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per niente alle feste uno strepito che risuona di bronzo 3 ;

Fonte: P.Lond. 733.

Metro: kat v evno,plion-epitriti.

Altre figure retoriche attive: epiteti doppî, metafora, zeugma.

Poco sappiamo dell'Epinicio XIV di Bacchilide, che è giunto incompleto. Se l'ode fu eseguita nello stesso luogo della vittoria, questo andrebbe individuato nella valle di Tempe, lungo le rive del fiume Peneo, in Tessaglia, presso il santuario dedicato a Poseidone i[ppioj. La vittoria sarebbe avvenuta nell'ambito di agoni locali in onore del dio4. Altrettanto possibile è che l'ode fosse eseguita nella

città patria del tessalo Cleottolemo, di cui per altro non abbiamo dati certi riguardanti la famiglia e l'origine. Anche la datazione di questo epinicio resta ignota5. I versi riportati sono un esempio della

1 Per uno studio approfondito di questa complessa figura, a cui si aggiunge il ruolo centrale del verbo a`rmo,zw (intr.: "adattarsi", "connettersi"), e lo zeugma (vv. 12-14) che da esso dipende, cf. infra.

2 Pur proponendo il testo secondo l'edizione di Maehler 2003, traduciamo integrando differentemente i vv. 12 e 15. In particolare, per ragioni grammaticali, stilistiche e logiche, e in compatibilità con lo spazio lasciato dalle lacune papiracee (vd. Kenyon 1897, p. 136), preferiamo integrare questi due versi con ouvde.#n, invece che con ou;t v ev#n, integrazione di Jebb 1905, p. 358, accettata già da Snell 1958, p. 50, e nella più recente edizione da Maehler 2003, p. 50. La nostra proposta integrativa diverge da quella di Maehler, ma anche da quelle più antiche di Kenyon 1897, p. 136 (ou;k ev#n ... a`rmo,|zei ai vv. 12-13, e ou;d v ev#n al v. 15), e di Platt 1898, p. 63 (ou;t a'#n ... a`rmo,|zoi ai vv. 12-13, e ou;t v a'#n al v. 15). Cf. infra.

3 Cf. la traduzione di Maehler 1982, I, p. 133, in cui, fra l'altro, lo zeugma originario non viene reso fedelmente: «Zu

leidvollen Schlachten | passen nicht Leierklang | und helljauchzende Chöre, | und der Lärm klirrenden Erzes | nicht zum Fest». Sevieri 2007, p. 133, che adotta il testo di Maehler 2003 accettando l'integrazione ou;t v ev#n ai vv. 12-15,

traduce: «Nelle battaglie di cupi dolori non ha posto | la dolce armonia della cetra | né i cori di voci gioiose, | come non è adatto alla festa il clangore | del bronzo percosso».

4 Per la localizzazione, tuttora incerta, del santuario presso cui si svolgevano le Petree, cf. Maehler 1982, II, p. 294. 5 Cf. Sevieri 2007, p. 251. Oltre alla data e al contesto esecutivo, vi sono forti dubbî anche sull'estensione del

complessità di immagini poetiche di cui la poesia bacchilidea è costellata. In un esiguo spazio compositivo, il poeta di Ceo riprende la contrapposizione fra il polo semantico della lacrimevole guerra e quello delle feste gioiose, a cui avevano fatto precedentemente riferimento anche Alcmane (fr. 41 PMGF) ed Anacreonte (fr. 356b PMG = 33 Gentili vv. 7-11)1. Echeggiando i suoi

predecessori, Bacchilide riprende questa topica contrapposizione per mezzo di una elaborata serie di imagines, che nel suo insieme può essere vista come un'accumulazione di termini sonoro-musicali, ma che è opportuno analizzare anche nei particolari rapporti sintattici e retorici fra le varie componenti: il valore probabilmente pregnante di ovmfa,, termine associato per metafora alla fo,rmigx; l'incoerenza sintattica generata dal ricondurre i due soggetti ovmfa, e coroi, alla medesima voce verbale a`rmo,Îzei, che in questo caso funge da fulcro di uno zeugma; l'accostamento di epiteti doppî dal significato sonoro, liguklaggh,j e calko,ktupoj, con termini sonoro-musicali, e soprattutto, antitetici, quali rispettivamente coro,j e kanach,.

Il senso generale di questi versi richiede una formulazione di valore negativo, in quanto una non compatibilità fra il suono della fo,rmigx, unita ai cori e alle feste da una parte, e le battaglie e il bronzo risonante (m#añ,caij v. 13, e kanaca, | calko,#ktupoj vv. 15-16) dall'altra, appare piuttosto sicura. L'espressione in forma negativa del verbo è, infatti, accettata unanimamente da tutti gli editori, a cominciare da Kenyon 1897, p. 137. Ciò su cui la critica è in disaccordo, invece, è l'integrazione dei vv. 12 e 15. Se si accoglie ou;t v evÐn, la preposizione evn reggerebbe i due gruppi dativali (rispettivamente barupenqe,sin ))) m#añ,caij e qali,aij). Questa costruzione, tuttavia, male si adatta all'integrazione a`rmo,Õzei (vd. infra). Se invece si preferisce ou;t v a'Ðn (Platt 1898, p. 63.), si rende necessaria l'integrazione a`rmo,Õzoi. Una proposta più plausibile è a nostro parere ouvde,#n. Questa integrazione ha il vantaggio di mantenere il senso negativo della costruzione grammaticale, escludendo l'inutile aspetto potenziale espresso dall'ottativo, che appare inspiegabile in questo contesto, e ripristinando una sintassi più corretta, in rapporto alla costruzione normale del verbo a`rmo,zw, che nel suo significato intransitivo si costruisce comunemente con il dativo2. Una

costruzione con il verbo a`rmo,zw inteso in senso assoluto e accompagnato dal complemento di luogo (e.g.: «nelle battaglie ... non si adattano la voce della fo,rmigx e i cori ...»)3, sebbene non impossibile,

ci sembra essere meno fluente e, dal punto di vista semantico, non del tutto perspicua. Più semplice appare invece la costruzione con il neutro avverbiale ouvde,n che precede la costruzione di a`rmo,zw (intr.) + dativo. Questa soluzione è non soltanto meno ardua dal punto di vista logico-grammaticale, ma anche più confacente allo stile bacchilideo4. Il poeta sostiene che i momenti di gioia e la loro

espressione musicale sono incompatibili con i dolori della guerra, o che, viceversa, le battaglie e i rumori della guerra sono incompatibili con la gioia delle feste e dei banchetti. Poiché nel lessico adottato la componente sonoro-musicale è molto presente, è legittimo intendere questi versi come una metafora estesa, in cui il verbo a`rmo,zw funge da perno fra il mondo della guerra e quello delle feste, fra la tristezza della morte e la gioia della vita, ovvero, in termini musicali, fra i rumori minacciosi e stridenti delle schiere di eserciti, e i suoni ben composti, articolati, ed accompagnati da cori coordinati in festose cerimonie pubbliche o private. La struttura di a`rmo,zw + dativo rende

componimento a causa dell'interruzione del papiro al v. 23. 1 Cf. i commenti ai rispettivi frammenti, p. 131 sgg., e p. 19 sgg.

2 Cf. Pi. P. IV, v. 80 (a`rmo,&|zoisa qahtoi/si gui,oij), in cui si esprime l'idea di una veste aderente al corpo; I. VII, v. 39 (avei,somai cai,tan stefa,noisin a`rmo,zwn), ove il verbo a`rmo,zw è adottato per esprimere l'idea del cingere la chioma con corone (di fiori o, metaforicamente, di canti). Anche in Pi. N. VII, v. 98, stando alla lettura di Maas, si avrebbe un esempio di a`rmo,zw + accusativo dell'elemento da connettere, ed il dativo semplice dell'elemento a cui connettere. Restando a Bacchilide, se si esclude il passo dell'Epinicio XIV, il verbo a`rmo,zw non compare in nessun altro luogo da noi conosciuto. Cf. Gerber 1984, p. 32, il quale riporta XIV, vv. 12-16, secondo le integrazioni dell'edizione a lui più recente (quella di Maehler), e interpreta il verbo a`rmo,zw = «be suitable, be fitting».

3 Per motivi di chiarezza espositiva, tralasciamo in questo caso una traduzione che mantenga lo zeugma originario. 4 Il neutro avverbiale ouvde,n è presente, in strutture grammaticali reggenti il dativo semplice, anche in B. I, vv. 174-

diretta la contrapposizione fra questi due mondi1: il doppio soggetto del primo antitheton, ovvero la

voce della fo,rmigx e i suoni delle feste (fo,rmiggoj ovmfa. | kai. li#guklaggei/j coroi,), «per niente si adattano» alle battaglie che portano con sé profondo dolore (barupenqe,sin ))) m#añ,caij). Il soggetto del secondo antitheton, ovvero lo strepito delle armi di guerra (kanaca. | calk#o,ktupoj), «per niente si adatta» (con ellissi del verbo, ma non della negazione) alle feste (qali,aij), luogo di gioia per eccellenza. La contrapposizione fra il mondo della guerra e quello delle feste è dunque intimamente legata all'interpretazione testuale di questi versi. La topica polarizzazione di queste due sfere è familiare alla cultura arcaica e tardo-arcaica. Come nei versi di Alcmane e di Anacreonte, ma in un contesto diverso, Bacchilide ribadisce il contrasto fra il regno di Ares, a cui si accompagnano dolore e morte, e quello di Apollo e Dioniso, a cui l'immaginario collettivo associa la gioia della vittoria agonistica, insieme alle feste e ai banchetti, e all'armonia dei canti e delle danze. In questi versi i suoni assurgono a simbolo dei due campi antipodici. La doppia antitesi ribadisce il medesimo concetto ma con un'inversione dell'ordine logico: nella prima, la fo,rmigx (o meglio, mantenendo la metafora, la sua voce) ed i cori, probabilmente quelli che inneggiavano al vincitore subito dopo la vittoria o al suo ritorno in patria, si contrappongono alle battaglie che causano dolore; nella seconda, espressa in maniera più sintetica, lo strepito delle armi che cozzano nel combattimento si contrappone alle feste2. Nei due antitheta il soggetto logico è costituito da uno o due elementi

sonori (la fo,rmiggoj ovmfh, ed i liguklaggei/j coroi, nel primo; la kanach. calko,ktupoj nel secondo), ed il dativo che segue è invece espresso dai termini indicanti rispettivamente le battaglie (ma,caij) e le feste (qali,aij): a questi gli elementi sonori dei contrapposti campi semantici non si adattano. In una così complessa e raffinata figura il significato del verbo a`rmo,zw (intr.: "adattarsi", "congiungersi", "connettersi")3 costituisce un importante centro semantico di raccordo, nonché il

fulcro dello zeugma dei vv. 12-14: la costruzione dello stesso verbo alla terza persona singolare con due soggetti, di cui uno plurale (coroi,), nel primo antitheton, arricchisce la complessità della figura. Lo zeugma viene grammaticalmente esteso al soggetto del v. 15 (kanaca,). Si potrebbe sostenere che il verbo in questo caso svolga la sua funzione etimologica di "adattare/congiungere" sia in senso

microsintattico, congiungendo due soggetti, sia in senso macrosintattico, congiungendo due proposizioni (vv. 12-14, e 15-16), formalmente simili ma con un'inversione dell'ordine dei campi semantici. Si forma così un chiasmo concettuale che rafforza l'opposizione, per giustapposizione, dei due concetti, della guerra (negativo) e delle feste (positivo). Si veda la scheda relativa ai due antitheta (TAVOLA 4).

È necessario a questo punto analizzare il valore semantico dei due termini sonoro-musicali ovmfh, e kanach,, che sintetizzano i poli antitetici delle feste e della guerra. Il primo termine designa, fin dalle sue prime occorrenze nella letteratura arcaica, il suono di una voce divina4. In Omero, ad esempio,

Agamennone, dopo aver ricevuto la visita di Sogno (Il. II, vv. 23-34), «si svegliò dal sonno, e lo avvolgeva ancora la voce del dio» (v. 41):

e;greto d v evx u[pnou( qei,h de, min avmfe,cut v ovmfh,5\

1 La struttura con evn + dativo, invece, indebolisce l'antitesi, poiché gli elementi non si contrapporrebbero in modo diretto.

2 Maehler 1982, II, p. 299 ricorda che l'espressione kanaca. Îcalk#o,ktupoj si riferisce al tintinnio delle armi che cozzano fra di loro, e richiama B. XVIII, v. 59 (calkeoktu,pou ma,caj) e Tyrt. 19, vv. 19-20 (secondo le integrazioni di Wilamowitz).

3 Cf. LSJ s.v. `Armo,zw, p. 243: (intr.) «to fit well». Cf. anche Chantraine s.v. [Arma, pp. 106-107. Per il suo significato, il verbo a`rmo,zw può essere messo in relazione con i composti di ti,qhmi, evpiti,qhmi e sunti,qhmi, che grande valore hanno nel linguaggio poetico della lirica greca arcaica. Cf. Almc. frr. 27 e 39, e gli approfondimenti di Calame 1983, pp. 462-465 (su evpiti,qhmi) e Gentili 1971, pp. 60-62 (su sunti,qhmi).

4 Cf. anche Chantraine s.v. vOmfh,, p. 773.

5 Altri esempî di ovmfh, = "voce divina" nella letteratura greca arcaica e classica in Hom. Il. XX, v. 129; Od. III, v. 215; E. Ion, v. 907; S. OC, v. 102.

Non è possibile stabilire se al tempo di Bacchilide il termine ovmfh, avesse travalicato i confini della sfera sacrale, denotando anche la voce di un mortale1. È ad ogni modo necessario sottolineare che la

ovmfh, è una legata specificatamente all'espressione di un linguaggio intelligibile. La sua attribuzione al suono della fo,rmigx tradisce dunque una ricercata associazione metaforica fra un termine sonoro legato al linguaggio intelligibile ed uno strumento musicale inanimato. Il riferimento alla "voce della fo,rmigx" umanizza il cordofono, aggiungendo alla costruzione retorica del passo una nuova immagine carica di enfasi, e coerente con la cifra stilistica dello stesso Bacchilide2.

Il secondo termine, contrapposto alla gioia delle qali,ai, è lo strepito kanach,. Le associazioni della kanach, con diverse fonti sonore lasciano intendere che essa definiva suoni irregolari, stridenti e sgraziati, caratteristiche comuni al rimbombo di armi metalliche (Hom. Il. XVI, vv. 105, 794)3, al

digrignare di denti (ibid. XIX, v. 365)4, al rumore generato da mule (Hom. Od. VI, v. 82)5. Si tratta

di un termine generico, che di un suono esprime non il valore estetico, ma le sensazioni di sgradevolezza e di confusione che il suo ascolto suscita6. Alcuni versi sofoclei chiariscono lo stretto

rapporto che legava la kanach, alla guerra. Nel secondo stasimo delle Trachinie, infatti, il Coro si rivolge a quanti abitano la regione (vv. 633-639), prefigurando loro un momento di gioia per il venturo arrivo di Eracle, di ritorno dalle imprese gloriosamente portate a termine (vv. 640-643, I antistrofe):

o` kallibo,aj ta,c v u`mi/n presto per voi l' auvlo,j dal bel grido auvlo.j ouvk avnarsi,an si leverà, echeggiando non un ostile avcw/n kanaca.n evpa,neisin( avlla. qei,aj fragore, ma un suono simile alla lira avnti,luron mou,saj) dal canto divino7.

Qui il Coro, con ironia tragica, prepara un'accoglienza festosa per il ritorno a casa di Eracle, e storna l'evocazione di ogni segno negativo, come la kanach, dai toni sinistri, a cui oppone l'idea di canti gioiosi accompagnati da un auvlo,j. In via eccezionale, questo strumento assolverebbe nella festa il ruolo normalmente ricoperto dalla lu,ra, di accompagnare il cantore durante il banchetto8. La

sostituzione della lu,ra con l' auvlo,j potrebbe anche essere funzionale, in questi versi, ad una ironia tragica che gioca sulla pertinenza, in campo liturgico-esecutivo, dei diversi strumenti musicali9. La

1 Il termine ovmfh, designa la voce umana in Pi. N. X, v. 34, e in E. Med., v. 175. Tuttavia, nel primo caso si tratta di voci di un coro che canta in contesto celebrativo con elementi rituali, mentre nel secondo il coro, nel momento della parodo, si chiede come potrebbe far accogliere la propria voce a Medea, facendole così deporre, quasi con effetto taumaturgico, la sua collera.

2 Per un confronto con simili personificationes in Pindaro e in Bacchilide (rispettivamente in O. II, vv. 1-2 e VI, vv. 10-11), vd. p. 157 sgg.

3 Cf. anche S. Ant., v. 130, in una bellissima espressione con accostamento sinestetico fra le armi dorate e il loro strepito: crusou/ kanach/j u`peropli,aij.

4 Cf. ps.-Hes. Sc., v. 164.

5 In questo caso si tratta della partenza del carro di Nausicaa, che dopo aver preso le redini frusta le due mule per metterle in moto. Non è possibile accertare, tuttavia, se l'espressione kanach. d v h=n h`mio,noii?n (Hom. Od. VI, v. 82) si riferisce allo scalpiccìo degli zoccoli o al ragliare dei due animali da traino.

6 Questa idea di confusione spiega l'adozione da parte di Pindaro del termine kanach, in riferimento al suono degli auvloi,, che si mescola in un metaforico movimento a quello delle lu,rai e agli schemi orchestici di fanciulle, presso gli Iperborei amanti delle Muse (P. X, vv. 38-39): panta|/ de. coroi. parqe,nwn | lura/n te boai. kanacai, t v auvlw/n done,ontai.

7 Il denso accumularsi, nel greco, di concetti ruotanti attorno alla kanach,, perno concettuale fra uno stato d'animo luttuoso ed uno festoso, è difficile da rendere nella traduzione italiana. Quella da noi presentata vuole essere fedele al testo anche per la parsimonia dei termini usati, senza ricorrere a termini aggiuntivi che, a mo' di glossemi, appesantirebbero l'agilità dei versi sofoclei. Si veda, fra altre pregevoli traduzioni, quella di Pattoni 20066, p. 121:

«il flauto dalla voce armoniosa tra breve a voi ritornerà, facendo echeggiare non lugubri note, ma un suono emulo della lira, strumento di musica divina».

8 In questi versi, il valore di mou/sa (= canto) si contrappone a quello di kanach,.

contrapposizione fra una avnarsi,a kanach, e una mou/sa accompagnata dall' auvlo,j a mo' di lu,ra, richiama, mutatis mutandis, il secondo antitheton dei versi bacchilidei, chiarendo in maniera inequivocabile il valore simbolico della kanach. calko,ktupoj di XIV, vv. 15-16. Anche l'epiteto doppio usato da Bacchilide per definire la kanach,, calko,ktupoj, ha una ricchezza semantica non indifferente, poiché associa ad un metallo, metonimia per armi, il termine ktu,poj = "rumore, strepito", esplicitando il significato del termine kanach,, ed evocando con precisione nell'orecchio mentale dell'uditorio suoni noti a chiunque avesse preso parte ad una battaglia.

Un'ultima breve analisi va fatta sui due composti barupenqh,j e liguklaggh,j, attribuiti rispettivamente alle battaglie e ai cori (vv. 12, 14). I due epiteti afferiscono a due campi semantici distinti, sentimentale il primo ("dal profondo dolore"), musicale il secondo ("dal suono penetrante"). Alla contrapposizione concettuale fra la guerra dolorosa e i cori festanti potrebbe aggiungersi un sotteso riferimento alle sonorità di chi è afflitto da un dolore profondo, e per questo emette suoni lamentosi e gravi1, e a quelle di cori che in contesto gioioso, cantano in modo chiaro e brillante2.

Infine, l'intrico retorico che Bacchilide ottiene attraverso un'attenta scelta lessicale e un'accurata disposizione sintattica, può essere considerato rivelatore di un momento storico-letterario in cui l'antitesi topica fra la tristezza della guerra e la gioia delle feste e dei simposî conduce i poeti a trovare nuove e sempre più complesse forme di espressione, e riflette le attese di un uditorio sempre più evoluto e attento ai raffinati riferimenti, nelle trame poetiche, agli elementi della cultura comune e dell'immaginario collettivo.

CHIASMO

Nella terminologia moderna, si designa con il termine chiasmo la disposizione inversa, nella forma mentalmente visualizzata della lettera greca C, dei membri costitutivi di coppie di termini o di proposizioni. Il chiasmo può essere costruito nell'ambito di una frase o di un periodo. Nell'incrocio così ottenuto fra le coppie di parole o di frasi, gli elementi si dispongono secondo il modello A – B – B1 – A1. La corrispondenza inversa fra le res può riguardare sia l'aspetto grammaticale-sintattico,

sia quello semantico. Sebbene chiasmo sia un termine della lingua greca, il suo uso per designare questa figura retorica è del tutto moderno3. La trattatistica antica, tuttavia, ascrive questo fenomeno

nella categoria dell'isocolon o in quella dell'antitheton (e più in particolare della commutatio)4.

Anche nella cultura orale il chiasmo, che di per sé nasce, nella categorizzazione moderna, da una riflessione visiva sul testo, contribuisce a mettere in rilievo alcuni concetti e a creare stretti richiami interni fra i diversi elementi della struttura sintattica e semantica grazie soprattutto al potere della memoria uditiva.

richiamando rispettivamente divinità diverse come Ares, Ade e Dioniso, d'altra parte gli strumenti a corda come la lu,ra sono esclusivamente legati ad una sfera sacrale solare-apollinea.

1 Si ricordino le caratteristiche del go,oj, lamento funebre, e per questo conseguente all'ambiente di guerra, leggermente differente dal genere del qrh/noj, e caratterizzato da suoni gravi e disarticolati. Cf. Alexiou 1974, pp. 11-12. Nell'esecuzione del lamento, come è noto, i suoni profondi e gravi (cf. l'aggettivo baru,j) hanno una funzione espressiva preponderante. A questa caratteristica potrebbe alludere il composto barupenqh,j.

2 Il termine klaggh, non è carico di valore estetico, ma esprime in modo generico un suono forte e facilmente distinguibile, come quello generato dal vibrare della corda di un arco (B. V, v. 73, vd. p. 73). Lo stesso termine è adottato in riferimento al canto di un coro anche in S. Tr., v. 208.

3 Cf. Lausberg p. 361, n° 1. 4 Cf. ibid., e p. 395.

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