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Presentazione generale

Le vite e i tratti caratterizzanti dei lirici greci arcaici sono materia difficile da delineare. A dati biografici e cronologici che spesso sfuggono ad una precisa collocazione scientifica già presso i biografi antichi1, si aggiungono informazioni incerte sui contesti e sulle modalità esecutive della

poesia monodica e corale. È bene ricordare, a tal proposito, che la distinzione fra poesia monodica e poesia corale (o fra melica monodica e melica corale) risale agli studî moderni, e più in particolare al XVIII-XIX secolo. È impossibile, e forse anche operazione inutile, classificare in maniera assoluta poeti e componimenti, come ricorda anche Neri 2011, p. 64:

Una netta demarcazione tra melica monodica e melica corale, in realtà, non può essere tracciata né al livello dei poeti – se i "monodici" Saffo e Alceo composero anche carmi destinati a un Coro, e se nell'ambito della produzione dei poeti "corali" non è raro identificare poemi probabilmente destinati al canto a solo, dalle citarodie di Stesicoro e Ibico agli encomi di Pindaro e Bacchilide – né al livello dei vari sottogeneri della lirica, se quasi tutti (con le sole eccezioni di parteni e iporchemi) potevano trovare indifferentemente una realizzazione corale o monodica.

Alla luce di queste considerazioni, laddove occorre, si fa uso nel presente lavoro della distinzione fra la destinazione monodica o corale di un componimento – terminologia che risulta utile ai fini della chiarezza espositiva in un contesto di per sé molto tecnico, come quello musicale -, senza tuttavia incorrere nell'errore di ascrivere un poeta ad un genere, monodico o corale, in senso assoluto. Gli antichi, d'altra parte, classificavano la poesia secondo la sua funzione, e non secondo le sue modalità esecutive2.

Alcmane (VII sec. a.C.)

Alcmane sarebbe originario di Sardio di Sparta. Alla communis opinio, secondo cui egli sarebbe di origine laconica, sembra infatti contrapporsi la tesi di Aristotele, che lo considera di origine lidia3.

Altro problema legato ad Alcmane deriva dalla testimonianza della Suda (s.v. VAlkma,n n° 1289, I, p. 117 Adler), secondo cui esisterebbero due poeti lirici con il medesimo nome. Alcmane vive nel VII secolo a.C. Calame 1983, p. XIV esclude la datazione fornita dal Marmor Parium (XXVII Olimpiade = 672-669 a.C.) e propende per una datazione bassa del suo floruit al 658 a.C. Lo studio del P.Oxy. 2390, fr. 2 col. II4, e del contesto aristocratico in cui Alcmane avrebbe composto il

partenio a cui il commento papiraceo fa riferimento, porterebbe, secondo West 1992b, pp. 1-7, a

collocare l'attività del poeta, e più in particolare l'esecuzione dello stesso partenio, intorno al 570 – (ipotesi A, West ibid., p. 6) - o a non prima del 625 a.C – (ipotesi B, West ibid., pp. 6-7)5. Alcmane

svolge la sua attività nella città di Sparta, dove acquista notorietà soprattutto per merito dei suoi

1 Per un quadro cronologico riassuntivo delle date riguardanti i lirici greci, da Eumelo di Corinto (floruit fra il 760 e il 730 a.C.) a Timoteo di Mileto († 366-356 a.C.), si veda Neri 2004, pp. 73-78.

2 Cf. Lefkowitz 1988, pp. 1-2.

3 Cf. P.Oxy. 2389 ed. Lobel, fr. 9 col. I = fr. 13 (a)PMGF. Su questo argomento, cf. Lefkowitz 1981, pp. 34-35. 4 = 5 PMGF, fr. 2 col. II, in particolare i vv. 13-23.

partenî. Questi sono componimenti eseguiti, nell'ambito di cerimonie iniziatiche di comunità femminili1, da cori di fanciulle danzanti accompagnate da una o più lu,rai o da un auvlo,j, forse alle

prime luci dell'alba. Il miglior esempio di partenio in nostro possesso è rappresentato dal cosiddetto Partenio del Louvre (= fr. 1 PMGF, vd. infra). Le odi di Alcmane, composte in dialetto dorico- laconico, con elementi importati dall'eolico d'Asia2, presentano varie forme metriche, soprattutto

kat v evno,plion-epitriti3, metri trocaici e dattilici, fra cui il tetrametro dattilico acataletto o alcmanio4.

Il Partenio del Louvre, fr. 1 PMGF5

Le figure centrali di questo componimento a sfondo rituale sono Agido e Agesicora. La prima sembra essere la fanciulla protagonista della cerimonia iniziatica; la seconda, invece, è la corega, a cui si riferirebbe il titolo di Îco#rosta,tij (v. 84). Nell'ambito del partenio, il termine corega (corosta,tij o corhgo,j) designa colei che istruisce il coro (corodida,skaloj), guidandolo nella performance, e dando l'attacco di inizio, insieme a tutte le indicazioni per il canto e per la danza6.

Nel Partenio del Louvre, la corega Agesicora sembra assumere un ruolo di guida anche nello svolgimento della funzione religiosa e nell'assolvimento dei riti sacrali7. È possibile riconoscere in

una divinità mattutina particolarmente legata alla sfera cultuale femminile (Orthria, v. 61), il nume protettore dell'intera cerimonia. L'interpretazione esecutiva di questo partenio è ancora oggi molto discussa. Dalla lettura dei versi si constata la contrapposizione fra due gruppi: Agido-Agesicora da una parte, e il resto del coro dall'altra. Le prime due sono esaltate dal coro per la loro bellezza fisica e canora8, nonché per la loro nobiltà e superiorità morale rispetto all'insieme delle coreute9. Fra

Agido e Agesicora non vi è concorrenza né rivalità. Entrambe sono lodate dal coro, pur nella distinzione dei loro ruoli. A questo proposito, Pavese 1992, p. 49 chiarisce:

Quando le persone lodate sono due o più di due (come p.es. negli epinici il cantato e suo padre, o suo fratello o suo zio materno, etc.) le singole persone vengono sempre lodate ognuna per sé, ognuna nel proprio ambito encomiastico, come primi inter pares. Il poeta, come è naturale, si guarda bene dal dire, o anche soltanto dal suggerire indirettamente, che un lodato sia primo e un altro secondo (come si presume che egli faccia nel Partenio), instaurando così una graduatoria di merito, la quale

1 Cf. Gentili 1976, pp. 60, 65.

2 Si pensi soprattutto alle forme participiali con lenizione nasale (e.g. fe,roisa). Per le ragioni storico-linguistiche che spiegherebbero la presenza di questo fenomeno insieme ad altri più tipicamente laconici (e.g. Mw/sa), cf. Cassio 2005, pp. 23-37.

3 In questo lavoro viene adottata la denominazione kat v evno,plion-epitriti, proposta da Bruno Gentili per i cosiddetti dattilo-epitriti. Cf., su questo argomento, Gentili 1952, p. 105 sgg. e Gentili-Giannini 1977, p. 7 sgg.

4 Cf. Gentili-Lomiento 2003, p. 100.

5 Per un'introduzione generale a questo partenio, cf. Gentili-Catenacci 2007, pp. 239-240. Per una descrizione del P.Louvre E 3320, datato al I sec. d.C., cf. Calame 1983, pp. 311-312.

6 Il titolo di corega, attribuito ad Agesicora, non designa dunque colei che finanzia l'allestimento del coro, senso che è invece legato alla corhgi,a di un coro ditirambico o tragico. Si veda, su questo tema, Calame 1977a, pp. 92-102.

Secondo Pavese 1992, p. 52, la corega nominata al v. 84 non sarebbe né Agido né Agesicora, ma un'altra persona non direttamente citata nei versi di Alcmane. Lo stesso studioso (pp. 51-52) considera argomento debole il principio "etimologico" accettato dalla maggior parte degli studiosi, secondo cui il nome stesso "Hagesichora" suggerirebbe il suo ruolo di corega del partenio, e ritiene che Agesicora sia una delle fanciulle lodate dal coro. Ella porterebbe un bel nome spartano, probabilmente avuto in proiezione di una sua futura carriera da corega.

7 Non è da escludere un rapporto paideutico, o erotico, fra Agido e Agesicora. Cf. Diels 1896, p. 352.

8 Vd. il paragone con i cavalli di razza ibena e colassena al v. 59, gli accostamenti con le colombe ai vv. 60-63, con le Sirene e con il cigno ai vv. 96-101. Cf. il commento a questi passi, pp. 1-15, 170 sgg.

inevitabilmente introdurrebbe una complementare nota di demerito. Se egli così facesse, si potrebbe ben dire che egli contravverrebbe al suo principale intento eulogistico. Soltanto a patto di condizioni esterne particolari, si potrebbe ammettere un simile comportamento. Ma poiché le condizioni esterne invocate per il Partenio sono ipotetiche e si risolvono in una petizione di principio, (...), è vano p.es. cercare nel v. 58, (...), se "la seconda" sia Agido o Hagesichora, poiché certamente "la seconda" non può essere né l'una né l'altra.

È difficile stabilire se e come Agido e Agesicora partecipino all'esecuzione orchestico-corale del partenio. Pavese 1992, p. 49-50, distinguendo i ruoli di cantore e di cantato, ritiene improbabile che esse svolgano nel coro la funzione di coreute o quella di corifee. A nostro avviso, i molti riferimenti alla loro bellezza fisica e canora dimostrano il contrario: Agido e Agesicora sono viste e udite in azione dalle altre coreute, ed in una posizione di netta superiorità rispetto ad esse. Nel partecipare al rito, le due protagoniste non possono esimersi dal contribuire attivamente ai canti dell'intera comunità, poiché anche i canti sono parte integrante della funzione religiosa1. Pur nei diversi schemi

orchestici, e ipoteticamente secondo modalità canore differenti, è necessario ammettere una partecipazione musicale (canora e orchestica), oltre che rituale, delle due principali attrici del partenio. Altri studiosi hanno dato del Partenio del Louvre interpretazioni esecutive più complesse. Secondo Bowra 1961, p. 58 sgg. vi sarebbe un'opposizione fra due semicori da una parte, e fra Agido e Agesicora dall'altra. Più di recente, Tsantsanoglou 2012 ha sostenuto la tesi secondo cui a rivaleggiarsi sarebbero due semicori guidati rispettivamente da Agesicora e da Enesimbrota (citata al v. 73)2, con una esecuzione dei versi in modo alternato fra il primo ed il secondo semicoro3.

Secondo lo stesso studioso, fra Agido ed Agesicora vi sarebbe una «girlish discord», un contrasto dal quale emergerebbe la superiorità della bellezza di Agido su quella di Agesicora4. Agido avrebbe

il ruolo di sacerdotessa, prenderebbe parte alla cerimonia religiosa ma senza avere ruolo attivo nella performance corale del partenio5. Sempre secondo questa lettura interpretativa, infine, il

componimento sarebbe stato rieseguito più volte, in funzione di canto che richiama/ricorda il rito, ma non sarebbe stato eseguito durante il rito6. I molti e precisi riferimenti a gesti, elementi,

personaggi specifici, insieme al dominio del tempo verbale del presente, fanno propendere per una interpretazione di questi versi in senso più "tradizionale": in questo partenio il ruolo centrale, dal punto di vista corale e sacrale, è rivestito da Agido - facente parte dell' avge,la e del coro -, e dalla corega Agesicora, che è con tutta probabilità anche la direttrice della comunità femminile; il loro

1 Herington 1985, p. 5 ricorda che la performance di inni cantati sembra avere avuto, nell'antichità, lo stesso valore delle offerte scultoree.

2 Pp. 75-76, 108-111. 3 P. 112 sgg.

4 Soprattutto pp. 36, 54, 123. 5 P. 129 sgg..

6 Pp. 41-42. Difficile convenire con Tsantsanoglou 2012 sul fatto che la mancanza di riferimenti espliciti al cantare di Agido sia un motivo sufficiente per spiegare la sua non-partecipazione attiva al canto ed agli schemi orchestici (p. 129). Ciò che i versi non esplicitano doveva risultare evidente dalla partecipazione stessa all'evento musicale e religioso, e non tutte le azioni possono trovare riscontro nella narrazione poetica. Non si tratta di cronaca, ma di poesia. Lo studioso greco ricorda che i versi di questo papiro mostrano una grande precisione nel descrivere l'articolazione dei diversi momenti del rito: ciò lo induce a ritenere che i versi furono composti dopo il rito, e non per il rito (p. 41). Anche questo assunto sembra trascurare il carattere convenzionale che le cerimonie arcaiche avevano, soprattutto nell'ambito di funzioni religiose. Il poeta sapeva di certo come si articolava il rito e quale atto sarebbe stato compiuto in ciascuna fase. Il carme di Alcmane non costituisce la registrazione postuma di un evento religioso, ma l'insieme dei versi (a cui si aggiungevano la musica e la danza) che accompagna un rito iniziatico nel pieno del suo svolgimento. Infine, il presente, adottato secondo Tsantsanoglou 2012, p. 64, come segno di un'azione ripetuta, è da intendersi, invece, come il tempo dell'esecuzione e della deissi, e comprova la simultaneità dell'ode all'esecuzione della stessa cerimonia.

canto, insieme a quello del coro, accompagna il rito con un linguaggio meta-rituale1. In questo

contesto si inserisce l'esaltazione, da parte delle coreute, della bellezza della corega e della fanciulla per la quale è celebrato il rito iniziatorio, i cui dettagli vengono forniti attraverso riferimenti interni al testo: dagli stessi versi si desume, per esempio, che la cerimonia si svolge quando è ancora notte o alle prime luci dell'alba (vd. v. 62)2.

Stesicoro (VII-VI sec. a.C.)

Porre limiti cronologici certi alla vita di Stesicoro è assai arduo. Grazie alle informazioni trasmesseci dalla Suda (s.v. Sthsi,coroj, n° 1095, IV, p. 433 Adler), è possibile tuttavia collocare la sua attività poetica fra il VII e il VI sec. a.C. Bowra 1961, pp. 74-76 affronta i problemi dell'origine e della datazione di Stesicoro, che «con la lira sosteneva il peso del canto epico» (Quint. Inst. X, 1, 62). Più recentemente, Davies-Finglass 2014, pp. 1-6, valutando gli elementi di datazione relativa, fra cui l'influenza letteraria dell'Odissea e dello Scudo pseudo-esiodeo sulla poesia di Stesicoro, collocano la carriera di questo poeta fra il 610 ed il 540 a.C. Sul luogo natale di Stesicoro vi sono diverse ipotesi: Imera, Metauro, o Locri Epizefìri3. L'origine siciliana trova maggiore favore fra gli

studiosi. Secondo Davies-Finglass 2014, pp. 6-18, la stretta connessione fra Stesicoro e la tradizione epica, insieme alle caratteristiche del suo dialetto, combinazione di dorico e di ionico epico con forme euboiche, suggerirebbero un'origine calcidese, anche se con importanti influenze della cultura dorica. Imera e Metauro, sottocolonie della calcidese Zancle, che furono influenzate direttamente (Imera, da coloni Siracusani) o indirettamente (Metauro, dai Locresi) dalla cultura dorica, potrebbero dunque essere le città in cui più verisimilmente Stesicoro trascorre la sua giovinezza e si forma come poeta. Per quanto riguarda l'aspetto performativo della poesia stesicorea, il problema maggiore è legato al passo della Suda (cf. supra, e più in particolare la frase: prw/toj kiqarw|di,a| coro.n e;sthsen)4 e alla sua interpretazione. Due sono le principali modalità esecutive ipotizzate dagli

studiosi per le odi di Stesicoro: nella prima, i versi sarebbero stati cantati da un coro di fanciulle danzanti, accompagnato dal poeta e dalla sua kiqa,ra o da un auleta5; nella seconda, i versi, eseguiti

dal poeta con l'accompagnamento della sua kiqa,ra, avrebbero accompagnato i movimenti orchestici di un coro muto di fanciulle6. Che i componimenti di Stesicoro fossero accompagnati dalla kiqa,ra e

non dall' auvlo,j trova conferma nelle fonti antiche7. D'Alfonso 1994, p. 109 riprende la tesi di

Delatte 1938, secondo cui l'interpretazione peanica di alcuni carmi stesicorei permetterebbe di individuare meglio i rapporti esistenti fra il poeta imerese, la seconda kata,stasij spartana, il contesto esecutivo del canto (feste pubbliche, riti cultuali o riunioni simposiali) ed il suo accompagnamento strumentale (kiqa,ra o auvlo,j)8. Negli ultimi anni sembra affermarsi la tesi

1 Un'invocazione diretta alla divinità, un inno o una preghiera (come in Saffo) potrebbe aver seguito i versi di questo partenio. Cf. Hutchinson 2001, p. 77.

2 Vd. p. 175.

3 Per le varie ipotesi sull'origine di Stesicoro, si veda, fra gli alti, Rossi 1994, p. 141, e Neri 2011, p. 99. Più in generale, sulla vita e sull'opera di questo poeta, cf. Lefkowitz 1981, pp. 31-34.

4 Cf. D'Alfonso 1994, p. 73. Davies-Finglass 2014, p. 23 riassumono sinteticamente i problemi legati alla

performance della poesia stesicorea: «Three questions confront anyone investigating the performance of Stesichorus' poetry: where, why, how?».

5 Cf. D'Alfonso 1994, rispettivamente pp. 77-78 (esecuzione citarodica) e 111 (esecuzione aulodica). 6 Cf. Lerza 1982, pp. 26-27, Lefkowitz 1988, pp. 2-4.

7 Cf. Pickard-Cambridge 19622, p. 11 n° 3, p. 14.

8 Ad accompagnare il peana poteva essere la kiqa,ra (cf. h.Ap., v. 515, E. Ion, v. 905) o l' auvlo,j (cf. Archil. fr. 121 W.2). In questo contesto performativo il canto poteva anche non essere accompagnato dall'evoluzione di schemi

secondo cui l'esecuzione dei carmi di Stesicoro potesse essere sia monodica sia corale, con un'esecuzione musicale da parte di un cantore e un accompagnamento orchestico affidato a un coro muto. Secondo questa teoria "aperta", la modalità dipendeva dal tipo di contesto e dall'occasione della performance1. I carmi di Stesicoro potrebbero essere stati eseguiti in Sicilia, nel Sud Italia o in

Grecia, in occasione di feste cittadine, o durante eventi di carattere panellenico, promossi da ricchi committenti, o ancora nell'ambito di competizioni musicali2. La poesia stesicorea ha come veste

linguistica il dorico letterario, e adotta prevalentemente sequenze dattilo-anapestiche, o kat v evno,plion-epitriti, organizzati in strutture strofiche triadiche3.

Saffo (floruit nel 612-609 a.C.)

Saffo è originaria di Ereso o di Mitilene. L'oscillazione della sua origine risale ai due loci della Suda, che individua la sua città ora nella prima (s.v. Sapfw,, n° 107, IV, pp. 322-323 Adler = T. 253 V.), ora nella seconda (s.v. Sapfw,, n° 108, IV, p. 323 Adler = T. 211aV.). Secondo una datazione alta, Saffo sarebbe nata intorno al 640 a.C. Erodoto fornisce indirettamente una datazione più bassa (II, 135 = T. 254a V.). L'esilio di Saffo in Sicilia, ricordato dal Marmor Parium (36, p. 12 Jac. = T. 251 V.), avvenne fra il 603/602 e il 596/595 a.C4. Saffo compone odi soprattutto per la cerchia

femminile del cosiddetto tiaso, termine che in questo lavoro usiamo per designare la comunità in cui la poetessa riveste il ruolo di guida. Questa parola ha tuttavia più una funzione pratica che una legittimità storico-filologica. Una posizione revisionista sull'uso del termine tiaso con riferimento alla comunità saffica è stata assunta a partire dal contributo di Parker (1993) in Transactions of the American Philological Association, vol. 123, pp. 309-3515. Consapevoli che negli ultimi anni la

critica ha riesaminato e rivalutato tutti gli elementi che sembravano ovvî, e in particolare quelli riguardanti il significato, il carattere e lo scopo del tiaso, in questo lavoro adottiamo questo termine solo convenzionalmente per designare la comunità femminile che fa capo alla celebre poetessa. A seconda dell'argomento trattato, le odi di Saffo potevano essere monodiche o corali6. Quelle di

argomento religioso o rituale (come gli imenei) erano per lo più eseguite da un coro, quasi sempre femminile7, di un numero imprecisato di componenti. Alcuni canti potrebbero essere stati eseguiti in

processione. Ad accompagnare il coro poteva essere l' auvlo,j o altri strumenti, come i kro,tala, la lu,ra o il ba,rbitoj8. I carmi dai toni più intimi e di tema erotico erano invece cantati a solo dalla

poetessa, o da altra esecutrice, con l'accompagnamento della lu,ra. Le odi di Saffo sono composte in dialetto eolico, e la struttura metrica più rappresentativa è il cosiddetto endecasillabo saffico, usato in strofi tristiche e seguito da un adonio (cf. strofe saffica)9.

1 Per questa teoria, cf. da ultimi Davies-Finglass 2014, pp. 30-32, che sintetizzano efficacemente (p. 31): «different

occasions required different modes of performance».

2 Cf. soprattutto Davies-Finglass 2014, pp. 23-30.

3 Per le caratteristiche linguistiche e metriche di Stesicoro, cf. da ultimi Davies-Finglass 2014, pp. 40-52.

4 Per le informazioni biografiche su Saffo, si vedano, fra gli altri, Lefkowitz 1981, pp. 36-37, De Martino-Vox 1996, p. 1023 sgg., e Gentili-Catenacci 2007, pp. 121-125.

5 Cf. anche Michelazzo 2007, pp. 132-135. 6 Cf. Page 1955, p. 119.

7 I canti nuziali o imenei, ad esempio, potevano essere intonati da una decina di donne o di uomini. Il numero dei cantori, tuttavia, varia in relazione al contesto ed al periodo storico. Cf. West 1992a, p. 41.

8 Nei testi in dialetto eolico, il termine ba,rmoj sta per ba,rbitoj. L'identità ba,rmoj = ba,rbitoj è certa, e sostenuta anche dalle rappresentazioni vascolari (cf. il celebre cálathos, n.i. 2416 delle Staatliche Antikensammlungen di Monaco). Vd. West 1992a, p. 58. Fra i testi antichi, vd. Sapph. frr. 70, 176 V., Alc. fr. 70 V., v. 4.

Alceo (630/620 – post 573/572a.C.)

Per Alceo di Mitilene1, contemporaneo di Saffo2, data e circostanze della morte, forse avvenuta in

battaglia (fr. 306Ae V.), restano oscure. Terminus post quem è considerata la data del suo rientro a

Mitilene dal terzo esilio, concessogli da Pittaco al tempo della guerra fra Medî e Lidî, ovvero fra il 583/2 ed il 573/2 a.C3. La vita e la poetica di Alceo sono intimamente correlate con le dinamiche

politiche della sua città, che fra il VII ed il VI secolo a.C. è scenario di continue lotte fra fazioni avverse, e che nel giro di pochi decenni assiste al rapido susseguirsi di diversi tiranni: Melancro, Mirsilo, e Pittaco4. La poesia di Alceo echeggia, nei toni del genere simposiale, eventi storico-

politici che toccano personalmente il poeta, e che lo riducono più volte alla condizione di esule5. Per

il contesto simposiale, le tematiche trattate (soprattutto politiche ed erotiche) e le modalità di esecuzione, la poesia di Alceo è stata ascritta al genere della lirica monodica6, in cui domina la

centralità del poeta, che intona i proprî versi durante il banchetto7. Per le odi composte in esilio (cf.

fr. 130bV.), ed inviate da Alceo alla sua città natale, si può ipotizzare l'esecuzione da parte di un compagno fidato che, in qualità di kh/rux, intona l'ode in vece del poeta dinnanzi all' e`tairei,a riunita al convivio. Nel simposio, la voce del poeta, o quella del suo messaggero, è accompagnata dal suono della lu,ra, della paˉkti,j (ion.-att. phkti,j)8 o del ba,rmoj (equivalente al ba,rbitoj)9. Come la

poesia saffica, così anche le odi di Alceo sono composte in dialetto eolico, e le strutture metriche adottate (con prevalenza di metri gliconici e coriambici) rispettano il principio dell'isosillabismo. I tipi di strofe più ampiamente attestati nella poesia di Alceo sono l'alcaica e la saffica10.

Anacreonte (575/570 - post 510 a.C)

Anacreonte nasce a Teo11, città ionica dell'Asia Minore, intorno al 570 a.C12. In seguito agli attacchi

dei Persiani, egli è costretto a lasciare la sua patria (545 a.C.). Partecipa alla fondazione di una colonia di cittadini di Teo, Abdera, sulla costa tracia, e intraprende la carriera militare13. La sua

1 Strabone (XIII, 2, 3 = Pittac. Test. 10 G.-P.) ricorda Alceo, insieme al fratello del poeta, Antimenide, e al savio

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