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quando usignoli primaverili garruli dal pallido collo

Fonte: EM 813, 5 (Et. Sym. cod. V) Gaisford.

Metro: interpretazione metrica incerta: metron trocaico + dimetro coriambico brachicatalettico (v. 1) + prosodiacoa (v. 2).

Genere: lirica corale (encomio, peana, epinicio)3.

Nella cultura greca arcaica, la rondine non è il solo animale ad annunciare la primavera4, anche se lo

stesso Simonide (fr. 597 PMG) la invoca chiamandola «nunzio dell'odorosa primavera» (a;ggele kluta. | e;aroj a`duo,dmou | kuane,a celidoi/)5. Dopo la metamorfosi di Procne, infatti, il "verde

usignolo" fa la sua prima comparsa nella letteratura greca (Hom. Od. XIX, v. 518 sgg.) cantando soavemente ad ogni nuova primavera (vv. 518-519)6:

1 Cf. Simon. fr. 586 PMG, v. 1: eu=t v avhdo,nej polukw,tiloi, ed il relativo commento, infra. 2 Cf. Ercolani 2010, p. 275.

3 Poltera 2008, p. 234 inserisce questo frammento fra quelli di sede incerta. 4 Sul ruolo primaverile della rondine, vd. pp. 34-35, 71-72.

5 Vd. il relativo commento a p. 85 sgg.

6 Non è chiaro quale sia il significato del sintagma clwhi>j avhdw,n. Alcuni lo intendono come riferimento al contesto in cui l'usignolo canta, ovvero il bosco o comunque le foglie degli alberi. Privitera 1985, p. 119, ad esempio, traduce «usignolo della verzura», anche se, spiega Russo 1985 nel commento a p. 253, difficilmente si trovano usignoli dal colore verde. L'Et.Magn. 813, 5 Gaisford, riportando Simon. fr. 586 PMG, ricorda invece come

clwrhi>j avhdw,n kalo.n avei,dh|sin e;aroj ne,on i`stame,noio

e spandendo fra gli alberi la sua voce armoniosa (v. 521: ce,ei poluhce,a fwnh,n)1. Anche Saffo

definisce l'usignolo «nunzio di primavera, dalla voce desiderosa» (Sapph. fr. 136 V.)2:

h=roj a;ggeloj ivmero,fwnoj avh,dwn

La grande capacità ritmica e le invidiabili qualità melodiche rendono famoso il canto dell'usignolo3.

In due versi, Simonide combina fra loro tre epiteti, delineando le caratteristiche principali di questo uccello: le capacità foniche (polukw,tiloj), la bellezza visiva (clwrau,chn)4 ed il contesto temporale

(eivarinh,) a cui l'usignolo è legato. Questi tre epiteti ricordano gli elementi più importanti che l'immaginario collettivo greco attribuiva all'usignolo. Non è un caso se anche Omero (vd. supra), a cui forse Simonide si ispira, fa riferimento in pochi versi al colore, alla bellezza del canto e alla stagione a cui questo uccello è associato. Il frammento di Saffo, invece, secondo quanto è possibile leggere, esprime soltanto due di questi tre elementi peculiari, mentre nel fr. 597 PMG lo stesso Simonide, che lì invoca la rondine, richiama non soltanto i sensi dell'udito e della vista, ma anche quello dell'olfatto, come a suggerire una "composizione di luogo" in cui gli astanti rievocherebbero con la loro aivsqhtikh. fantasi,a l'insieme delle sensazioni che caratterizzano la primavera. L'originalità di Simon. fr. 586 PMG rispetto al modello omerico è, a nostro avviso, rappresentata dall'uso dell'epiteto doppio – nonché hapax assoluto - polukw,tiloj. La prima parte di questo composto aggettivale (polu-) non fa che rafforzare il significato di kwti,loj (= garrulus, ThLG s.v.)5. L'hapax polukw,tiloj potrebbe essere, in questi versi, non un semplice epithetus ornans, ma

un attributo dal valore pregnante. Esso, infatti, definisce il suono dell'usignolo secondo il suo consueto carattere dolce e suadente (Procl. in Hes. Op. v. 371, III, 197 Gaisford, p. 125 Pertusi)6, ma

richiama anche una caratteristica del tutto inaspettata per un usignolo: la loquacità. L'aggettivo kwti,loj, infatti, è così chiosato da Esichio s.v. Kwti,lh\ lalista,th7. Anche Tzetze (in Hes. Op. v.

372, III, 198 Gaisford = 606 PMG) scrive: kwti,lh ga.r h` celidw.n dia. to. la,loj ei=nai para, te vAnakre,onti kai. Simwni,dh| kalei/tai. Si lega così a questo uccello una caratteristica più precipuamente umana e in particolar modo femminile – nell'immaginario greco8 - per ricordarne il

passato mitico noto a tutti9, o forse per fare allusione alle ragazze del coro. L'intera espressione eu=t v

avhdo,nej polukw,tiloi Õ clwrau,cenej eivarinai, poteva essere rivolta metaforicamente ad un coro di fanciulle: l'usignolo, infatti, nella lingua greca è di genere femminile. Nel fr. 453 PMG = 134

l'espressione clwrhi>j avhdw,n vada spiegata con l'apparizione di questo uccello a primavera, quando tutto è verde, e con il fatto che il suo piumaggio stesso è verde.

1 Per altri riferimenti all'usignolo, cf. Thompson 1936, pp. 10-14, e soprattutto Wilkinson 2013, p. 276.

2 Il composto aggettivale i`mero,fwnoj è usato da Simonide per definire il gallo in fr. 583 PMG: i`mero,fwn v avle,ktwr. Cf. anche Theoc. XXVIII, v. 7, in cui lo stesso aggettivo è riferito alle Grazie «dalla desiderosa voce» (Cari,twn ivmerofw,non).

3 Anche all'orecchio contemporaneo il verso di questo uccello suona molto melodioso, contrariamente a quanto si è detto sul garrito della rondine. Cf. p. 35 n° 1.

4 Nell'Agamennone di Eschilo (v. 1142) l'usignolo è definito xouqa,. Secondo alcuni si tratterebbe di un aggettivo cromatico (= fulvo, biondo), mentre secondo altri, vorrebbe dire "melodioso, canoro". Cf. Fraenkel 19784, p. 520.

5 Si confronti questo aggettivo, per il tipo di formazione morfologica, con polu,umnoj di Ibyc. fr. S151 PMGF v. 6, alle pp. 69-71. Vd. anche Chantraine s.v. Kwti,loj, p. 584.

6 Vd. commento ad Anacr. fr. 394a PMG = 112 Gentili, p. 71 sgg. Anche Esichio (s.v. Kwti,lon\ h`du,, n° 4890, II, p. 560 Latte) dà all'aggettivo lo stesso significato.

7 Hsch., n° 4889, II, p. 560 Latte. 8 Cf. soprattutto Arist., Pol. 1277b 23.

9 Cf. l'usignolo che melodiosamente (se l'aggettivo xouqo,j qui designa una qualità sonora) chiacchiera in AP IX, 373, vv. 3-4: avhdo,na ))) | ... xouqa. laleu/nta.

Gentili, Anacreonte attribuisce alla rondine – uccello con funzione simile a quella dell'usignolo nella cultura greca – l'epiteto di "garrula" (kwti,lh celidw,n), forse facendone il veicolo metaforico per significare una donna chiacchierona1, presente al simposio o facente parte di un coro2. Un

ulteriore confronto va fatto con la favola dell'usignolo e dello sparviero nelle Opere e i giorni di Esiodo (vv. 203-212). Come in ogni racconto di questo genere, dietro animali parlanti si celano veri e proprî caratteri umani. Esiodo racconta come un giorno uno sparviero, dopo averlo ghermito, rivolse la parola ad «un usignolo dal collo variopinto» (v. 203):

w-d v i;rhx prose,eipen avhdo,na poikilo,deiron3

Alla preda che, in lacrime, emette il suo lamento (vv. 205-206. h] d v evleo,n ... | mu,reto), con grande disprezzo lo sparviero chiede perché ella gridi ripetutamente (v. 207):

daimoni,h( ti. le,lhkaj*

Lo sparviero spiega dunque alla sua preda come i deboli siano sempre succubi dei forti, in balìa delle loro decisioni, anche se si tratta di cantori come lo stesso usignolo (v. 208: kai. avoido.n evou/san). È importante sottolineare il valore cromatico attribuito nella favola all'usignolo, polikilo,deiroj, al posto dell'omerico clwrhi<j o del simonideo clwrau,chn. Esiodo umanizza i due volatili, come accade di consueto nel genere favolistico. I suoni dell'usignolo sono descritti non soltanto attraverso termini che bene si confanno ad un animale (la,skw)4, ma anche attraverso una terminologia più

umana (evleo,n ... mu,rein) e, più specificamente, canora (avoido,j). Pur nella sua umanizzazione, Esiodo definisce l'usignolo dal punto di vista visivo (cf. poikilo,deiroj) e sonoro (cf. evleo,n ))) mu,reto, le,lhkaj, avoido,n). Manca, in questo contesto, l'elemento temporale della primavera, a cui, come si è visto in Omero e in Simonide, l'usignolo appare intimamente legato.

Dai frammenti a nostra disposizione, e alla luce dei confronti proposti, Simonide sembra essersi posto nel solco della tradizione omerica nell'evocare l'usignolo secondo il medesimo schema compositivo di Hom. Od. XIX, vv. 518-519, anche se con un ordine differente: epiteto visivo, epiteto uditivo e richiamo alla primavera5. A questa fedeltà alla tradizione omerica potrebbe

aggiungersi, in Simonide, un significato metaforico contingente alla performance corale, e ispirato dai passi di Esiodo e di Anacreonte. Infatti, l'epiteto uditivo polukw,tiloj potrebbe costituire – come "l'usignolo-aedo" di Esiodo e la "garrula rondine" di Anacreonte – un richiamo all'umanità originaria di Procne, ovvero a quella del coro delle avhdo,nej polukw,tiloi. Questa ipotesi è corroborata anche dallo studio dell'aggettivo clwrau,chn, che abbiamo tradotto «dal pallido collo». Bacchilide potrebbe essersi ispirato a Simonide nell'attribuire l'aggettivo clwrau,chn ad un personaggio umano. Nell'Epinicio V, infatti, esso è usato per definire il bel collo della giovane Deianira (v. 172). Gli elementi della primavera sono presenti, con l'evocazione di sensazioni sonore e visive, anche in alcuni versi di Alceo tramandatici dal P.Oxy. 1788 (fr. 1 [vv. 5-12] = fr. 115a V.) in cui si ravvisa la presenza visiva e sonora degli uccelli insieme alla freschezza di acqua che scorre - probabilmente lungo vigneti - e alla luminosità di un verde ka,lamoj (vv. 6-10):

ovr#nñi,qesñs v avpu. li,mnaj po,liñn evj tanñdñ@ ))#añn evk koru,fan o;ppoqen euvwdesÎ

1 La terminologia adottata fa riferimento alla filosofia della retorica di Richards. Cf. pp. XX-XXI. 2 Vd. pp. 73-74.

3 Per l'uso di questo aggettivo in relazione ad altri uccelli, vd. fra tutti Alc. fr. 345 V., v. 2 (pane,lopej poikilo,deiroi) in cui l'aggettivo definisce una particolare razza di anatra. Cf. Poltera 2008, p. 316 per altri riferimenti.

4 Cf., fra gli altri, Ercolani 2010, p. 209.

5 Poltera 2008, p. 533 sottolinea la quantità e la varietà di epiteti che accompagnano le molte evocazioni degli uccelli nella poesia di Simonide, ma anche in quelle di Alceo (fr. 345 V.), di Ibico (fr. 317a PMGF), fino a quella di Aristofane (Av. vv. 1410-1411)

glÐau,kan yu/cron u;dwr avmpelo,essÎ )))))# ,Î)))#nñ ka,lamoj clw/rÎo)))#)Î

kÐeñla,deij h;rinon ovn)Î)))#o,menÎ

La lacunosità di questi versi non permette di analizzare in dettaglio tutti gli elementi, che sembrano evocare una manifestazione plurisensoriale della primavera1. Grazie agli elementi sicuri e alle

probabili integrazioni (cf. Voigt 1971, p. 222), inoltre, è possibile leggere una descrizione che mette in relazione degli uccelli, forse in migrazione da un lago o dal mare verso un'altra regione, che giungono sulle alture (dei monti?), da cui emetterebbero una dolce voce (glau,kan?). A questa ricostituzione visiva si aggiunge la sensazione tattile della freschezza dell'acqua, elemento molto ricorrente nelle descrizioni naturalistiche della poesia greca arcaica. L'evocazione delle viti a primavera è del tutto pertinente al tipo di contesto primaverile, come dimostra il seguente passo delle Opere e i giorni, in cui Esiodo ricorda che ancor prima che la rondine appaia fra gli uomini a primavera, diffondendo il suo suono (nell'epiteto ovrqrogo,h)2, bisogna ricordarsi di potare le viti

(Op., vv. 564-570)3:

Eu=t v a;n d v e`xh,konta meta. tropa.j hveli,oio ceime,ri v evktele,sei Zeu.j h;mata( dh, r`a to,t v avsth.r vArktou/roj prolipw.n i`ero.n r`o,on vWkeanoi/o prw/ton pamfai,nwn evpite,lletai avkrokne,faioj) to.n de. me,t v ovrqrogo,h Pandioni.j w=rto celidw.n evj fa,oj avnqrw,poij( e;aroj ne,on i`stame,noio)

th.n fqa,menoj oi;naj peritamne,men\ w]j ga.r a;meinon) Quando, dopo il volgere del sole, sessanta

giorni invernali Zeus avrà portato a termine, allora l'astro Arturo, lasciando la sacra corrente di Oceano,

per primo tutto splendente sorge all'inizio della notte.

Dopo di lui si leva, col suo lamento all'alba, Pandionide la rondine verso la luce fra gli uomini, avendo inizio nuovamente la primavera. Prima che essa giunga, pota le viti: così infatti è meglio.

Se, alla luce di questo confronto, si considerano i versi di Alceo appartenenti ad un'ode a sfondo primaverile – come sembrano essere, e.g., Alc. frr. 296b e 367 V. -, il riferimento al ka,lamoj clw/rÎoj))#4, così come la presenza dell'aggettivo h;rinon, sarebbero funzionali a descrivere, attraverso

termini simili a quelli usati da Simonide, l'arrivo della rondine (o forse dell'usignolo), invocata dal poeta perché annunci attraverso il suo grido (ÎkÐeñla,deij) l'inizio della bella stagione, così come ricorda anche Stesicoro in fr. 211 PMGF5:

o[ka h=roj w[ra| keladh/| celidw,n)

1 Anche secondo Reinach-Puech 19663, p. 96 ci sarebbe in questi versi un eventuale riferimento al ritorno della

primavera. Page 1955, p. 288 vi scorge semplicemente una descrizione delle bellezze naturali.

2 Per una trattazione di questo epiteto, su cui la tradizione non è concorde – le varianti sono ovrqogo,h e ovrq$r%obo,h – vd. West 19802, pp. 300-301, e Ercolani 2010, pp. 350-351.

3 Per i riferimenti alla potatura nell'antichità, specialmente ad inizio della primavera, cf. Ercolani id., p. 351.

4 Più difficile, per quanto suggestivo, sarebbe vedere in questa espressione un'allusione alle canne del flauto di Pan, che verrebbe coì intesa come un'arguta sinestesia. In Theoc. XXVIII, v. 4, per esempio, è evocato il santuario di Afrodite a Mileto, verde perché ricoperto da tenere canne: Ku,pridoj i-ron kala,mw clw/ron uvp v avpa,lw.

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