• Non ci sono risultati.

a` Mw/sa ke,klag v a` li,gha Shrh,n

la Musa ha gridato, la Sirena penetrante

Fonte: Aristid. Or. XXVIII, 51, II 158 Keil .

Metro: trimetro giambico catalettico.

Genere: componimento corale (verisimilmente partenio, secondo Calame 1983, p. 467).

La Musa, simbolo del canto che eternamente fluisce dolce come il miele, è qui accostata da Alcmane allo sgraziato e scomposto suono della klaggh,. Tale associazione ossimorica assurda potrebbe essere stata creata per suscitare un effetto di straniamento nel pubblico, attirando la sua attenzione. Già Janni 1962, pp. 180-185, rilevò il paradosso rappresentato dall'uso del verbo kla,zw per designare il canto delle Muse. Con questo verbo Omero denota il grido che le cornacchie o gli stornelli emettono sentendosi minacciati dal nibbio (Il. XVII, vv. 755-757), o ancora il grido di un'aquila che, dopo essere stata morsa dal serpente che portava in volo, lascia cadere dall'alto la sua temibile preda, straziata dal dolore (Il. XII, vv. 204-207)5. In questi casi, kla,zw esprime un suono

1 La stessa Nannini (p. 47) sostiene anche che è possibile collocare il verso nel contesto di un peana eseguito durante un pasto comunitario, ovvero in una celebrazione religiosa spartana in tempo di pace, quale ad esempio le feste in onore di Giacinto ( `Uaki,nqia).

2 Si vedano alcuni esempî antichi in Lausberg p. 398.

3 Si ricordi la definizione di paradosso, secondo Marchese 19855, p. 231: «il paradosso è una figura logica consistente

in un'affermazione in apparenza assurda e contraria al buon senso, soprattutto perché "costruita" in forma di ossimoro». Gli antichi sottolineavano il forte effetto di straniamento del para,doxon sch/ma. Cf. Lausberg p. 58. 4 Cf. Lausberg p. 393.

disarmonico e stridulo al punto da far rabbrividire chi dovesse udirlo. Ulisse, nel suo racconto alla corte dei Feaci, sostiene che la cosa più atroce che i suoi occhi abbiano visto nel corso del suo peregrinare è stata la scena dei suoi amici divorati da Scilla (Od. XII, vv. 255-256). Essi morirono, racconta l'eroe greco, tendendo verso di lui le mani e lanciando sonore grida (keklh,gontaj) dalle fauci del mostro. L'associazione del verbo kla,zw con momenti di grande dolore e apprensione è frequente anche nei lamenti dei cori tragici (e.g. A. Pers., v. 948). Calame 1983, p. 467 ricorda che kla,zw è un verbo polisemico e che può anche esprimere sonorità strumentali, ed in particolar modo il suono del flauto1, quello della tromba2, o quello della lira3. Se ci si attiene ai soli riferimenti

vocali, tuttavia, il verbo è associato unicamente a contesti emozionali negativi (di paura o di dolore), e dal punto di vista estetico esprime suoni sgradevoli all'orecchio. Lo stesso Alcmane si rivolge alla Musa con un linguaggio differente e più confacente alla dea in altri componimenti. In fr. 14a PMGF, ad esempio, egli sottolinea la varietà dei suoi canti (polummele,j), invocandola come eterna cantatrice (aive.n avoido,j), e chiedendole di intonare un canto nuovo per le vergini del coro (neocmo.n a;rce parse,noij avei,dhn)4. In Alcm. fr. 27 PMGF, invece, egli la invoca al v. 1 chiamandola

con il suo nome proprio Kallio,pa (dalla bella voce)5, e chiedendole di dare avvio alle sue "amabili

parole" (v. 2: a;rc v evratw/n «epe,wn): il canto della Musa è convenzionalmente legato al desiderio ed al piacere (v. 2: i[meron), ma anche ai concetti di levità e di grazia espressi dalle voci e dagli schemi di cori femminili (v. 3: cari,enta ))) coro,n). Grazia, voluttà e dolcezza caratterizzano anche le coreute definite in Alcm. fr. 26 PMGF con l'epiteto meli,ghruj6: quanto ancora più dolce di quello di

umane fanciulle doveva essere ritenuto il canto delle figlie di Mnemosyne!

Il verbo kla,zw usato nel fr. 30 PMGF, dunque, stona con le caratteristiche di grazia e di dolcezza che Alcmane è solito attribuire alla Musa, e sembra difficile ammettere una associazione tanto ardita da parte di questo poeta, a meno che non si intenda quest'uso verbale in senso enfatico e, più in particolare, nell'ambito di un accentuato ossimoro che esprima l'identità Musa-Sirena. In definitiva, Alcmane, che pur in altri componimenti esalta come dolce e suadente il canto delle Muse, in fr. 30 PMGF sembra concentrarsi su un altro aspetto sonoro della Musa. La sua voce è qui esaltata non per la dolcezza (di forma o di contenuto), ma per la chiarezza penetrante con cui essa arriva nitida all'orecchio dell'ascoltatore7. L'espressione a` li,gha Shrh,n, in questo senso, giustifica il ricorso al

verbo kla,zw, e richiama la forza penetrante della voce della Musa-Sirena attraverso l'attributo ligu,j. Quest'ultimo è legato più al senso di chiarezza e di forza sonora che a quello, datogli da gran parte degli studiosi, di dolcezza8, come conferma il contesto semantico del nostro frammento. Il verbo

kla,zw, che accentua la forza e la chiarezza del canto in maniera paradossale, contravvenendo all'immagine della Musa dolce e suadente, riattiva anche il significato originario dell'aggettivo ligu,j, che al tempo di Alcmane doveva essere già entrato nel linguaggio formulare. Questo aggettivo, infatti, accompagnava le invocazioni delle Muse, rappresentando una definizione ormai cristallizzata della sua componente sonora. Il verbo kla,zw, con la sua vicinanza nella sequenza verbale, amplifica il significato di ligu,j, poiché l'azione del gridare bene si accorda con l'idea di chiarezza e di penetrazione sonora che l'aggettivo denota. La Musa emette con forza la sua voce, che come quella di un uccello – o di una Sirena - giunge chiara e penetrante alle orecchie del poeta,

Eustazio (Schol. ad Hom. Il. XVII, v. 756, IV, p. 120 Van der Valk) sottolinea come il grido acuto di storni e di cornacchie, in Omero, sia legato alla sensazione di paura. Vd. anche ps.-Hes. Sc., v. 406, S. OT, v. 966, Ant., v. 112, fr. 890 Radt.

1 Vd. H.Pan, v. 14. 2 Cf. pp. 146-147.

3 Vd. AP VII, 196 (Mel.), v. 4. 4 Cf. il relativo commento a p. 15 sgg.

5 Cf. Stesich. fr. 240 PMGF: deu/r v a;ge Kallio,peia li,geia. 6 Cf. p. 49.

7 Il principale ascoltatore della Musa è il poeta. Tuttavia, attraverso la finzione della performance, l'uditorio della poesia cantata diviene, indirettamente e per estensione, un insieme di ascoltatori della Musa.

il quale ne segue la voce e ne trae ispirazione. Se la forza sonora della Musa è il tema dominante di questo verso, è lecito immaginare che le nozioni complementari di dolcezza e di soavità del suo canto fossero richiamate nei versi successivi della medesima opera. Una composizione simile, in cui insieme all'evocazione della forza e della nettezza della voce della Musa, si aggiungono altri elementi a definire la varietà del suo canto, l'idea di novità, e ancora la dolcezza e l'amabilità delle sue parole, è presente in altri frammenti della lirica arcaica. Si vedano, fra tutti, il citato Alcm. fr. 14aPMGF:

Mw/s v a;ge( Mw/sa li,gha polummele.j aive.n avoide. me,loj

neocmo.n a;rce parse,noij avei,dhn)

e l'incipit della Radina di Stesicoro (fr. 278 PMGF):

a;ge Mou/sa li,gei v a;rxon † avoida/j evratw/n u[mnouj † Sami,wn peri. pai,dwn evrata/| fqeggome,na lu,ra|)

Orsù, penetrante Musa, da' inizio al canto di amorosi inni risuonando con l'amorosa lu,ra intorno a fanciulli samî1.

In questi frammenti, l'aggettivo ligu,j e il verbo fqe,ggomai definiscono la forza e la precisione del canto della Musa, mentre gli altri termini richiamano i topoi del linguaggio formulare: la varietà e la novità di ogni nuova esecuzione, e l'amabilità del canto, strettamente legata alla dolcezza sonora della lu,ra. Rispetto alle scelte lessicali di Stesicoro (fqe,ggomai = risuono), Alcm. fr. 30 PMGF emerge per la sua accentuata e paradossale associazione fra la sensazione del grido (kla,zw) e la figura tradizionale della Musa, che nell'immaginario greco arcaico resta più legata all'idea di dolcezza e di amabilità del canto, che a quella della chiarezza espressiva della sua voce (ligu,j). È in questa associazione ossimorica, fra il verbo gridare e la tipica immagine della Musa2, che risiede il

paradosso con cui Alcmane enfatizza la sua invocazione.

Alla luce di queste considerazioni, l'accostamento fra la Musa e la Sirena appare non soltanto perspicuo, ma anche funzionale alla caratterizzazione della Musa da parte di Alcmane3. Il fascino

delle sirene, unito al piacere di cui si gode nell'ascolto delle loro parole, attira i naviganti e in particolare Ulisse (Hom. Od. XII, vv. 184-191). Esse, come le Muse di Esiodo (Th., vv. 27-28), posseggono il dono della conoscenza. La dolcezza e la voluttuosità delle loro parole attira l'interesse degli uomini, così come le Muse con il loro canto rallegrano l'Olimpo (Hes. Th., vv. 36-40). Inoltre, il verbo kla,zw, che come si è detto esprime opportunamente il suono stridulo emesso da uccelli, è un ulteriore trait d'union fra la Musa e la Sirena. Mentre la Musa è infatti chiamata Sirena ed è definita penetrante come potrebbe esserlo un uccello, la Sirena, secondo quanto mostrano alcuni esempî di coroplastica arcaica4, è rappresentata con le fattezze di una donna-uccello capace di

gridare. La aggraziata Musa, paradossalmente, grida incutendo timore. L'irresistibile Sirena canta parole dolci come il miele, ma che conducono alla morte. Questi confronti aprono nuovi spunti per la contestualizzazione di Alcm. fr. 30 PMGF. È possibile che il poeta abbia evocato, nei versi che

1 Traduciamo il testo secondo la correzione di De Martino-Vox 1996, I, p. 281 (u[mnwn per u[mnouj), motivata a p. 282. La lezione tràdita, u[mnouj, rende invece difficile l'interpretazione del passo. L'emendamento di De Martino-Vox è confortato dal confronto con Alcm. fr. 27, vv. 1-2 (vd. il sintagma finale): Mw/s v a;ge Kallio,pa qu,gater Dio.j | a;rc v evratw/n «epe,wn.

2 In un altro frammento la Musa è invocata attraverso l'azione del gridare. In ta.n Mw/san katausei/j (Alcm. fr. 31 PMGF), infatti, stando all'interpretazione di Calame 1983, pp. 469-470, il verbo katau,w è composto di au;w, "gridare".

3 Per il rapporto che lega la Musa all'epiteto Sirena, si rimanda all'analisi di Alcm. fr. 30 PMGF, p. 136 sgg. 4 Vd. TAVOLA 3.

seguivano il frammento, i molteplici aspetti sonori della Musa servendosi di altri epiteti e immagini, forse facendo riferimento alla dolcezza e all'eternità del suo canto. Nel verso a noi noto, il poeta crea un forte contrasto con l'immagine graziosa della Musa, esaltando la forza della sua voce con un verbo che allude alla potenza espressiva (kla,zw) e con un aggettivo che ne ricorda la chiarezza (ligu,j), e associandola alla Sirena, la cui voce mitica è allo stesso tempo forte, dolce e suadente. La sovrapposizione fra il personaggio Musa ed il personaggio Sirena trova nell'uccello una immagine forte di raccordo. In Alcmane, infatti, la funzione ispiratrice della Musa è parallela, se non sovrapponibile, a quella degli uccelli, da lui prediletto modello d'imitazione. In questo senso, le Muse costituiscono i suoi "uccelli ispiratori", e viceversa, gli uccelli rappresentano le sue "muse ispiratrici"1.

Outline

Documenti correlati