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sopra tutto giochi e canti con danza ama Apollo,

mentre lutti e gemiti Ade ebbe in sorte.

Fonte: Plu., De E apud Delph. 394b(III, 24, 1-8 Pat.-Pohl.-Siev.).

Metro: kat v evno,plion-epitriti.

Genere: in assenza di indicazioni sul canto a cui il frammento apparteneva originariamente,

1 Si aggiunga anche Sapph. fr. 71 V. vv. 5-8, con la probabile integrazione del verbo avei,dein (Hunt): me,lñÎojÐ ti glu,keron (...) a;eiÐdeiÅ Per l'elegia, si porti a esempio Thgn. v. 993 (evfh,meron u[mnon avei,dein).

2 Questa figura retorica è descritta, fra gli altri, da Quintiliano (Inst. IX, 3, 81) come l'opposizione di elementi singoli, di coppie di elementi o di frasi intere. Cf. Lausberg p. 389 sgg., con la chiara definizione generale: «das antitheton

ist die Gegenüberstellung zweier inhaltlich gegensätzlicher res».

3 Davies-Finglass accolgono il testo di Plutarco emendato e integrato da Wilamowitz 1905, ed editano il primo verso come segue (p. 190): Écoreu,Ëmata, toi ma,lista. Tale interpretazione, pur restando ipotetica e basandosi unicamente su una congettura di Wilamowitz, resta molto affascinante. Il co,reuma (danza corale) è infatti un termine strettamente legato al culto apollineo, e bene si adatterebbe al contesto del frammento, in cui vengono evocati anche i giochi e i canti cari al dio. Cf. Davies-Finglass ibid., p. 562.

l'aspetto metrico può suggerire l'afferenza al genere monodico-citarodico, con accompagnamento di movimenti orchestici da parte di un coro muto. Secondo un'ipotesi alternativa, il componimento sarebbe stato un peana corale di carattere narrativo1.

Dal punto di vista simbologico e filosofico, la musica greca antica, fin dall'età arcaica, rimanda al concetto di vitalismo e di gioia di vivere2. In Hom., Od. IX, vv. 5-11 Odisseo dice che la cosa più

gradita è, insieme ad un lauto banchetto, l’ascolto di un cantore durante la festa (v. 7: daitumo,nej d v avna. dw,mat v avkoua,zwntai avoidou/). Gli stessi dèi dell’Olimpo si beano della loro condizione di makari,a banchettando al suono della cetra di Apollo e accompagnati dal canto armonioso delle Muse (Hom. Il. I, vv. 602-604: dai,nunt’, ouvde, ti qumo.j evdeu,eto daito.j ei<shj, | ouv me.n fo,rmiggoj perikalle,oj( h]n e;c’ vApo,llwn( | Mousa,wn q’( ai] a;eidon avmeibo,menai ovpi. Kalh/|)3. Nella Pitica X,

che celebra Ippoclea di Tessaglia, Pindaro descrive la condizione privilegiata degli Iperborei, ritratti a banchetto e coronati di alloro (vv. 39-40), sui quali non esercitano alcun potere né la malattia né la vecchiaia distruttrice, e che vivono senza sofferenze e lontani dalla guerra, scampando all’implacabile Nemesi (vv. 41-44). Essi celebrano gli onori ad Apollo con ecatombi e non trascurano l’importanza della Musa (vv. 37-39: Moi/sa d’ ouvk avpodamei/ | tro,poij de. sfete,roisi\ pan- | ta/| de. coroi. parqe,nwn | lura/n te boai. kanacai. t’ auvlw/n done,ontai). I suoni assolvono la funzione di mitigatori e guaritori del dolore: la musica è annoverata fra le timai, di Apollo, anticamente dio della medicina. In una posizione diametralmente opposta, Ade rappresenta l'oscurità e la tristezza della morte, accompagnata dai lamenti e dal sentimento di cordoglio di chi resta in vita. Nella tragedia di V secolo l'opposizione di questo dio alla gioiosità della musica e dei suoni armoniosamente composti diviene topos letterario: si prenda ad esempio il "peana imperfetto" dell'Alcesti euripidea: dopo la dipartita della coraggiosa moglie, Admeto dà l’ordine di far risuonare un peana in onore dell’implacabile dio degli Inferi, ma senza versare libagioni (Alc., vv. 423-424: avnthch,sate | paia/na tw/| ka,twqen a;spondon qew|/). L'associazione antitetica peana-Ade è usata più volte da Eschilo (Th., vv. 869-870; fr. 161 Radt, v. 3) e altrove dallo stesso Euripide (IT, vv. 182- 188; Tr., v. 578; Hel., v. 177).

Tornando ai versi di Stesicoro, è evidente la volontà del poeta di voler contrapporre due mondi, quello solare di Apollo e quello ctonio di Ade, servendosi a tale fine del linguaggio fonico-musicale. Ai giochi e ai canti di Apollo (paigmosu,naj ... molpa,j) si contrappongono, nello stesso ordine (azione + suono) i lutti ed i gemiti (kh,dea de. stonaca,j) di Ade4. Il piacere e la positività, che sono

impliciti nel concetto stesso di musica e canto, sono rappresentati dal verbo file,w (v. 2). Mentre Apollo ama i giochi ed i canti, dall'altra parte Ade possiede i lutti e i gemiti avendoli avuti in sorte (lagca,nw), senza che sussista alcun legame, al di fuori di quello concettuale, fra il dio degli Inferi e i gemiti che esprimono la facies sonora del suo universo mesto e tenebroso. La contrapposizione fra un canto armonioso, accompagnato dalla gioiosa danza del coro (molph,)5, ed un suono inarticolato

dal carattere luttuoso (stonach,)6 costituiscono una felice antitesi a cui Stesicoro ricorre con grande

effetto enfatico. Questo accorgimento retorico avrà suscitato nell'uditorio non soltanto la rievocazione nell'orecchio mentale degli uni e degli altri tipi di suono, ma anche il valore

1 Davies 1991a, p. 220 lo inserisce fra i Fragmenta incerti carminis.

2 Cf. West 1992a, pp. 13-14.

3 Per il profondo legame fra la Poesia-Musica e la te,ryij, cf. Lanata 1963, pp. 8-9 n° 4.

4 La combinazione lessicale "lutti-gemiti" è presente, con variazioni, nella poesia omerica e nei poeti arcaici, come Solone e Archiloco. Cf. Davies-Finglass 2014, p. 562.

5 Sebbene l'etimologia di questo termine dia adito a molte ed incerte interpretazioni, fin dai versi omerici la molph,, così come il verbo me,lpw, designano l'azione del cantare senza (e.g. Hom. Od. IV, v. 17, h.Merc., v. 476), ma soprattutto con (e.g. Hom. Il. I, v. 474, XVI, v. 182, Od. VI, v. 101) l'accompagnamento di danze. Cf. Chantraine e Frisk s.v. Me,lpw; Davies-Finglass 2014, p. 31. Il verbo me,lpw definisce l'azione di cantare con accompagnamento musicale e con danze ancora al tempo di Euripide. Cf. E. Alc., vv. 445-447.

6 Il termine, derivato dal verbo stena,cw < ste,nw, è riconducibile ad una famiglia lessicale indoeuropea di nomi che in origine designavano un "suono sordo" o un "gemito". Vd. Chantraine s.v. Ste,nw, p. 1016.

metaforico e concettuale che essi, insieme alle rispettive divinità, rappresentano. Anacreonte, in fr. 356b PMG, si serve di uno sch,ma simile per elogiare il valore estetico-morale dei «bei canti» (kaloi/j ))) u[mnoij) e insieme del sorseggiare il vino, contrapposti alle «urla ed agli strepiti» (pata,gw| ))) kavlalhtw|/) degli Sciti, rappresentanti della maniera barbara di ingollare la dolce bevanda1.

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