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quello, invece, imparentatosi (con la famiglia) degli Atridi etc.

Fonte: P.Oxy. 1234, fr. 2, col. I.

Metro: asclepiadei minori ai vv. 3 e 5; dodecasillabi alcaici ai vv. 4 e 62.

Questi versi appartengono ad un famoso carme conviviale, in cui Alceo, verosimilmente in un periodo in cui il solo Pittaco (dopo una coreggenza con Mirsilo) governa su Mitilene, attacca l'esponente della e`tairei,a avversaria. Il poeta, quasi certamente durante uno dei suoi tre esilî3,

attacca Pittaco e i suoi sostenitori, ritraendoli in uno stato di gioia, tra festa e banchetti. Cantando

1 Cf. definizione e riferimenti antichi alla fictio personae in Lausberg, pp. 411-413. 2 Vd. Gentili-Lomiento 2003, pp. 161-163.

3 Per un approfondimento sul rapporto fra Alceo e Pittaco, più volte ingiuriato e schernito dal poeta, cf. Gentili- Catenacci 2007, p. 185, introduzione al fr. 348 V. di Alceo.

personalmente questi versi in un simposio, o più verisimilmente inviandoli a Mitilene perché fossero eseguiti in suo ricordo dall' e`tairei,a1, Alceo cerca di suscitare sentimenti di invidia e di odio

nei confronti della fazione avversa usando un linguaggio carico di verve. In questo modo, il poeta mira a ridestare nei compagni l'orgoglio politico e un senso di rivalsa che possano portarli ad abbattere il regime di Pittaco, ponendo così fine alla guerra civile e all'esilio dello stesso Alceo. La prima immagine che il papiro permette di leggere, è relativa alla sfera sonora del banchetto, ed in particolar modo al ba,rmoj. Alcuni approfondimenti di ordine linguistico e filologico consentono di evidenziare con maggiore chiarezza il valore della personificazione di questo strumento operata da Alceo. Il ba,rbitoj o ba,rmitoj o ba,rmoj, era una lira dotata di sette lunghe corde, accordate nel registro grave, e usata soprattutto in contesto simposiale, per accompagnare l'esecuzione di sko,lia2.

In un passo dei Deipnosofisti, Ateneo ricorda come il ba,rmoj fosse strettamente legato alle figure di Saffo e di Anacreonte (IV, 182e)3, e in un altro passo (XIV, 636c) testimonia l'identità ba,rbitoj =

ba,rmoj4. I dizionarî etimologici antichi (Et.Gen. p. 21 Berger = EM 188, 21 Gaisford) sottolineano il

mutamento fonetico di b in m ravvisabile nella variante eolica ba,rmitoj5. Una testimonianza

iconografica mostra ancora più chiaramente il legame fra la poesia eolica di Alceo e Saffo, e questo strumento: si tratta del celebre cálathos a figure rosse (n.i. 2416) delle Staatliche Antikensammlungen di Monaco, proveniente da Agrigento e databile al 470-460 a.C6. Questo tipo

di vaso, come ricorda Esichio (s.v. Ka,laqoj, n° 393, II, p. 398 Latte), serviva per tenere in fresco il vino (yukth,r). Non per una pura coincidenza, il vaso di Monaco reca sul suo corpo le immagini di Saffo e, soprattutto, di Alceo, compositore simposiale, che regge in mano una ba,rbitoj. A completare la descrizione di questa mîse en abîme vi sono i famosi "fumetti" (cerchi che sembrano fuoriuscire dalla bocca di Alceo) con cui il pittore ha voluto visualizzare il canto del poeta.

Se è certo che il verso 4 dell'ode alcaica riporta lo strumento con cui il poeta era uso ad accompagnarsi nei simposi della sua e`tairei,a, meno chiaro è il ruolo sintattico e logico che il ba,rmoj assume nei vv. 2-4: essendo al nominativo, infatti, lo strumento dovrebbe fungere da soggetto del verbo avqu,rw, e ad esso potrebbero legarsi anche il participio medio euvwch,menoj ed il verbo con cui termina il v. 57. Rösler 1980, p. 165, invece, riferisce a Pittaco l'azione del "festeggiare insieme ai

dissennati amici" (filw,nwn ped v avlemÎa,twn Õ euvwch,menos)8 e, come lascia intendere

inequivocabilmente il papiro nei versi successivi, le azioni dello stringere famiglia con gli Atridi (v. 6) e del "divorare" la città come fece Mirsilo (cf. dapte,tw po,lin al v. 7). Dall'altro lato, l'incipit del verso 6, kh/noj de., indurrebbe, secondo Liberman 1999, p. 209, a vedere più naturalmente un cambiamente del soggetto logico e grammaticale. A "festeggiare con gli amici" (vv. 4-5) e a "stringere famiglia con gli Atridi" non sarebbe, dunque, il medesimo soggetto: la prima azione sembra più verisimilmente svolta dal ba,rmoj, in questo caso personificato, mentre soltanto la seconda ha come soggetto esplicito Pittaco. Basandosi sugli elementi sicuri desumibili dal papiro, è difficile affermare con certezza se la personificazione del ba,rmoj interessi tutta la strofe (vv. 2-5) o se invece si interrompa con l'evocazione dello stesso termine ba,rmoj all'inizio del v. 4, dopo il quale

1 Non è chiaro se a cantare questi versi sia stato lo stesso Alceo o se invece il poeta li abbia inviati dall'esilio a Mitilene perché fossero eseguiti da un cantore in sua vece. Per quest'ultima ipotesi si potrebbe chiamare a supporto i frr. 130be 401BV., che secondo Liberman 1999, pp. XXVI-XXVIII, sarebbero sicuramente dei messaggi inviati da Alceo alla sua eteria e cantati quindi in sua assenza. Cf. commento ad Alc. fr. 130bV., p. 27 sgg.

2 Per un approfondimento su questo strumento si rimanda allo studio di Snyder 1972, pp. 331-340.

3 Ateneo attribuisce l'invenzione del ba,rbitoj ad Anacreonte in un passo (IV, 175e), a Terpandro in un altro (XIV, 635d).

4 Per la varietà delle denominazioni di questo strumento, dovuta forse ad una confusione fra due strumenti differenti, uno appartenente alla famiglia delle arpe, l'altro alla famiglia delle lire, cf. Poll. IV, 59, e Citelli 2001, I, p. 445 n° 3. 5 Cf. Voigt 1971, p. 151, in apparato critico relativo al fr. 176 di Saffo.

6 Cf. p. XXXIX n° 35.

7 Per questa interpretazione, cf. anche Page 1955, p. 235, Pippin Burnet 1983, p. 174, e la traduzione di Liberman 1999, p. 49.

Voigt, Page e Liberman pongono una pausa (la studiosa una virgola, gli altri due un punto in alto). L'ipotesi di un ba,rmoj che, prendendo parte al banchetto a mo' di invitato, suona e fa festa insieme agli amici dissennati di Pittaco, potrebbe sembrare ardita1. Anche considerare l'uso, piuttosto

singolare, del ba,rmoj in funzione di soggetto del verbo avqu,rein, potrebbe destare non pochi dubbî fra gli esegeti. Tuttavia, riprendendo l'espressione di Kamerbeek 1973, p. 391, n° 3: «figura certe est audax, sed non reicienda». È dunque necessario analizzare la terminologia impiegata, e insieme confrontare il passo con altri esempî della poesia arcaica e tardo-arcaica. per confortare un'interpretazione in questo senso.

La personificazione dello strumento caro ad Aceo, secondo la nostra proposta interpretativa, emerge al v. 3 (avqu,ñrei pede,cwn sumposi,w), e si sviluppa fino al v. 5 (euvwch,menoj au;toisin evpaÎ). L'immagine centrale di questi tre versi, ovvero l'amicizia del ba,rmoj nei confronti di Pittaco, al quale il cordofono si unirebbe per "fare festa", trova un confronto calzante nelle parole con cui Alcinoo descrive la fo,rmigx. In diverse occasioni, il re di Scheria spiega all'ospite Ulisse l'importanza che la kiqa,ra / fo,rmigx ha per il suo popolo, a cui «sono sempre cari la mensa, la cetra e le danze» (Hom. Od. VIII, v. 248). Di conseguenza, a Demodoco ed alla sua fo,rmigx li,geia sono riservati i posti centrali della sala del banchetto (ibid., vv. 261-262). La presenza della fo,rmigx è così importante per i Feaci, che Alcinoo, in un discorso rivolto ai capi e ai consiglieri, definisce lo strumento «compagno di un ricco pasto» (Hom. Od. VIII, v. 99):

fo,rmiggo,j q v( h] daiti. sunh,oro,j evsti qalei,h|\

Pur non trattandosi in questo caso di una vera e propria personificazione, l'aggettivo adottato per definire la fo,rmigx mette in rilievo il legame, anche affettivo, fra essa ed il popolo dei Feaci2. Una

più esplicita personificazione di strumento musicale è attestata nel fr. adesp. 947b PMG, in cui il probabile contesto ditirambico potrebbe aver contribuito a vedere nell' auvlo,j un vero e proprio personaggio animato che dà avvio al canto3. Il confronto più illuminante, nonché a nostro avviso la

fonte di ispirazione principale, per la personificazione della ba,rmoj in Alceo è l'inno omerico a Hermes. Questo dio fu il primo a creare un "guscio canoro" (v. 25: `Ermh/j toi prw,tista ce,lun tekth,nat v avoido,n) quando era ancora bambino. La sua gioviale vivacità lo porta ad individuare nella tartaruga montana (v. 33) un bel giocattolo (kalo.n a;qurma). Vale la pena di riportare h.Merc. vv. 30- 38, in cui il dio, con innocente entusiasmo – che sembra anche venato di cinico sarcasmo - si rivolge alla tartaruga annunciandole che da morta ella avrà un nuovo ruolo, di compagna della danza e di "bella cantatrice":

su,mbolon h;dh moi me,g v avnh,simon( ouvk ovnota,zw) cai/re( fuh.n evro,essa( coroitu,pe( daito.j e`tai,rh( avspasi,h profanei/sa\ po,qen to,de( kalo.n a;qurma* aivo,lon o;strakon e;sso( ce,luj o;resi zw,ousa\ avll v oi;sw s v eivj dw/ma labw,n\ o;felo,j ti, moi e;ssh|( ouvd v avpotimh,sw\ su. de, me prw,tiston ovnh,seij) oi;koi be,lteron ei=nai( evpei. blabero.n to. qu,rhfi\ h= ga.r evphlusi,hj poluph,monoj e;sseai e;cma zw,ous v\ h'n de. qa,nh|j to,te ken ma,la kalo.n avei,doij)

Già ecco per me un grande segno molto utile, non lo dispregio.

Salve, tu che salti danzando, dalla forma graziosa, compagna della mensa,

1 Difficile stabilire se anche il v. 2 (in particolare l'espressione ta,d v ei;phn) abbia come soggetto il ba,rmoj. Sembra più verisimile, invece, immaginare un cambio di soggetto fra il v. 2 e il v. 3. Gallavotti 1948, p. 105 sostiene che dietro il termine ba,rmoj vi sia una raffinata e metaforica ingiuria all'indirizzo di Pittaco.

2 Esichio chiosa il consimile aggettivo xuna,oroj servendosi dei termini avdelfoi,, avdelfai, (fratelli, sorelle). Vd. Hsch. s.v. Xuna,oroi, n° 123, II, p. 728 Latte.

che appari gradita1. Da dove vieni, o bel giocattolo?

Smagliante guscio indossi, tartaruga che vivi sui monti.

Ebbene, ti prenderò e ti porterò a casa; in qualcosa mi sarai utile, e non ti disprezzerò. Al contrario, tu sarai utile a me per primo. È meglio stare a casa, poiché nocivo è stare fuori.

Di certo, infatti, sarai una difesa dal doloroso sortilegio,

da viva2; ma semmai tu morissi, senza dubbio canteresti a meraviglia.

Questi versi, in cui emergono la dolcezza, la curiosità, ma anche l'eccitazione di Hermes bambino di fronte al suo nuovo giocattolo, potrebbero aver ispirato ad Alceo l'immagine di un ba,rmoj personificato che, come la ce,luj "compagna della mensa" dell'inno omerico3, partecipi con il suo

canto ai banchetti degli amici di Pittaco4. Lo stesso autore dell'Inno a Hermes, inoltre, insiste sulla

personificazione dello strumento, sostenendo che la ki,qarij «sa dire cose belle e con armonia» (v. 479)5:

kala. kai. eu= kata. ko,smon evpistame,nhn avgoreu,ein)

Che la fonte principale d'ispirazione sia, per Alceo, questo inno, potrebbe rivelarlo anche la presenza del verbo avqu,rw. Di origine etimologica incerta6, esso ha come primo significato quello di

"giocare, trastullarsi", e le sue attestazioni lo rivelano strettamente legato al piacere del gioco infantile. Nell'Inno a Hermes, insieme al corradicale a;qurma (supra, v. 32), si registra anche l'uso del verbo avqu,rw (h.Merc., v. 485), in associazione con la ki,qarij (citata al v. 499)7, ed espresso alla

forma passiva. In questo caso, la critica è concorde nel tradurre questa voce verbale secondo il senso di "essere suonato". Un'attenta analisi del contesto, tuttavia, induce ad inquadrare il verbo avqu,rw in un campo semantico differente dal semplice significato esecutivo che il verbo "suonare" possiede nella lingua italiana. Il dio Hermes, facendo dono ad Apollo dell'arte del citareggiare, gli ricorda anche che essa, risuonando (fqeggome,nh), insegna tutto ciò che è "grazioso alla mente", purché sia suonata semplicemente, con delicata familiarità: essa rifugge, infatti, lo sforzo logorante (h.Merc., vv. 484-486):

fqeggome,nh pantoi/a no,w| cari,enta dida,skei( r`ei/a sunhqei,h|sin avqurome,nh malakh/|sin( evrgasi,hn feu,gousa duh,paqon8\

Il participio passivo avqurome,nh è riferito ad uno strumento (la ki,qarij) che, nonostante alcune differenze organologiche, può essere facilmente accostato al ba,rbitoj o ba,rmoj. Il verbo avqu,rw, che in questo caso si suole tradurre con "suonare", possiede una nozione più larga, legata al piacere infantile, che è difficile esprimere in italiano e nelle altre lingue9. Nello stesso inno omerico (v.

152), ad esempio, il verbo designa il trastullamento del neonato Hermes nel giocare con le fasce che

1 Si preferisce leggere coroitu,pe anziché coroi,tupe. Per questa interpretazione, che mette in luce l'umorismo di Hermes nel paragonare il movimento dell'animale ad una danza, cf. Càssola 1975, p. 518.

2 La tartaruga era considerata animale "portafortuna" nell'antichità. Cf. Càssola 1975, p. 518, alla nota sulla ce,luj. 3 La stessa espressione, "compagna della mensa", è usata da Odisseo per la fo,rmigx, in Hom. Od. XVII, v. 271. 4 Non è da escludere, sulla base di un confronto con i versi dell'Inno a Hermes, che Alceo possa aver tratto

ispirazione dalla morte della ce,luj per augurare la medesima sorte a Pittaco.

5 Questo verso, se accostato al v. 2 di Alc. fr 70 V., potrebbe indurre a riferire l'espressione ta,d v ei;phn al soggetto ba,rmoj. Tuttavia, non disponendo di altri elementi utili ad avvalorare un eventuale inizio della personificazione al v. 2, preferiamo considerare lo sviluppo di tale figura retorica entro i limiti dei vv. 3-5.

6 Cf. Frisk p. 29, Chantraine p. 27 e Beekes p. 30, s.v. vAqu,rw.

7 In realtà, essendo essa ricavata dal carapace della tartaruga, tecnicamente dovrebbe essere chiamata lu,ra. 8 Per la resa di quest'ultimo sintagma, cf. anche la traduzione di Càssola 1975, p. 217.

9 Cf. ThLG s.v. vAqu,rw, pp. 872-873. Per una traduzione italiana, si potrebbe proporre perifrasi come "suonare trastullandosi", "giocare a suonare", oppure, in alternativa, verbi familiari come "strimpellare", "suonicchiare".

lo avvolgono (lai/foj). È dunque poco probabile che, nei versi seguenti dell'inno, in cui Hermes appare ancora come un bambino vivace, con tanta voglia di giocare, il verbo avqu,rw esprima il semplice significato di "suonare" la cetra; è invece più verisimile che il dio faccia riferimento alla dolcezza e alla piacevolezza infantile che caratterizzano il suonare la lira senza alcuno sforzo né impegno, lontano dalla dimensione "adulta" e da qualsiasi connotazione professionale (cf. evrgasi,hn feu,gousa). Il senso del "suonare con infantile piacere" può essere attribuito al verbo avqu,rw anche nell'Inno a Pan. Quest'ultimo, che non è certo un bambino ma un mostro, ha in comune con Hermes la dedizione all'attività della caccia (h.Pan., vv. 13-15). Inoltre, non è ozioso sottolineare come Pan non sia mai stato svezzato (la nutrice, vedendolo, scappò atterrita, cf. h.Pan., vv. 38-39), e che per tale motivo questo personaggio può facilmente essere associato a giochi e a lazzi infantili. Lo stesso nome Pan gli fu attribuito dagli dei perché a tutti egli rallegrava l'animo, proprio fa come un bambino (h.Pan., v. 57). Infine, ai vv. 15-16 dello stesso inno, egli è detto "suonare trastullandosi" con una dolce melodia eseguita sulle canne del flauto che da lui prende il nome (h.Pan., vv. 15-16):

dona,kwn u[po mou/san avqu,rwn nh,dumon\

Nel tempo, il significato del verbo avqu,rw sembra essersi svuotato della sua originaria pregnanza, che lo legava strettamente all'aspetto ludico e infantile di chi suona uno strumento senza pretese di esecuzione professionale. Il frequente uso di avqu,rw in contesti musicali, infatti, pare aver condotto ad un suo slittamento semantico che lo ha portato ad assumere la nozione generica di "emettere suoni", e ad essere adottato come sinonimo dei "verbi del canto" quali u`mne,w o avei,dw. Si veda, a titolo di esempio, la bella perifrasi con cui Pindaro descrive la gloria e l'onore che Omero ha reso ad Aiace Telamonio nel cantare il suo valore (I. IV, vv. 37-39)1:

avll v [Omhro,j toi teti,maken di v avnqrw,pwn( o]j auvtou/ pa/san ovrqw,saij avreta.n kata. r`a,bdon e;frasen qespesi,wn evpe,wn loipoi/j avqu,rein)

ma certo Omero lo ha onorato, fra gli uomini, lui che dopo aver innalzato tutto il suo valore, insegnò a cantarlo ai posteri secondo il bastone dei versi divini.

Il significato più antico di avqu,rw in contesti musicali ("trastullarsi suonando")2, invece, ben si adatta

al contesto del frammento di Alceo, in cui il poeta descrive un banchetto che Pittaco e i suoi amici consumano in allegria, accompagnati dai suoni del ba,rmoj. La connotazione infantile, propria del verbo avqu,rw, secondo quanto è possibile leggere negli Inni omerici, potrebbe aver aggiunto livore e spregio alla veemente critica che Alceo rivolge all'indirizzo del partito avverso. Dal punto di vista grammaticale, il verbo avqu,rw, nella diatesi attiva, regge più frequentemente un complemento oggetto. Nel nostro frammento, nonostante sia stato inteso in senso assoluto, è possibile immaginare un complemento oggetto dipendente da esso ("suonare ... trastullandosi") nella parte mutila del v. 3, rappresentato da un termine sonoro potenzialmente riferibile a uno strumento musicale (o al limite fra la sfera umana e quella di oggetti inanimati), come boa,j o bro,mouj, accusativi plurali che concluderebbero l'asclepiadeo minore con una sequenza breve-lunga3. Una soluzione integrativa

1 Per l'analisi de questo passo, cf. Privitera 20095, p. 180.

2 Per una necessaria fluidità della traduzione, abbiamo preferito usare l'espressione "suonare con piacere".

3 Il risultato sarebbe: avqu,rei pede,cwn sumposi,wÎn boa,j (ovvero bro,mouj) | ba,rmoj. In questo caso, al genitivo sumposi,wn – la correzione seguirebbe la traccia nel papiro subito dopo il termine sumposi,w - seguirebbe l'oggetto del verbo espresso al verso successivo. Kamerbeek 1973, p. 391, diversamente, propone di integrare aggiungendo il participio del verbo bre,mw "risuonare", in dipendenza dal soggetto ba,rmoj. Il risultato sarebbe: avqu,rei pede,cwn sumposi,wÎn bre,mwn | ba,rmojÅ

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