Fonte: Heph. Ench. VII, 2, p. 21 Consbr.
Metro: tetrametro dattilico catalettico in bisillabo. Altre figure retoriche attive: metafora.
La rondine era per i Greci un esempio di animale canoro ed insieme un rimando diretto alla
1 Che l'aggettivo polu,j, in questi versi, denoti più la "ripetitività" degli inni che la loro intensità, è confermato dalla posizione ossimorica dei termini ei=j polu,j (v. 6). Cf. Hutchinson 1985, p. 43.
2 Per una breve trattazione della pluralità del canto nella poesia arcaica, vd. p. 16 n° 5.
3 Cf. Pi. I. VIII, v. 58, in cui polu,fhmoj definisce il canto di lutto, "a più voci", ma allo stesso tempo "glorioso". Cf. anche Pi. N. VII, v. 81, O. I, v. 8, P. XI, v. 47, in cui è usato l'aggettivo polu,fatoj, "celebre, glorioso".
4 Cf. p. 75.
5 Cf. commento a fr. adesp. 947bPMG, p. 139 sgg.
6 Neri 2011, p. 110 traduce «[lot]ta da molti cantata» ma commenta il sintagma come «lotta che ispirò tanti canti» (p. 286).
7 Per i problemi testuali ed esegetici legati agli ultimi tre versi (vv. 46-48), cf. Simonini 1979, p. 293, Cavallini 1997, pp. 116-117, e da ultimo Wilkinson 2013, pp. 83-87.
primavera1, sebbene essa non sia l'unico uccello, secondo l'immaginario greco, ad annunciare la
bella stagione2. In Stesich. fr. 211 PMGF, quasi certamente tratto dall'Orestea, il poeta evoca lo
stridìo di una rondine a primavera, adottando per il suono dell'animale il verbo generico kelade,w: o[ka h=roj w[ra| keladh/| celidw,n
Kelade,w esprime l'idea di un grido potente, risonante e indefinito. Le sue caratteristiche hanno contribuito allo slittamento semantico, attestato per altri verbi quali u`mne,w e avei,dw, dal significato sonoro stricto sensu ("risuonare") a quello metaforico-poetico ("celebrare"), come attestato molti passi in Bacchilide e in Pindaro3. Sia il verbo sia i termini corradicali, nel loro significato originario,
sembrano avere avuto un valore estetico neutro per i Greci. Il termine ke,ladoj poteva designare l'espressione sonora di un oggetto animato o inanimato, senza tuttavia connotarla in senso positivo o negativo4. In Omero, ad esempio, kelade,w esprime il suono concitato di Troiani (Il. VIII, v. 542 =
XVIII, v. 310) o di Achei (XXIII, v. 869). Parallelamente, nel poema iliadico (XVIII, v. 576, XXI, 16), in Bacchilide (IX, v. 65) e in Saffo (fr. 2 V., v. 5) lo stesso verbo esprime più precisamente il gorgoglio delle acque dei fiumi5.
A prescindere dal valore estetico che può essere attribuito al suono della rondine – che all'orecchio moderno, differentemente da quanto sembra accadere in antico, suona stridulo più che dolce -, questo uccello sembra avere goduto di uno "statuto sonoro" di rilievo nel periodo arcaico e classico. Clitemnestra, infatti, parlando della «incomprensibile lingua barbara» (avgnw/ta fwnh.n ba,rbaron in A. A., v. 1051) delle rondini a cui dovrebbe paragonare il linguaggio di Cassandra, ex silentio attribuisce al verso di questo uccello l'alto valore di dia,lektoj6. Una delle caratteristiche precipue
del verso della rondine, secondo la sensibilità uditiva di un Greco antico, era la sua capacità di penetrare l'aria e di arrivare nettamente all'orecchio di chi la ode. Non a caso, Odisseo saggia la fermezza della corda del suo arco facendola vibrare. In questo modo, la corda risuona, generando un suono paragonato alla voce della rondine (Hom. Od. XXI, v. 411)7:
h` d v u`po. kalo.n a;eise( celido,ni eivke,lh auvdh,n)
In questo verso, la corda dell'arco, personificata, è detta cantare con un risultato estetico pregevole (kalo.n a;eise), con "una voce simile a quella della rondine". Il tertium comparationis, qui, è la capacità di essere penetrante, come appunto il suono della corda di un arco, e il garrito di una rondine. A descrivere l'aspetto sonoro dell'arco - che per deduzione doveva avere una sonorità
1 Cf. pp. 34-35.
2 Secondo West 19802, p. 301, tuttavia, la rondine rappresenta il nunzio di primavera «par excellence» anche nella
letteratura greca.
3 Cf. Pi. N. IX, v. 54; O. I, v. 9; B. XIV, v. 21 e XVI, v. 12. Tuttavia, kelade,w = "cantare" è presente in Pi. N. IV, v. 16; O. XI, v. 14. Secondo Wilkinson 2013, p. 123, il verbo kelade,w in Ibyc. fr. S174 PMGF, v. 6, potrebbe avere assunto sia il significato letterale, sia quello metaforico. Davies-Finglass 2014, p. 497 ricordano come kelade,w e ke,ladoj possano essere impiegati per il suono di uccelli (cf. Theoc. XVIII, v. 57), ma anche più genericamente per qualsiasi altro suono gradevole (cf. A. Ch., v. 341).
4 Fanno eccezione, com'è ovvio, i casi in cui la connotazione sia specificata da un prefisso. Vd. duske,ladoj in Hom.
Il. XVI, v. 357, e in E. Ion, vv. 1090-1091, 1098. Si veda lo studio del verbo in Chantraine s.v. Ke,ladoj, p. 492.
5 Il suono dell'acqua fluviale sembra avere avuto connotazioni ben diverse da quelle dell'acqua marina. Per quest'ultimo, vd. pp. 101-103.
6 Non per tutti gli animali dotati di fwnh, è possibile parlare anche di dia,lektoj: «o[sa me.n ga.r dia,lekton e;cei( kai. fwnh.n e;cei( o[sa de. fwnh,n( ouv pa,nta dia,lekton» (Arist. HA 536b). Tuttavia per gli uccelli, lo stesso Aristotele parla di dia,lektoj, distinguendo addirittura le razze a lingua larga da quelle a lingua stretta, quelle in cui il maschio e la femmina emettono lo stesso verso da quelle in cui il verso varia a seconda del sesso (Arist. ibid. 536a).
7 L'intero passo Hom. Od. XXI, vv. 404-411 si rivela utile per il parallelismo fra l'uso della fo,rmigx e quello dell'arco, per le posizioni assunte da chi usa l'una o l'altro, per la forma simile dei due oggetti (telaio + corda), e per il suono emesso dalle loro vibrazioni.
simile a quella della rondine - è anche l'epiteto che Bacchilide associa all'arma di Eracle in V, v. 73. In questo verso, l'eroe è descritto mentre adatta la corda alla punta dell'arco per predisporlo all'uso. In questa operazione la corda risuona ed è per questo definita dal poeta con l'epiteto liguklaggh,j1:
neura.n evpe,base liguklaggh/ korw,naj
L'epiteto doppio h`dumelh,j2,, con cui Anacreonte definisce la rondine, suona non come un epitheton
ornans, ma come un aggettivo qualificativo estetico del suo garrito. È legittimo chiedersi se al tempo in cui Anacreonte compose questo verso, i Greci considerassero il garrito della rondine dolce a udirsi, o se invece l'idea di dolcezza derivasse dall'associazione della rondine con la primavera, stagione che inaugura l'uscita dai rigori invernali e l'arrivo di un clima mite. Ad ogni modo, la dolcezza evocata dall'aggettivo h`du,j, dal significato parallelo a gluku,j e a glukero,j, è una qualità che i Greci associavano ad ogni piacere della vita: il vino, il sonno, il profumo del grasso animale, il sorriso, il canto3. La rondine è non soltanto visivamente graziosa, ma anche capace di emettere un
"dolce canto". L'associazione dolcezza + canto, dal punto di vista formale, è originata da una sinestesia presto formalizzatasi nella lingua greca, come accade in altri composti simili della lirica arcaica. Si pensi all'aggettivo meli,ghruj in Hom. Od. XII, v. 187 (riferito alla voce delle Sirene) e in Alcm. fr. 26 PMGF, v. 1 (attribuito alle coreute)4, agli aggettivi mellico,fwn[oj e meli,fwnoj
rispettivamente in Sapph. frr. 71 V., v. 6 e 185 V. (in entrambi i casi probabilmente riferiti a membre del tiaso), e ancora al composto avdu,fwnoj del fr. 153 V., che Saffo adotta in riferimento ad una vergine (pa,rqenoj)5. I composti qui citati definiscono quasi sempre voci di vergini o di coreute.
Questo particolare potrebbe fare pensare ad un uso metaforico, da parte di Anacreonte, del composto h`dumelh,j. Con esso, il poeta avrebbe voluto enfatizzare il ruolo canoro della rondine, forse accostandola per analogia ad una fanciulla del simposio, oppure richiamare il personaggio mitologico di Filomela, che secondo il mito fu trasformata dagli dèi in rondine (Apollod. III, 14, 8). Infine, la presenza dell'aggettivo cari,ej, in accumulo con h`dumelh,j, potrebbe aver rimandato alla grazia ed alla a`bro,thj tipiche della cultura ionica6, e più in particolare a contesti di lirica corale
femminile, a cui lo stesso Anacreonte si dedicò7. I possibili riferimenti ad una fanciulla e
all'eleganza ionica potrebbero aver sfruttato il valore allegorico di una rondine "graziosa" e "dal dolce canto". Un ultimo confronto fa propendere per questa interpretazione che vede nella rondine la metafora di una fanciulla. Nel fr. 453 PMG = 134 Gentili, lo stesso Anacreonte usa l'associazione kwti,lh celidw,n, attribuendo alla rondine un epiteto che potrebbe avere un valore ambiguo. Questo sintagma, infatti, sembra riecheggiare l'espressione h`dumele.j cari,essa celidoi/ ed alludere così alla rondine, metafora per fanciulla. All'aggettivo kwti,loj i commentatori antichi attribuiscono due principali significati: la loquacità da una parte (Hsch. s.v. Kwti,lh\ lalista,th, n° 4889, II, p. 560 Latte), e la dolcezza linguistica dall'altra. Per quanto riguarda quest'ultimo significato, è interessante riportare il passo di Proclo (in Hes. Op. v. 371, III, 197 Gaisford, p. 125 Pertusi), che precede la citazione di Anacr. fr. 453 PMG = 134 Gentili8:
1 Lo stesso epiteto è attribuito da Bacchilide a voci umane, in XIV, v. 14: li#guklaggei/j coroi,. Secondo Maehler 1982, II, p. 105, questo composto aggettivale potrebbe essere un neologismo bacchilideo.
2 Composti aggettivali che associano in un solo composto un elemento quantitativo o qualitativo (numero, dolcezza) ad un termine canoro sono numerosi nella letteratura greca. Si veda, e.g., l'aggettivo polummelh,j. Su quest'ultimo, cf. p. 16.
3 Cf., in particolare per l'aggettivo h`du,j, Pucci 2007, p. 79.
4 Per le altre occorrenze di meli,ghruj, soprattutto negli Inni omerici ed in Pindaro, vd. p. 49 n° 5. 5 Cf. anche Sapph. fr. 31 V., vv. 3-4 (a=du fwnei,saj) e Theoc. I, v. 65 (a`de,a fwna,).
6 Cf. soprattutto Gentili 1958, pp. XXII-XXIII.
7 Dalle fonti antiche, infatti, apprendiamo che Anacreonte compose anche canti per cori femminili. Vd. Ath. XIII, 600d (500 PMG). Cf. anche Anacr. fr. 181 Gentili.
kwti,llousa de. shmai,nei h`de,a le,gousa) kai. ga.r th.n celido,na kwti,llein le,gousin
Sembra difficile pensare al valore letterale di una rondine "che parli dolcemente" (h`de,a le,gousa) o che sia considerata "molto chiacchierona" (lalista,th). La traduzione proposta da Gentili 1958, p. 166 per questo frammento («rondine garrula») mantiene l'ambiguità di Anacreonte anche nella lingua italiana, essendo l'aggettivo "garrulo" usato per denotare il verso di alcuni uccelli, ma anche per designare una persona loquace, ciarliera.
È dunque verosimile che la rondine ed il suo verso abbiano suggerito ad Anacreonte un suo uso metaforico, e che il poeta faccia allusione, attraverso l'uccello, a una fanciulla presente al banchetto, o facente parte di un coro. Le rondini e le giovani vergini, potrebbero essere accostate per la comune capacità di intonare dolci canti, o forse per l'abitudine a chiacchierare all'interno dello "stormo-coro"1. Infine, l'aggettivo ambiguo kwti,loj - al limite fra la dolcezza sonora ammaliante e
la loquacità quasi fastidiosa – potrebbe essere stato suggerito ad Anacreonte dal alcuni versi di Esiodo. Nelle Opere e i giorni, infatti, il poeta mette in guardia dalle malie di una donna provocante che, sussurrando parole allettatrici (kwti,,llw), mira soltanto al granaio del malcapitato (Op., v. 374):
ai`mu,la kwti,llousa( teh.n difw/sa kalih,n2\