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ma sorseggiando fra begli inni Fonte: Ath X, 427b.

Metro: strofe in anacreontici (vv. 1-4) chiusi da dimetro ionico puro (v. 5).

Ateneo riporta, attribuendoli ad Anacreonte, due frammenti (X, 427a, b) riguardanti le buone maniere nell'ambito del simposio. Page 19834, p. 181, diversamente da Gentili 1958, p. 262, sostiene

l'appartenenza di questi due frammenti a due diverse odi3, sebbene restino innegabili la loro affinità

compositiva e l'identità dell'argomento trattato: il vino nel simposio. Nel primo dei due frammenti (PMG 356a = 33 Gentili, vv. 1-6) il poeta di Teo richiama alla mescita del vino secondo le proporzioni di uno a due (dieci misure d'acqua per cinque di vino)4 . Il secondo frammento (PMG

356b, vv. 1-5 = 33 Gentili, vv. 7-11), qui presentato, è una dichiarazione di bon ton e di ideale di compostezza e di eleganza greca, contrapposta all'insieme dei modi barbari sciti. Era chiaro all'uditorio quale fosse il modello da preferire, e soprattutto era chiaro a tutti come si dovesse respingere «ogni manifestazione di u[brij e di intemperanza, in nome di un senso di civiltà e di misura che doveva essere la norma fondamentale tanto del simposio come della società»5. In questi

versi vi sono due mondi in antitesi: il mos barbarus, e più specificatamente la maniera scitica da una parte, e la raffinatezza e la Trinkkultur greca dall'altra6. Questi due mondi vengono contrapposti

a partire da due elementi contigui, il vino e la componente musicale: entrambi caratterizzano il

1 Vd. infra.

2 L'ipotesi unitaria dei due frammenti è sostenuta, fra gli altri, anche da Pretagostini 1982, p. 48.

3 L'appartenenza a due diverse parti non contigue dello stesso componimento è invece sostenuta da Campbell 1982, p. 317.

4 Per una interpretazione di questo frammento, discussa a causa del termine u`bristiw/j † † (v. 5), vd. Gentili 1958, p. 147, e Neri 2011, p. 256.

5 Degani-Burzacchini 20052, p. 256.

6 L'espressione mos barbarus è presa a prestito da Hor., Od. I, 27, vv. 2-4. Per il valore culturale e letterario della contrapposizione Greco/barbaro nella maniera di consumare il vino, cf. Pretagostini 1982, pp. 54-55; Vetta 1983, pp. XXXIX-XL; Lambin 2002, pp. 96-97.

momento simposiale, ed il primo influenza le modalità espressive del secondo.

Era costume presso i Traci e gli Sciti tracannare vino schietto e, in preda all'ebbrezza e all'euforia bacchica, darsi a risse e, possiamo facilmente immaginarlo, a canti scomposti e disarticolati (pata,gw| te kavlalhtw/|), più somiglianti a strepiti e a grida di guerra che a canti veri e proprî1. A questo

malcostume, che nell'età dei tiranni andava diffondendosi anche nelle eterìe ioniche, si oppongono Senofane (fr. 1 Gent.-Pr.) e lo stesso Anacreonte in fr. eleg. 2 W.2. Al modello barbarico il poeta di

Teo contrappone l'uso "alla greca" di mescere il vino con acqua, e di intonare canti armoniosi centellinando la bevanda di Bacco2. Il linguaggio sonoro-musicale si carica in questi versi di una

funzione rappresentativa dell'una e dell'altra cultura. Rossi commenta il fr. 33 Gentili (= 356a-b PMG) di Anacreonte sottolineando «la contrapposizione contestuale di due mondi polari di comportamento simposiale, il simposio e l'antisimposio, il codice e la trasgressione. Il quadro referenziale include, infatti, tutti i fattori importanti del simposio: la miscela del vino, il modo di berlo, il comportamento, la musica. La contrapposizione dei due modi di canto e musica è l'unica ad essere del tutto esplicita»3. In questi termini, il simposio e l'antisimposio sono evocati attraverso i

rispettivi suoni: da una parte i canti ben congegnati dei raffinati Greci, dall'altra le urla sgraziate dei barbari avvinazzati. Il termine pa,tagoj, infatti, è associato a rumori scomposti di cose o di insiemi di oggetti. Si pensi ad esempio alla similitudine omerica in cui lo scontro fra Troiani ed Achei richiama la gara fra Euro e Noto che nello squassare i boschi, trascinandosi dientro varî rami, generano un immenso fragore (Hom. Il. XVI, vv. 768-769):

ai[ te tro.j avllh,laj e;balon tannh,keaj o;zouj hvch/| qespesi,h|/( pa,tagoj de, te avgnumena,wn

(Euro e Noto) che avventano l'uno sull'altro i lunghissimi rami con immenso fragore, s'alza un boato quando si schiantano4

Il suono pa,tagoj, grido sgraziato e disarticolato, è raramente attestato in riferimento alla voce umana, e in questi rari casi esso si riferisce a voci di barbari e non di Greci5. A questa definizione

sonora si aggiunge, nella descrizione del barbarico modus bibendi, un elemento connotativo di aggressività e, più propriamente, di bellicosità. Il termine avlalhto,j, infatti, di origine onomatopeica, è legato fin dalla sua prima attestazione al grido di guerra (Hom. Il. II, v. 149). La stessa avlalh,, variante morfologica di avlalhto,j, è definita da Pindaro "figlia della Guerra" (fr. 78 Maehl.)6.

L'associazione pa,tagoj + avlalhto,j avrà sollecitato nella fantasi,a aivsqhtikh, dei convitati il ricordo di suoni scomposti, sgraziati e, allo stesso tempo, evocatori di sensazioni e di stati d'animo tipici di un campo di battaglia (paura, rabbia, dolore, fatica, orgoglio). A questi due elementi fa da contraltare, formando un raffinatissimo antitheton, il sintagma kaloi. u[mnoi. In quest'ultima associazione, l'aggettivo esprime l'idea di bellezza composta ed equilibrata, propria della cultura greca, mentre con il sostantivo u[mnoj Anacreonte fa riferimento, oltre che alla ricercata armonia dei suoni, anche alla sfera sacrale, ed in particolare dionisiaca7: lo u[mnoj è infatti legato alla sfera

1 Per le descrizioni dei modi in cui Sciti e Traci consumavano il vino, vd. rispettivamente Hdt. VI, 84 e Pl. Lg. 637e. Cf., per questa caratterizzazione dei barbari nel mondo latino, Hor. Od. I, 27, v. 2.

2 Per l'uso del verbo u`popi,nw, cf. e.g. Pl. R. 372d. In Hom. Od. XIV, vv. 463-466 Ulisse, rivolgendosi a Eumelo, ricorda che il vino rende folli, invogliando anche l'uomo saggio a cantare (avei/sai), a ridere mollemente (a`palo.n gela,sai), a danzare e a dire anche ciò che sarebbe meglio non dire.

3 Rossi 1988, p. 238, che punta l'attenzione anche sul verbo avnabassare,w, (fr. 356a PMG = 33 Gentili, v. 6) che in Anacreonte avrebbe un valore anche musicale-orchestico, oltre che più genericamente dionisiaco.

4 Trad. di Cerri 2003, p. 885.

5 Cf. LSJ s.v. Pa,tagoj. Si veda in particolare il passo di Erodoto (III, 79, 1) in cui i Persiani gridano e strepitano mostrando ai compagni le teste decapitate dei Magi: boh|/ te kai. pata,gw| crew,menoi. Il suono di queste grida, vista anche la contingenza, non sarà stato dei più suadenti e melodiosi.

6 Cf. anche Hom., Il. II, v. 149, e Pi. N. III, v. 60.

sacrale fin dalle sue origini e dalle sue prime occorrenze nella letteratura greca1.

I due termini sonori pa,tagoj e avlalhto,j rivelano gli effetti del vino bevuto schietto, ed allo stesso tempo rappresentano l'assenza di metrio,thj nei banchetti – atteggiamento tipico dei barbari, almeno dal punto di vista dei Greci. Ai termini sonori barbarici si oppongono i kaloi. u[mnoi, che intonati fra un sorso e l'altro - o intonati da alcuni mentre altri sorseggiano2 -, non soltanto danno il senso di una

mousikh, degna della più raffinata cultura greca (e soprattutto ionica)3, ma fanno anche esplicito

riferimento alla sacralità del convivio4. L'opposizione fra i due elementi barbarici e i due elementi

ellenici tradisce, dunque, oltre al valore musicale stricto sensu, connotazioni culturali più ampie e legate allo scontro di civiltà a cui lo stesso poeta dovette assistere fin dalla presa persiana di Teo (540 a.C.) e durante tutto il suo girovagare per diverse corti, da Samo ad Atene, fino alla Tessaglia. I versi testé analizzati, insieme all'antitesi fra suoni che metaforicamente rappresentano i valori di una cultura, ricorda al lettore moderno l'importanza che nel mondo antico rivestiva il pre,pon, ciò che è conveniente al contesto, in questo caso dal punto di vista sonoro. Sebbene anche oggi si faccia talvolta attenzione a inserire generi e strumenti musicali nei contesti più appropriati e compatibilmente con le diverse occasioni – si pensi, ad esempio, alle esecuzioni in chiesa di canzoni di musica leggera o pop, un tempo considerati generi inaccettabili in contesto religioso -, si deve assumere che i Greci attribuivano a questo principio un'importanza di gran lunga maggiore, conferendo alla "coerenza musicale" un valore politico e religioso ineludibile. Il medesimo concetto del pre,pon sonoro, espresso da Anacreonte in sede simposiale, è presente anche in altri esempî della letteratura greca arcaica. Fra questi, si vedano i vv. 12-16 dell'Epinicio XIV di Bacchilide:

ou;t v ev#n barupenqe,sin a`rmo,& per niente si adatta alle battaglie dal profondo dolore zei m#a,ñcaij fo,rmiggoj ovmfa. la voce di una fo,rmigx

kai. li#guklaggei/j coroi,( e cori dal suono penetrante,

― ―

ou;t v ev#n qali,aij kanaca, per niente alle feste uno strepito

calk#o,ktupoj5\ che risuona di bronzo;

Come nei versi di Anacreonte, ma in un contesto ben diverso, Bacchilide fa qui riferimento alla contrapposizione fra la guerra, a cui si accompagnano dolori e morte, e le feste per una vittoria epinicia (in questo caso, quella di Cleottolemo all'agone equestre alle Petree)6. Anche in questi versi

i suoni rappresentano i due campi antipodici, formando una doppia antitesi che ribadisce il medesimo concetto, ma con un'inversione dell'ordine logico: nel primo, la lira (o meglio, metaforicamente, la sua voce) ed i cori, probabilmente quelli che inneggiavano al vincitore subito dopo la vittoria o al suo ritorno in patria, si contrappongono alle battaglie che causano dolore; nel secondo, espresso in maniera più sintetica, lo strepito delle armi che cozzano nel combattimento si contrappone alle feste. Nei due antitheta il soggetto logico è costituito da uno o più elementi sonori (la fo,rmiggoj ovmfh, ed i liguklaggei/j coroi, nel primo; la kanach. calko,ktupoj nel secondo), e

rappresenterebbero, in opposizione alla smodata ubriachezza barbara, cf. anche Gostoli 1995, pp. 138-139. 1 In DnP V, s.v. Hymnos, p. 788, questo termine è spiegato come qualsiasi forma musicale canora composta in onore

di una divinità. Secondo Rossi 1988, pp. 242-243, nel fr. 445 PMG = 127 Gentili Anacreonte farebbe riferimento ad un anti-inno che sarebbe disposto ad intonare contro gli Eroti, qualora essi non gli riportassero indietro l'oggetto del suo amore, da poco sfuggitogli.

2 Campbell 1982, p. 318 suggerisce di tradurre evn (u[mnoij) o con "to the accompaniment of", come se il bere venisse accompagnato dai bei canti, o, più verisimilmente, con "between, amid", cioè immaginando che il sorseggiare degli invitati si intercali fra i canti da loro stessi intonati.

3 Cf. Neri 2011, p. 86, che traduce il sintagma con «nobili canti».

4 Anche Senofane, in fr. 1 Gent.-Pr., v. 12 sgg., può intonare un canto al dio (qeo.n u`mnei/n) soltanto attraverso parole buone e pure (v. 14): euvfh,moij mu,qoij kai. kaqaroi/si lo,goij.

5 Per motivi grammaticali e contenutistici, traduciamo questi versi tenendo conto di integrazioni differenti da quelle accolte al testo da Maehler 2003, p. 50. Cf. il relativo commento, infra.

l'elemento che segue, con cui l'elemento sonoro non si adatta, è invece espresso dai nomi generici rispettivamente delle battaglie (ma,caij) e delle feste (qali,aij)1.

B. Ep. XIV, vv. 12-16

ou;t v ev#n barupenqe,sin a`rmo,&

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