediatamente, non mancano segnali precisi che autorizzano a considerare tutte le possibili modalità di relazioni fra concetti contrari, come la forma limite che il non essere mai allo stesso modo può raggiungere; lo dimostra quanto Socrate affermava nel libro V di Repubblica, a partire da 479a 5 sgg., in cui, nell’esposizione dei vari casi di quella commistione degli ejnantiva peculiare del sensibile, il filosofo generalizza la conclusione del proprio ragionamento ponendo a Glaucone la seguente domanda:

Povteron ouj~n

ejvsti ma~llon hj; oujk ejvstin

eJvkaston tw~n pollw~n tou~to oJ; ajvn tiı fh~/ aujto; eij~nai; (479b 8-9).

Un’ulteriore importante conferma in tal senso la si ottiene dal celebre brano del Simposio, in cui Diotima svela a Socrate l’ultimo grado dell’iniziazione erotica, culminante nella visione della Bellezza (210e sgg.); i primi segni caratteristici mediante i quali l’aujto; to; kalovn si manifesta alla visione filosofica sono appunto l’Eternità e l’assenza intrinseca di quella contraddizione tipica dell’apparire:

...prw~ton me;n

ajei; oj;n kai; oujvte gignovmenon oujvte ajpajei; oj;n kai; oujvte gignovmenon oujvte ajpolluvmenon,ajei; oj;n kai; oujvte gignovmenon oujvte ajpajei; oj;n kai; oujvte gignovmenon oujvte ajpolluvmenon,olluvmenon,olluvmenon, oujvte aujxanovmenon

oujvte fqinovn, ejvpeita ouj th~/ me;n kalo;n, th~/ d jaijscrovn, oujde; tote; mevn, tote; oujv,

sensibile, che non solo appare tale, ma lo è, sotto tutti i rispetti, parla invece R.E. Allen, The Argument from

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oujde; pro;ı me;n to; kalo;n, pro;ı de; to; aijscrovn, oujd jejvnqa me;n kalo;n, ejvnqa de;

aijscrovn, wJı tisi; me;n oj;n kalovn, tisi; de; aijscrovn:

(210e 6-211a 5)

Questi due sintetici passaggi permettono di trarre sin d’ora alcune conclusioni estremamente rilevanti anche per quanto diremo in seguito: innanzitutto, entrambi costituiscono una riprova di quanto in precedenza, riflettendo intorno alla natura della Diversità eidetica, avevamo già avuto modo di accennare circa la concezione platonica dei rapporti fra Differenza ed Opposizione, secondo la quale l’

ejnantiovthıejnantiovthıejnantiovthıejnantiovthı

poteva appunto essere definita come la massima

eJterovthıeJterovthıeJterovthıeJterovthı

all’interno di un

gevnoıgevnoıgevnoıgevnoı

. In quella sede ci eravamo tuttavia limitati a ragionare in un’ottica ‘verticale’, ovvero dal punto di vista del rapporto fra sfera intelligibile ed ambito sensibile nel loro complesso, senza prendere in considerazione la possibilità di verificare tale ipotesi interpretativa anche in prospettiva ‘orizzontale’, cioè all’interno delle due specie prese singolarmente.

Nell’Intelligibile infatti, è precisamente la condizione atemporale del singolo

eij~doı

, della quale l’assenza di generazione e corruzione, come avevamo già constatato esaminando le varie caratteristiche eidetiche entro la terza argomentazione del Fedone, rappresenta un sinonimo, a far sì che l’Idea non possa accogliere in se stessa, rapsodicamente, il proprio Opposto (cfr. Phaed. 102a 11 sgg.); un discorso perfettamente analogo vale anche per l’Essere considerato come Totalità degli Intelligibili: l’impossibilità della commistione irrazionale degli

ejnantiva

sul piano Ideale, proprio in virtù dell’Invarianza della loro Identità a se medesimi, che implicava necessariamente anche la permanenza Identitaria delle loro possibili relazioni, fa sì che all’interno dell’

ojvntwojvntwojvntwojvntwı ojvnı ojvnı ojvnı ojvn

possano coesistere Idee contrarie senza che per questo si generi una contraddizione analoga a quelle che hanno

luogo a livello fenomenico. Ne è una dimostrazione straordinariamente chiara proprio la

koinwniva tw~n megivstwn genw~n

del Sofista: nell’

ousiva

convivono di fatto a pari dignità ontologica (cfr. in particolare 250a 8 sgg., 256d 8-e 4),

kivnhsiıkivnhsiıkivnhsiıkivnhsiı

e

stavsiıstavsiıstavsiıstavsiı

,

taujtovntaujtovntaujtovntaujtovn

e

eJvteron

eJvteroneJvteron

eJvteron

, senza sovrapposizioni e mescolanze reciproche non ammesse (cfr. specialmente 255a 4 sgg.), e dalle parole dello Straniero Eleata, si evince anche quale sia la modalità caratteristica di questa comunanza:

«Allora bisogna che noi conveniamo, senza protestare, che il moto è identico e pure non identico. (

Th;n kivnhsin dh; taujtovn t jeij~nai kai; mh; taujto;n

oJmologetevon...) Infatti quando diciamo che esso è identico e non è identico, ciò non diciamo dal medesimo punto di vista, (

oujoujoujouj

ga;r

oJvtan eijvpwmen aujth;n taujto;n kai; mh; taujtovn, oJmoivwoJmoivwoJmoivwoJmoivwıııı eijrhvkamen

,)

90 ma quando diciamo che è identico lo diciamo così per la sua partecipazione all’identico [rispetto a se stesso; aggiunta nostra], (ajll joJpovtan me;n taujtovn, dia; th;n mevqexin taujtou~ pro;ı eJauth;n ouJvtw levgomen,) quando diciamo che non è identico, lo diciamo per la sua comunicazione col diverso, (oJvtan de; mh; taujtovn, dia; th;n koinwnivan auj~ qatevrou,) per la quale esso si trova ad essere distinto dall’identico e non identico così ma diverso, (di jhJ;n ajpocwrizomevnh taujtou~ gevgonen oujk ejkei~no ajll jeJvteron,) onde giustamente lo si dice d’altra parte anche non identico. (wJvste ojrqw~ı auj~ levgetai pavlin ouj taujtovn.)». (256a 10-b 4, traduz. di A. Zadro, in Platone…, cit. vol. II)

Da questo breve estratto dalla deduzione dei Generi Sommi, risulta evidente quale sia la dimensione in cui la comunione degli Opposti in ambito Ideale si realizza: si tratta anche in questo caso di una ‘compresenza simultanea’, dove però tale simultaneità va intesa come dimensione atemporale, uno

aJvma eij~nai ouj kata; crovnonaJvma eij~nai ouj kata; crovnonaJvma eij~nai ouj kata; crovnonaJvma eij~nai ouj kata; crovnon

rispetto al quale anzi la coesistenza nel tempo dei distinti e dei contrari verificantesi nel sensibile può esserne ritenuta una manifestazione apparente, un’immagine.

È bene osservare che la sfumatura cronologica cui il ricorrere dell’espressione oJvtan nel passo citato del Sofista sembrerebbe rinviare, è solamente apparente, e relativa ai distinti momenti del discorso in cui vengono formulate le due asserzioni con cui si attribuiscono i predicati opposti di Identico e Diverso al medesimo soggetto, il Movimento. La prospettiva temporale percepibile sullo sfondo del ragionamento ha valore esclusivamente da quel punto di vista ‘umano’, che rappresenta il livello al quale inevitabilmente vengono condotte tutte le indagini, e proprio perciò non intacca il nocciolo concettuale della deduzione, ovvero la possibilità di pensare il Movimento simultaneamente come Identico e Non Identico. Del resto, osservando i contesti più significativi in cui Platone impiega la formulazione oJvtan mevn…oJvtan dev, se ne deduce immediatamente il significato più autentico, quello cioè di segnalare un ‘passaggio’, una

metabolhv

, che avviene nell’Anima nel volgersi dall’ambito oscuro dell’apparire alla luce dell’Intelligibile (cfr. Phaed. 65b 9-c10, Resp. VI 508c 4-d 9, Tim. 37a 2-c 5); la componente temporale cui l’espressione allude è perciò semplicemente quella legata alla dimensione in cui la Psiche è immersa all’inizio del suo percorso conoscitivo in quanto legata ad un corpo, mentre la natura dello stesso

mutamento che in essa si realizza, la sua ‘Conversione’ (cfr. Resp. VII 518b 6-519a 1, 521c 1-8), è di tipo extratemporale (cfr. Resp. VII 516c 4-6, Parm. 156c 1 sgg.).

Che dietro la teoria della comunicazione dei generi del Sofista si celasse sin dall’inizio anche la ricerca di una condizione in cui potesse trovare spazio la coesistenza degli

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ejnantiva

ejnantiva ejnantiva

ejnantiva

eidetici, lo si capiva già da quanto lo Straniero di Elea sosteneva prima di affrontare la lunga ‘digressione’ sui rapporti fra i generi dell’Essere; constatata la non minore aporeticità del concetto di ojvn rispetto a quello del mh; ojvn, si pone l’esigenza di ‘scoprire una via argomentativa che permetta di passare simultaneamente attraverso

entrambi’:

«Sia dunque questa la nostra difficoltà. Poiché abbiamo visto che nella stessa misura ‘ciò che è’ e ‘ciò che non è’ importano difficoltà, noi possiamo attenderci ormai che nella misura in cui uno di essi due ci si rivelerà più oscuro o più chiaro anche l’altro ci si riveli più oscuro o più chiaro. E se d’altra parte non potremo avere conoscenza né dell’uno né dell’altro, per qualunque via noi saremo capaci di farlo nel modo più opportuno noi sospingeremo il nostro discorso fino a farlo passare fra tutti e due insieme. (kai; eja;n auj~ mhdevteron ijdei~n dunwvmeqa,

to;n gou~n lovgon

oJvph/per aj;n oiJ~oiv te wj~men

eujprepevstata

eujprepevstataeujprepevstata

eujprepevstata

didiwsovmeqa ouJvtwdidiwsovmeqa ouJvtwwsovmeqa ouJvtwı ajmfoiwsovmeqa ouJvtwı ajmfoiı ajmfoiı ajmfoi~n aJvma~n aJvma~n aJvma~n aJvma

.)» (250e 5-251a 3).

La nozione di compresenza atemporale riemerge anche in un brano di poco successivo, in cui lo Straniero mette in evidenza come già solo il fatto che sia coloro che sostengono che il tutto è in moto, sia coloro che all’opposto ritengono reale solamente la quiete di un’Essenza ora concepita come Una, ora come Molteplicità Intelligibile, siano costretti ad ammettere una comunicazione di kivnhsiı e stavsiı con l’Essere, pena l’annullamento di qualunque discorso intorno ad entrambe e la negazione della loro esistenza, conduce necessariamente ad un ribaltamento delle loro posizioni, che finiscono col dover rinunciare alla propria unilateralità:

«Una volta fatta questa ammissione, immediatamente, è evidente, si rovescia ogni opinione, sia di quelli che vedono il tutto in movimento sia di quelli che lo pongono come una unità immobile, e lo stesso è per quanti affermano che le cose che sono, sono in quanto forme eternamente identiche a se stesse; (

pavnta ajnavstata gevgonen...aJvaJvaJvaJvma te tw~n to; pa~n ma te tw~n to; pa~n ma te tw~n to; pa~n ma te tw~n to; pa~n

kinouvntwn kai; tw~n wJvı eJ;n iJstavntwn kai; oJvsoi kat jeijvdh ta; ojvnta kata; taujta;

kinouvntwn kai; tw~n wJvı eJ;n iJstavntwn kai; oJvsoi kat jeijvdh ta; ojvnta kata; taujta; kinouvntwn kai; tw~n wJvı eJ;n iJstavntwn kai; oJvsoi kat jeijvdh ta; ojvnta kata; taujta;

kinouvntwn kai; tw~n wJvı eJ;n iJstavntwn kai; oJvsoi kat jeijvdh ta; ojvnta kata; taujta;

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